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Il Candido o l'Ottimismo è il racconto, in chiave comica e fantastica, delle avventure e delle disgrazie che capitano ad un giovane di nome Candido. Egli, infatti, poiché scoperto amare la figlia del barone presso il quale vive, viene cacciato dal suo castello nella Westfalia e dal quel momento gli capitano una serie di disavventure che lo portano in giro per il mondo. Durante il suo peregrinare, il giovane incontra vari personaggi che lo accompagnano per un po', personaggi in parte conosciuti e in parte nuovi, con i quali stringerà rapporti di amicizia, oppure sarà loro riconoscente per l'aiuto offertogli. Per prima cosa, Candido deve scappare dai bulgari che lo pregustano e incontra il suo antico maestro di filosofia, un certo Pangloss il quale, più volte, aveva ripetuto al suo studente che tutto va sempre per il meglio quindi una teoria ottimistica, una visione del mondo molto positiva. In seguito, dopo aver perso il suo maestro impiccato ad un auto-da-fè per il terremoto di Lisbona del 1755, si imbatte nella ragazza amata Cunegonda che credeva morta. Essa gli racconta le sue disavventure e una vecchia che li aveva aiutati a rincontrarsi spiga come, secondo lei non ci sia una persona al mondo che abbia subito più disavventure di lei e si ferma a raccontare la sua storia. Ma il viaggio di Candido prosegue e ben presto perde anche le due compagne di viaggio e deve proseguire con nuovi amici, tra i quali un valletto di nome Cacambo e, in seguito un povero sventurato, dal passato molto triste: Martino. Tutto il viaggio si dimostra ricco di brutte sorprese e di spiacevoli incontri e il peregrinare da una parte all'altra del mondo è davvero estenuante; il tutto con il solo desiderio di ritrovare Cunegonda. A questo triste quadro, fa eccezione un breve periodo passato nell'eldorado con Cacambo, dove i due uomini vengono accolti in un paradiso di gentilezze, buone maniere e ricchezze. Le strade, infatti sono fatte di ciottoli d'oro e ogni cosa viene offerta loro come se fossero ospiti di riguardo. Ma ben presto Candido sente il desiderio di tornare a cercare la ragazza che ama, così decide di lasciare questo posto paradisiaco consapevole del fatto che gli sarà impossibile tornarci. Porta con sé molto gemme preziose che gli saranno utili per raggiungere i successivi scopi del suo viaggio, viaggio durante il quale si vede costretto ad uccidere alcune persone. Dopo varie peripezie, il protagonista raggiunge Cunegonda, che nel frattempo è diventata molto più brutta di come la ricordasse, la sposa e vive con lei, la vecchia e Pangloss, Martino e Cacambo, tuttavia i personaggi ben presto si annoiano capiscono che l'unico modo per vivere bene è lavorare. Così tutti cominciano a compiere una professione e sentono meno il male di vivere causato dalla noia.
Il Candido è un romanzo, racconto filosofico: va per questa ragione letto cercando di interpretare il messaggio filosofico che in esso è contenuto. Il protagonista del romanzo di Voltaire è un giovincello ingenuo che subirà mille disavventure dopo essere stato allevato da un seguace di Leibniz, Pangloss (il tutto lingua). Leibniz si interrogò sulla presenza del male nell'Universo e si chiese come si conciliano male e Dio buono; scrisse così un saggio che prese il nome di Teodicea (difesa di Dio) dove sostenne che Dio ha creato il migliore dei mondi possibili. Alla fine del romanzo di Voltaire, il protagonista capirà che la filosofia ottimistica è un'assurdità. Aprirà gli occhi e si libererà dall'influenza dei pensieri degli altri. Nella filosofia ottimistica Voltaire scorgeva non solo un mero fatalismo inteso a scoraggiare ogni attività umana in nome della provvidenziale immodificabilità dell'esistente, ma anche un "romanzo metafisico" che egli sentiva come un oltraggio al buon senso e alla ragionevolezza, il quale aggiungeva alle tante miserie e orrori del mondo l'assurda illusione di negarle. Nel Candido si è ricorsi alla più aperta comicità per affrontare uno dei temi meno ridicoli e divertenti che abbiano inquietato le indagini dei filosofi: l'inconcepibile presenza del male in un mondo creato da un Dio benigno. Ciò che Voltaire cercava demolendo il sistema leibniziano non era un altro sistema alternativo, bensì un modo di vivere, una saggezza pratica che riuscisse a superare il tragico contrasto tra l'aspirazione alla felicità e l'impossibilità di conquistala definitivamente. La saggezza che egli persegue non è altro che il "saper vivere" dell'uomo di mondo, che sa come adeguare il proprio comportamento alla fatale mutevolezza delle vicende umane e anche un buon metodo per rincuorare. Nonostante tutto nel Candido non risulta che Voltaire esalti il pessimismo: questo è rappresentato, nel romanzo, da Martino.
Nella narrazione emerge inoltre il concetto secondo cui non posiamo dire che il nostro mondo è il migliore che sia stato creato perché non e conosciamo altri.
Candido e Cacambo dopo lunghe peregrinazioni raggiungono l'Eldorado: un paese da favola che serve a Voltaire per aprire un discorso sull'utopia. Agli illuministi non piace l'utopia perché non credono che la terra possa mai diventare un paese da favola dove tutto è oro: ricchezza, non violenza, cultura, pace e soprattutto deismo (culto razionale di Dio). Nel Candido non c'è nessun paese reale, esistente che viene risparmiato dalle critiche di Voltaire: in nessuno di questi si è raggiunto il Deismo.
Durante il cammino i due continuano ad incontrare soprusi e violenze: ciò porta Candido ad avere una visone pessimistica del mondo: incontra Martino che gli parla dell'esistenza del male creato dal diavolo.
Alla fine, nonostante le disavventure, Pangloss, convinto della sua teoria, chiede chiarimenti al saggio. Questi gli risponde che non è compito suo interrogarsi sull'esistenza dell'uomo. Le parole del vecchio agricoltore, inoltre, esprimono la filosofia di Voltaire che mette in bocca le parole più sagge non ad un illuminista colto, ma ad un contadino per il quale il lavoro è la cosa più importante che esista al mondo.
Tutti i protagonisti si liberano dei loro errori di concezione dell'Universo: l'incontro con la saggezza del mondo orientale li fa riflettere. Proprio il contadino trasmette la prima verità cara a Voltaire: il lavoro tiene lontana la noia (di chi vive nell'ozio), il vizio e la miseria. Le dispute filosofiche non creano ricchezza, ma portano a risultati inutili. Da qui si enuncia la concezione laica, secondo la quale bisogna disinteressarsi delle grandi problematiche religiose e filosofiche e concentrarsi, piuttosto, sui problemi che ci assillano nella vita di tutti i giorni.
Pangloss che in un primo momento sembrava cambiato, si rivela invece ancora molto legato alle idee leibniziane. Martino si avvicina molto alla maturazione di Candido, ma non è completamente cambiato.
La figura del giardino è emblematica: all'inizio è rappresentato come l'Eden da cui la terra dava il necessario per vivere senza bisogno di coltivarla; alla fine è obbligatorio per vivere coltivare il proprio orto; con questa metafora Voltaire vuole indicare agli uomini la strada per vivere meglio: coltivare il proprio giardino significa rendere produttiva la propria vita.
L'ultima frase pronunciata da Candido può sembrare molto egoista (ognuno stia a casa sua e pensi al proprio orto senza impicciarsi degli affari degli altri che non lo riguardano), ma non è affatto così: non serve dimostrare che questo è il migliore dei mondi possibili perché la terra è tanto piccola rispetto all'Universo quanto il campo del contadino a confronto con la politica di Costantinopoli e perché ciò che ci rende possibile la vita è coltivare, cioè rendere abitabile e vivibile, la terra. Se il contadino si impicciasse di andare in giro per le piazze a schierarsi con l'uno o con l'altro non potrebbe coltivare e quindi non sopravvivrebbe. Lo stesso lo si può riportare agli uomini che si pongono problemi cosmoscemologici che farebbero meglio a pensare a vivere con il lavoro pratico. Secondo questa filosofia è importante lavorare per se stessi, ma anche aiutando concretamente chi ha bisogno.
L'esaltazione del lavoro è rappresentato dall'ideale borghese di lavoro: creare ricchezza su ricchezza attraverso l'avanzamento tecnologico e il massimo sfruttamento delle risorse. Il lavoro con l'illuminismo è diventato, addirittura, una benedizione che da senso alla vita.
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