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IL PALAZZO DELLE POSTE
Dal Classico al Razionale
Il palazzo delle poste
Il palazzo delle poste assunse in piazza della Vittoria una posizione dominante, anche se inizialmente doveva sorgere sul lato ovest di essa, poiché sul lato nord sarebbe stato edificato il nuovo municipio.
Nei primi disegni che Piacentini o il suo collaboratore, Oscar Prati, diffusero, la parete settentrionale della piazza era occupata da un edificio di significativo impegno architettonico, la cui facciata era completata da due archi che, sui fianchi del palazzo, chiudevano parzialmente le rispettive vie. Il palazzo si presentava con una serie di semicolonne incassate nella facciata, estese ai due piani previsti nel volume più esterno, che si sovrapponeva a un secondo, un poco più arretrato e sopravanzante l'altro di un piano. La fascia di tetto fra i due volumi era interrotta da statue che concludevano superiormente l'asse delle colonne, svettando sul frontone, come nel primo progetto della sede della Banca commerciale italiana, con la quale condivideva anche le colonne giganti.
La versione successiva dell'edificio, che coincide più decisamente con la destinazione a sede delle poste, come conferma la scritta sulla facciata, cambiò vistosamente le forme. In un disegno del 1930 scomparivano le arcate che chiudevano le vie laterali al palazzo e la facciata assumeva l'organizzazione a tre grandi archi, annunciata anche in uno schizzo preparatorio autografo di Piacentini. Il palazzo presentava due aperture ad arco anche sui fianchi, minori di quelle di facciata, in corrispondenza del porticato d'ingresso. La facciata era troncata superiormente da una linea orizzontale, con l'inserimento di una fascia di fastigio leggermente arretrata, così come, sempre frontalmente, il palazzo presentava, ai due lati, due fasce verticali arretrate. Addossate ai quattro pilastri corrispondenti ai tre fornici, erano poste altrettante colonne, a rocchi evidenziati, troncate un poco sotto la quota di imposta dell'arco e sormontate da statue, con un assetto complessivo simile a quello effettivamente realizzato ai lati dell'arco posto sotto la torre della Rivoluzione fascista.
La versione definitiva del Palazzo delle poste di Brescia veniva quindi risolta, forse per placare la critica dei razionalisti, con la forma architravata, in modo effettivamente molto simile alla facciata del Palazzo di giustizia di Milano, che Piacentini progettava nel 1931, così come qualche affinità ai può trovare anche con il disegno della sede della Società delle nazioni in Ginevra, presentato da Piacentini a quel concorso con progetto del 1926-27, o con l'ingresso al Rettorato nell'Università di Roma.
La questione degli affreschi del Gambara
Il Palazzo delle poste di Brescia costituì anche un campo di prova per altri aspetti amministrativi. Si trattò della questione inerente alla conservazione di una modesta abitazione della piccola borghesia cinquecentesca, che si affacciava sul lato est dell'antico corso dei Mercanti, all'epoca chiamato via Alessandro Volta, oggi via XXIV Maggio. La facciata era stata affrescata da Lattanzio Gambara. La conservazione della casetta affrescata su via Volta era inclusa fra le prescrizioni espresse dalla Sopraintendenza lombarda ai monumenti.
La facciata , che rimase,secondo le previsioni dei più, senza alcun ulteriore intervento , sino al degrado e all'insignificanza odierni, fu definita dal Piacentini, che amò ripetere compiaciuto questa sua definizione, come: "un arazzo steso sui novi muri".
Uno dei primi plastici nei quali si vede come doveva essere realizzato il palazzo delle poste.
Primo progetto del palazzo delle poste.
Seconda elaborazione, dopo le critiche ricevute.
Elaborazione definitiva.
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