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Consumi e modernità avanzata




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Consumi e modernità avanzata


1 Il significato di personalità in psicologia

Per comprendere la dinamica psicologica dei consumi è opportuno disporre di una visione sistemica della personalità che consenta di apprezzare il gioco tra cognitivo, razionale, ed emotivo. Nella psicologia scientifica personalità indica due diversi concetti. Nel primo si intende il cuore psicologico dell'individuo, la presenza di strutture stabili e riconoscibili nel tempo pur nelle diverse circostanze e nei diversi contesti: è una concezione tesa alla stabilità di aspetti permanenti. Nel secondo caso si intende il sistema complessivo ed il modo di funzionamento della sfera psichica dell'uomo; in sostanza la dinamica con cui le strutture psicologiche di diverso tipo reagiscono o agiscono in un determinato contesto. La stabilità è frutto di un equilibrio durevole tra interno e esterno, individuale e sociale, cognitivo ed emotivo: il che da luogo al fenomeno della resistenza attiva al cambiamento. È questo il modo più adeguato di occuparsi della cultura dei consumi.


2 Io e Sé: la dialettica base della personalità

La psicologia adeguata allo studio del consumo e dei suoi processi deve liberarsi, come abbiamo visto, dai vincoli della psicologia moderna. La personalità va scissa in due grandi blocchi di processi: il sistema del Sé e il sistema dell'Io.

2.1 L'Io: i processi cognitivi di adattamento e rappresentazione

Possiamo intendere l'Io come insieme di processi cognitivi, vale a dire capaci di garantire il nostro adattamento attraverso apprendimento, rappresentazione e coscienza di sé. I processi cognitivi sono percezione, attenzione, memoria, linguaggio. La "logica dell'Io", che a noi interessa, è l'organizzatore centrale che governa l'integrazione di queste funzioni e le finalizza ad un obiettivo sovraordinato. Siccome una condizione di irregolarità è intollerabile per gli organismi viventi, bisogna realizzare psicologicamente la regolarità, attraverso schemi: lo schema è un plesso organizzato di stimoli-risposte che consentono di disporre di reazioni a livello di azioni o anche a livello cognitivo (ad es. associare Barilla alla campagna oppure Audi ad intelligenza tecnologica). Implica delle regolarità di connessione, che possono andare da un livello di riflesso innato fino ad una ideologia socialmente sancita; il nostro sistema cognitivo, per garantirci delle regolarità, organizza la nostra conoscenza per semplificazioni aggreganti: un esempio è quello della organizzazione in "insiemi organici" (della Gestalt), che semplifica la percezione della realtà organizzandola per generi. La memoria poi opera secondo un processo progressivo di semplificazione, ricategorizzazione, rimozione di ciò che è incoerente con le aspettative e l'immagine di sé. La semplificazione si dà sempre entro una selezione e un'organizzazione di senso. L'attenzione filtra ciò che deve venire elaborato ed arrivare alla coscienza, opera in modo tendenzioso, favorendo l'accesso di quei contenuti che sembrano avere più pertinenza con i bisogni e con gli scopi che l'organismo sta perseguendo in quel momento. La percezione si organizza in funzione di schemi e di aspettative, orientate dalle finalità più urgenti, è orientata a selezionare ed organizzare il mondo in funzione di possibili linee di azione o reazione. La tendenza ad agire per stereotipi e pregiudizi, cosa che avviene soprattutto nella fase della lettura, è molto forte quando il sistema dell'Io si confronta con la realtà sociale. La sfera sociale è quella in cui l'essere umano si gioca il legame con gli altri e la accettazione da parte del gruppo che costituisce una necessità biologica prima ancora che psichica, ci tiene a salvaguardare la propria immagine. Se qualcuno ci critica tendiamo a negare l'evidenza e a distruggere quella testimonianza, se qualcuno ci adula tendiamo ad apprezzare quella persona al di là di ogni evidenza sulla sua reale capacità. Altro elemento che gratifica l'immagine del nostro Sé e le sue attese affettive è la pubblicità. Il "principio di non contraddizione" o di coerenza (di Heider e Festinger) è strettamente legato con l'esigenza di regolarità e prevedibilità. Questo principio esige che ci sia congruenza tra ciò che pensiamo, ciò che sentiamo e le nostre azioni, quindi ogni volta che si produce dissonanza fra queste sfere deve intervenire una giustificazione. Tende ad essere tanto più autoprotettivo e poco disponibile al cambiamento quando questo cambiamento investe sfere profonde della nostra autostima, mentre siamo assai più disponibili quando si tratta di elementi periferici. In sostanza, il lavoro dell'Io difende l'identità dalla crisi, anche a prezzo di gravi deformazioni della percezione della realtà. Nel sistema dell'Io accanto a dinamiche omeostatiche (che tendono all'equilibrio e resistono al cambiamento) esistono dinamiche antiomeostatiche (che cercano il cambiamento), biologicamente radicate ed indispensabili, come l'eccitamento, l'emozione del rischio, la novità, che nascono dalla esigenza di modificare i propri schemi: tutti vogliono conoscere gente nuova, posti nuovi, avere nuove esperienze, naturalmente in condizioni di sicurezza. La novità viene colta solo sulla base di uno schema di riferimento. Questa è una delle ragioni per cui gli spot che hanno successo sono quelli che richiamano schemi noti piuttosto che novità assolute. Inoltre i modelli di cultura ed i mass media consentono un esercizio di esplorazione senza rischio (anche internet). L'Io, insomma, ha bisogno di regolarità ma anche di violazione della regolarità. Il gioco è una dimensione in cui l'essere umano crea senza ansia schemi nuovi, e può essere associato al consumo (non solo i giocattoli, ma anche il giocare - Superenalotto) o essere un valore aggiunto (l'animazione nei villaggi turistici).

2.2 Il Sé: i processi di affettività, di relazione, di simbolizzazione.

Il sistema del Sé si riferisce invece ai processi affettivi e più in generale alle modalità di adattamento cui abbiamo dovuto ricorrere per tutto il tempo in cui il sistema dell'Io non era ancora in grado di operare efficacemente, quindi nelle fasi iniziali della nostra vita, fino ai 4-5 anni. Per Freud va sotto il nome di "inconscio"; nella visione positivista e borghese i processi del Sé erano visti come il resto irrazionale della personalità umana, che si sottrae al dominio dell'Io. Così lo stato di pazzia era visto come una debolezza di forza e rigorosità dell'Io, tanto da essere facilmente confusa con una condizione di debolezza morale e di colpevolezza (nascita dell'elettroshock per curare le devianze mentali). Anche la socializzazione, accettata l'idea che il bambino sia un piccolo selvaggio, risente di questa mentalità. Rispetto a questa ideologia originaria è caduta l'idea di una componente "istintiva" monolitica e selvaggia, grazie allo sviluppo dell'etologia e della genetica contemporanea: è caduta la convinzione di una necessaria conflittualità tra la razionalità (Io) e l'irrazionalità (Sé), da Piaget in avanti si è mostrata l'integrazione tra i processi di queste due dimensioni, sinergico e completare. Il Sé è l'insieme di quei processi affettivi di base che tendono a creare, alimentare e mantenere un legame relazionale con quegli "oggetti affettivi" che rappresentano la garanzia di sopravvivenza biologica prima e psicologica poi. La relazione di cura parentale dà al neonato rassicurazione ed argine all'angoscia (processo di attaccamento), avviene attraverso segni totalmente non verbali. In questa fase se tutto va bene si crea la "fiducia di base" che costituisce lo zoccolo duro della autostima. Progressivamente si entra nella fase della separazione (intorno alla fine del primo anno di vita), in cui il bambino inizia a differenziarsi dalle figure parentali, a percepire il proprio corpo come diverso da quanto sta intorno. Questo scatena l'angoscia di separazione, intollerabile perché il bambino non dispone ancora di un appoggio interno (identità). Il bambino può sapere se c'è e chi è solo attraverso il rispecchiamento da parte degli altri che categorizzano il bambino e gli comunicano se lui c'è e che è maschio piuttosto che femmina, vivace piuttosto che tranquillo, ecc. ecc. Si attivano nel bambino dei processi che hanno la funzione di proteggerlo dalla angoscia di separazione, processi di identificazione e proiezione grazie ai quali il bambino può "portare dentro di sé" le figure parentali, realizzando quindi una "vicinanza psicologica" che sostituisce quella fisica. Ci sono anche altri processi destinati a compensare la frustrazione per la separazione: il ricorso alla sfera di esperienza transizionale, cioè alla confusione tra realtà e fantasia da cui si genera il gioco e la possibilità di sostituire la fantasia alla realtà. È un'attività di carattere simbolico (come il gioco del rocchetto). Poi c'è la scissione tra oggetto buono e oggetto cattivo (Klein): la frustrazione genera aggressività di carattere distruttivo, il bambino scinde l'oggetto d'amore in una parte buona e in una cattiva, identificandosi con la prima e proiettando sulla seconda le proprie fantasie distruttive e vendicative. Terzo meccanismo, è quello di produrre fantasie compensative di controllo, di dominio, di possesso: si cerca di controllare totalmente l'oggetto d'amore, con capricci e ricatti per evitare il pericolo di essere abbandonato. Oltre questa fase, c'è l'avvio vero e proprio del processo di individuazione. La motricità è molto buona, così come la sua capacità di rappresentazione, il linguaggio, il ragionamento, la memoria e l'attenzione: il bambino è una persona vera e propria, e desidera dimostrarsi non inferiore agli adulti ed esibire le proprie competenze e capacità, che a lui paiono grandiose e uniche. Successivamente invidia e esibizione cedono il passo a imitazione e senso di vergogna, alla fine emergono senso della interiorità privata (distinzione fra pubblico e privato), la dinamica prestazione/merito e i criteri di vittoria/sconfitta.

2.3 La dialettica Io/Sé e l'identità

la relazione tra Io è Sé inizialmente era di conflitto; l'antropologia attuale tende a rappresentarla come un rapporto intrecciato, complementare e sinergico. La socialità e l'interazione sociale si reggono su un intreccio fittissimo di Io e Sé, come la creatività, il gioco, la narrazione. Sono due gli elementi focali di questo rapporto: 1) principio della permanenza; le funzioni psicologiche "successive" non annullano la presenza e il manifestarsi della modalità psicologiche precedenti. In sostanza l'emergere del sistema dell'Io non annulla le attività del sistema del Sé. Esiste inoltre una doppia codifica, poiché ogni messaggio che riceviamo viene codificato sia a livello dell'Io che a livello del Sé (come nel caso del consumo, in cui è palese l'accostamento continuo di questi due registri). Le condizioni di stress o le crisi d'identità generano un irrigidimento dei processi dell'Io e/o il subentrare dei processi del Sé, come nell'ambito della relazione a due. Esiste una possibilità positiva di gestione dell'ansia e della crisi, ed è di nuovo il ricorso alla sfera di esperienza intermedia o area transazionale. 2) rapporto tra Io è Sé nella costruzione della identità, che è il plesso di self image (rappresentazione organizzata della propria persona che concilia percezione interna e esterna), self esteem e self efficacy (dipendenti dalla somma delle autovalutazioni delle nostre prestazioni fatta dall'Io, una sorta di autogiudizio che l'Io dà al Sé) coerenti con i feedback che il mirroring degli altri ci dà di noi stessi. La costruzione cognitiva dell'identità è in perenne manutenzione e arrangiamento perché dipendente da questo rapporto. Abbiamo bisogno di continue conferme alla nostra identità, che ha preso il posto delle figure parentali nel darci sicurezza; siamo sempre in cerca di simulazioni, che ci consentono di dilatare i confini della coerenza con la rimozione di aspetti importanti del nostro Sé.

3 Oltre l'Io-centrismo: la razionalità condizionata dal sistema persona

Il consumismo amplifica il vissuto egocentrico e narcisista degli individui, lascia maggiore spazio alla ricerca del benessere individuale: per la modernità era diritto fondamentale la ricerca della felicità terrena, per la postmodernità consumista è diritto la ricerca del piacere quotidiano. Proporre una visione in cui l'Io viene condizionato fortemente impone un forte sospetto circa l'effettiva centralità della nostra visione del mondo, perché noi abbiamo bisogno di crederci capaci di controllare le nostre decisioni. Però in fondo non è così, poiché diventiamo attori sociali secondo regole, modalità e contenuti che non scegliamo, veniamo messi in un'agenda setting che non decidiamo noi.

1 Ego-centrismo

Noi pensiamo che sia la nostra auto-coscienza ad organizzare il senso dell'esperienza e il programma dell'azione. (vedere disegno pag. 110). Ma la ricerca psicologica ha sottolineato che stabilità, coerenza e contenuti dell'Io non sono un "dato" ma un costrutto cognitivo. La percezione ordinata della realtà è una interpretazione effettuata da processi cognitivi di cui l'Io finale non è per nulla consapevole (vedere disegno pag. 112). Il lavoro cognitivo ha una propria dinamica sinergica; svolge una funzione di "filtro" dell'Io, organizzando i dati in informazioni sulla base di assunti neurologicamente prefissati e sintonizzandosi su attese, ipotesi e abitudini. Questo lavoro appare proteso alla ricerca di due risultati: 1) cerca la regolarità per rendere prevedibile l'ambiente e di programmare l'azione in modo sicuro, per collegare effetti a segnali anticipatori (come nel riflesso condizionato). Se nel rapporto affettivo primario manca la regolarità il bambino non forma efficacemente i primi schemi e può non sviluppare correttamente i propri processi cognitivi. 2) la struttura neurologica ha anche bisogno di novità, sorpresa e esplorazione, accanto a quello di regolarità. Amiamo la novità e la variazione di uno schema noto (si vede già nei bambini).

In sostanza il filtro cognitivo cerca regolarità ma anche modificazioni, ma non stravolgenti, perché non avremmo alcune ipotesi preliminare di comprensione. Lo studio di questo filtro costituisce oggi per la psicologia cognitivista il campo centrale di indagine ed è strettamente collegato al linguaggio, in cui aspetti innati e acquisiti si fondono armoniosamente.

2.2 La relazione sociale e i copioni situazionali come fonti degli obiettivi che orientano l'Io

La maggioranza delle esperienze quotidiane per la quasi totalità delle persone è fatta di interazioni sociali e di attraversamento di setting sociali: l'Io è a caccia di approvazione sociale per aumentare la propria autostima. Quindi lo schema della immagine di sé costituisce lo schema fondamentale che ispira il lavoro di selezione della informazione e di elaborazione tendenziosa protesa a mantenere intatta l'autostima. Le persone sono disposte a "barare" in modo eclatante, e si adeguano ai galatei di gruppo pur di mantenere un rapporto positivo almeno con una cerchia di persone fidate. Questo bisogno deriva dalla congiunzione di un bisogno emotivo (che risale alla condizione di dipendenza primaria di accettazione, abbiamo bisogno di non sentirci soli) e da una necessità cognitiva, cioè la costruzione di una identità, per poter costruire una personalità. L'identità ruota attorno alla immagine di sé consapevolmente posseduta e riconosciuta dal gruppo di riferimento: noi abbiamo quindi bisogno della relazione e del gruppo sociale non solo per saturare un bisogno di sicurezza basilare, ma anche per alimentare, correggere e confermare l'immagine di sé che sta al cuore della nostra identità personale. La relazione sociale filtra e indirizza la nostra autostima e la immagine di noi stessi, e dal gruppo sociale dipendono inoltre schemi cognitivi, modelli di comportamento, valori e credenze, che vengono appresi in parte da processi di apprendimento consapevoli, in larga parte da processi di imitazione, identificazione, empatia. La dimensione dell'interazione funge da filtro perché i meccanismi di autoprotezione lasciano pervenire all'Io solo i feedback sociali che non mettono troppo in crisi la autoimmagine di Sé (ved. Disegno pag. 117)

3 Il registro affettivo primario

Assieme alla decodifica razionale le esperienze assumono per l'uomo anche sempre un significato emotivo, simbolico, abbiamo fantasie che danno un senso alla esperienza non attraverso il giudizio e la codifica logica ma attraverso sensazioni, sentimenti, emozioni. Le cose e le esperienze non sono solo coerenti o efficaci o funzionali o utili, ma anche piacevoli o spiacevoli, belle o brutte. La logica affettiva ha un suo linguaggio, dei suoi percorsi, e costruisce una esperienza di significatività o non che può non essere per nulla in accordo con il versante razionale. Noi siamo abituati a dare senso alle esperienze e percezioni attraverso il registro conscio, incardinato sull'Io cognitivo che organizza il senso delle percezioni e delle esperienze in base al principio di realtà. Costruisce una immagine di sé coerente e cerca conferma a questo schema di base per la autopercezione. In sostanza il registro conscio tesse la tela del senso in funzione della autopercezione del soggetto. Il registro inconscio, invece, risale alla fase in cui il bambino era già animato da bisogni e desideri, ma mancava delle strutture di base cognitive e razionali. In questa fase l'obiettivo è pur sempre quello di sopravvivere ed avere successo, possibile garantendosi la cura e l'amore di chi è intorno. Il registro inconscio permane al di sotto di quello conscio anche quando questi si afferma e prevale, e pilota la ricerca di piacere e di soddisfazione, intervenendo nel dare all'Io cognitivo degli ordinamenti e delle preferenze. Contenuti e modalità del registro inconscio traggono alimento dalle forme di esperienza primarie e si determinano a seconda dell'esperienza individuale. Il registro inconscio di una determinata persona è accessibile solo con una sensibilità alla storia personale ed al caso individuale (quindi con metodo clinico). I nuclei di bisogni affettivi sono legati alla relazione oggettuale primaria (attaccamento, dipendenza) e secondaria (possesso), legati all'esperienza del proprio corpo e delle sue prime autonomie (potenza, forza), legati al narcisismo secondario (esibizione) o connessi all'ambivalenza edipica (tradimento, amore/odio, doppio senso).

Bisogni e modalità di funzionamento producono delle "figure retoriche" che organizzano il senso della percezione e della esperienza confrontando gli stimoli sopravvenienti con gli schemi già noti (eroe, grande distruttore, vendetta). In sostanza, mentre il registro conscio tesse la trama di un controllo delle cose, il registro inconscio tesse una trama nella quale il significato dell'esperienza nasce dai bisogni primari. Questo livello costituisce un grande filtro della coscienza finale delle cose, è cronologicamente più antico e quindi posto "sotto" il livello di conoscenza (ved. disegno pag. 123). Siccome il registro inconscio ha a che vedere con la relazione affettiva primaria, si attiva soprattutto con la sfera della interazione interpersonale.

1 La determinazione culturale dell'Io

La costruzione della identità personale non è possibile al di fuori di un contesto specifico e determinato (solo così ci spieghiamo perché un tempo non troppo lontano le persone erano disposte a morire per la patria). Ciò dipende da come tutto è orientato e fa senso all'interno di una determinata cultura, che riesce a deflettere parte delle energie individuali sulle istituzioni e a favore degli altri del gruppo sociale, arginando l'egocentrismo individuale e le pulsioni asociali e irrazionali (il mito del cavaliere cristiano, frustrati per l'assegnazione del regno al primogenito, avevano un modo utile per soddisfare i propri bisogni narcisisti). La cultura crea un terreno in cui il seme della personalità può crescere: fuori dai condizionamenti la personalità non cresce e non si generano ego individuali. La personalità individuale è quindi sempre determinata, legata ad un contesto specifico, innestato nei rapporti interpersonali e nella cultura di cui si alimenta. Il linguaggio è il sistema di condensazione dei modelli di cultura e di trasmissione culturale. Anche i modelli di identificazione (eroi, miti) fanno parte di questa azione formativa, divengono parte del nostro personale progetto influendo sull'autostima e sull'immagine di sé. Il sistema dei media offre oggi uno strumento enormemente potenziato per l'identificazione con personaggi e situazioni esemplari, ed il linguaggio visivo consente un gioco di molteplicità prima impossibile nel linguaggio lineare scritto. I consumi costituiscono una vera e propria cultura che, tra l'altro, connette i propri percorsi di senso individuali con le necessità economiche e offre concrete prassi di socializzazione grazie anche alla comunanza dei luoghi, delle prassi di consumo e al possesso di oggetti che creano appartenenza allo stesso gruppo. Il sistema della personalità si completa dunque con il contesto socioculturale (ved. disegno pag. 127).

2.2.2 Un sistema in equilibrio dinamico ad assetto variabile

Lo schema appare però statico; in realtà la personalità vive di un continuo riequilibrio e ri-centrazione. La cultura dei consumi favorisce un osmosi tra realtà e fantasia, un pensiero magico che scambia il possesso di oggetti con il conseguimento di modificazioni del proprio essere. La cultura dei consumi esalta l'identità personale, ma paradossalmente all'interno di una comunicazione di massa. Per comprendere un qualsiasi fenomeno di consumo dovremmo valutare il senso attribuito dai soggetti al consumo integrandolo con la cultura, che ispira l'agire al consumo di quella persona, e col gruppo di riferimento, che rende importante un certo consumo che può venire utile anche ai fini del mantenimento della propria autostima personale.


4 Personalità, consumi e modelli di cultura

La soggettività consente un marketing del consumo, al contrario di un comportamento razionale che non permetterebbe l'estensione dei consumi alla massa. L'individuo mantiene i criteri di razionalità (calcolo di convenienza) ma amplia la rosa di motivazioni, bisogni e valori. Occorre continuamente rilevare quali nuovi valori o bisogni emergono, non siamo però obbligati ad una micro-invidualizzazione dei percorsi di formazione: una data personalità emerge dalla interazione sociale guidata da modelli di cultura che orientano gli equilibri possibili tra i vari aspetti della personalità. Attualmente sono al lavoro modelli di cultura che convergono nella formazione della personalità postmoderna, ed è già possibile coglierne alcuni aspetti centrali.

4.1 Il modellamento psicologico operato dalla cultura dei consumi

La cultura dei consumi nella fase postmoderna è un rapporto con gli oggetti/beni/esperienze/servizi di consumo che eccede la dimensione razionale. Gli oggetti d'uso o di necessità si trasformano in oggetti dei desiderio, col quale bisogna avere una relazione affettiva e a cui si attribuisce, dunque, una personalità. Si sposta la logica del calcolo utilitaristico e del controllo razionale (la logica dell'Io) ad una dominanza della logica del Sé, ovvero dalla razionalità moderna alla logica del desiderio postmoderna. La comprensione degli aspetti irrazionali diventa centrale per la comprensione della psicologia del consumo. Quando una cose diventa oggetto di desiderio non vale più il principio della non contraddizione, si fondono realtà e fantasia, c'è una casualità non lineare ma magica, la condivisione sociale è attenuata e non vincolante. Nella logica del desiderio funzionano processi diversi dai classici processi cognitivi: l'identificazione e la proiezione, l'associazione, l'empatia, la sostituzione simbolica. Anche l'immaginario (desiderio) ha una sua struttura ed un suo linguaggio e segue delle leggi: è più "fondamentale" della logica razionale-strumentale, è presente fin dalla nascita e precede il calcolo. La società dei consumi rende tollerabile la sensazione di carenza di risposte e di senso ai propri bisogni individuali, narcisistici ed emotivi; la cultura dei consumi ci rimette nella condizione del bambino, consente di soddisfare il registro del desiderio centrato sulla potenza e sul dominio.

4.2 La personalità consumista (l'inculturazione consumista)

a) Il nuovo equilibrio tra realtà e immaginario Nella società attuale c'è una grande presenza di realtà non coincidenti con il mondo reale (ed es. mass media, videogiochi, internet, chat, pubblicità): la funzione principale della realtà vicaria è quella evasiva / di entertainment, svincolata dal rapporto con la realtà. Questa fuga dalla realtà appare in contrasto con la concezione dei media negli anni 50 (quarto potere); oggi ci troviamo a parlare di "spettacolarizzazione" della politica. Questa esperienza sposta il confine tra realtà ed immaginario, che viene orientato dai mass media alla evasione e alla narrazione, una modalità sempre presente che entra nella nostra vita ormai a pari diritto con il rapporto con la realtà, incidendo pesantemente sui percorsi di articolazione della identità. Questa possibilità inoltre permette di sperimentare le identificazioni in modo simulativo, proiettivo e quindi di non trasferire direttamente nella realtà le identificazioni con i personaggi, però l'esperienza reale viene comunque continuamente contaminata dalla fantasia. Lo spettacolo massmediatico, inoltre, con la legge del "lieto fine" consente a tutti di avere ciò che desiderano o comunque una adeguata consolazione. Siamo sospinti a violare il principio di realtà e l'esperienza della frustrazione. Siccome la natura dei mass media fa parte della quotidianità questa fantasia acquista uno statuto di realtà essa stessa, consentendo la fuga dalla realtà fino al limite estremo della fuga persino dalla anticipazione della frustrazione. L'advertising massimizza la rappresentazione del lieto fine e la confusione tra realtà e fantasia, esplicita sempre più la legge del desiderio e della non frustrazione. Assimilando il compito dei alimentare l'excitement utilizza con facilità l'erotizzazione e la sensualizzazione; l'adv ha consentito la transizione dallo scambio basato sul calcolo di convenienza alla logica del desiderio, che non nasce dalla semplice presenza fisica dell'oggetto. Si cerca di raggiungere dei miti irraggiungibili, che fanno parte della rappresentazione aspirazionale di sé (eterna giovinezza, individualismo, edonismo narcisista, lieto fine). b) La restrizione dell'orizzonte temporale e la accelerazione. La nostra società ha fatto della velocità un mito; alla progettualità per tappe successive subentra l'agenda setting quotidiana, la produzione ed il marketing hanno dovuto adattarsi mettendo a punto la strategia del just in time. Accelerazione e restrizione temporale favoriscono la nascita di una personalità singolarmente adatta al consumo, poiché orientano l'equilibrazione della personalità verso l'immediatezza, verso l'azione per impulso. Negli spot troviamo sia il contenuto che la velocità di questo processo (30 secondi per l'Italia), modellando la forma mentis del consumatore su quella del bambino, per il quale il raggiungimento della meta non è pensabile nella prospettiva di una sequenza di passi governata dalla logica del merito o dell'abilità. L'immediatezza, l'ingordigia e il rapido subentrare di alternative garantiscono la rapida saturazione del possesso di oggetti. c) Il modello di cultura della immediatezza forma un unico pattern con quello della molteplicità simultanea. La cultura presenta come valori alcune mete e come disvalori alcune altre. Nella postmodernità l'identità monolitica e coerente è rigida e non creativa, inadatta ad un mondo poliedrico e ricco di opportunità; viene pertanto alimentato un ideale di personalità multipla, che si adatta ad ogni contesto di esperienza individuale e sociale, come nel caso della giovinezza, in cui si cerca l'incontro con nuove culture, con nuove compagnie, ognuna adatta ad un particolare scopo  (quella del mare, quella di scuola, quella della discoteca), o come nel caso delle identità sessuali (disponibilità di accesso a pattern maschili o femminile indipendentemente dal proprio sesso biologico). d) La destrutturazione degli ancoraggi analitici. Oggi il bambino all'interno del nucleo parentale non può contare su un livello di assorbimento delle energie e dei desideri parentali, poiché, tra l'altro, la capacità dei genitori di sacrificare il proprio sé a quello del bambino è diminuita, quindi la necessità di trovare figure integrative o sostitutive è forte. Le istanze analitiche passano quindi agli oggetti ed alle marche, che ci indicano quali sono i valori e gli stili di vita, quali le cose che stano maturando, una vera e propria istituzione formazione. e) Lo spazio inusitato del tempo libero. Il tempo libero è forse il principale dei diritti della postmodernità: la società dei consumi dipende dalla disponibilità di tempo liberato dal lavoro, sia comune spazio di desiderio e acquisto, sia come oggetto da acquistare (vacanze). Il tempo libero alimenta il narcisismo, lo spazio ludico, la sperimentazione di identità diverse da quelle della normalità.

I modelli di cultura aprono uno spazio che favorisce equilibri di personalità in cui l'Io razionale moderno non ha più un ruolo dominante, e in cui le dinamiche del Sé hanno spazio e trovano interlocutori primari nella realtà quotidiana, in cui il Sé alimenta desideri e modelli di identificazione.


5 Per una psicologia del desiderio

Oggi siamo ancora disarmati nella comprensione del desiderio, che nasce dalla mancanza, o meglio dallo spazio tra la meta rappresentata (o ricordata) e l'esperienza della frustrazione (mancanza attuale della meta). Gli istinti (pulsioni) umani consentono lo spostamento della meta originaria a mete diverse: questo dipende dall'ampiezza e dalla versatilità dell'apprendimento umano, che avviene nella fase di sviluppo in cui l'Io ancora non è maturo e operante (bambino), e gode di una pressoché indefinita gamma di possibilità di scomposizione e ricomposizione della pulsione naturale. Il desiderio è parte dell'area ludica in quanto sfrutta la possibilità di confondere e mixare realtà e fantasia. Il desiderare implica la presenza di una aspettativa, quindi di uno schema anticipatorio che guida a scrutare il reale in attesa di segnali anticipatori dell'apparire reale della meta. Nella fantasticheria (condizione naturale del desiderio), la possibilità di appagamento non è condizionata dalla realtà. Gli oggetti di consumo hanno tre valenze di meta: 1) degli affetti primari (irrazionale inconscia); 2) di autorappresentazione e di rappresentazione della nostra identità; 3) di estensione del proprio Sé attraverso l'incorporazione di protesi che ampliano le possibilità fisiche, psichiche ed emotive.

5.1 Consumi e desiderio: una comprensione genetica delle forme di desiderare sottese al consumo

Il consumatore è mosso, in una società centrata sulla comunicazione, da valori simbolici non riducibili a schemi di calcolo razionale. I processi di scelta implicano anche il livello di autogiustificazione razionale e di calcolo dei vantaggi, ma gli elementi più "pesanti" sono quelli extrafunzionali (di cui manca ancora un modello scientificamente gestibile), conseguenza di un assetto socio-culturale che "spinge" il consumatore a "funzionare" secondo modalità che permettono al sistema economico di autoalimentarsi. Tutto ciò dipende da tre macrofattori interagenti nell'attuale contesto socioculturale: 1) saturazione delle merci e dei beni: tutti hanno tutto, quindi motivano l'acquisto da impulsi o significati affettivi, non più attraverso un calcolo di necessità o di opportunità razionale. Questo genera anche bisogni di servizi e di beni immateriali, fruibili attraverso significati simbolici a base affettiva e non sulla base di un calcolo razionale; 2) la crescita esponenziale della civiltà dei mass media e della comunicazione: questo abbassa la soglia tra realtà e fantasia, a sfavore delle modalità legate al principio di realtà. In chiave psicologica dei consumi questo implica la dominanza di codici equivoci, allusivi, proiettivi, ciò che è in gioco sono le fantasie di appagamento del desiderio. Acquistare è oggi più simile ad accedere ad un mondo fantastico e partecipare a emozioni e avventure, più di quanto accada nella vita quotidiana. 3) La destrutturazione della società post-moderna: il funzionamento della personalità viene delegato alle spinte interne di tipo emotivo ed affettivo più che ai valori interiorizzati dalla educazione strutturata, da qui la polverizzazione dei comportamenti e dei sistemi di valore (individuazione e soggettivazione). Ne deriva un comportamento di consumo frammentato, oscillante e senza evoluzione lineare, il principio di coerenza non è più attivo. Più che ad una personalità centrata sull'identità, bisogna pensare ad un "Sé fluido", che consente di moltiplicare uno stesso consumatore, consentendo di sovrapporre i consumi.

In questo contesto acquista rilevanza un'attenzione al processo del desiderare, che ha una natura non razionale: il desiderio ha una razionalità tutta sua, che si intreccia con quella dell'Io razionale (quindi segue la logica del Sé).

5.2 La logica del desiderio

Il compito della psicologia dei consumi è innanzitutto quello di comprendere la logica del desiderio, che si esaurisce in tre punti: indicare perché l'uomo è desiderante, ricostruire l'evoluzione del desiderio e indicare come le forme del desiderio alimentano il comportamento di consumo.

Risposte a queste tre domande si possono ritrovare nelle radici psicologiche del desiderio. Il desiderio nasce come una sostituzione psichica ad una mancanza fisica, che fa seguito ad una rottura di un rapporto di attaccamento. Inoltre la specie umana possiede una esploratività, una capacità di gioco, di fantasticheria: queste capacità favoriscono lo sviluppo abnorme di una sfera intermedia tra realtà e fantasia, capace di alimentare una dimensione di desiderio come autoillusione. L'interazione sociale costituisce una terza radice: processi di identificazione e proiezione alimentano la dimensione affettiva della fantasticheria, producendo un'interiorizzazione delle figure significative attraverso cui si elabora il primo senso della propria identità. Desiderio e dimensione "transazionale" del pensiero (cioè la modalità non-razionale del pensiero) costituiscono il sistema di sopravvivenza del bambino quando ancora non possiede un Io cognitivo. Ogni volta che si attivano le angosce, i desideri e le modalità di pensiero primario, si riattivano le modalità infantili di funzionamento della personalità. L'equilibrazione in un senso o nell'altro di queste macrostrutture della personalità dipende dl contesto socioculturale: una cultura del narcisismo spingerà a funzionare in modo "primario" in modo più deciso di una cultura etica o razionale. Privilegiare l'analisi della dimensione del desiderio significa considerare solo un tassello, seppur importante e decisivo, del gioco complessivo.

5.3 Contenuti e modalità del desiderio

Cerchiamo di delineare i contenuti del desiderio, in una schematizzazione nella quale indicheremo per ciascuna fase i bisogni di base, i contenuti dominanti e le modalità di funzionamento mentale: parallelamente al desiderio si sviluppano anche le linee dello sviluppo cognitivo, della socialità, del controllo motorio. Distinguiamo otto stadi nello sviluppo del desiderio, seguendo lo schema classico di Erickson.

  1. periodo peri-natale (primo anno di vita) - fase orale. Bisogni: reagire all'angoscia di separazione, ridurre l'eccesso di stimoli esterni. Modalità: identificazione e proiezione. Prototipi di consumo: consumo come scorciatoia per rappresentare la dipendenza rassicurante (assicurazioni - club).
  2. prima infanzia (fino a tre anni) - fase anale. Bis: autonomia senza perdita dipendenza. Mod: ambivalenza. Possesso, dominio, controllo, senso del "mio". PdC: calcolo di convenienza (offerta speciale, raccolta punti, sconti).
  3. seconda infanzia (3-6 anni) - fase edipica. Bis: risolvere conflitto fra desiderio di essere grande e realtà di impotenza. Mod: invidia, esibizionismo, narrazione di Sé agli altri. PdC: basato sul successo e sull'approvazione da parte degli altri (abbigliamento, auto, vacanze dorate).
  4. Fanciullezza (scuola elementare) - fase di latenza. Bis: meritare l'approvazione da parte degli adulti e dei pari. Mod: autostima, inserimento nel gruppo, ruolo sociale, stereotipi. PdC: consumi basati sul riconoscimento di status, di appartenenza al gruppo o di un merito (tutte le pubblicità del tipo "Anche tu puoi avere.", oppure consolidate e riconosciute come Mercedes)
  5. pre-adolescenza (scuola media) - maturazione sessuale. Bis: affermare la propria unicità e diversità. Mod: esibizioni e fantasticherie, complesso di Calimero, imitazione di divi ed eroi. PdC: consumo di narrazioni e fantasie con eroi che superano la prova e si affermano (fiction)
  6. adolescenza (14-18 anni) - formazione dell'identità. Bis: formare immagine di sé coerente, soddisfacente; autonomia e indipendenza. Mod: intellettuazione, astrazione e fantasia, uso di humor e ironia per esorcizzare angosce. PdC: basati su appartenenza ad élite e sulla ricerca di mondi simbolici protettivi (Nike)
  7. Giovinezza (18-28 anni) - fase della transazione al ruolo sociale. Bis: sentire che è possibile non essere schiacciati dalla complessità del reale. Mod: simulazione mentale e sociale, esplorazione, alternanza fra introversione ed estroversione, espressività esibizionista. PdC: consumo ispirato all'esplorazione, innovazione, novità (no esempi)
  8. Condizione adulta - stadio della generatività. Bis: sentire che siamo sorgente di vita, in senso reale e metaforico, apprendere ad insegnare. Mod: aver cura, allevare, senso della giustizia e del diitto universale, creatività. PdC: consumi etologici, ma anche estetici, perché astorici.

Lo schema implica che le fasi precedenti rimangono attive anche quando subentrate altre fasi. Va inteso come una "matrice", sulla quale le condizioni socioculturali agiscono determinando il prevalere di alcune modalità di consumo tra quelle possibili, che vincola tra loro dinamiche del desiderio e possibili percorsi. A queste modalità dovremmo guardare per decodificare i riti e le mode del consumo, che devono apparirci come percorsi di attivazione e di soddisfazione del desiderio.


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