Epidicus «Epidico»
Epidico, il servo
che dà nome alla commedia, deve intervenire due volte e per due volte risolvere
i guai in cui si è cacciato il padroncino Stratippocle, figlio di Perifane, a
causa della propria incostanza amorosa. Una prima volta il giovane si innamora
di una suonatrice di cetra, che è ambita anche da un soldato d'Eubea (questi,
anzi, la sta cercando affannosamente): Epidico inventa che la suonatrice è in
realtà una figlia naturale di Perifane, frutto di un amore giovanile con una tale
di Epidauro di nome Filippa. Perifane ci cade, riscatta la ragazza e se la
tiene in casa proprio come figlia sua. Intanto però Stratippocle va alla guerra
e si innamora una seconda volta, di una bella schiava: si fa prestare i soldi
da un usuraio, riscatta la ragazza e torna ad Atene (ma con l'usuraio appresso
che vuol esser pagato). Epidico racconta allora a Perifane che suo figlio si è
innamorato di una seconda suonatrice, che vuol riscattare e sposare, e gli
suggerisce di batterlo sul tempo, comprando lui la suonatrice e rivendendola ad
un soldato di Rodi che ne è parimenti innamorato. Perifane ci cade di nuovo,
consegna ad Epidico la somma per l'acquisto della presunta suonatrice, ma il
denaro finisce all'usuraio. Per completare l'inganno Epidico noleggia una sera
suonatrice, non schiava, bensì libera, che faccia la parte di quella che
sarebbe stata riscattata. In buon punto arrivano il soldato dall'Eubea, che non
riconosce nella suonatrice noleggiata la sua innamorata, e Filippa da
Epidauro, che non riconosce a sua volta nella prima suonatrice, quella
riscattata all'inizio della vicenda, la figlia avuta da Perifane: la riconosce
però - guarda caso! - nella schiava comprata all'estero da Stratippocle.
Questi, scoperta nella nuova fiamma una sorella torna prontamente alla vecchia
e la sposa. Tutto il complicato intreccio ruota attorno al servo-inventore
Epidico, che alla fine, anziché la meritata punizione, ottiene da Perifane la
libertà.