UN AUTORITRATTO
ESEMPLARE
Catone si dedicò per gran parte della sua
vita, esattamente dal 168 a.C. al 149 a.C., anno stesso della sua morte, alla
composizione delle "Orationes": circa 150 orazioni , di cui soltanto 80 sono da
ricollegarsi a lui. I temi principali individuati nei 250 frammenti ritrovati
sono: la massima esaltazione dell'"agricola sollers", l'estrema avversione
verso lo sfarzo greco, l'assoluto rispetto del mos maiorum, con l'utopia
del ritorno al mondo latino autoctono.
Nato nel 234 a Tuscolo, nella Sabina in una famiglia plebea, Marco Porcio
Catone ha sempre creduto negli ideali dell'onestà e dell'operosità,
specialmente quella che risaltavano nel lavoro dei campi. Mai, infatti, ha
dimenticato le sue origini agresti, anzi, pur rivestendo notevoli cariche
politiche, ha sempre avuto vanto dell'appezzamento di terreno che il padre gli
aveva lasciato in eredità. Questi frammenti, che fanno parte delle orazioni,
evidenziano alcune di queste tematiche, poiché delineano tratti significativi autobiografici.
Queste sono espresse con uno stile
ricercato, oscurato però, dalla violenza verbale. Il frammento 128 evidenzia il
valore delle proprie origini, intese come luogo e ceto sociale, nell'autore:
"Ego iam a principio in parsimonia atque in duritia atque industria omnem
adulescentiam meam abstinui agro colendo, saxis Sabinis, silicibus
repastinandis atque conserendis.". A mio parere, l'uso di "a principio"
rafforzato da "iam" (trad. già dal principio) evidenzia nell'oratore la resa di
un significato ben più assoluto: più esplicitamente la parte in esame
acquisisce il senso di "da sempre". Il frammento 132, che inizialmente sembra
contrapporsi al precedente, poiché Catone riveste l'incarico di ambasciatore,
vuol mostrare, tuttavia, l'onestà personale, come astensione dalla corruzione. "Quom essem in provinciam legatus,
quamplures ad praetores et consules vinum honorarium dabant: numquam accepi, ne
privatus quidem." Da notare l'uso dell'espressione arcaica
"quom", in funzione di "cum". Il frammento 174 punta l'attenzione sui beni
materiali: Catone cita alcuni simboli dello sfarzo dell'aristocrazia,
affermando che è capace di farne a meno,
e ironizza, ricordando l'unica puntata sarcastica del prologo polemico
di Terenzio, confrontandosi con coloro che, ormai, non possono fare a meno di
"aedificatio.vasum.vestimentum.". "Vitio vertunt quia multa egeo; at ego illis
quia nequeunt egere." Ritiene lecito che ognuno goda di ciò che ha. L'ultimo
frammento, il 21, tratta polemicamente della cura dello Stato: "Egoque iam
pridem cognovi atque intellexi atque arbitror rem publicam curare industrie
summum periculum esse.". A mio parere, il significato implicito di questa
affermazione è che è difficile adoperarsi con operosità negli impegni
burocratici dello Stato, senza cadere nella corruzione, collegandosi, in questo
modo, al frammento 132.