BIOGRAFIA
Machiavelli nacque a Firenze
nel 1469 si formò una solita cultura umanistica leggendo
non solo storici e prosatori (Livio,Tacito,Plinio,Cicerone)
ma anche poeti (Ovidio,Lucrezio,Virgilio). Essendogli invece sconosciuto il
greco dovette leggere in traduzione gli autori della
letteratura greca ai quali fa riferimento nelle proprie opere(Polibio,Tucidide,Senofonte,Aristotele Platone).Sul piano politico,
i suoi esodi non lo videro nè fautore dei
Medici(detti anche palleschi) nè di Savonarola allorchè con la
calata di Carlo VIII nel 1494,prese il potere.Subito
dopo il supplizio di Savonarola(1498) Machiavelli fu
nominato segretario della seconda cancelleria della Repubblica fiorentina e poi
anche segretario dei Dieci.Ebbe così inizio la sua attiva partecipazione alla politica fiorentina.Come segretario Machivelli ebbe
il compito di compilare le lettere ufficiali della signoria e di svolgere
incarichi diplomatici e militari.Nel 1501 sposò Marietta Corsini da cui ebbe cinque figli.Quando,nel
1502 Pier Soderini fu eletto gonfaloniere a vita
della Repubblica fiorentina Machiavelli si legò a lui
con rapporti di lealtà e collaborazione che si conserveranno per tutto il
decennio Soderiniano.Gli incarchi
di Machiavelli si fecero allora più fitti e
importanti sempre accompagnati dalla stima di intelletuali di argomento politico e tecnico.Nel 1503 è la volta della propria legazione presso la
corte di Roma mentre nel 1504 Machiavelli
è nuovamente in Francia presso Luigi XII;nel 1506 ebbe una seconda missione
presso la corte papale seguita,nel 1507, da un'ambasceria in Tirolo presso l'imperaore
Massimiliano d'Asburgo,occasione per la stesura del'rapporto di cose della
Magna'.Il periodo di attività
politica di Machiavelli è di importanza decisiva per
la produzione letteraria posteriore.In questi anni infatti,egli potè conoscere a
fondo la situazione politica in Italia e all'estero,constatando l'urgenza di
alcune questioni che occuperanno il centro della sua opera: il problema della
milizie;la debolezza della politica estera degli stati italiani e la loro
fragilità cusata dalle lotte di fazione,dalle
ambizioni dei 'grandi',dall'anarchia feudale.Ma
questa prima fase della vita di Machivelli è decisiva
anche sotto un'altro aspetto: egli venne convincendosi
dell'importanza del cosidetto'popolo',visto
come portatora di esigenze non dissolutive nei
confronti dello stato.Nel 1512 le truppe spagnole guidate dal cardinale Giovanni De medici sconfissero quelle
fiorentine;Piero Soderini fu costretto a fuggire da
Firenze e i Medici ripresero il potere.Machivelli si
sforzo di difendere almeno le linee politiche di fondo alle quali il governo soderiniano si era ispirato,con il suo scritto
'Avvertimento ai palleschi'.L'illusione di
conservare un ruolo politico fu però presto delusa:privato del suo ufficio Machiavelli fu infatti mandato al confino nel teritorio di Firenze.Nel 1513
egli venne accusato di aver partecipato a una
congiura:dopo essere stato incoronato e torturato fu nuovamente inviato al
confino.
la nascita del pensiero moderno
Con il
dissolversi dei concetti medievali dell'Impero universale e della Chiesa
universale, la plenitudo potestatis
passa allo Stato, piú esattamente al monarca o al popolo. Lo schiaffo
di Anagni manifesta l'acme
della crisi dei rapporti tra i nuovi Stati nazionali e la Chiesa di Roma,
rappresentati rispettivamente da Filippo il Bello e Bonifacio
VIII, e la volontà del potere laico di affermare la sua sovranità.
Tale situazione storica è alle spalle di Machiavelli,
con il quale il pensiero laico acquista piena consapevolezza, supportato dalla
nascita della politica come scienza. Proprio l'affermazione che la politica è
scienza, comporta che questa abbia leggi proprie, propri principi, propri
obiettivi, sia quindi pienamente autonoma e indipendente dalla religione, dalla
morale, dalla teologia, né abbia posizione ancillare rispetto a questa, ma una sua propria dignità in quanto 'vera' scienza.
Machiavelli, fondando la scienza politica, intendeva
formulare una disciplina che studiasse le regole
dell'arte di governo badando esclusivamente all'efficacia di tali regole
indipendentemente da ogni remora religiosa o morale: laica politica o laica
morale, quindi. Da tale premessa è poi derivato il principio per
cui 'il fine giustifica i mezzi', principio tuttavia non
formulato da Machiavelli il quale orientava le sue
simpatie verso la virtù e la prudenza nella vita civile e politica e perciò
elogiava gli Stati retti su queste virtù come quello dei Romani1.
Anche le 'regole' di governo sono efficaci indipendentemente dal
carattere morale o immorale delle stesse, quindi nella loro
totale laicità. Il Principe di Machiavelli è
un teorema politico in quanto ricerca quali siano le qualità necessarie per
governare: perciò già Voltaire affermava che la storia 'razionale'
comincia col Machiavelli e col Guicciardini.
Da una particolare angolatura visuale, si può affermare che la dottrina del Machiavelli pone le basi del liberalismo moderno, inteso
come la dottrina che si assume il compito della difesa della libertà, successivamente alla realizzazione della stessa, nel campo
politico, come afferma N. Abbagnano2.
Infatti il Machiavelli, cosí come il liberalismo, teorizza il 'contrattualismo' che considera lo Stato frutto di una
convenzione tra gli individui ed afferma altresì la coincidenza dell'interesse
privato con quello pubblico3.
L'individualismo, d'altronde, è la base stessa del liberalismo e il valore
assoluto dell'individuo certamente è presente nella teoria machiavelliana4.
Ciò che evidenzia la negazione del Medio Evo illiberale e la modernità
del Machiavelli è proprio la delineazione
degli ideali di patriottismo, gloria, libertà della patria. Il Machiavelli vede nel potere temporale del Papato il
principale pericolo dell'Italia e, nei mercenari ed avventurieri, le prime
cause della debolezza italiana5. Di fronte alla teocrazia medioevale sorge
l'autonomia dello Stato.
Il Cristianesimo, secondo il Machiavelli, ha svolto
nella storia una funzione negativa, ha reso gli uomini meno virili ed ha
allentato il loro attaccamento alle armi e alla patria, è stato instrumentum
regni, mezzo di disciplina dei popoli: 'chi
considerasse i fondamenti suoi e vedesse l'uso presente giudicherebbe esser
propinquo la rovina o il flagello'6. Nei Discorsi la religione è ricondotta dal Machiavelli alla sua
sfera spirituale e, solo cosí, è considerata
strumento di grandezza nazionale: quasi precorrimento
della Chiesa nazionale nei movimenti riformistici seicenteschi. 'La
religione può bene costituire, con le leggi e le milizie, il fondamento della
vita nazionale' afferma F. Chabod,
il quale tra l'altro nota che nel Principe il valore politico della religione è
enormemente ridotto di fronte ai Discorsi7.
Nel Medio Evo non vi era il concetto di 'patria', vi era il concetto di fedeltà e sudditanza: quello di patria è un
concetto liberale e moderno che già trova spazio nel Machiavelli.
La 'patria' di Machiavelli è, naturalmente,
il comune libero, ma tale concetto ben presto gli
apparve come cosa troppo piccola e perciò lo stesso propose la costituzione di
una confederazione italiana che fosse baluardo contro lo straniero: il suo
concetto di patria, quindi, si allarga.
Rigettata ogni causa soprannaturale nell'umano agire, Machiavelli
pone come base di ogni azione umana l'immortalità del
pensiero: è il 'cogito' che si affaccia nella storia dando inizio
alla scienza moderna ed a tutta la moderna età, fondamento esso stesso del
pensiero laico e liberale moderno. È l'uomo libero, emancipato dal
soprannaturale e dal sopraumano, che proclama la sua autonomia e prende
possesso del mondo. Degna di nota è anche l'idea, tutta moderna e liberale, che
il fine dell'uomo è il lavoro e che il maggior nemico della civiltà è l'ozio8. Agere et pati
fortia: è la base dello Stato autonomo e
indipendente. Lavoro, patria, libertà, pensiero autonomo, sono idee-fulcro del
liberalismo machiavelliano antipapale, antimperiale,
antifeudale. Machiavelli, soprattutto nei Discorsi,
esalta il valore della libertà e la superiorità della repubblica sulla
monarchia nell'organizzazione dello Stato in quanto non consente che prevalga
la volontà di uno solo; egli sottolinea il fatto che
il bene comune è bene promesso solo in una libera cittadinanza; questi Discorsi
difendono la causa della democrazia e affermano che 'la moltitudine è piú saggia e piú costante del
capo unico'9.
Antonio Gramsci sottolinea
l'atteggiamento antifeudale del Machiavelli e vedeva
questi in lotta contro l'organizzazione economico-corporativa della borghesia
comunale e per la creazione del nuovo Stato borghese10: posizione paradigmatica
per le lotte politiche moderne. Lo Stato moderno è cosí
liberato da tutti quei vincoli feudali che ne determinavano la sudditanza al
potere comunale, opprimendo la sua autonomia.
Machiavelli è un tipico uomo del Rinascimento ed è, a
pieno titolo, figlio del suo tempo. Da ciò deriva il rifiuto del dogmatismo scolastico-religioso medioevale e il recupero di
un'intelligenza laica e di una tolleranza religiosa quale fondamento di un
umanesimo che valorizzi la capacità dell'uomo di liberarsi dei
pregiudizi e di cogliere la natura umana con un atteggiamento scientifico. Ma
il Rinascimento è il fondamento stesso dell'età moderna e delle
sua istanze e pertanto costituisce il loro momento genetico.
Max Horkheimer afferma che Machiavelli
sarebbe stato non solo il fondatore della scienza
politica, ma anche il primo teorico dello Stato borghese. Horkheimer
parte dall'assunto che lo Stato borghese è uno Stato
avente in sé la propria razionalità: autonomo nelle sue strutture, funzionale e
finalizzato all'emergere dell'economia borghese in quanto ha la funzione di
garantire lo sviluppo delle forze e delle attività economiche. Per questo,
secondo Horheimer, Machiavelli
rifiuta il sistema gerarchico medioevale e il potere aristocratico e, nella
stratificazione sociale, considera la nobiltà 'oziosa' e concede un
posto privilegiato alla borghesia, soprattutto cittadina, attiva e collegata al
denaro. Secondo Horkheimer, Machiavelli
sollecita gli scambi del commercio e il libero gioco delle varie forze economiche;
per questo sottolinea l'importanza della
'virtù' che è laboriosità e capacità di guadagno11. Il borghese ha la
propria regola nel perseguire il proprio utile e questo stesso consegue solo
agendo in un modo razionale: per sapere come agire, non alza certo gli occhi al
cielo, ma opera in piena autonomia e laicità.
Nell'opera su citata si legge: 'Machiavelli
chiede la subordinazione di ogni scrupolo allo scopo
che giudica supremo: la conservazione di uno Stato forte come condizione del
benessere borghese'12 mettendo a fuoco la sua tesi. Il liberalismo,
borghese ed economico, con l'abolizione del mercantilismo e del protezionismo,
è un tutt'uno con il liberalismo politico, pungolo
per rimuovere gli ostacoli al libero interscambio. La proclamazione dello
'Stato forte', in Machiavelli, si fonda
sulla fede nel progresso spirituale, morale e culturale,
elementi-fulcro del liberalismo e il grado della cultura umana è
rapportabile alla misura della libertà borghese. Machiavelli
tuttavia, secondo Horkheimer, commette l'errore di
considerare la violenza come necessaria per l'ascesa borghese. Machiavelli tuttavia, secondo Horkheimer,
commette l'errore di considerare la violenza come necessaria per l'ascesa della
borghesia e, in generale, per la necessità dello Stato. C'è da chiedersi, però,
se le considerazioni di Horkheimer siano da
condividersi in pieno o se siano puro frutto del pieno coinvolgimento
dell'Autore nel momento storico che stava vivendo, ossia del periodo attorno al
1930, allorché con i suoi collaboratori, Theodor
Adorno ed Herbert Marcuse,
ispirò l'indirizzo di studi marxistici che va sotto il
nome di 'teoria critica'.
Su questa critica alle teorie di Horkheimer che, come
già abbiamo detto, considera Machiavelli il primo
teorico dello Stato borghese, si fondano le tesi di quegli studiosi che
ritengono invece che le condizioni storiche dell'Europa e dell'Italia del
periodo di Machiavelli non consentono di parlare di accumulazione capitalistica e di sviluppo delle forze
borghesi. Tuttavia, anche per costoro, l'affermazione dell'Horkheimer
che vede nel Machiavelli 'il primo teorico dello
Stato borghese' è un elemento per confermare nello stesso il momento
'genetico' del pensiero laico e liberale moderno.
P. Stanislao Mancini sintetizza acutamente gli elementi
che fanno del Machiavelli il padre della politica
moderna. 'Egli ha emancipato le discipline politiche dall'autorità
teologica, ha applicato alle medesime il metodo storico sperimentale'13.
Tuttavia anche su questa asserzione ci sono voci non
del tutto concordi. F. Chabod
sottolinea il carattere intuitivo del pensiero
machiavelliano e la differenza dal modo d'impostare il problema di altri
pensatori quali Locke, Montesquieu,
Rousseau14.
Forse, proprio per il 'taglio' liberale Il Principe non piacerà al
fascismo e verrà considerato 'eretico' dalla
mentalità degli anni Venti. Per la forte portata di
laicismo non piacerà neppure alla Chiesa della Controriforma che ne censurerà
la matrice aristotelico-materialistica. Si è chiamato
'machiavellismo' quella deformata interpretazione dell'opera del Machiavelli che accentua le finalità bassamente pratiche
del trattato, secondo la nota massima, di cui si è già detto, 'il fine
giustifica i mezzi' che, come afferma L. Russo
'è dei suoi falsi scolari, i gesuiti'15,
massima pregna del falso pedagogismo della Controriforma. Ma
questi aspetti, a nostro avviso, sono certamente ciò che è accessorio, relativo
nella dottrina del Machiavelli, come bene ha visto il
De Sanctis. 'Ciò che è morto nel Machiavelli, non è il sistema, è la sua esagerazione'.
Quindi cosí continua: ' il suo Stato non è
contento di essere autonomo, ma toglie l'autonomia a
tutto il rimanente. Ci sono i diritti dello Stato: mancano i diritti
dell'uomo. La 'ragione di Stato' ebbe le sue
forche fu Stato di guerra, e in quel furore di lotte religiose e
politiche, ebbe la sua culla sanguinosa il mondo moderno. Da quelle lotte uscì
la libertà di coscienza, l'indipendenza del potere civile e, piú tardi, la libertà e la
nazionalità'16. Il De Sanctis quindi afferma
che, col concetto machiavelliano dello Stato nasce, anche se 'piú tardi', quello della Nazione. Questa filiazione è
considerata errata dal Russo, il quale sostiene che quello di
'Nazione' è un concetto di formazione posteriore e di lentissima costituzione.
L''errore' del De Sanctis sarebbe
imputabile al fatto che egli stesso era un uomo del
Risorgimento, per cui vedeva adombrato, in Machiavelli,
il sogno delle generazioni di tutto l'800.
Machiavelli fu apprezzato dall'Illuminismo, ma anche
da Hegel che, nel IX cap.
della Costituzione della Germania, afferma che Machiavelli
ha anticipato il disegno dell'unificazione dell'Italia, superando il
frazionamento regionale cinquecentesco. È questo il 'nobile segno
purificatore' dello scrittore de Il Principe, di cui parla anche M.
Vanni17.
Tale asserzione, però, è contraddetta da L. Russo, il
quale, riesaminando l'ultimo capitolo del Il Principe, laddove si è voluto
vedere nel Machiavelli il caldo profeta dell'unità
nazionale, sostiene che l'Autore non pensa all'Italia nella sua unità intima e
storica, ma pensa soltanto ad alcune province di essa.
C'è da notare, inoltre, che il 'pessimismo' individuato da Prezzolini nell'opera machiavelliana, è da iscriversi
piuttosto ad un atteggiamento denigratorio nei confronti dell'opera stessa, in
quanto non è frutto di una personale antropologia, ma
deriva dalla realtà concreta presa in esame. Secondo G. Prezzolini,
troppo il Machiavelli è ancorato alla fiducia
rinascimentale nell'uomo18.
Machiavelli è, a nostro avviso, specchio dei tempi,
'troppo' figlio del Rinascimento per poter cadere nelle secche di un
pessimismo antiumanistico: non bisogna mai dimenticare che stiamo parlando
dello stesso autore de La mandragola.
Costituisce voce a sé quella del Russo che parla di una 'concezione fortemente pessimistica ma di un pessimismo che comanda
all'azione'19.
Quello che mi sembra condivisibile in questa affermazione
è soprattutto la seconda parte. La concezione dell'uomo,
quale appare nel Machiavelli, piú
che 'pessimistica' sembra essere realistica e scientifica. Il Machiavelli parte infatti
dall'analisi della situazione storica dell'uomo e ne ravvisa 'il modo
naturalistico di concepire la stessa vita morale e politica'20.
Come molto bene precisa lo Chabod:
'Le osservazioni di carattere generale hanno nel Machiavelli
un fondo concreto, preciso, umano: dietro ad esse avverti un'esperienza
precisa, ricca di uomini e di eventi una pienezza di cose concrete che
toglie qualsiasi nota di astrattismo intellettualistico' 21.
Lo stesso Hegel, nella Kritic
der Verfassung Deutschlands, sottolineava
l'importanza dell'opera machiavelliana quale interprete dello spirito
rinascimentale nella conseguita autonomia dalla religione e dalla morale. Lo
Stato ha in sé i suoi fini, tanto in Machiavelli
quanto in Hegel. Il binomio Machiavelli-Hegel
viene stabilito dal Meinecke
che afferma che Machiavelli, fondatore della
'ragion di stato', avrebbe intuito la profonda dialettica della
storia che è bene e male allo stesso tempo. Tuttavia L.
Russo, anche nell'aspetto formale dell'opera del Machiavelli,
individua una 'modernità': afferma infatti
che la sintassi machiavelliana è una sintassi adulta, a differenza del
ragionamento medioevale e scolastico 'a piramide', inaugura il ragionalento 'a catena' che sarà poi di Galileo e
di tutta la prosa scientifica moderna.
Infine i tanti nessi presenti tra Il Principe e i Discorsi ci
inducono a superare la contrapposizione tra un Machiavelli
'repubblicano' e un Machiavelli
'teorico dell'assolutismo' che è stata classica per tanto tempo,
avallata anche da tanta critica romantica che definiva Machiavelli
un pensatore 'ancipite', 'duplice', al tempo stesso
precettore di principi e difensore della libertà. Il Principe e i Discorsi,
infatti, sono i due momenti inscindibili di ogni
politica: il momento dell'autorità e il momento della libertà. Da ciò
l'apparente contraddizione delle due opere perché in realtà, nel problema della autorità è implicito quello della libertà e, nel
motivo della libertà, quello dell'autorità.
Antipapale, antimperiale, antifeudale, civile,
moderno, democratico: questo è Machiavelli. 'La
serietà della vita terrestre, col suo strumento, il lavoro, col suo obiettivo,
la patria, col suo principio, l'uguaglianza e la libertà, col suo fattore, lo
spirito o il pensiero umano, col suo organismo, lo Stato, autonomo e
indipendente: ecco ciò che vi è di assoluto e di
permanente nel mondo di Machiavelli'22.
Machiavelli, quindi, come antesignano dell'Ottocento
liberale.
LE OPERE
Per tutta la vita Machiavelli alternò agli studi seri un'attività letteraria
disinteressata e giocosa.La cosa rientrava nelle
abitudini di ogni persona colta dell'epoca;ma in lui
riflette non solo l'umore gioviale e faceto dell'uomo,buon compagno dai gusti
semplici e popolareschi,ma traduce in invenzioni il suo interesse primario,lo
studio dei comportamenti dell'uomo in società.Già in
età giovanile compose due lunghi capitoli in terzine
intitolati Decennali in cui riassume la storia fiorentina degli anni
recenti,condendola di arguti commenti.Ma la maggior
parte di questa produzione risale agli anni del forzato ritiro dalla politica
attiva ed è sentita dall'autore come uno svago
secondario e un'amara consolazione:nel prologo in versi alla Mandragola chiede
al pubblico di scusare questa leggerezza 'd'un uom
che voglia parer saggio e grave / perch'altrove non have / dove voltare el viso'.Rientrano in questa produzione alcune rime (tra cui i
canti carnascialeschi) alcuni Capitoli di argomento
politico morale,l'Asino,un poemetto in terzine,incompiuto,che avrebbe dovuto
essere una specie di autobiografia comico-grottesca che si rifaceva al motivo
antico degli uomini trasformati in animali,e una Favola in prosa (detta
'Novella di Belfagor Arcidiavolo') che
riprende un tema tradizionale di satira contro le donne e il matrimonio.Ma è nelle due commedie la Mandragola (1518) e la Clizia (1525),che Machiavelli rivela un'autentico
talento letterario.Se la seconda si colloca sul
livello medio del teatro comico cinquecentesco la
prima ne costituisce a giudizio unanime il capolavoro:già al suo tempo fù ristampata e messa in scena più volte ed è tra i pochi
testi teatrali di quel secolo che ancora reggono sulle scene.La
trama riprende i moduli consueti dell'epoca ispirati
alla commedia latina e a Boccaccio:Machiavelli adotta gli ingredienti tipici della commedia
Cinquecentesca (la beffa erotica,la figura del pedante sciocco,gli intrighi e i
travestimenti,la comicità delle battute a doppio senso);ma li ambienta nella
Firenze del suo tempo e dà a personaggi e situazioni un colorito realistico.Tutta sua è poi l'invenzione del personaggio di fra Timoteo,che si ispira alla tradizionale satira contro
i frati ('Questi frati son trincati,astuti;ed è
ragionevole,perchè sanno e peccati nostri e loro',commenta un altro
personaggio),ma una visione così lucida e amara del gioco delle forze in campo
da sembrare quasi un eroe del machiavellismo.