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La pratica della ricerca sul consumatore
1 Tre modi di articolare la ricerca empirica sul consumatore
C'è stato innanzitutto il tentativo di descrivere il campo dei consumi trasponendo le nozioni dei processi psicologici nate in altri settori di ricerca. Un po' come vedere se la nostra automobile modifica il suo comportamento andando in montagna piuttosto che in pianura. Non è possibile però catturare in questo modo la flessibilità del consumatore, che agisce in un habitat che massimizza la fluidità, la molteplicità e la velocità perché sollecita diversi aspetti del Sé e diverse equilibrazione di Io e Sé. Solo considerando il peculiare equilibrio possiamo prevedere se il suo processo cognitivo tenderà a deformare l'informazione per soddisfare l'aspettativa oppure cercherà di calcolare il vantaggio maggiore oppure tenderà a privilegiare la recita sociale e l'approvazione di chi sta intorno. Non è possibile adottare un unico schema, che, insieme all'antropologia che sottende, è inadeguato. La validità delle osservazioni è destinata ad essere microspecifica, lasciandosi sfuggire il senso di quello che accade. Si usa sempre meno il rigido schema cognitivista razional-decisionista, subentra il concetto di atteggiamento. Un atteggiamento positivo verso un prodotto non è però sintomo di prossimo acquisto da parte del consumatore postmoderno, che non è più vincolato neppure dai propri atteggiamenti. Al momento della scelta può emergere un altro fattore, un impulso o una "scoperta"; inoltre l'idea di mantenersi fedele ad una abitudine può irritare il consumatore nella sua ricerca di novità e di excitement, che ama esplorare alternative e variare. Il piacere e il divertimento guidano spesso nell'acquisto, ed esigono sorpresa, varietà, novità. Le perplessità sul rapporto tra atteggiamento e comportamento rendono di dubbia utilità il tentativo di comprendere l'efficacità della persuasione dell'adv attraverso il concetto di cambiamento di atteggiamento. Perplessità analoghe nascono per quanto riguardano il "principio dell'equilibrio": la personalità non è più coerenza di convinzioni, sentimenti e comportamenti come vuole la psicologia accademica. Pertanto la macchina conoscitiva attivata dalla scienze sociali è carente (vista la crisi di atteggiamento, persuasione ed equilibrio) sotto due aspetti: il consumatore non appare coerente tra la propria ideologia dichiarata e i propri comportamenti, e diventa chiaro che lo stesso consumatore sembra governato da assunti diversi per le diverse aree merceologiche. Anche pensare che il consumatore è coerente con la propria personalità, visto che non lo è con i propri atteggiamenti, è sbagliato, poiché si ignora il contesto specifico e l'assetto variabile della personalità. Il tentativo più coerente di adattarsi a questo stato di cose è quello della ricerca stile "lifestyle", che utilizzano variabili di diversi livelli (atteggiamenti, interessi, opinioni) e costruiscono le tribù accumunate da un equilibrio simile tra questi diversi ordini di variabili. È così possibile inquadrare i consumatori in "culture e identità di consumo" specifiche in un certo periodo, ad hoc per le diverse aree merceologiche. Questa evoluzione obbliga i teorici della personalità a ripensare alcune loro premesse di base, soprattutto alla prospettiva intra-individuale utilizzata per costruire i loro modelli. Accanto a questo sviluppo, la ricerca del consumatore sta cercando di trovare metodi adeguati per rilevare dimensioni importanti che ancora non sono entrate a far parte della sistematizzazione, come i concetti di involvement emozionalità o relazione. L'aspetto più interessante dell'involvement sembra essere il fatto che essa determina delle soglie di modalità di funzionamento del consumatore. A basso grado di involvement il consumatore può agire casualmente (per es. in caso di promozioni) oppure anche secondo la logica del calcolo di convenienza. Con il salire del livello di involvement il consumatore cerca emozione, agisce in relazione agli aspetti intangibili della marca. La difficoltà sta nel riuscire a misurare in modo attendibile questa dimensione, in compenso torna utile anche per valutare l'efficacia di un adv. L'emozionalità si affianca all'involvement, modificando il funzionamento complessivo dell'Io e che confermando che l'emozione interagisce con gli aspetti cognitivi determinando diversi stati di equilibrazione che confermano la visione di un individuo ad assetto variabile che ci pare la più adeguata oggi ad affrontare il campo ipercomplesso dei consumi. Spesso però lo sforzo della nascente "psicologia dei consumi" non le consente di rispondere alle domande fondamentali del marketing, alle quali la psicologia del consumatore è riuscita solo a fornire risposte "ad hoc", cioè studiando l'immagine di determinato brand di un determinato target, senza poter pervenire a soddisfacenti generalizzazioni, poiché in Italia la grande massa di ricerche sul consumatore è affidata a società di ricerca private che agiscono su committenza.
2 Il dilemma metodologico
Bisogna inventare una famiglia di tecniche di indagine capace di sostituire o affiancare quelle codificate da una tradizione che ha ormai un secolo alle spalle. La psicologia del consumatore costituisce il campo in cui possiamo rinvenire la maggior quantità di ricerca qualitativa, il cui statuto è i effetti mal posto fin dalle ragioni iniziali per cui le si attiva: infatti sembra trovare spazio soprattutto quando non sembra esistere il tempo o l'investimento per una ricerca quantitativa. Di solito si ritiene che la ricerca qualitativa sia in grado di raccogliere il vissuto del consumatore e offrirci una chiave di lettura dei fenomeni del consumo. Il consumatore in effetti è in grado di offrirci spiegazioni su di sé e sugli altri, riducendo il lavoro dell'intervistatore a quello del resocontista (in particolare se noi chiediamo "Perché fai così?"). Bisogna ricordare che il contenuto della risposta ha anche a che fare con i rapporti di autogiustificazione, di coerenza interna, e con la negoziazione sociale che sta effettuando con l'intervistatore, però questi elementi non saranno di per sé la causa prima o ultima delle sue scelte di acquisto, a causa del positivo desiderio del consumatore di mantenere margini di libertà ludica e di sorpresa nelle sue scelte. Quindi l'analisi qualitativa non può non essere interpretativa: il che suscita al contempo dubbi sull'interpretazione, inducendo a spostare la fiducia dal metodo alla persona del ricercatore. Le teorie della motivazione guidano alla lettura dei contenuti della intervista permettendo di ricondurli a uno schema preesistente, pregiudiziale. Solo che nel nostro caso il modello teorico pregiudiziale non è bene esplicitato. Nella ricerca qualitativa questo tipo di procedura può essere realizzata disponendo di più punti di vista che si applicano solo a posteriori sul materiale raccolto. Questo metodo corrisponde alla necessità di cogliere l'assetto variabile della personalità e del rapporto tra consumatore e prodotto: i ricercatori confrontano punti di vista diversi nell'intento di individuare quale aspetto è centrale. La riflessione dei ricercatori sulla riflessione del consumatore è il cuore della epistemologia qualitativa, e deve conciliare i modelli interpretativi dei diversi punti di vista conoscitivi ed essere coerente con la spiegazione "ingenua" del consumatore: rendere conto del perché il consumatore ha offerto una certa ermeneutica della sua condizione. In questo modo la soggettività arbitraria non ha più ragione d'essere: questo dimostra l'attitudine della ricerca qualitativa a comprendere adeguatamente il consumatore e permette di creare una piattaforma culturale e procedurale che consenta di cumulare il proprio enorme serbatoio di dati sul consumatore. La ricerca qualitativa, poi, dalla tradizione clinica ha ereditato un bagaglio di tecniche e di modelli dedicati ad attingere la sfera delle associazioni e dei rimandi simbolici aggirando la razionalizzazione dell'Io: diventa importante accedere alle dinamiche ed ai percorsi del Sé. Però ciascuno di noi non ha libero accesso al proprio Sé, perché è filtrato dall'Io, pertanto anche nella relazione di intervista le persone tenderanno a fare "bella figura" esibendo una rappresentazione di sé controllata dal regista Io. L'esperienza clinica ci ha fornito una serie di tecniche per aggirare l'Io ed accedere al Sé dei soggetti: sono le tecniche proiettive e quelle di conduzione creativa, che usano l'interazione con l'intervistatore come una condizione di allentamento dell'autocontrollo. Vi è ancora un altro aspetto specifico della ricerca qualitativa che si può verificare nel corso di un'intervista: è facile che l'intervistatore assuma agli occhi dell'intervistato il ruolo del prodotto: ai suoi occhi in effetti dell'intervistatore è una sorta di emissario o di ambasciatore del prodotto. Questo può costituire una difficoltà, ma anche una ineguagliabile risorse: possiamo cogliere i modelli di interazione che l'intervistato attiva verso il prodotto. La ricerca qualitativa costituisce dunque una forma di conoscenza unica e preziosa, sebbene ancora immature sul piano epistemologico e metodologico. Comunque anche la ricerca strutturata è obbligata a passaggi interpretativi "invisibili" o mascherati dalla presenza di numeri, grafici, calcoli a computer: per es. nel costruire un questionario la scelta degli items, nella elaborazione fattoriale o nella scelta dei livelli di significatività e soprattutto la lettura ed interpretazione dei fattori. In conclusione sia la ricerca strutturata che quella qualitativa stanno avviandosi verso una flessibilità che scaturisce dalla comprensione di metodologie strutturate complesse e di aspetti interpretativi, adeguandosi all'oggetto di studio che è multidimensionale e ad assetto variabile. La psicologia dei consumi inesorabilmente deve colloquiare con altre forme di sapere come la sociologia, l'antropologia, la semiologia, l'economia e il marketing.
3 Il consumatore postmoderno: self-narrative
La psicologia narrativa assume che il Sé psicologico è frutto di una costruzione narrativa nel senso che dipende dalla disponibilità di narrazioni sul sé e nel senso che il sé esiste solo come mezzo di interazione degli scambi dialogici sociali. Possiamo parlare di molteplici sé: in effetti il racconto del sé varia a seconda dei contesti sociali e nel tempo. Cerchiamo di esporre alcuni degli aspetti che risultano più evidenti dalle narrazioni di consumatori italiani
a. Il consumatore è consapevole di vivere in un sistema del consumo, e tende a crescere la sua consapevolezza di esserne una parte centrale: il consumatore attuale è lontano dalla situazione del topino di laboratorio che viene condizionato e che nulla sa del progetto di ricerca cui partecipa suo malgrado. Nella sua idea il produttore deve riuscire a vendergli la merce, e quindi deve invogliarlo all'acquisto attraverso l'esercizio di seduzione (più che di persuasione) che rende l'acquisto più piacevole e divertente. b. Il consumatore apprezza l'aspetto ludico di questo sistema: il consumatore non si assume responsabilità ed impegni civili, preferisce credere che a difenderlo siano le istituzioni, e comunque ha pochissima voglia di introdurre una dinamica del sospetto, di controllo e di contrapposizione in una area che vuole vivere con rilassatezza ludica. Questo atteggiamento acritico nulla toglie a reiterate dichiarazioni di consapevolezza che "nessuno ti regala niente", e che le aziende "fanno il loro interesse", però proprio la esposizione pubblica delle aziende rende per loro pericoloso fare "grosse mascalzonate". c. Il consumatore manifesta u rapporto positivo con la pubblicità: il consumatore sorride quando si avanza l'idea che la pubblicità lo condizioni, perché sa bene che la pubblicità tende ad abbellirgli le cose e a fargli nascere desideri "inutili": ma in compenso lo informa delle possibilità di scelta e delle alternative, e obbliga i produttori a "impegnarsi pubblicamente", una sorte di garanzia. La presenza pervasiva della pubblicità non ha più un effetto irritante o disturbante, ma rassicurante: è una "presenza famigliare" e inoltre la rappresentazione del mondo è bella, gradevole, sempre con il lieto fine. La pubblicità illumina gli spazi bui della nostra agenda setting, così che la signora Maria non è più una massaia, ma una manager, può pensare che mille prodotti si contendano i suoi favori. Il consumatore sta poi diventando sempre più capace di apprezzare le componenti registiche ed estetiche della pubblicità, come il ritmo, i colori, la bravura di registi e attori, l'originalità. La funzione principale della pubblicità agli occhi del consumatore è quella di divertire, rinviando il ruolo di informazione ad altri momenti, secondo la sua teoria per cui prima devono nascere interesse e desiderio, poi la ricerca di informazione per canali individuali. d. Il consumatore cerca un rapporto con la marca: questo ci conferma che esiste una dimensione affettiva che consente di considerare la marca come una persona, una personificazione che è già dentro di noi, nel nostro vissuto. La fiducia affettiva verso la marca indica la funzione analitica in funzione suppletiva di altre istituzioni (statali o parastatali). La marca funge anche da organizzatore cognitivo, fornendo le "istruzioni per l'uso" dei prodotti: uso pratico e contesti sociali, e l'immaginario che determina il passaggio da utilizzazione a consumo. Utilizzazione il significato del prodotto e del rapporto con esso si esaurisce nel suo valore d'uso, il consumatore è utilizzatore razionale, calcolatore di vantaggi. Consumo il rapporto con il prodotto si dilata alla simulazione mentale ed affettiva di identità personale e di ruolo sociale. L'identificazione esige una asimmetria con l'oggetto con cui si identifica (il modello); l'oggetto deve stare un poco sopra a noi, in quanto più forte e protettivo, ma anche nel senso che deve essere oggetto di desiderio non ancora raggiunto ma raggiungibile. La pubblicità di prodotti di marche assurte al livello di modello si circondano di preziosità, di toni seduttivi ed intimi. Ricordiamo ancora che oggi ogni aspetto della nostra identità ha bisogno dei suoi modelli di riferimento e dei suoi mondi. La relazione con la marca guadagna se si pone su un piano affettivo e identificativo piuttosto che su un piano relazionale, il legame si mantiene anche trasversalmente, consentendo la "brand extension" (Swatch ha prodotto automobili con la stessa personalità che trasmetteva negli orologi, Barilla i sughi, Nike i capi di abbigliamento). Anche il luogo di consumo sta assumendo maggiore rilevanza, perché è il luogo dell'excitement, in cui la centralità del consumatore e i mondi dei prodotti si incontrano. e. Il consumatore ed i valori: un'indagine quali-quantitativa statunitense mette in luce alcuni aspetti che, seppur contraddittori, sussistono uno accanto all'altro. Il primo aspetto è la forte adesione al principio di piacere ad al consumo come area principale di questo diritto-consumo. Accanto a ciò sta il timore (senza soluzione di continuità) per la perdita degli antichi valori determini uno sgretolamento sociale. Queste ansie prendono forma nella paura che la possibilità di benessere torni ad essere riservata a quei pochi che "possono", respingendo la maggioranza nella stretta del bisogno. Nonostante questa coesistenza nessuno è realmente disposto a correlare i due aspetti deducendo ce il consumismo rischia di compromettere le risorse e/o l'ecologia del pianeta. Si attribuisce la colpa a istituzioni, governi, e sempre ci si attende dalla tecnologia ulteriori magie che risolvano il problema senza obbligare a scelte e quindi a sacrificare qualcosa. In Italia un altro conflitto è quello tra ricerca di benessere e atteggiamento verso l'immigrazione. Il timore è che gli immigrati peggiorino la nostra qualità di vita, ma come possiamo loro negare la ricerca di quella felicità consumista che noi stessi cerchiamo? Anche in questo caso si demanda tutto alle istituzioni. Gli abitanti della postmodernità hanno superato il principio di non contraddizione: essi vogliono tutto come recitano anche alcuni claims pubblicitari (leggerezza e gusto, piacere e naturalità). La personalità consumista potrà sussistere fino a che il livello di benessere è garantito: forse per questa ragione le persone seguono con così tanto interesse gli andamenti economici. Anche il ritorno al darwinismo (con l'uomo che riesce grazie alla tecnologia a crearsi un mondo su misura) è u segno di questa ricerca di rassicurazione sulla certezza presente e futura del benessere. Anche dagli aspetti di autopercezione ed autorappresentazione appare evidente una condizione psicologica che caratterizza la logica del consumatore attuale: la marginalità del principio di non contraddizione e la fluidità del principio di coerenza: il consumatore tende alla fusione e confusione dei diversi desideri e obiettivi, mirando al tutto, subito e senza pagare dazio. I consumatori sono così in grado di bypassare l'etica del sacrificio e il principio di coerenza: cercare di inscriverlo entro i canoni della psicologia moderna risulta dunque artificioso, difficile e deformante.
b.
4 La pragmatica della ricerca sul consumatore
Bisogna focalizzare l'attenzione sulla realtà della prassi di ricerca come nasce ogni giorno nello scambio tra azienda, istituti di ricerca ed agenzie di comunicazione pubblicitaria. La ricerca di marketing viene spiegata a partire dalla fase di porre delle domande per poi analizzare delle risposte ed infine riferire i risultati. Il setting della ricerca di marketing finisce per appiattirsi sempre più sulla figura dell'interrogatorio (neanche dell'interrogazione), questo processo sta soffocando lo spazio per un reale approccio qualitativo, rimuovendo le dinamiche dialogiche che costituiscono l'essenza dell'approccio qualitativo e la capacità di rispettare il contesto complessivo in cui la ricerca si svolge. L'effetto più immediato è quello di rimuovere l'analisi della domanda. A seguito della crisi economica e psico-sociale del '93 anche le ricerche di mercato sono state coinvolte in una frenetica richiesta di velocità e di riduzione del costo. Il fattore decisivo per l'involuzione delle ricerche a filosofia qualitativa sta probabilmente nella alterazione che le condizioni ansiogene e ipercompetitive hanno indotto nei committenti delle ricerche. La necessità di prendere decisioni in tempi rapidi ed in condizioni di rischio rende naturale il ripiegare sugli schemi famigliari e rassicuranti di derivazione economica. I committenti tendono a evitare tipologie di indagine estranee alla loro mentalità (complesse), ripiegando su modalità quantitative ripiegate sull'idea dell'uomo che acquista secondo un calcolo razionale di costi e benefici. Tutto ciò significa de-contestualizzare la ricerca cercando di condurla a schemi comuni, razionali, trasponibili e tradurne le indicazioni in numeri. L'esito finale di questa sindrome regressiva da stress e ansia di insuccesso non può essere che quello di restituire al committente proprio quello che egli si aspetta; un po' come il terapista che minacciato da un suo paziente con una pistola gli dà la terapia che il paziente desidera. Invece nell'ambito delle scienze umane il modello quantitativo sta abdicando in favore di approcci qualitativi: semiologici, clinici, storici, ispirati allo studio contestualizzato. In tal modo la ricerca accademica e la riflessione epistemologica mettono in evidenza la necessità di contestualizzare ogni processo conoscitivo e di attivare sistematicamente riflessione e dialogicità; anche il marketing dovrebbe fondarsi su dialogo e colloquio, ma così non è.
5 Le tipologie d'indagine
Abbiamo tre criteri per classificare i tipi di ricerca sul consumatore
Occorre fare qualche riflessione sul secondo tra i possibili approcci, in particolare bisogna riassumere i tipi di abitudini e richieste che il marketing rivolge agli istituti di ricerca
La prima esigenza che il marketing avverte in una azienda è quella di disporre di dati oggettivi atti a misurare la potenzialità del mercato in termini di atti di acquisto e di affollamento della concorrenza. A tale bisogno rispondono la descrizione sociodemografica dell'area interessata, i dati sulla presenza di prodotti in casa e sulla composizione media dello scontrino della spesa in punti vendita con scanner alla cassa. In sostanza non abbiamo nessuna dichiarazione, opinione, atteggiamento da parte del consumatore, che conta solo come numero. Questi dati sono la base su cui si articola il piano del marketing
Necessità di progettare la propria strategia in termini di segmenti di popolazione e non più in chiave universale. Non si può più cercare di vendere tutto a tutti, occorre assecondare le esigenze di un segmento di potenziali consumatori per i quali divenire punto di riferimento. Ci sono tecniche di segmentazione basate non solo sulle variabili sociodemografiche ma soprattutto sui valori e gli stili di vita che accumunano sottogruppi culturalmente omogenei. In particolare il concetto di atteggiamento è stato centrale nello studio del consumatore. Questa ricerca è basata sullo schema secondo cui le persone acquisiscono informazioni, si fanno un'idea, valutano in chiave valoriale, assumono una propensione emotiva (accettazione-rifiuto) e si comportano alla luce di questa sequenza logica, agendo in ogni passo secondo il principio di coerenza. Ma ciò è opinabile perché:
Non sempre si ha una informazione comportamento: una volta formate delle abitudini, si tende a selezionare l'informazione in entrata;
Se il nucleo è legato all'immagine di sé, la disponibilità a modificarsi è debole, perché lo scopo primario è mantenere l'autostima, non adattarsi alla realtà esterna;
Circolano pregiudizi, che influenzano l'apparato rappresentativo a priori;
La dimensione ludica attiva il narcisismo amplificando i processi di distorsione;
Inoltre, non è facile creare segmentazioni in Europa, data la vastità di culture, e questo urta contro le necessità delle aziende multinazionali. Un altro limite è quello della non totale trasponibilità della segmentazione da un'area merceologica all'altra. Si può reagire in un certo modo per l'acquisto dell'automobile e in un altro per quello della pasta.
Altra esigenza delle aziende è la verifica della efficacia della comunicazione: abbiamo:
Gli ADV-Trekking, che effettuano rilevazioni periodiche sul ricordo della comunicazione, il gradimento, l'immagine trasmessa del prodotto: sono effettuate con questionario strutturato o semi;
Ricerche "just in time", destinate a misurare l'impatto di una comunicazione pubblicitaria tramite contatti telefonici subito dopo la messa in onda: misura quante persone sono state esposte al messaggio e averne una valutazione superficiale di comprensione e gradimento;
Ricerche prima che il messaggio sia on air, per valutarne le potenzialità, cioè se un messaggio lavora correttamente e quindi intervenire per ottimizzarlo. Si somministra l'adv in mezzo ad altri e si misura l'impatto con questionari o interviste;
Nella fase di ideazione si ricorre a dinamiche di gruppo, in cui si espongono elementi ancora non definitivi della comunicazione, allo scopo di cogliere quali elementi lavorano meglio e quali no.
Sarebbe importante disporre di un modello in grado di identificare le variabili cruciali della comunicazione in relazione ai processi mentali e alle reazioni comportamentali del consumatore;
Ricerca sui media o meglio sulla media audience; un'azienda deve sapere attraverso quali mezzi di comunicazione riesce meglio a parlare al suo target designato, quindi bisogna identificare la audience caratteristica di determinati mezzi (testate, canali) o parti di essi (pagine, trasmissioni). La ricerca viene fatta attraverso interviste strutturate, con questionario, per via telefonica o face to face.
I product-test, o pack test, sono molto importanti per i prodotti mass market (oggetto nuovo) o con una nuova confezione. Si tratta di testare un nuovo prodotto prima di immetterlo sul mercato, collocandolo presso famiglie o individui che rappresentano il target per poi raccoglierne le impressioni tramite delle schede compilate dagli stessi giorno per giorno. Una variante sono i car clinics, per le automobili.
Rilevare la "customer satisfaction" nell'area dei servizi. La capacità di mantenere elevata la soddisfazione dei propri clienti è molto importante, perché il costo per catturare un cliente nuovo è molto elevato in confronto alla resa di un cliente "vecchio". Si utilizzano interviste con questionario che indicano il tasso di rischio e i nodi critici su cui intervenire.
Ricerche sulla brand image (aspetti profondi della immagine). Il capitale di una marca è una risorsa primaria ed insostituibile per l'azienda; bisogna creare un legame tra il consumatore e la marca, possibile solo se il consumatore riconosce nella marca dei valori per lui rilevanti, in grado di far vivere la marca come dotata di personalità, per cui avere una "relazione" con essa.
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