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Plinio il Giovane, Traiano e i cristiani
L'imperatore TRAIANO, succeduto a Nerva nel 98 d.C., si affrettò a creare una normativa nei confronti dei Cristiani, e l'occasione gli venne fornita da PLINIO il Giovane, governatore nella provincia della Bitinia, che in una epistula (Epistulae X, 96) gli chiedeva istruzioni proprio su come si dovesse comportare nei loro confronti.
Il rescritto di Traiano a Plinio (Epistulae X, 97) stabilì finalmente una precisa normativa che venne seguita, seppur con varie interpretazioni, fino a Decio (249-251 d.C.). L'autenticità del rescritto è pienamente attestata: esso è sicuramente il più antico documento ufficiale sul rapporto tra Cristiani e Stato romano.
Nell'epistula Plinio dichiara di non aver mai preso parte ai processi contro i Cristiani (cognitionibus de Christianis interfui numquam). I processi di cui si parla, da quanto si può desumere dal testo, dovevano essere un fatto risaputo: è solo Plinio (ideo nescio, quid et quatenus aut puniri soleat aut quaeri) a non conoscerli, causa la sua inesperienza personale.
È proprio dalla mancanza di disposizioni ufficiali che nasce la richiesta di precisazioni da parte di Plinio, che, benché persuaso che i Cristiani confessi dovessero essere arrestati (perseverantes duci iussi), era incerto su come comportarsi nei loro riguardi.
Nelle parole di Plinio risulta evidente che implicita nell'accusa di Cristianesimo stesse la colpa di impietas e superstitio illicita, divenuta ormai una costante molto diffusa. Il rifiuto dei Cristiani di praticare i culti della religione di Stato e di adorare l'imperatore come un dio, infatti, sembrava essere premessa di un atteggiamento secessionista, che avrebbe portato i seguaci di questa religione non solo a sottrarsi al controlla dell'autorità imperiale ma anche a rifiutare i contatti con la gente comune. "Plinio mette in evidenza i motivi della repressione imperiale: 1) i Cristiani non offrono sacrifici agli dei e agli imperatori; 2) fanno secessione e in una maniera perseverante, ostinata, irragionevole; 3) costituiscono una presenza diffusa nella società, hanno seguaci in tutte le categorie sociali, in città come in campagna".*
Tuttavia Plinio non crede che il Cristianesimo sia una religione contro la morale, e si premura di descrivere con precisione le riunioni dei Cristiani, di cui si era informato durante l'interrogatorio di due diaconesse, al fine di tranquillizzare Traiano, preoccupato che fossero una sorta di eterie, cioè riunioni segrete di cospiratori.
In attesa di una risposta precisa, Plinio fa sospendere i processi (ideo dilata cognitione), finché non
* E. Cizek, L'epoque de Trajan, Bucarest-Parigi 1983, pag 270
fosse giunto il parere di Traiano (ad consulendum te decucurri.res digna consultatione), per evitare una strage inutile (propter periclitantium numerum).
Plinio si domanda soprattutto se il nomen Christianum sia una colpa di fatto (culpa) o di pensiero
(error) e se siano dunque punibili per la loro scientia, il loro exertium o la loro professio. In particolar modo egli constata che i flagitia presunti sono assenti e l'error (colpa) è solo religioso: era possibile imprigionarli e ucciderli solo in base a questo?
La risposta di Traiano fu un capolavoro di ambiguità; è per questo che fu adottata da quasi tutti i successivi imperatori, che però ne diedero diverse interpretazioni, fino, come abbiamo già detto, a Decio.
Tale rescritto affermava che:
tutti coloro che non si fossero dichiarati Cristiani dovevano essere assolti a priori, compiendo un sacrificio agli dei, non accompagnato né da un atto di culto di fronte all'immagine dell'imperatore, né da una maledizione lanciata contro Cristo;
veniva vietata ogni forma di ricerca dei Cristiani da parte della forza pubblica (conquirenti non sunt);
il processo a carico di un Cristiano poteva essere avviato solo dietro denuncia di un privato cittadino debitamente sottoscritta: tutte le denunce anonime avrebbero dovuto essere debitamente ignorate.
Sotto l'imperatore Traiano la repressione dei Cristiani fu molto cauta, per non suscitare reazioni negative nell'opinione pubblica. Tuttavia il Cristianesimo doveva essere tenuto sotto controllo, se non estirpato, perché si temeva che rappresentasse un pericolo per la coesione dell'Impero.
"Plinio, al pari di Traiano, considerava indispensabile la repressione e l'eliminazione fisica dei Cristiani intransigenti. Rimane però vero che Traiano vieta la persecuzione di certi Cristiani, vale a dire quelli che furono accusati con anonime delazioni o quelli che abiuravano la loro religione".
(Cizek, L'epoque de Trajan)
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