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"La scelta dell' oggetto su cui si basa la tesina che vi propongo, deriva dall' osservazione e dalla ricerca delle origini, nonchè dei processi evolutivi di un alimento importantissimo, presente nella maggior parte dei piatti culinari che ogni giorno riempiono le tavole di tutti gli italiani e non solo: l'uso dell'olio di oliva infatti, nella tradizione gastronomica dei paesi mediterranei, rappresenta uno dei caratteri peculiari della cucina tipica italiana. Ogni giorno se ne assume una quantità importante nel nostro organismo: molte persone però non ne conoscono le origini e il processo di estrazione che, da semplici frutti colti da piante ( alcune di queste plurisecolari ) portano alla realizzazione del condimento più in uso nella dieta mediterranea"
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Olive
L'olio di oliva è da considerare tra le sostanze grasse la più importante e la più adoperata nell'alimentazione in Italia.
La qualità dell'olio dipende da una serie di fattori e specialmente dal clima, dal terreno, dal tipo di pianta e dal metodo di raccolta e di lavorazione delle olive.
L'olio d'oliva è un olio alimentare derivato dal frutto (drupa), che nasce dalla trasformazione dei fiori (mignole) dell'albero di olivo, originario del bacino del Mar Mediterraneo e presente anche nell'America centrale. Nella drupa l'olio comincia a formarsi quando essa dal colore verde tende a scurire e la qualità dell'olio aumenta a mano a mano che dal colore violaceo si arriva al nero; è questo il momento più opportuno per la raccolta, anche se una ulteriore permanenza sulla pianta porta ad un aumento della quantità dell'olio, vantaggio che va a scapito della qualità in quanto le olive possono nel frattempo deteriorarsi. Il periodo di raccolta influisce notevolmente sulle caratteristiche fisico-chimiche dell'olio. Olive poco mature daranno un olio verde, con profumi fruttati e sentori amarognoli, mentre olive molto mature generano un prodotto con profumi di frutta matura, tendenzialmente dolce, e con un'acidità superiore. Per determinare il momento ottimale per la raccolta vengono presi in considerazione alcuni parametri tra cui: il colore, l'ammorbidimento della polpa, il grado di inolizione e la resistenza al distacco.
Solo in Italia, esistono ben 395 'cultivar' (varietà) di olive di cui 33 in Toscana. Tra le varietà più note possiamo citare: 'Leccino' 'Frantoio' 'Moraiolo' 'Coratina'.
Produzione olio in Italia.
Le olive sono tradizionalmente raccolte (in alcune regioni) battendo le fronde con bastoni, in modo da provocare la caduta dei frutti che poi si raccolgono uno ad uno a mano. Una tecnica più moderna prevede l'utilizzo di abbacchiatori meccanici che scuotono i rami con minore danneggiamento per la pianta e le olive cadono su una rete predisposta a terra che permette poi di raccoglierle più rapidamente e con minore fatica; il metodo non è consigliabile in quanto compromette la possibilità di fruttificazione negli anni seguenti. La pettinatura è una tecnica di raccolta che consiste nello staccare il frutto mediante pettini e lasciarlo cadere su teli distesi intorno alla pianta.
Il metodo migliore è la raccolta a mano (bracatura) con sacche a tracolla su lunghe scale a pioli di legno. Questa tecnica, sicuramente dispendiosa, consente di raccogliere frutti integri ed al giusto grado di maturazione. Non meno importante al fine di ottenere un olio vergine esente da difetti è il metodo di stoccaggio delle olive. Questa prima fase della lavorazione delle olive non deve essere sottovalutata, perché se le olive rimangono troppo tempo sui rami, o vengono lasciate in terra possono subire un processo di macerazione, deleterio per la successiva produzione dell'olio. Per non compromettere la qualità delle olive, l'ideale è portarle al frantoio entro 48 ore dalla raccolta. Questo frutto è talmente delicato che deve essere prestata molta attenzione anche sul tipo di contenitore dove vengono conservate. L'ideale è che le olive vengano raccolte in apposite 'cassette areate' in plastica, che queste cassette vengano conservate lontano da fonti di calore e che le olive vengano 'frante' nel giro di 18-24 ore dalla raccolta . Questo garantisce che le olive non fermentino in modo anaerobico dando origine alla formazione di 'alcoli alifatici' che produrrebbero nell'olio difetti quali 'riscaldo' e in casi estremi 'muffa'.
Da evitare sono i sacchi, dove le olive vengono schiacciate dando luogo a quei processi che deteriorano irrimediabilmente i frutti. Altro contenitore "proibito" è la cassetta di legno, supporto facilmente attaccato dalle muffe.
La produzione dell'olio d'oliva di maggiore importanza si basa su processi di estrazione esclusivamente meccanici. In questo modo si distinguono merceologicamente gli oli vergini da quelli ottenuti mediante processi basati su metodi fisici e chimici (oli di semi, oli di oliva rettificati e raffinati, oli di sansa).
Va però detto che le normative e gli standard di qualità stabiliscono che un olio di oliva possa essere definito 'vergine' solo se per la sua produzione siano stati impiegati esclusivamente metodi meccanici. L'olio ottenuto con il ricorso a metodi chimici e fisico-chimici è pertanto identificato con tipologie merceologiche differenti e distinte dal vergine.
Le linee di lavorazione nell'estrazione meccanica differiscono per i metodi usati nelle singole fasi, pertanto esistono tipologie d'impianto differenti. Oltre che per le caratteristiche tecniche, gli impianti differiscono per la capacità di lavoro, il livello di meccanizzazione, l'organizzazione del lavoro, la resa qualitativa e quantitativa infine i costi di produzione. In generale la linea di produzione di un oleificio comprende 4 fasi fondamentali:
Cernita con vaglio statico Lavaggio in lavatrice Olive pronte per la frangitura
Prima dell'estrazione vera e propria le olive devono essere preparate con le operazioni preliminari. Si tratta di operazioni che avvengono fra la raccolta e la molitura effettuate nel settore iniziale dell'oleificio.
Cernita
Consiste nella mondatura delle olive per separarle da terra, rametti e foglie.
Questa operazione viene fatta direttamente in campo oppure, su piccole partite
raccolte a mano sul pavimento di un locale in azienda prima del conferimento
oppure, in genere negli oleifici sociali, al conferimento. La cernita su grandi
partite si effettua con l'uso di vagli statici o vibranti. In passato si
tendeva a lasciare una discreta quantità di fogliame allo scopo di conferire
all'olio il gusto di fruttato.
Pesatura
Viene effettuata nell'oleificio all'atto del conferimento. La struttura della
filiera in Italia, costituita per lo più da piccole aziende olivicole che
conferiscono il prodotto in oleifici sociali o che operano in conto terzi, fa
sì che i quantitativi conferiti siano generalmente di modeste quantità (1-1,5 t
al massimo). La pesatura pertanto è effettuata dopo lo scarico dal mezzo di
trasporto in cassette, bin o sacchi.
Stoccaggio
Con piccole partite raccolte integralmente a mano questa fase si svolge in
parte nell'azienda olivicola allo scopo di raggiungere il quantitativo
sufficiente da conferire per un ciclo di lavorazione. Con grandi partite, in
genere ottenute con sistemi di meccanizzazione, le olive raccolte vengono
direttamente conferite all'oleificio e stoccate in un'area o locale separati
(l'olivaio) oppure direttamente in uno spazio antistante la linea di
lavorazione.
In passato si stoccavano le olive in sacchi di juta, attualmente si usano le cassette forate o i bin nel caso di sistemi palettizzati, riducendo quanto più è possibile gli strati per migliorare l'aerazione delle olive e prevenire le fermentazioni.
Lavaggio
Si effettua mediante immersione delle olive in una vasca d'acqua o, nei moderni
impianti, in apposite lavatrici che mantengono una movimentazione forzata
dell'acqua per migliorare il risultato dell'operazione. Allo scopo di ottenere
un olio di qualità, in questa fase, è anche importante che l'acqua impiegata
sia pulita ricambiandola frequentemente. Al termine dell'operazione le olive
subiscono un'asciugatura per semplice sgrondo dell'acqua di lavaggio.
La qualità del prodotto finale dipende dalle operazioni finali in relazione allo stato di conservazione delle olive e ai tempi d'attesa. La conservazione in grandi cumuli, con insufficiente aerazione della massa di olive, e tempi d'attesa dell'ordine di diversi giorni determinano l'insorgenza di processi di fermentazione delle olive che si traducono una peggiore qualità dell'olio. Il fenomeno si accentua nel caso di olive che hanno subito traumi in fase di raccolta o per attacchi da parte della mosca olearia. Gli orientamenti attuali sono i seguenti:
La molitura consiste nella prima fase di estrazione vera e propria. Le olive sono sottoposte ad azioni meccaniche che provocano la rottura della parete cellulare e delle membrane con la conseguente fuoriuscita dei succhi cellulari e dell'olio. Questa azione è affidata allo sfregamento dei frammenti del nocciolo sulle polpe oppure all'urto di dispositivi meccanici in rotazione ad alta velocità nella massa delle polpe. Il prodotto ottenuto da questa fase nella maggior parte degli impianti è la pasta d'olio, una massa semifluida composta da una frazione solida (frammenti di noccioli, bucce e polpa) e una liquida (emulsione di acqua e olio).
I sistemi utilizzati sono fondamentalmente di due tipi.
La molazza è lo strumento tradizionalmente usato, derivato concettualmente dalle antiche macine in pietra: l'azione meccanica è esercitata dalla rotazione di una o più grandi ruote in pietra (generalmente in granito) sulla massa in lavorazione. Contrariamente a quanto si possa pensare, la fuoriuscita dei succhi non è causata dallo schiacciamento, bensì dall'azione di sfregamento degli spigoli taglienti dei frammenti di nocciolo sulla polpa delle olive.
La funzione della ruota pertanto è quella di frantumare i noccioli in dimensioni adatte allo scopo e rimescolare la massa in lavorazione.
In passato la molazza era costituita da una sola ruota azionata per mezzo di un braccio da un asino o da un cavallo, pertanto aveva un notevole volume d'ingombro per consentire il movimento circolare dell'animale. La molazza attuale è azionata da un motore di 5-12 kW ed è di dimensioni più contenute, con un ingombro spaziale di 10-25 m2. Si compone di una vasca con fondo in granito o in acciaio e bordi rialzati in acciaio e di un sistema a 2-6 ruote ad asse orizzontale in pietra granitoide, disposte a coppie a distanze diverse rispetto all'asse verticale della vasca. Lo scalzo delle ruote è sollevato di alcuni millimetri rispetto al fondo della vasca ed è regolabile in modo da ottenere frammenti di nocciolo di dimensione adeguata. In genere la regolazione dello scalzo è impostata secondo le caratteristiche dei noccioli della varietà d'olivo prevalente nella zona dell'oleificio. La molazza è infine fornita di lame che hanno lo scopo di rimuovere la pasta che aderisce alla ruote e migliorare il rimescolamento spingendo la pasta sotto lo scalzo.
La lavorazione con la molazza avviene con una lenta rotazione (12-15 giri al minuto) per un tempo complessivo variabile dai 20 ai 40 minuti. La quantità di olive lavorate in un ciclo è di 2,5-3 quintali in modo da ottenere un quantitativo di pasta sufficiente ad effettuare il carico di una pressa idraulica nella fase d'estrazione. Questa esigenza viene meno nel caso di impianti che utilizzano altri sistemi d'estrazione e in generale la capacità di lavoro è progettata in modo da integrare la molazza in un impianto d'estrazione a ciclo continuo.
Molazza classica
Frangitore a martelli (in alto)
Il frangitore a martelli è lo strumento preferito nei moderni impianti a ciclo continuo perché s'integra perfettamente con le esigenze di automazione dell'impianto. In sostanza è composto da una serie di dischi ruotanti dotati di spigoli vivi (martelli) con una velocità di rotazione di 1200-3000 giri al minuto, azionata da motori di 10-40 kW di potenza. Con questo sistema la rottura della polpa è causata dagli urti dei dispositivi ruotanti ad alta velocità e solo in parte dall'azione meccanica dei frammenti di nocciolo. La lavorazione si svolge in tempi brevissimi, nell'ordine dei secondi, e si presta ad un funzionamento a ciclo continuo con carico e scarico automatizzato. Lo spazio d'ingombro è dell'ordine di pochi metri quadri.
Entrambi i sistemi presentano vantaggi e svantaggi.
La molitura classica provoca un basso grado di emulsionamento perciò permette di ottenere rese qualitative e quantitative più elevate. La qualità inoltre è migliorata da un fruttato più intenso perché i tempi di lavorazione permettono un'azione più spinta degli enzimi. L'ossidazione della pasta d'olio per effetto dell'esposizione all'aria è un fenomeno negativo e può avere un'incidenza rilevante secondo il metodo d'estrazione usato, tuttavia se la molazza è integrata in un sistema a ciclo continuo o semicontinuo la qualità del prodotto è generalmente elevata.
La frangitura provoca un grado di emulsionamento spinto fra acqua e olio, pertanto offre rese quantitative più basse e rende indispensabile la gramolatura. La qualità del prodotto dipende in sostanza dalla temperatura adottata nella successiva gramolatura, rendendo necessario un compromesso fra resa del processo e qualità. I vantaggi consistono nella notevole capacità oraria di lavoro, nella integrale automazione del processo, nella perfetta integrazione in un impianto a ciclo continuo.
In sostanza il sistema classico si presta per la produzione di oli di altissima qualità il cui prezzo è in grado di remunerare i maggiori costi della lavorazione. Il sistema della frangitura è più adatto per la produzione di oli di qualità leggermente inferiore e per filiere basate sulla lavorazione in conto terzi.
Impianto di vasche gramolatrici Pasta all'interno di una gramola
In parallelo
È un'operazione che segue la molitura o la frangitura e ha lo scopo di rompere l'emulsione fra acqua e olio e far confluire le micelle d'olio in gocce più grandi che tendono a separarsi spontaneamente dall'acqua.
Si effettua in macchine dette gramole o gramolatrici. La gramola è in sostanza una vasca in acciaio in cui ruotano pale elicoidali che mantengono in lento rimescolamento la pasta d'olio. L'azione del rimescolamento rompe l'emulsione migliorando poi la resa in mosto d'olio nella successiva fase d'estrazione. Le attuali tipologie costruttive comprendono più gramole disposte in serie (in questo caso spesso sovrapposte per limitare lo spazio d'ingombro) oppure in parallelo e caricate meccanicamente, mediante sistema idraulico, con la pasta d'olio uscita dal frangitore o dalla molazza. Esiste inoltre una tipologia detta gramola-dosatrice fornita di un sistema di distribuzione della pasta d'olio sui diaframmi filtranti utilizzati nell'estrazione per pressione.
Questa fase è di notevole importanza per determinare il congruo compromesso fra resa quantitativa in olio e qualità: il riscaldamento aumenta l'efficacia della gramolatura permettendo l'innalzamento della resa in olio, tuttavia influisce negativamente sulla qualità dell'olio:
Per oli di alta qualità la gramolatura si svolge a freddo oppure riscaldando moderatamente la pasta d'olio fino ad una temperatura di 27-28°C.
Una resa superiore si può ottenere riscaldando la pasta fino a 29-30°C penalizzando leggermente la qualità, mentre è assolutamente sconsigliato il superamento dei 30°C.
L'efficacia della gramolatura dipende inoltre dal metodo utilizzato per la molitura. La molazzatura crea un basso grado di emulsionamento pertanto è sufficiente la gramolatura a freddo per ottenere una buona resa in olio. La frangitura, per effetto dell'elevata velocità di rotazione dei martelli, crea invece un'emulsione più stabile che necessita di un moderato riscaldamento della pasta fino a 28-29°C per ottenere rese accettabili. Un esperto assaggiatore è in grado di distinguere con la degustazione fra un olio prodotto con la molazza e uno ottenuto con il frangitore a martelli proprio a causa dell'effetto del moderato riscaldamento anche quando non si supera la temperatura critica.
La gramolatura ha una durata in media di 20-40 minuti. Il prolungamento dell'operazione non ha alcun effetto sulla resa in olio, pertanto è da evitare in quanto prolungherebbe il contatto della pasta d'olio con l'aria determinando una maggiore ossidazione. La gramolatura va pertanto interrotta quando la pasta d'olio cessa di macchiare le mani e si presenta untuosa al tatto. I moderni impianti hanno sistemi automatizzati per il controllo della fase.
Gli oli d'oliva vergini si distinguono nettamente dagli altri oli per due prerogative: la materia prima, rappresentata dalla polpa delle olive, il metodo d'estrazione, rappresentato da processi di natura esclusivamente meccanica.
L'estrazione degli oli vergini impiega esclusivamente l'urto, la pressione, la centrifugazione, la decantazione, la filtrazione, la tensione superficiale, il trattamento meccanico delle emulsioni. È ammesso il ricorso al riscaldamento con temperature moderatamente alte al fine di incrementare la resa in olio.
Le altre tecniche prevedono l'impiego di metodi fisici e chimici. Va però detto che la normativa e gli standard di qualità impongono l'impiego esclusivo di metodi meccanici. L'olio ottenuto con il ricorso a metodi chimici e fisico-chimici è pertanto identificato con tipologie merceologiche differenti e distinte dal vergine. Nel caso degli oli ottenuti dalle olive, i metodi fisici e chimici sono processi secondari attuati in impianti distinti, per rettificare oli vergini non commestibili o per estrarre la frazione lipidica dal seme.
Consiste nella separazione del mosto d'olio dalla sansa, la frazione solida costituita dai frammenti di nocciolo, dalle buccette e da frammenti di polpa. L'olio è contenuto nei lipovacuoli delle cellule del mesocarpo (polpa). Il processo prevede, pertanto, l'estrazione della fase liquida dalle cellule, la separazione dalle frazioni solide e la separazione della frazione lipidica (oleosa) da quella acquosa. L'estrazione è attuata con sistemi alternativi che sfruttano principi meccanici concettualmente differenti. In ragione di queste differenze il mosto d'olio e la sansa hanno caratteristiche differenti secondo il metodo d'estrazione impiegato, ma vanno messe in evidenza anche profonde differenze nell'impianto, nella qualità del prodotto, nell'organizzazione del lavoro e nella stessa gestione. I metodi
d'estrazione si riconducono a tre tipi fondamentali.
Tradizionale fiscolo in fibra di cocco
Si tratta del metodo classico, che separa il mosto d'olio dalle sanse attraverso una filtrazione per effetto di una pressione. La pressione si attua in una pressa idraulica aperta disponendo la pasta d'olio su strati sottili alternati a diaframmi filtranti in una torre carrellata. Il dispositivo utilizzato per la costruzione della pila consiste in un piatto circolare in acciaio con sponde leggermente rialzate e sagomate, carrellato per la movimentazione. Al centro del piatto è inserito un cilindro forato (detto foratina) che ha lo scopo di mantenere la pila in verticale e favorire il deflusso del mosto d'olio anche lungo l'asse centrale della pila.
La costruzione della pila avviene secondo un ordine standard: il diaframma filtrante è costituito da un disco in fibra sintetica forato al centro in modo da essere infilato lungo la foratina. Sul primo diaframma, adagiato sul fondo del piatto, si dispone uno strato di pasta d'olio spesso 3 cm, si sovrappone un secondo diaframma e un secondo strato di pasta e così via. Ogni tre strati di pasta si sovrappone un diaframma senza pasta e un disco d'acciaio allo scopo di distribuire uniformemente la pressione. Complessivamente si costruisce una pila composta dalla sovrapposizione di 60 diaframmi alternati a 60 strati di pasta, 20 dischi d'acciaio e 20 diaframmi senza pasta. Il quantitativo di pasta impiegato corrisponde ad una partita di olive molite con la molazza (2,5-3 quintali). L'intera operazione di carico di una pressa si effettuava a mano, ma attualmente si utilizzano apposite dosatrici, spesso integrate con la gramola. A questo punto la torre viene inserita nella pressa e sottoposta a pressioni medie dell'ordine di 400 atm. Per effetto della pressione il mosto d'olio si separa dalla frazione solida e dal sistema drenante fluisce lungo l'esterno e lungo la foratina e viene raccolto sul piatto. Terminata l'estrazione, la pila viene smontata e dai diaframmi viene rimossa la sansa utilizzando apposite macchine.
I diaframmi filtranti sono spesso chiamati fiscoli. In realtà il fiscolo è un doppio disco filtrante saldato ai margini e forato al centro realizzato in fibra di cocco. La pasta d'olio si disponeva all'interno del fiscolo. Questo sistema presentava molteplici svantaggi. L'operazione di carico e scarico era alquanto onerosa, ma soprattutto il difetto principale era la difficoltà di pulizia dei fiscoli: le fibre trattenevano sempre residui di pasta che alterandosi facilmente per azione di muffe e dell'ossidazione conferivano all'olio sapori sgradevoli (sapore di fiscolo). Per esigenze organizzative e per migliorare gli standard di qualità i fiscoli sono stati del tutto abbandonati e sostituiti dai diaframmi circolari in fibra sintetica.
I vantaggi dell'estrazione per pressione sono i seguenti:
Gli svantaggi sono i seguenti:
Centrifughe orizzontali a decanter Fasi liquide separate dal decanter
Decanter in funzionamento
Si tratta di un metodo di larga diffusione perché permette di superare i molteplici svantaggi associati all'estrazione per pressione. La pasta d'olio è sottoposta ad una centrifugazione in un tamburo conico ruotante ad asse orizzontale (decanter). La centrifugazione opera ad una velocità di rotazione di circa 3400 giri al minuto.
Per effetto del differente peso specifico la centrifugazione separa 2 o 3 fasi. Secondo le specifiche tecniche si distinguono tre tipi fondamentali di decanter.
Il decanter a 3 fasi è la tipologia più vecchia e presenta diversi svantaggi. La centrifugazione separa tre frazioni:
Questo sistema richiede la preventiva diluizione della pasta d'olio con acqua. In sostanza presenta difetti considerevoli perché consuma elevati quantitativi d'acqua e produce elevati quantitativi di acque di vegetazione. L'acqua ha inoltre un'azione di lavaggio della pasta che porta all'estrazione di un'elevata quantità di polifenoli. Le acque di vegetazione hanno pertanto una maggiore carica inquinante rendendone ulteriormente più oneroso lo smaltimento. Per questi motivi il sistema a 3 fasi è stato abbandonato.
Il decanter a 2 fasi è stato concepito per ovviare agli inconvenienti del sistema a 3 fasi. In pratica differisce per il minore impiego d'acqua e per la minore resa in olio. La centrifugazione separa due sole frazioni:
Il sistema riduce il problema del carico inquinante perché la quantità di polifenoli estratta è inferiore. Presenta però il difetto di produrre sanse eccessivamente umide, non accettate dai sansifici perché hanno uno scarso valore merceologico. Le sanse diventano pertanto un prodotto di scarto da smaltire senza alcuna possibilità di recupero economico, essendo poco conveniente l'essiccazione.
Il decanter a 2 fasi e mezzo è la tipologia più recente e riassume i pregi dei due sistemi differenti. La lavorazione richiede l'aggiunta di un ridotto quantitativo d'acqua e separa tre frazioni (sanse umide, acqua di vegetazione, mosto d'olio). Il vantaggio di questo sistema è che si produce un quantitativo inferiore di acque di vegetazione e con una minore carica inquinante. Le sanse umide hanno ancora uno scarso valore, tuttavia possono essere trattate con sistemi che permettono un recupero economico sfruttando il potenziale energetico del nocciolino.
Vantaggi:
Svantaggi:
La Sinolea è un dispositivo integrato in un impianto specifico a ciclo continuo che si basa su uno schema di lavorazione differente dagli altri impianti. Il principio fisico su cui si basa la Sinolea è la differenza fra la tensione superficiale dell'acqua di vegetazione e quella dell'olio: per effetto di questa differenza, l'olio tende ad aderire facilmente ad una superficie metallica rispetto all'acqua.
La Sinolea consiste fondamentalmente in una vasca contenente la pasta d'olio, prodotta da un frangitore a martelli, nella quale s'immerge il dispositivo estrattore. Quest'ultimo è costituito da una serie di lame o di dischi d'acciaio che viene immersa nella pasta d'olio con un moto alternativo continuo che alterna le seguenti fasi:
Ad ogni ciclo d'immersione il sollevamento del dispositivo fa sgrondare l'acqua di vegetazione per effetto della gravità mentre l'olio aderisce alle superfici metalliche. Durante il moto di ritorno le superfici metalliche vanno a contatto con un dispositivo raschiatore che rimuove l'olio facendolo confluire in un sistema di raccolta. Questo sistema permette di ottenere un olio di altissima qualità, tuttavia ha una resa piuttosto bassa. Qualora esista la convenienza economica, la pasta residua può essere sottoposta ad un secondo processo di estrazione per centrifugazione. In questo modo si ottengono due prodotti differenziati in termini di qualità.
Vantaggi:
Svantaggi:
Ad esclusione del metodo della Sinolea, il mosto d'olio ottenuto dall'estrazione contiene sempre una quantità residua d'acqua che viene separata per effetto della differente densità dei due liquidi attraverso la decantazione o la centrifugazione.
È il metodo tradizionale basato sulla non miscibilità dell'olio e dell'acqua. In fase di riposo l'olio, essendo più leggero, tende ad affiorare in superficie separandosi dall'acqua. Il mosto d'olio, appena ottenuto con la spremitura, subisce una prima separazione che permette di ottenere un prodotto di maggiore qualità. La separazione della quantità residua richiedeva invece tempi più lunghi di stazionamento nell'oliario in apposite vasche di muratura. Analogamente si effettuava il recupero di una quantità residua di pessima qualità dalle acque di vegetazione stoccate nell'inferno, un locale appositamente adibito.
La decantazione è un metodo ormai del tutto abbandonato in quanto poco adatto ad ottenere prodotti di qualità.
Olio in uscita dal separatore centrifugo
La centrifugazione verticale è il sistema impiegato in tutti gli impianti (ad eccezione dell'olio estratto con la Sinolea) per separare l'olio dall'acqua. Al processo è sottoposto sia il mosto d'olio ottenuto per spremitura o per centrifugazione orizzontale, sia l'acqua di vegetazione ottenuta dalla centrifugazione orizzontale.
Allo scopo si utilizzano separatori centrifughi verticali. Si tratta di macchine mutuate dall'impiantistica dell'industria lattiero-casearia (scrematrici) che effettuano la separazione in virtù di una rotazione ad alta velocità. Il separatore centrifugo consiste in un serbatoio cilindrico contenente il tamburo ruotante costituito da una serie di dischi conici forati e sovrapposti. Il mosto d'olio, immesso dall'alto entra nel tamburo ed è sottoposto ad una centrifugazione a 6000-7000 giri al minuto. Per effetto della differente densità olio e acqua si separano in due differenti efflussi. Durante la rotazione si ha un accumulo di residui solidi (morchie) che vengono espulsi tramite un sistema di sicurezza automatizzato.
All'uscita dal separatore centrifugo, l'olio è un prodotto pronto al consumo. Il prodotto tal quale contiene residui solidi in sospensione (mucillagini e grassi) e si presenta torbido. In situazione di riposo il residuo solido si deposita sul fondo del recipiente e l'olio illimpidisce spontaneamente. Di conseguenza l'olio appena separato viene conservato in vasi d'acciaio, a contatto con un'atmosfera d'azoto per prevenire le ossidazioni, per sfruttare la sedimentazione spontanea della morchia. L'olio destinato subito alla commercializzazione è invece sottoposto a filtrazione mediante filtri di tipo barese o filtri-pressa prima del confezionamento.
Uno dei principali problemi della gestione degli oleifici è lo smaltimento delle acque di vegetazione. Questo sottoprodotto è un refluo che ha una carica inquinante per il tenore in sostanza organica (la cui ossidazione chimica o biologica riduce il tenore di ossigeno nelle acque superficiali) e soprattutto per l'eccessivo tenore in polifenoli (la cui biodegradabilità è bassa).
In passato era ammesso il riversamento delle acque di vegetazione nella rete fognaria civile, ma in seguito all'applicazione della legge n. 319 del 1976 (nota come Legge Merli) i reflui delle attività produttive che non rispettano uno o più parametri possono essere riversati nelle acque superficiali solo dopo trattamento che ne abbatta la carica inquinante. Negli anni ottanta gli oleifici hanno operato in regime di deroga per consentire alla ricerca scientifica l'individuazione di metodi di trattamento e smaltimento economicamente sostenibili. Le soluzioni tecniche, infatti, erano e restano ancora improponibili per la realtà dell'elaiotecnica italiana, caratterizzata da piccoli frantoi che non sono in grado di realizzare le economie di scala necessarie per sostenere i costi di un impianto di depurazione. L'applicazione rigorosa della legge avrebbe di fatto comportato la chiusura della maggior parte degli oleifici italiani.
Per questo motivo nella seconda metà degli anni '80 si è applicato un regime di deroga che permettesse lo smaltimento dei reflui oleari sui terreni agricoli. Nel frattempo si è appurato che l'impatto ambientale dello smaltimento dell'acqua di vegetazione è molto più basso rispetto al riversamento nelle acque superficiali, a patto che non si superino determinati quantitativi riferiti al tempo e alla superficie, soprattutto per evitare l'inquinamento della falda freatica.
L'acqua di vegetazione smaltita nei terreni ha inizialmente un effetto rinettante sulle erbe infestanti e blandamente antibiologica per l'azione dei polifenoli. A questo si aggiunge l'inquinamento atmosferico a causa dei cattivi odori emanati dai reflui oleari. Dopo un periodo di 5-6 mesi si evidenziano gli effetti positivi dovuti all'umificazione e sui terreni in cui sono stati smaltite le acque di vegetazione le piante mostrano un maggior rigoglio vegetativo dovuto all'azione fertilizzante dei reflui.
Trattamenti di depurazione per le acque reflue civili e industriali
Le acque reflue sono quelle che fuoriescono da un qualunque ambiente dopo essere state utilizzate per particolari attività con modifiche, rispetto alla situazione in entrata, nella composizione chimica, microbica e nelle proprietà fisiche, tali da non permetterne l'immissione in naturali corsi d'acqua. Le acque reflue sono costituite da liquami di diversa origine di cui e' necessario conoscere la composizione chimica e biologica per mettere appunto idonei sistemi di depurazione. I liquami si possono classificare in:
La qualità diversa dei due tipi di liquame richiederebbe un sistema differenziato di canalizzazione verso gli impianti di depurazione, purtroppo nella realtà a volte lo scarico e' effettuato in un'unica condotta fognaria con la conseguente formazione di liquami misti.
I reflui sia civili che industriali, devono essere sottoposti ad una trasformazione tale da permetterne l'inserimento in bacini idrici naturali, senza perturbarne l'equilibrio. Questa trasformazione consiste in una serie di trattamenti rispettivamente: primario, secondario e terziario.
I trattamenti secondari si classificano in aerobi, anaerobi e misti. Al fine di scegliere un trattamento rispetto ad un altro e' necessario definire alcuni parametri che ne caratterizzano l'inquinamento:
La forza o grado dell'attività microbica, cioè la biodegradabilità , e' misurata dal rapporto BOD21/COD e una sostanza si definisce biodegradabile se per essa tale rapporto e' maggiore di 0,6. Per valori di tale rapporto inferiori a 0,6 si ricorre a trattamenti chimici ossidativi.
Con BOD < 4000 ppm si sceglie un trattamento di tipo aerobio, con BOD > 4000 ppm opteremo per quello anaerobio.
Trattamento aerobio: si adotta quando il carico inquinante e' relativamente basso, avviene in sistemi aperti ben areati. Questo trattamento determina la formazione di un sistema di depurazione a fanghi attivi. L'acqua da depurare viene inviata ad un sedimentatore primario in cui vengono eliminati i solidi sedimentabili. Successivamente l'acqua viene inviata ad un impianto a fanghi attivi. L'acqua che proviene dal sedimentatore primario viene inviata ad una vasca ad areazione in cui vengono realizzate le condizioni ottimali per far avvenire la demolizione delle sostanze organiche. Quindi viene inviata ad un sedimentatore secondario in cui viene eliminato il carico organico. Dal lato esce l'acqua purificata mentre dall'altro i fanghi vengono riciclati.
Impianto a fanghi attivi
Trattamento anaerobio: si compie in sistemi chiusi (digestori); esso non permette, quindi, formazioni di fanghi attivi come nel caso del trattamento aerobio. Il trattamento anaerobio e' costituito da una prima fase aerobia, dovuta all'ossigeno rimasto nel digestore e, per questo, limitata nel tempo, e da una seconda fase più lunga della prima che costituisce il processo anaerobio vero e proprio. Il trattamento anaerobio rappresenta la ricostituzione della situazione naturale della degradazione delle sostanze organiche in ambienti privi di ossigeno ad opera di popolazioni microbiche che cooperano nutrendosi l'una dei metaboliti prodotti dall'altra. La microflora batterica può essere suddivisa in tre gruppi:
Gli acidogeni: capaci di degradare il materiale inquinante, idrolizzandolo e trasformandolo in molecole più semplici (acidi grassi volatili, alcoli, acido lattico, acido solfidrico, ammoniaca, anidride carbonica e idrogeno);
Gli acetogeni: che attaccano soprattutto gli acidi grassi volatili prodotti dagli acidogeni per trasformarli in acido acetico, anidride carbonica e idrogeno;
I metanogeni: capaci di produrre metano o per decarbossilazione dell'acido acetico o per sintesi da anidride carbonica e idrogeno.
Il trattamento anaerobio quindi e' l'insieme di una serie di fasi:
Idrolisi delle macromolecole;
fermentazione;
acetogenesi;
metanogenesi.
L'idrolisi delle macromolecole e' operata da microrganismi aerobi, obbligati, facoltativi e microaerobi, con formazione di molecole più semplici come amminoacidi, acidi grassi e monosaccaridi. I più significativi sono muffe del genere Penicillium e Aspergillus e batteri come Proteus, Bacillus e Cellulomonas, quest'ultimo in grado di idrolizzare la cellulosa.
L'acetogenesi consiste nella produzione di acido acetico a opera di microgranismi detti acetogeni, anaerobi obbligati e facoltativi.
La metanogenesi invece, consiste nella produzione di metano operata da batteri anaerobi obbligati, appartenenti alla famiglia Methanobacteriaceae.
Limpidezza dell'olio d'oliva
Senza scendere nel dettaglio, è opportuno sottolineare che i disciplinari di produzione per i marchi di Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) prevedono spesso l'utilizzo di tecniche tradizionali e norme restrittive e severe (ad es: tempi ristretti a 24 ore tra la raccolta e la lavorazione delle olive), con l'intento di garantire un prodotto di qualità superiore e tradizionale con particolare riferimento alle varietà usate, che devono essere autoctone.
Dalla sansa, cioè ciò che resta dopo l'estrazione dell'olio, è possibile estrarre ancora dell'olio residuo. A seconda del tipo frantoio la sansa contiene ancora dal 6% al 3% di olio. La sansa proveniente da frantoi tradizionali (con presse) contiene circa il 6% di olio mentre la sansa da frantoi moderni, i così detti frantoi 'continui', ne contiene circa il 3%. Quest'olio viene estratto industrialmente, appunto nei 'sansifici', per mezzo di solventi chimici (normalmente esano). Quest'olio detto 'olio di sansa grezzo' non è commestibile: attraverso un trattamento di raffinazione (esso viene 'deodorato', 'decolorato' e 'deacidificato'), si ricava 'l'olio di sansa d'oliva rettificato', che ancora non è commestibile. Solo dopo l'aggiunta di una percentuale non meglio specificata di olio di oliva vergine esso diviene commestibile e denominato 'olio di sansa di oliva'. Questo prodotto è un olio di minor pregio e meno costoso.
Le denominazioni commerciali sono rigorosamente codificate dalla Unione Europea nella direttiva 136/6623/CEE . Il Reg.CE 2568/91 e in ultimo il Reg.CE 1989/03 individuano le seguenti categorie di oli di oliva:
oli d'oliva vergini, oli ottenuti dal frutto dell'olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni che non causano alterazioni dell'olio e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione quindi ottenuti con la sola spremitura meccanica a basse temperature. Essi si dividono in: a) olio d'olivo extra vergine: olio di gusto perfetto il cui contenuto in acidità è inferiore all' 1%. b) olio d'oliva vergine: olio di gusto perfetto il cui contenuto in acidità è fino al 2 %.
c) olio d'oliva vergine corrente: olio di gusto buono il cui contenuto in acidità è inferiore al 3.3%. d) olio d'oliva vergine lampante: ottenuto mediante spremitura meccanica, presenta alta acidità o altri difetti organolettici; l'acidità non supera il 3.3%.
olio d'oliva raffinato: olio d'oliva ottenuto dalla raffinazione di oli vergini, la cui acidità non può eccedere lo 0.5%.
olio d'oliva: olio d'oliva ottenuto da un taglio di oli d'oliva raffinato e di oli vergini diversi dall'olio lampante, la cui acidità non è superiore all'1.5%.
Olio di sansa di oliva greggio: ottenuto dai residui della spremitura mediante solventi chimici esclusi quelli ottenuti con processi di riesterificazione. La sua acidità è almeno del 2%.
Olio di sansa di oliva rettificato: olio di sansa greggio sottoposto ad una ulteriore rettificazione chimica con acidità inferiore allo 0.5%.
olio di sansa d'oliva: olio ottenuto da un taglio di olio di sansa d'oliva raffinato e di oli d'oliva vergini diversi dall'olio lampante, la cui acidità non può superare l'1.5%.
È facoltativo per il produttore indicare sull'etichetta della confezione il grado di acidità del prodotto.
L'olio di oliva è utilizzato soprattutto in cucina, principalmente nelle varietà extravergine e vergine, per condire insalate, insaporire vari alimenti, conservare verdure in barattolo e, poiché ha un elevato punto di fumo, è molto buono per friggere. È consigliato il suo uso perché ricco di acidi grassi monoinsaturi. Ha delle capacità benefiche a causa della presenza di sostanze antiossidanti (fenoli e tocoferoli equivalente alla vitamina E) che hanno la capacità di combattere il colesterolo. Il sapore dell'olio può variare molto a seconda delle varietà di olive da cui è prodotto, luogo di produzione, grado di maturazione, modalità di raccolta del frutto, ecc.
Quest'olio è anche usato per la produzione del sapone e in cosmetica. Un tempo si usava come farmaco e come combustibile per le lampade ad olio.
Disegno impianto
1)
Vasca |
|
11)
Impalcatura di sostegno "Pelatrice" |
Impianto continuo
Analisi dell'olio d'oliva
L'analisi dell'olio di oliva ha lo scopo di dare indicazioni sulla sua qualità, sul suo stato di conservazione e sulle eventuali sofisticazioni.
La prima analisi di olio deve essere eseguita subito dopo
la frangitura. Se accadessero inconvenienti durante la conservazione,
soprattutto se lunga, è consigliabile accertare nuovamente le caratteristiche
dell'olio.
Come si preleva il campione
Si deve utilizzare un contenitore in vetro, accuratamente pulito e asciutto, della capacità di circa 100 ml che deve essere riempito completamente e ben chiuso. Durante il trasporto si deve evitare l'esposizione alla luce e alle elevate temperature.
L'etichetta deve riportare:
Norme per la conservazione dell'olio
L'olio è facilmente soggetto a fenomeni di ossidazione, inoltre assorbe
rapidamente gli odori ambientali. L'ossidazione è favorita da temperature
elevate, dall'esposizione alla luce e dal contatto con l'aria.
Locale di conservazione
Deve essere asciutto e pulito, privo di odori estranei, areato periodicamente e
protetto dalla luce. La temperatura deve essere compresa tra 12 e 15°C. Il
congelamento influisce negativamente sulla conservazione.
I classici orci sono validi per l'isolamento termico ma la loro pulizia non è agevole e talvolta cedono odori e sapori estranei; migliori sono i contenitori di acciaio inox che, bisogna ricordare, non è un buon isolante termico. I recipienti di plastica, vetro e vetroresina non sono indicati per una prolungata conservazione.
Contenitori
Devono isolare dalla luce e dagli sbalzi di temperatura e devono essere
provvisti di chiusura per evitare il contatto con l'aria; i materiali
utilizzati non devono cedere sostanze all'olio. La pulizia è indispensabile e
va eseguita in modo accurato usando esclusivamente acqua e soda caustica.
Travasi
L'olio deve essere separato dalle morchie che si depositano sul fondo per
evitare la comparsa di gravi difetti quali i sapori di 'morchia' e/o
di 'putrido'. In genere è consigliabile eseguire un primo travaso
dopo circa 20 giorni dalla frangitura, un secondo all'inizio della primavera e,
se necessario, un terzo alla fine dell'estate.
Determinazione dell'acidità.
L'olio d'oliva è costituito per la quasi totalità da gliceridi cioè esteri formati dalla glicerina e acidi grassi e una parte di questi si trova allo stato libero; questa frazione determina l'acidità libera dell'olio. L'acidità può essere espressa in grado d'acidità, che esprime la percentuale di acido oleico o in numero di acidità ossia i mg di KOH utilizzati per titolare un grammo di olio. L'analisi viene effettuata attraverso l'analisi volumetrica ponendo una quantità nota di campione in una beuta e sciolto con una miscela di etere etilico ed etanolo; la soluzione si titola con KOH in presenza di fenolftaleina.
Secondo il regolamento CEE n.2568 dell'11 luglio 1991 i valori dell'acidità per i vari tipi di olio d'oliva sono i seguenti:
v olio d'olivo extra vergine: max 1.0%
v olio d'oliva raffinato: max 2.0%
v olio d'oliva vergine corrente: max 3.3%.
v olio d'oliva vergine lampante: max 3.3%.
v olio d'oliva raffinato: max 0.5%
v olio d'oliva: max 1.5%
v olio di sansa d'oliva greggio: min 2.0%
v olio di sansa d'oliva raffinato: max 0.5%
v olio di sansa d'oliva: max 1.5%.
Le determinazioni della genuinità consistono nel verificare che l'olio non contenga sostanze estranee alla sua natura quindi che non sia stato adulterato o sofisticato.
In queste analisi vengono valutati il numero di iodio, l'indice di rifrazione, il grado termosolforico, la fluorescenza alla luce di Wood, il numero di saponificazione.
- numero di iodio
Il numero di iodio consiste nella quantità di iodio assorbita dal campione in esame ed è espressa in grammi di iodio per 100 grammi di campione. Si utilizza per la determinazione il reattivo di Wijs formato da acido acetico glaciale e monocloruro di iodio. Quest'ultimo viene utilizzato in quanto è un alogeno apolare e l'attacco ai doppi legami è facilitato. Questa determinazione si basa sulla valutazione quantitativa dello iodio che resta nel recipiente dopo che una quantità nota di iodio (il monocloruro di iodio) ha reagito con i doppi legami dell'acido grasso. La reazione avviene con KI in eccesso; lo iodio in eccesso viene titolato con tiosolfato in presenza di salda d'amido e quando tutto lo iodio verrà ridotto si avrà viraggio dal blu a incolore.
-indice di rifrazione.
L'indice di rifrazione consiste nel rapporto tra il seno dell'angolo di incidenza e il seno dell'angolo di rifrazione relativi a un raggio di luce che passa dall'aria all'olio in esame. La luce utilizzata ha lunghezza d'onda di 589.3 nm.
L'indice di rifrazione dell'olio d'oliva oscilla tra 1.4665 e 1.4688
-grado termosolforico. Il grado termosolforico consiste nell'aumento di temperatura che si verifica quando l'olio è trattato con acido solforico concentrato; per l'olio d'oliva il grado termosolforico varia da 41 a 47. L'acido solforico agisce sui doppi legami formando derivati solforici; più il grasso è ricco di composti insaturi, più il grado termosolforico è alto. Un grado termosolforico superiore a 47 denota olio d'oliva rancido o vecchio o la presenza di oli estranei a quello d'oliva.
-determinazione della fluorescenza alla luce di Wood Per la ricerca degli oli d'oliva raffinati negli oli di pressione può essere applicato il saggio alla luce di Wood comprendente le radiazioni ultraviolette di lunghezza d'onda a 365.4 nm. Gli oli di pressione presentano fluorescenza con colore giallo dominante, mentre negli oli raffinati si ha in genere fluorescenza di colore celeste. L'aggiunta di oli raffinati a quelli di pressione provoca la scomparsa del colore giallo predominante. La determinazione si esegue mettendo l'olio in esame in una provetta e porla perpendicolarmente al raggio a circa 15 cm dalla sorgente; dopo due minuti si osserva il colore.
-numero di saponificazione. Il numero di saponificazione è dato dai mg di KOH necessari per saponificare 1 grammo di olio e varia, nell'olio d'oliva, da 187 a 195. inizialmente abbiamo un attacco al gliceride con KOH con liberazione degli acidi grassi; successivamente, quando tutti gli acidi grassi saranno stati liberati, si titola il KOH in eccesso con HCl.
-numero di perossidi. L'irrancidimento è un'interazione che avviene tra i doppi legami presenti negli acidi grassi e l'ossigeno dell'aria. Da questa interazione si producono radicali allilici da cui si ottengono perossidi derivati dall'addizione di una molecola di ossigeno ad uno degli atomi di carbonio adiacenti ai doppi legami. Questo parametro esprime quindi la potenzialità ossidativa di un olio di oliva e tanto più alto è questo valore tanto più rapidamente l'olio tende ad irrancidirsi. La rancidità vera e propria, percepita soprattutto al saggio organolettico, è caratteristica degli oli vecchi. Il numero di perossidi consiste nella quantità di perossidi presenti nel campione espressa in milliequivalenti di ossigeno attivo per kg, che ossidano lo ioduro di potassio con formazione di iodio che si determina con tiosolfato. Il numero di perossidi deve essere inferiore a 10 nell'olio d'oliva in ottimo stato di conservazione, tra 10 e 15 in un buono stato di conservazione, inferiore a 10 nell'olio d'oliva raffinato e superiore a 20 nell'olio d'oliva rancido.
-indice di Kreis Si tratta di una reazione qualitativa basata sul fatto che, se nell'olio si sono formati perossidi conseguentemente si sono formate aldeidi, chetoni e ossiacidi; questi composti reagiscono con la fluoroglucina originando una tipica colorazione rosa o rossa.
Analisi spettrofotometriche.
Oltre alla luce di Wood abbiamo analisi spettrofotometriche allo spettrofotometro nel campo dell'UV-visibile. Con lo spettrofotometro possiamo infatti determinare gli acidi polinsaturi misurando, a una determinata lunghezza d'onda' l'assorbanza di una soluzione titolata da parte dell'olio. Il doppio o triplo legame tra due atomi di carbonio determina un assorbimento dell'ultravioletto a lunghezza d'onda inferiore a 200 nm se i legami sono isolati, da 200 a 350 se sono coniugati; in particolare i dieni coniugati a 232 nm, i trieni coniugati a 268. L'assorbimento viene espresso riferendosi ad un cammino ottico di 1 cm contenente l'olio in esame concentrato all'1%, oppure espresso come dK che permette di escludere l'assorbimento estraneo di fondo consentendo di ottenere l'assorbimento reale. i valori del dK possono essere paragonati a valori tabellati per classificare il nostro olio. Gli oli vergini di oliva contengono solo piccole quantità di acidi polinsaturi con doppi legami coniugati mentre negli oli di oliva e in quelli di sansa si ha la formazione di notevoli quantità di acidi polinsaturi con doppi legami coniugati.
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K232 |
K270 |
Delta-K |
Vergine extra |
< 2,5 |
< 0,2 |
< 0,01 |
Vergine |
< 2,6 |
< 0,25 |
< 0,01 |
Vergine corrente |
< 2,6 |
< 0,25 |
< 0,01 |
Vergine lampante |
< 3,7 |
< 0,25 |
|
Inglese
Oil
An oil is a substance that is in a viscous liquid state ('oily') at ambient temperatures or slightly warmer, and is both hydrophobic, (immiscible with water) and lipophilic (miscible with other oils, literally 'fat loving'). The compounds found in cooking oil are chemically very similar, almost identical, to those found in butter and very different from those found in diesel fuel, but while diesel is an oil, butter is not. Indeed diesel is once again very similar to natural gas, but gas is certainly not oil. This disparity stems partly from the fact that oils must be liquid at room temperature, and thus only certain liquid chemicals in many unrelated families are recognised, collectively, as 'oil'. All oils, with their high carbon and hydrogen content, can be traced back to organic sources.
Organic oils
Oils are also produced by plants, animals and other organisms through organic processes, and these oils are remarkable in their diversity. Oil is a somewhat vague term to use chemically, and the scientific term for oils, fats, waxes, cholesterol and other oily substances found in living things and their secretions, is lipids. Many edible vegetable and animal oils, and also fats, are used for various in cooking and food preparation. In particular, many foods are fried in oil much hotter than boiling water. Oils are also used for flavoring and for modifying the texture of foods.
Italiano
Il Verismo e Giovanni Verga
Il Verismo: E' una Corrente letteraria italiana della fine del XIX secolo. In un'epoca soggetta a grandi cambiamenti (in particolare quelli legati all'industrializzazione), il verismo si impegnava a descrivere la società italiana con uno spirito realista, gli autori veristi si prefiggevano di riprodurre la realtà astenendosi da ogni indagine psicologica, sociologica o idealistica, così come da ogni mediazione o intervento da parte della personalità dell'autore; l'introduzione dell'uso del dialetto nei testi letterari fu la prima conseguenza formale di tale approccio. La poetica del Verismo trovò la sua più alta realizzazione artistica nell'opera di Giovanni Verga, con Manzoni il più grande narratore italiano dell'Ottocento.
Verga trovò nel Verismo il punto di approdo sia della sua concezione della vita sia della sua esperienza artistica.
La sua «conversione» al Verismo lo condusse infatti a porre al centro della sua ispirazione artistica il «mondo dei vinti» della natia Sicilia, le plebi contadine nel cui destino e nei cui valori destinati alla sconfitta egli vedeva confermata la sua personale concezione pessimistica della vita.
Verga si orientò fin da giovanissimo, scartando i moduli classicisti della formazione scolastica, verso la produzione narrativa.
Le prime prove narrative - i romanzi di ispirazione patriottica e di ambientazione borghese - coincisero infatti con le esperienze giovanili: la spedizione garibaldina in Sicilia e il suo entusiasmo liberale; la sua vita brillante ed irrequieta nell'ambiente mondano di Firenze e Milano. Ma il momento centrale della sua formazione, che ispirò la sua narrativa maggiore, furono i primi anni milanesi, durante i quali conobbe e approfondì gli elementi essenziali che determinarono la sua «conversione verista»:
la conoscenza dell'opera e della poetica di Zola e del Naturalismo francese, discussa e approfondita con l'amico Capuana;
l'incontro con il darwinismo, dal quale trasse l'idea della lotta per la sopravvivenza come elemento determinante nello sviluppo della storia umana;
gli studi e le discussioni sulla questione meridionale (le inchieste di Jacini, Franchetti, G. Fortunato) attraverso i quali scoprì la condizione di miseria delle plebi siciliane.
La vita: Nacque nel 1840 a Catania, da una ricca famiglia di proprietari terrieri di origini nobiliari.
Ricevette un'educazione di impronta liberale, iniziò giovanissimo a scrivere romanzi di ispirazione patriottica.
Iscrittosi nel 1858 all'università di Catania, interruppe nel 1861 i suoi studi di legge per arruolarsi nella Guardia Nazionale al tempo dell'impresa garibaldina in Sicilia.
Avendo deciso di dedicarsi alla sua vocazione letteraria, dal 1865 iniziò a compiere frequenti viaggi a Firenze, dove si stabilì definitivamente nel 1869.
Qui frequentò circoli letterari e salotti aristocratici, dove conobbe, tra gli altri, Aleardi, Prati, Fusinato e scrisse Storia di una capinera (1871), il romanzo che gli diede la fama.
Nel 1872 si trasferì a Milano dove visse un ventennio, pur ritornando spesso in Sicilia e compiendo viaggi all'estero. La sua fama gli aprì le porte dei salotti aristocratici e dei circoli letterari della città: conobbe l'ambiente della Scapigliatura, strinse amicizia con Capuana e De Roberto, frequentò gli ambienti teatrali della Scala, visse le sue più importanti e inquiete vicende sentimentali.
Durante il soggiorno milanese scrisse la maggior parte della sua produzione narrativa, sia i romanzi di ambientazione borghese sia le novelle e i romanzi veristi.
Nel 1894, Verga ritornò a Catania, dove lavorò ancora al suo «Ciclo dei Vinti», senza però concludere alcun romanzo e a qualche lavoro teatrale. Si chiuse infine per un ventennio, fino alla morte, in un aristocratico silenzio, cui probabilmente non fu estraneo il mutato gusto del pubblico, che perdeva interesse per le «storie vere» e si avviava ad ammirare gli affascinanti eroi dannunziani.
Nominato senatore nel 1920, mori a Catania nel 1922.
L'ideologia verghiana
A questo punto è inevitabile chiedersi: che cosa induce Verga a formulare questo principio dell'impersonalità e ad applicarlo così rigorosamente? Una risposta è data da Verga stesso in un passo fondamentale della Prefazione ai Vinti: "Chi osserva questo spettacolo [della "lotta per l'esistenza"] non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti". Verga ritiene dunque che l'autore debba "eclissarsi" dall'opera, non debba intervenire in essa, perché non ha il diritto di giudicare la materia che rappresenta. Ma tale risposta sposta semplicemente la questione. Perché non ha diritto giudicare? Per trovare una risposta soddisfacente, occorrerà risalire alla concezione generale del mondo che è il presupposto di una simile affermazione.
Alla base della visione di Verga stanno posizioni radicalmente pessimistiche: la società umana è per lui dominata dal meccanismo della "lotta per la vita", un meccanismo crudele, per cui il più forte schiaccia il più debole. La generosità disinteressata, l'altruismo, la pietà sono valori ideali, che non trovano posto nella realtà effettiva. Gli uomini sono mossi non da motivi ideali, ma dall'interesse economico, dalla ricerca dell'utile, dall'egoismo, dalla volontà di sopraffare gli altri. È questa una legge di natura, universale, che governa qualsiasi società, in un tempo e in ogni luogo, e domina non solo le società umane, ma anche il mondo animale e vegetale. Come legge di natura, essa è immodificabile: perciò Verga ritiene che non si possono dare alternative alla realtà esistente, né nel futuro, in un'organizzazione sociale diversa e più giusta, né nel passato, nel ritornare a forme superate dal mondo moderno, e neppure nella dimensione del trascendente (la sua visione è rigorosamente materialistica e atea, ed esclude ogni consolazione religiosa, ogni speranza di riscatto dalla negatività dell'esistente in un'altra vita).
Ma se per Verga la realtà, per negativa che sia, è data una volta per tutte, senza possibilità di modificazioni, si può capire perché egli non ritiene legittimo, per lo scrittore che la rappresenta, dare giudizi. Infatti solo la fiducia nella possibilità di modificare il reale può giustificare l'intervento dall'esterno nella materia, il giudizio correttivo, l'indignazione e la condanna esplicita in nome dell'umanità, della giustizia, del progresso. Se è impossibile modificare l'esistente, ogni elemento giudicante appare inutile e privo di senso, e allo scrittore non resta che riprodurre la realtà così com'è, lasciare che parli da sé, senza farla passare attraverso alcuna "lente" correttiva. La letteratura non può contribuire a modificare la realtà, ma può solo avere la funzione di studiare ciò che è dato una volta per tutte, e di riprodurlo fedelmente, "senza passione". La tecnica impersonale usata da Verga non è dunque frutto di una scelta casuale, ma scaturisce dalla sua visione del mondo pessimista, ed è per lui il modo più adatto per esprimerla. Il pessimismo consente a Verga di cogliere con grande lucidità ciò che vi è di negativo in quella realtà, non è dunque un limite della rappresentazione verghiana, ma è la condizione del suo valore conoscitivo e critico. Anche se le opere veriste di Verga hanno per gran parte al centro la vita del popolo, non si riscontra in esse quell'atteggiamento populistico che affligge tanta letteratura del secondo 800, che consiste nella pietà sentimentale per le miserie degli "umili".
Il pessimismo induce Verga a vedere che anche il mondo primitivo della campagna è retto dalle stesse leggi del mondo moderno, l'interesse economico, l'egoismo, la ricerca dell'utile, che pongono gli uomini in un costante conflitto fra loro. Verga è uno scrittore scomodo, aspro, sgradevole, che urta il lettore e stimola così la riflessione critica.
Non diffonde miti, ma semmai li distrugge.
La poetica:
Il confronto e il contrasto tra la «realtà» delle plebi siciliane e la «falsità» del brillante mondo cittadino portò Verga a scoprire nel mondo degli umili e dei vinti il soggetto privilegiato della sua poetica:
poiché la loro miseria consentiva di rappresentare nel modo più evidente il meccanismo deterministico della lotta per la sopravvivenza;
poiché la genuina semplicità del loro mondo morale e dei loro valori esprimeva la condizione universale dell'uomo e del suo destino di sconfitta.
Le novelle segnano l'inizio della narrativa verista di Verga. Nedda, è il primo tentativo verista, ma non del tutto verista, perché troppo di frequente lo scrittore sembra partecipare della pietà che gli ispira la sua creatura sventurata, il mutamento rispetto ai moduli narrativi precedenti però c'è:
La protagonista è un'umile contadina;
La narrazione di fatti e azioni sostituisce l'analisi psicologica e il dramma interiore;
La voce narrante è interna al mondo descritto, domina il dialogo diretto.
La "Nedda"
Si parla di una povera ragazza senza padre, raccoglitrice di olive che cura la madre ammalata e vive di umiliazione e rassegnazione. Quando la madre muore, Nedda, incontra un povero ragazzo giovane e da questo amore nasce una bambina gracile che morirà presto, quando il padre, già ammalato, si rompe la schiena cadendo da un albero. Nedda è già una vinta, come lo saranno i personaggi dei Malavoglia e di Mastro don Gesualdo: la caratteristica, appunto, del verismo del Verga è la partecipazione dell'autore al dolore dei - vinti -. Mentre il Manzoni crede nella provvidenza, il Verga si rassegna in modo eroico al destino. Riguardo alla sua impersonalità, Verga anche se non esprime chiaramente i propri sentimenti, però questi stessi sentimenti sono continuamente presenti in tutto il racconto, quando si sente il dolore per il destino che non cambia e soprattutto la partecipazione affettuosa e la pietà per le sofferenze dei pescatori e dei contadini. Quindi il Verga pur volendo fare un'indagine sociale fece un'opera umanissima di poesia, come dice il Russo; mentre gli altri scrittori fornivano documenti umani e scientifici lui dava uomini e sempre secondo Russo, Verga è scrittore morale non perchè diede giudizi morali ma perchè rese umana la vita degli umili, dei vinti e vide in essi un'anima umana, mentre il verismo vedeva soltanto un'insieme di forze materiali. I temi principali dei romanzi di Verga sono la dura lotta quotidiana per la vita, attaccamento alla casa (I Malavoglia). Infatti i Malavoglia, come dice il Russo, hanno come centro politico 'il focolare domestico', sono il poema della fedeltà alla casa, di una fedeltà quasi religiosa alla vita, alle usanze antiche, ai sentimenti semplici, quando si tradisce
questa fedeltà ecco che si ha il dramma.
Diritto
L'utilizzo del Break Even Point per la vendita dei prodotti
Innanzitutto è essenziale conoscere la distinzione tra costi fissi e costi variabili. I costi fissi sono quelli che non variano al variare della quantità prodotta o acquistata. Quanto diremo vale sia per le imprese di produzione, sia per le imprese commerciali, con l'unica importante precisazione che, nel caso delle prime, i costi sono relativi alla quantità prodotta, mentre nel caso delle imprese commerciali, i costi sono relativi alla quantità di prodotto acquistata. D'ora in avanti faremo riferimento ad un'impresa commerciale che vende, per semplicità, un unico prodotto. I costi variabili sono, invece, quei costi che variano al variare della quantità acquistata. Esempi di costi fissi sono, per esempio:
gli affitti, che si sostengono anche per acquisti zero
le utenze (telefoniche ed elettriche)
i salari e gli stipendi del personale
Esempi di costi variabili sono, per esempio:
i costi d'acquisto della merce con tutti i costi accessori (trasporto, ecc.)
i costi legati allo stoccaggio (immagazzinamento) della merce (assicurazione, ecc.)
tutti gli altri costi che non si sosterrebbero se non si acquistasse merce da vendere
Avendo chiara questa distinzione vediamo ora come un imprenditore accorto deve programmare la sua futura attività commerciale. La prima cosa da fare è decidere la quantità di merce d'acquistare in un dato periodo di tempo. Questa scelta ci permette di quantificare i costi totali che andremo a sostenere in quella stessa unità di tempo. Infatti: Costi Totali (CT) = Costi Fissi (CF) + Costi Variabili (CV) ovvero CT = CF + CV dove CF = k (costante) CV = Cu x q (Costo unitario di prodotto x quantità acquistata). Il difficile sta nel determinare Cu, ossia il costo unitario (variabile) di ciascun prodotto acquistato, perché, mentre i costi di imputazione diretta (come il costo d'acquisto) sono di facile compito, i costi cosiddetti indiretti, cioè le spese generali, quelle che si riferiscono alla totalità dell'impresa, sono piu' difficili da determinare.
Tuttavia, superata questa operazione mediante metodi matematici di proporzionamento, avremo una quantificazione del costo unitario variabile del prodotto che, moltiplicato per la quantità, ci fornirà una stima del costo variabile da sostenere nel periodo preso in esame. Sommando questo valore ai costi fissi saremo cioè in grado di tracciare con ragionevole approssimazione la curva verde dei costi totali:
Il passo successivo è quello di fissare un prezzo di vendita del nostro prodotto che, in prima battuta e solo per valutare la convenienza o meno di stare sul mercato, potremo considerare pari a quello praticato dai concorrenti per prodotti uguali o simili a quello venduto dalla nostra impresa. Avremo allora la possibilità di tracciare sul nostro grafico anche la curva rossa dei ricavi totali, basterà ricordare che Ricavi Totali (RT) = P x q (Prezzo per quantità). La domanda fatidica che ora, come imprenditori, ci dobbiamo porre è questa: Saremo in grado di vendere nel periodo considerato almeno la quantità Qo? E' una domanda importante alla quale dobbiamo dare una risposta che sia la più attendibile possibile e senza falsi ottimismi e presunzioni, perché da questa risposta consegue non solo la nostra capacità di trarre profitto dall'impresa che amministriamo, ma anche, in taluni casi, la sopravvivenza stessa dell'impresa. Infatti, se la domanda del nostro bene e, quindi, la vendita di esso, si dovesse fermare, nel periodo di programmazione, ad una quantità inferiore a Qo, poniamo Q1, non riusciremmo ad avere un reddito dalla gestione dell'azienda. In quest'ultimo caso la nostra gestione comporterebbe, sempre nel periodo considerato, una perdita, causata dalla differenza positiva tra Costi Totali e Ricavi Totali, rappresentata nel grafico dall'area di colore grigio. Viceversa, se le vendite si spingessero oltre Qo, per es. Q2, avremmo un utile d'impresa, rappresentato graficamente dall'area celeste, dovuto alla maggior valore dei Ricavi Totali rispetto ai Costi Totali in corrispondenza della quantità di vendita Q2. Il punto di intersezione delle due rette dei Ricavi e Costi totali, al livello della quantità d'equilibrio Qo, è detto Break Even Point, ed l'unico punto in cui i ricavi eguagliano i costi, per cui possiamo dire che la quantità Qo non genera né profitto, né perdite. Il Break Even Point è il punto di svolta a cui tutte le Aziende devono necessariamente tendere per avere una gestione redditizia. Maggiore è la quantità venduta superiore al Break Even Point e maggiore è, a parità di condizioni, il profitto dell'impresa. La costruzione del diagramma del Break Even Point è un'efficace tecnica di programmazione delle vendite, perché permette di pianificare l'attività d'impresa e le scelte gestionali in modo da conoscere anticipatamente, con buona approssimazione, se e quanto sarà redditizio, in termini di costi e ricavi, l'arco di tempo preso in considerazione nella programmazione aziendale. E' chiaro che eventuali risultati non esaltanti, derivanti da questa metodologia di programmazione, costringono l'imprenditore a rivedere i suoi piani ed in particolare a rivedere i valori delle variabili che entrano in gioco:
q ovvero la quantità. E' possibile riconsiderare, alla luce dei risultati previsti con il Break Even Point, le politiche di approvvigionamento, al fine di contenere i costi, magari prendendo in considerazione un tempo più lungo per la programmazione delle vendite
Cu ovvero Costo unitario. E' possibile attraverso l'analisi dei costi ottenere una riduzione del costo unitario per unità acquistata. Si possono cercare canali distributivi alternativi per l'acquisto della merce e si possono anche rivedere le spese generali dell'impresa, quelle amministrative, commerciali, finanziarie.
P ovvero il prezzo di vendita. E' possibile attuare una politica aggressiva dei prezzi. Tenendo conto dell'elasticità della propria domanda di beni si può valutare un abbassamento del prezzo praticato sul prodotto, per raggiungere quantità di vendite più elevate. Così come si può, al contrario, decidere per un innalzamento del prezzo, dopo aver verificato che ciò comporterebbe una crescita dei ricavi senza grosse ricadute sulla quantità.
E' chiaro che qualora nessuno dei suddetti suggerimenti strategici desse i risultati sperati e la conseguenza della simulazione previsionale fosse comunque un mancato realizzo di profitti, l'unica decisione sensata che si può prendere è quella di un abbandono immediato dell'iniziativa imprenditoriale, onde evitare di investire i propri capitali in progetti sbagliati e con la certezza di perderli completamente. Ecco perché la tecnica del Break Even Point è importante soprattutto in fase di avvio d'impresa, in quanto permette di valutare la convenienza o meno dell'idea imprenditoriale, con la rilevante conseguenza di scoraggiare a priori iniziative fallimentari. Troppe idee imprenditoriali sono destinate, nell'attuale contesto di mercato, ad un clamoroso insuccesso, quando basterebbe effettuare analisi economiche preventive, con strumenti come quello appena delineato del Break Even Point, che, da subito, suggerirebbero di non avviare affatto la nuova iniziativa imprenditoriale. Questo specialmente a vantaggio dei giovani che si accingono ad iniziare nuove imprese, puntando su idee apparentemente buone, ma che invece si riveleranno in seguito, purtroppo, fallimentari, nella speranza di impedire loro sprechi di energie e, soprattutto, di denaro.
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