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Gandhi, Mohandas Karamchand 'Mahatma'




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Gandhi, Mohandas Karamchand 'Mahatma'


INTRODUZIONE

Gandhi, Mohandas Karamchand 'Mahatma' (Porbandar 1869 - New Delhi 1948), pensatore, uomo politico e leader nazionalista indiano, il cui contributo fu fondamentale per il raggiungimento dell'indipendenza dell'India dal colonialismo britannico. Il suo eccezionale carisma e la sua celebre dottrina della 'resistenza passiva' ne fecero una figura leggendaria, la cui influenza oltrepassò i confini del suo paese.

Proveniente da una famiglia agiata, nel 1888 si recò a Londra per frequentare la facoltà di legge all'University College. Nel 1891 ritornò in India per iniziare la sua carriera di avvocato; due anni dopo si trasferì a Durban, in Sudafrica, dove lavorò come consulente legale per una ditta indiana; nei ventun anni trascorsi nel paese africano, la testimonianza diretta delle discriminazioni razziali subite dagli immigrati di origine indiana e dalla popolazione indigena trasformò il timido avvocato in un convinto attivista politico.

LA RESISTENZA PASSIVA

Gandhi si batté per il riconoscimento dei diritti e delle libertà civili dei suoi connazionali da parte delle autorità sudafricane e per la sua attività politica in numerose occasioni fu incarcerato; fautore della non violenza, concepì un nuovo metodo di lotta basato sulla resistenza passiva, o satyagraha (in sanscrito 'forza della verità'), e sulla non cooperazione con le autorità. Permeato di cultura induista ma accogliendo anche l'apporto della cultura occidentale e di altre religioni, egli seppe prendere il meglio dell'una e dell'altra, subendo fortemente l'influenza del pacifismo di Lev Tolstoj (con il quale entrò in corrispondenza, dedicandogli la colonia agricola da lui fondata per la minoranza indiana vicino a Durban) e delle teorie sulla disobbedienza civile sostenute da Henry David Thoreau. Durante la guerra anglo-boera Gandhi organizzò un servizio di autoambulanze per l'esercito britannico e diresse un'unità della Croce rossa.

LA LOTTA PER L'INDIPENDENZA DELL'INDIA

Nel 1915, dopo che il governo sudafricano ebbe attuato alcune riforme a favore della popolazione indiana, Gandhi tornò in India e in poco tempo divenne il leader indiscusso del Movimento nazionalista indiano. Egli riuscì a trasformare il Congresso nazionale indiano (o Partito del Congresso) in un partito politico con largo seguito anche fra quei gruppi fino ad allora esclusi da ogni attività politica, quali le donne, i commercianti, i contadini più abbienti e i giovani. Dopo il massacro di Amritsar, avvenuto nel 1919, Gandhi promosse una campagna di protesta a livello nazionale, basata sulla non cooperazione con il governo britannico. Dopo una seconda campagna imperniata sulla disobbedienza civile e sul boicottaggio dei prodotti britannici, nel 1921 venne condannato a sei anni di reclusione, pena che scontò parzialmente. L'indipendenza economica dell'India fu il punto culminante del movimento swaraj (in sanscrito 'autogoverno'): lo sfruttamento dei contadini da parte degli industriali britannici aveva prodotto un impoverimento diffuso e la virtuale distruzione dell'industria indiana. Gandhi si batté per un potenziamento delle attività artigianali e nelle campagne.

A partire dal 1925, convinto che l'indipendenza fosse irraggiungibile se non era accompagnata da una radicale trasformazione morale e sociale, Gandhi sostenne un programma di rinascita nazionale, che comprendeva la lotta ai pregiudizi contro il lavoro manuale, il superamento della divisione esistente tra ambiente urbano e ambiente rurale, la valorizzazione delle lingue indigene e l'eliminazione della casta degli 'intoccabili', con i quali si sarebbe identificato per tutta la vita sposandone la causa, nonostante provenisse da una casta superiore. Egli assurse a simbolo internazionale dell'India libera e in patria cominciò a essere venerato come un santo: conduceva la vita spirituale e ascetica di un predicatore, praticando il digiuno e la meditazione, rifiutando qualsiasi possesso terreno e vestendo come un membro delle caste più basse. Egli diede all'induismo una valenza politica e sociale totalmente nuova, ispirata da altre culture, prendendo spunto dalle tradizioni religiose di altre fedi; perfezionò il metodo della satyagraha e sviluppò la 'nuova scienza della non violenza', che tendeva alla conversione morale dell'avversario attraverso una delicata 'operazione chirurgica sulla sua anima'. Le sue azioni furono fonte d'ispirazione per il poeta Rabindranath Tagore, che lo soprannominò Mahatma (in sanscrito 'grande anima'), titolo riservato ai grandi saggi.

Nel 1930 Gandhi indisse una nuova campagna di disobbedienza civile, invitando la popolazione a non pagare le imposte, in particolare quella che gravava sul sale, prodotto sul quale il governo britannico esercitava un monopolio assoluto; migliaia di indiani seguirono Gandhi nella 'marcia del sale' da Ahmadabad fino al mare di Oman: il Mahatma fu nuovamente arrestato e rilasciato dopo qualche mese. Nel 1932 iniziò una nuova campagna di disobbedienza civile contro il dominio britannico: ripetutamente arrestato e quindi rilasciato, durante un periodo in prigione iniziò uno sciopero della fame per migliorare la condizione degli intoccabili, oggetto di discriminazioni politiche.

VERSO L'INDIPENDENZA

Nel 1934 il Mahatma si ritirò dalla politica attiva, lasciando il posto di leader del Partito del Congresso a Jawaharlal Nehru, e intraprese un viaggio attraverso le campagne per diffondere l'ahimsa (non violenza) e promuovere la riforma sociale. La sua autorità morale e spirituale era tale che il limitato autogoverno concesso dalla Gran Bretagna all'India attraverso la promulgazione del Government of India Act (1935) non poté essere applicato finché non ottenne l'approvazione del Mahatma. Nel 1939 questi riprese l'attività politica e tentò di mettere d'accordo le diverse comunità religiose: a tale scopo iniziò uno sciopero della fame che sarebbe continuato finché le divergenze di casta e religiose tra indù e musulmani non fossero superate.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale egli decise di non sostenere la Gran Bretagna se questa non avesse garantito all'India una completa e immediata indipendenza; anche dopo l'entrata in guerra del Giappone rifiutò la partecipazione dell'India al conflitto. Nel 1942 il Mahatma fu nuovamente incarcerato, ma venne rilasciato due anni dopo per motivi di salute. La lotta per l'indipendenza dell'India entrava nella sua ultima fase: il governo britannico aveva acconsentito a concedere l'indipendenza a condizione che il Partito del Congresso risolvesse le sue divergenze con la Lega musulmana. Gandhi ebbe un ruolo fondamentale nel corso delle trattative e tre anni dopo l'India divenne un paese indipendente. Contemporaneamente, malgrado il Mahatma avesse sempre perseguito la causa dell'unità, il Pakistan musulmano fu dichiarato uno stato autonomo, poiché non si riuscì a trovare un accordo che soddisfacesse le divergenze etniche e religiose fra i due paesi. Nel 1947 le rivalità fra indù e musulmani provocarono nuovi, sanguinosi tumulti: Gandhi sostenne la causa della pace effettuando digiuni a oltranza, ma il 30 gennaio 1948 venne ucciso da un nazionalista indù durante un incontro di preghiera.

IL PENSIERO DEL MAHATMA

L'originalità e la forza delle convinzioni di Gandhi stanno in una combinazione tutta personale di passione politica, tensione religiosa, ascetismo e filosofia. Il suo pensiero morale e politico è fondato su una metafisica relativamente semplice: egli credeva che l'universo fosse regolato da una intelligenza o principio supremo, da lui chiamato satya (verità), incarnato in tutti gli esseri viventi, in special modo nell'uomo, nel quale assume la forma di anima o spirito autocosciente. Poiché tutti gli uomini compartecipano dell'essenza divina, essi costituiscono sostanzialmente un'unità; essi non sono semplicemente uguali, sono 'identici', e l'amore rappresenta l'unica forma appropriata di relazione tra loro. Nella sua valenza positiva, l'amore implica la cura e l'attenzione per gli altri, mentre nella sua valenza negativa implica l'ahimsa (in sanscrito 'senza danno'), o non violenza. Il pensiero politico e sociale di Gandhi, compresa la sua teoria della satyagraha, è un tentativo di applicare il principio dell'amore in tutti i campi della vita.

Gandhi considerava lo stato la 'rappresentazione di una forma concentrata di violenza', espressione di coercizione e di uniformità. Esso è tuttavia un'istituzione indispensabile fintanto che gli esseri umani non siano completamente evoluti e capaci di agire in modo socialmente responsabile. Le decisioni assunte secondo la regola della maggioranza violano l'integrità morale della minoranza e quindi la disobbedienza civile deve essere considerata un diritto 'morale' di ogni cittadino. La società non violenta deve ugualmente assumere il compito di assicurare la sarvodaya, la promozione e lo sviluppo di tutti i cittadini. La proprietà privata nega l'identità o l'unicità di tutti gli uomini ed è per se stessa immorale: per Gandhi è un peccato contro l'umanità che alcuni possiedano ricchezze superflue quando altri non hanno di che soddisfare i loro bisogni primari.

L'influenza del pensiero di Gandhi

L'influenza intellettuale del Mahatma sui suoi compatrioti fu considerevole, ma le sue teorie sul decentramento economico e politico, l'importanza da lui attribuita alla libertà individuale e all'integrità morale, il principio da lui predicato della non violenza e il coraggioso attivismo politico hanno travalicato i confini dell'India per ispirare i movimenti politici di protesta non violenta e quelli comunitari e pacifisti, sorti e sviluppatisi nel corso degli anni Sessanta e Settanta in Occidente.

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