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A Silvia
Leopardi, dopo due anni impiegati a stendere le "Operette morali", riprende spunto da queste riflessioni e nel 1828 scrive "A Silvia"; questa poesia, facente parte dei "Grandi Idilli" viene poi presa nella raccolta dei "Canti". In questa poesia, mentre prima era vista crudele perché "indifferente", adesso è una crudeltà personificata, la natura che in apparenza sembra benigna e fautrice di sogni, crea solo illusioni che uno volta infrante, provocano un immenso dolore. "A Silvia" segue lo schema tipico della canzone italiana, anche se leggermente modificato da Leopardi, per adeguarsi al suo stile linguistico, molto libero ed innovativo. E' formata da sessantatre versi, divisi in sei strofe; le rime sono baciate oppure vi sono varie assonanze utilizzate per creare un legame logico tra i versi della poesia. Nella prima strofa, formata da sei versi, il poeta si rivolge a Silvia, ormai morta, per chiederle se ricorda quando "ridente" e "splendida" si affacciava a salire la soglia della gioventù; quindi nella seconda strofa dal settimo al quattordicesimo verso, Leopardi ricorda la primavera il "maggio odoroso", e i suoni della casa, animata dalla sua presenza; nella terza strofa, che va dal quindicesimo al ventiseiesimo verso, si ricorda sui libri, mentre ogni tanto "porgea gli orecchi" al suono della sua voce; dal ventitreesimo verso, fino alla fine della strofa, il poeta descrive la primavera rigogliosa, gli "orti", il "ciel sereno", come metafora di un'epoca felice, spensierata e sognante; tale che nessuno possa dire ciò che lui "sentiva in seno", la gioia che provava; La quarta strofa va dal ventottesimo al trentanovesimo verso; il poeta ricorda, con una nostalgia "acerba e sconsolata" la sue giovinesche speranze; dal trentaseiesimo verso, fino alla fine della strofa, Leopardi, si rivolge, ormai desolato e disincantato alla natura, chiedendogli il motivo della sua indole crudele e ingannatrice.. "perchè non rendi ciò che prometti allor? Perchè di tanto inganni i figli tuoi?"; nella quinta strofa, dal quarantesimo al quarantottesimo verso, esprime, con una serie di negazioni, ciò che una malattia gli ha portato via ancor prima che "l'erbe inaridissero" per l'inverno, gli aveva portato via i giorni più felici della sua giovinezza, la sua gioia, il suo amore. Nella sesta strofa dal quarantanovesimo al sessantatreesimo verso dice che con la morte di Silvia morì anche la speranza e pone, a questa una serie di domande retoriche, sovrapponendo la figura di Silvia ad una personificazione della speranza, caduta nella "fredda morte", quando gli apparve la verità, poco prima dell'inverno; quindi negli ultimi quattro versi vi è il sunto di tutta la poesia "All'apparir del vero, tu, misera, cadesti: e con la mano la fredda morte ed una tomba ignuda mostravi di lontano." Quindi Silvia, tutt'uno con la speranza scopre l'inganno della natura per mostrare il destino di tutti gli uomini, un destino di morte e sofferenza. In questo componimento vi è una forte presenza di parole letterarie e latinismi, "speme", "morbo", "limitare", ecc. e di parole che, forse pure più che in altre poesie del Leopardi, rendono l'idea di vago ed indefinito, di lontano; ma la struttura del testo sia per quello che riguarda il periodo che, il verso, è molto semplice. La primavera e l'inverno, hanno un ruolo simbolico, la prima tempo di speranze, di gioia, la seconda rispecchia la delusione e la morte; quindi una natura così mutevole, viene personificata e vista come una ingannatrice, prima fa intravedere nei loro occhi un futuro felice, poi gli toglie anche l'amore. Quindi la natura in questa poesia non ha un ruolo "indifferente" ne tanto meno di madre, è una natura matrigna, responsabile di tutti i dolori dell'uomo e alla quale questo si deve ribellare, e rivolgere i propri pianti, poiché è certa la consapevolezza di un futuro di dolore. La figura di Silvia, personaggio dell'Aminta del Tasso, è stata accostata alla figura della sfortunata Teresa Fattorini,figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta prematuramente all'età di 21 anni, il 30 Settembre del 1818, ma ufficialmente non esiste nessuna prova a favore di questa ipotesi. Comunque sia, la sua morte, nell'Idillio, è simbolo della morte psicologica di Leopardi che si trova perso quando perde la compagna della sua gioventù. Ricorre ancora il tema della speranza sia nel futuro, che nel passato. Il ricordo del dolce passato e della speranza che esso permetteva di nutrire sono ovviamente frutto del discorso fatto sul piacere.
Il poema può essere diviso come segue:
VV. 1-6: Introduzione, tema del ricordo;
VV. 7-14: Momento positivo, il passato, speranze di Silvia;
VV. 14-27: Momento positivo, il passato, speranze di Leopardi: l'avvenire è vago e indefinito, quindi è in grado di far provare piacere;
VV. 28-39: Riassunto del momento negativo presente. Vocazione alla natura ingannatrice.
VV. 40-48: Morte di Silvia e quindi morte delle speranze;
VV. 49-68: Morte della speranza di Leopardi.
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