Capitolo XIX, dialogo fra il conte zio e il padre
provinciale
Il conte zio,
spinto dal colloquio avuto con il nipote Attilio, decide di invitare a pranzo
il padre provinciale dei cappuccini, per indurlo a mandare in un altro convento
Padre Cristoforo, che intralciava i piani di Don Rodrigo. Insieme a lui sono
invitate persone che erano state scelte dal conte zio per intimorire il padre
provinciale e allo stesso tempo per farlo sentire onorato di sedere a tavola
insieme a tanti personaggi importanti. Fra gli altri erano presenti persone
(clienti) che ormai non sapevano più contrastare qualsiasi cosa venisse detta
dal padrone di casa. Sin dall'inizio del dialogo fra il conte zio e il padre
provinciale, che avviene in separata sede, quest'ultimo capisce le intenzioni
del conte, tuttavia non si arrende e combatte affinché Fra Cristoforo possa
restare nel convento di Pescarenico. Notiamo, comunque, una notevole differenza
fra le frasi pensate dal padre provinciale e quelle che poi effettivamente
dice, come quando il padre provinciale pensa, arrabbiato: "E già! Vedo dove
vuoi andar a parare: delle solite; quando un povero frate è preso a noia da voi
altri, o da uno di voi altri, o vi dà ombra, subito, senza cercar se abbia
torto o ragione, il superiore deve farlo sgomberare.", e poi, molto
gentilmente, dice al conte zio: "Intendo benissimo, quel che il signor conte
vuol dire; ma prima di fare un passo.", da questo si può capire che il padre
provinciale guarda un po' dal basso verso l'alto il conte zio, non ha
un'importanza tale che gli permette di dire al conte quello che pensa
realmente. Il conte zio insinua inoltre, per favorire il trasferimento, che Fra
Cristoforo abbia ancora le inclinazioni di un giovane come può esserlo Don
Rodrigo e che sia quindi attratto da Lucia, lasciando intendere che ne potrebbe
derivare uno scandalo: è meglio invece "troncare, sopire, sopire, troncare".
Anche il conte
zio comunque parla al padre provinciale con molto riguardi, che però sono
esclusivamente formali e legati allo scopo che il conte zio vuole raggiungere e
per il quale è necessario l'intervento del padre provinciale. Comunque sia, il
padre provinciale lotta fino alla fine perché Fra Cristoforo non venga
trasferito, poi, non avendo più appigli, ubbidisce al conte zio e nelle ultime
battute si organizzano per rendere il trasferimento del frate il meno strano e
sospetto possibile agli occhi della gente di Pescarenico. Molto probabilmente
però il conte zio non aveva previsto tutte queste resistenze, gentili ma
risolute, da parte del padre provinciale, infatti in alcuni punti del colloquio
lo troviamo in difficoltà a rispondere, e in certi punti diventa arrogante e
volgare, nel voler ottenere per forza una cosa senza fornire troppe spiegazioni
che avrebbero potuto scoprire i loschi piani del nipote, Don Rodrigo.
Il padre
provinciale esprime al conte zio il timore che Don Rodrigo si vanti del
trasferimento di Fra Cristoforo come una sua vittoria personale, e il conte zio
lo rassicura che questo non avverrà; il padre provinciale chiede però un atto
esplicito di riguardo di Don Rodrigo nei confronti dell'ordine dei cappuccini:
si presume che questo consista in una qualche donazione di tipo economico.
Attraverso
questo dialogo Manzoni vuole sottolineare l'importanza della nobiltà nella
società del '600 che utilizza il suo potere per sottomettere al loro volere le
persone più deboli: per soddisfare il capriccio di Don Rodrigo di possedere
Lucia per la scommessa con il cugino conte Attilio non si tiene nessun conto
dei sentimenti di Renzo e di Lucia stessa. L'unica persona che aveva tentato di
contrastare Don Rodrigo, e cioè Fra Cristoforo che viene quindi rappresentato
come l'eroe, il difensore degli umili, viene sconfitta.
Fin dalle prime
battute del dialogo, come ho scritto sopra, il padre provinciale sa esattamente
a cosa mira il conte zio, e sa perfettamente che questi otterrà quello che
desidera; il conte zio da parte sua si preoccupa molto poco delle resistenze
del padre provinciale perché anche lui sa che avrà la meglio. È però un dialogo
necessario per confermare l'ipocrisia e il formalismo che caratterizzano quella
società.