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APPROCCIO UMANISTICO
Si tratta di un insieme di teorie che, pur diverse tra loro, condividono alcuni tratti comuni
Contesto culturale
Teoria psicologica che nasce negli U.S.A intorno agli anni '40.
Si chiama "Umanistica" da "uomo" per sottolineare l'intenzione di elaborare una teoria psicologica rispettosa A) delle caratteristiche più tipicamente umane come:
la libertà
la responsabilità
l'imprevedibilità
l'originalità
B) della soggettività umana come punto di partenza per comprendere la persona e i suoi problemi
L'introduzione che abbiamo esposto contiene spunti di critica rivolti ad alcuni approcci psicologici del tempo, in particolare al comportamentismo ed alla psicoanalisi relativamente ai punti A) - B)
Critica degli psicologi "Umanisti" al comportamentismo ( punto A )
Il comportamentismo propone una visione dell'uomo come individuo esposto all'influenza esterna (pensiamo al radicalismo ambientale di Watson): come si concilia una visione comportamentista dell'uomo con le caratteristiche tipicamente umane?
Critica degli psicologi "Umanisti" alla psicoanalisi ( punto A )
La psicoanalisi propone una visione dell'uomo come individuo esposto all'influenza dell'Es/Super-io (pensiamo alla faticosa attività di un IO stretto tra la morsa delle pulsioni e la pressione del condizionamento sociale): come si concilia una visione psicoanalitica dell'uomo, guidato dalle pulsioni e dagli istinti con le caratteristiche tipicamente umane?
Critica degli psicologi "Umanisti" al comportamentismo ( punto B )
Il comportamentismo comprende la persona solo attraverso un metodo "scientifico" , cioè come insieme di dati esteriori che si potrebbero misurare ( pensiamo al modo di lavorare di Thorndike o di Skinner che registravano il numero di tentativi compiuti dall'animale prima di trovare il comportamento corretto)
Ma: il comportamento esteriore lascia trasparire le intenzioni di una persona? I suoi dubbi? I suoi conflitti?
Critica degli psicologi "Umanisti" alla psicoanalisi ( punto B )
La psicoanalisi comprende la persona attraverso metodi come le libere associazioni o l'interpretazione dei sogni che
escludono la coscienza, la riflessione razionale
escludono un dialogo diretto, faccia -a - faccia tra paziente e analista
Ma: una persona può essere guidata prevalentemente da istinti e pulsioni? L'esperienza dice che chiunque di noi, solitamente, ragiona, riflette, decide liberamente
ALLORA: se il nucleo più originale di ognuno di noi, quello che fa di ognuno di noi una persona unica e irripetibile è dentro la scatola nera, occorre entrare in essa
Secondo gli "Umanisti", si comprende la "persona" a partire dalla sua soggettività
CIOE'
ASSUMENDO IL SUO PUNTO DI VISTA, PERSONALE, SOGGETTIVO, CONSAPEVOLE nel CONCRETO di VITA QUOTIDIANA
i teorici della scuola umanistica partono dall'idea di capire i problemi della persona senza preoccuparsi di verificare se ciò che per il soggetto è la sua verità corrisponda ad una presunta verità oggettiva ( questa posizione corrisponde a quella dell'ascolto: il compito dello psicologo è la comprensione di ciò che vive il soggetto in un tempo e spazio concreti senza giudicarlo
GLI ESPONENTI
CARL ROGERS ( 1902 - 1987) psicologo e psichiatra statunitense
Si iscrive, inizialmente, alla facoltà di Agraria che abbandonerà per iscriversi a Teologia
A vent'anni, si trasferisce in Cina dove, a contatto con la cultura orientale, capisce la sua vocazione
Tornato negli Stati Uniti, si laurea in scienze psicologiche e pedagogiche
È docente universitario presso diverse facoltà americane
Dirige i una clinica psicopedagogica dove si è occupato di problemi dell'età evolutiva
È l'ideatore di una nuova psicoterapia centrata sulla persona ( cliente)
Pubblica un libro che lo renderà famoso in tutto il mondo " Terapia centrata sul cliente" 1951
CONCETTI CHIAVE COMUNI ALLA TEORIA UMANISTICA
l'interiorità personale come valore più importante: se si vuole capire l'esperienza di una persona, occorre fare attenzione al modo in cui ella percepisce e interpreta la realtà
Un valido psicologo, secondo Rogers, non deve condizionare il cliente offrendogli possibili soluzioni o imponendo obiettivi che, magari, per lui non sono adatti. Durante la terapia, quindi, lo specialista deve astenersi dal dare consigli che, al momento, possono mitigare l'ansia ma a lungo termine condizionano e frenano un percorso di autorealizzazione. Il soggetto, cioè, deve diventare in grado di fare scelte autonome e di riconoscere quella direzione che maggiormente esprime le sue potenzialità.
Ciò che deve fare il terapeuta è sostenere il cliente a prendere le decisioni, assumendo un ruolo attivo, protagonista di se stesso, come abito permanente del carattere
Il colloquio non direttivo: una volta che il paziente si sente a suo agio, proprio perché percepisce di essere compreso fino in fondo, sarà libero di esplorare se stesso, ascoltandosi, esprimendo le sue ragioni, senza timore di essere giudicato male. Solo così, entrerà gradualmente in contatto con la sua natura più profonda e scoprirà le sue potenzialità, autorealizzandosi
L'ascolto attivo: il terapeuta come può attivare, nel concreto, il colloquio non direttivo?
Attraverso 3 condizioni
L'autenticità: il terapeuta si rapporta al cliente con spontaneità e sincerità. Esprime pensieri e sentimenti in modo schietto e informale. In questo modo diventa un esempio, un modello per il cliente stesso attraverso le parole, i gesti, i comportamenti
Considerazione positiva e incondizionata ( non condizionata da pregiudizi): il terapeuta dimostra un rispetto per la persona con cui interagisce, indipendentemente dalle sue caratteristiche, dai suoi limiti, dalle sue debolezze, anche quando non si trova concorde con lui
Ascolto attivo: fare spazio all'altro per
lasciarlo parlare affinchè si possa esprimere fino in fondo
lasciarsi coinvolgere dal cliente e porgli domande per capire se il terapeuta sta comprendendo ciò che il cliente vuole comunicare
Empatia: se l'ascolto è attivo, nasce l'empatia, cioè quell'atteggiamento che consiste nel "mettersi nei panni del cliente", condividerne gli stati d'animo per poter vedere il mondo con i suoi occhi.
Il ruolo speculare dello psicologo: se c'è ascolto vero e dunque empatia, lo psicologo farà da specchio al cliente, rimandandogli segnali verbali e gestuali. In questo modo, il cliente si renderà gradualmente conto di come appare agli altri. Ed altrettanto gradualmente prenderà sempre più coscienza dei suoi pensieri, dei suoi modi di essere imparando a conoscere meglio se stesso. Solo se prende coscienza dei suoi problemi, potrà avviare un lavoro di ristrutturazione interiore e costruire autonomamente la sua vita.
Prova a definire il concetto di "autorealizzazione" secondo la teoria rogersiana
Perché Rogers sostituisce il termine "cliente" a "Paziente"?
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