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Portogallo (Repûblica Portuguesa)
Stato dell'Europa situato nella penisola iberica e confinante a nord e a est con la Spagna, a sud e a ovest con l'oceano Atlantico. Ha una superficie di 91.985 kmq, compresi i possedimenti delle isole Azzorre e di Madeira (Madera), e una popolazione di 10.304.700 ab. La capitale è Lisbona, con 829.600 ab.
Configurazione fisica.
Il territorio del P. si presenta quasi interamente montuoso, salvo la zona, corrispondente alla fascia costiera occidentale, che dal confine settentrionale si estende fino alla punta dell'Estremadura e continua poi, spingendosi anche nell'interno, fino a capo S. Vicente. I rilievi tuttavia non sono molto elevati, tanto che le massime altezze riscontrabili nella Serra da Estrêla, che si sviluppa proprio al centro dello stato, non superano i 2000 m. Oltre alla Serra da Estrêla, sono da ricordare la Serra de Marao, la Serra da Lapa, la Serra do Moradal, la Serra d'Ossa, la Serra Meadro e la Serra da Mezquita, tutte disposte da nord a sud.
Le coste sono in genere basse, pianeggianti e senza soluzione di continuità, salvo qualche piccola insenatura, fino alla punta meridionale dell'Estremadura, da dove cominciano a perdere, almeno in parte, la loro monotonia, articolandosi in baie ed insenature, quali la baia di Lisbona e la baia di Setúbal, e in numerosi promontori, come capo Roca, capo Espichel, capo Sirtes e capo S. Vicente, che segna l'estrema punta meridionale del P.
idrografia
Una rete idrografica sufficientemente vasta interessa tutto il territorio. Essa è tuttavia costituita di fiumi che, salvo il Tago e qualche altro, hanno un'importanza relativa ed una portata abbastanza limitata. Citiamo il Cávado, il Douro, il Limia, il Mondego, il Mira, il Sado e la Guadiana. Tutti, meno l'ultimo che si versa nel golfo di Cadice, si dirigono verso la costa occidentale del P. e si gettano nell'oceano Atlantico.
Il clima è naturalmente marittimo lungo le coste, dove la piovosità è abbondante e le escursioni di temperatura tra notte e giorno non presentano notevoli sbalzi. Nelle zone interne, invece, e sui versanti orientali dei rilievi diminuisce la piovosità, ma aumentano gli sbalzi termici dalla notte al giorno. La temperatura è inoltre più rigida.
La vegetazione naturale del P., per quanto ora grandemente limitata dalle colture, si presenta più varia ed interessante che in tutto il resto della penisola iberica. Ciò è dovuto alla maggiore penetrazione dei venti oceanici carichi di umidità e alla naturale fertilità del suolo. Palme, aloe, cactus ed altre piante tropicali o piante d'incrocio tra la flora temperata e quella dei paesi caldi si incontrano lungo la fascia costiera. I rilievi sono ricoperti di fitte foreste e boschi.
Vivono ancora nel P. lupi, gatti selvatici, linci, numerose varietà di roditori e, tra gli uccelli, alcune specie di aquile e sparvieri. Anche la fauna presenta punti di commistione con quella tropicale.
Data la natura del territorio, la popolazione del P., costituita in gran parte di portoghesi e d'una ridotta minoranza di francesi, brasiliani, italiani e, nell'isola di Madera, di negri e mulatti, si è addensata di più lungo le coste che non nelle regioni interne. In conseguenza di ciò le città più importanti si sono sviluppate nella zona costiera; nell'interno troviamo invece centri minori, taluni importanti in un ormai lontano passato. Tra le maggiori città sono da ricordare, oltre a Lisbona, Oporto, Coimbra, Setubal, Faro ed inoltre Funchal, nell'isola di Madera.
I Portoghesi sono di religione cattolica, che, secondo la costituzione, è la religione ufficiale dello Stato. Garanzie di libertà di culto sono assicurate alle minoranze religiose.
Il portoghese è, come lo spagnolo, con cui presenta molte affinità, una lingua neolatina. Numerose sono inoltre le parole di origine araba e italiana e le parole esotiche importate dagli immensi territori coloniali occupati nei secoli scorsi. Rispetto allo spagnolo il portoghese presenta tratti più arcaici. Tale fenomeno è forse dovuto a una minore articolazione sociale e al maggiore isolamento del paese. Oltre che nel P. il portoghese è parlato nelle Azzorre, a Madera, nel Brasile e nei possedimenti coloniali portoghesi. Inoltre il gallego, il dialetto della Galizia, una regione della Spagna nordoccidentale, può essere considerato di diretta derivazione portoghese.
Malgrado un aumento più che rilevante dell'indice della produzione industriale, salito con base 100 nel 1970 a 165 nel 1987, e anche una continuità nell'industrializzazione, iniziata in effetti poco più di due decenni fa, il P. resta un paese caratterizzato da un'economia basata prevalentemente sull'agricoltura. La percentuale delle persone occupate nei lavori agricoli è tra le più alte d'Europa (ca. il 40 per cento).
Si producono in P. soprattutto cereali, olio d'oliva, frutta e vini, taluni celebri in tutto il mondo. I cereali non sono tuttavia sufficienti al fabbisogno, per cui se ne importa una certa quantità dall'Argentina. Tale fenomeno è in parte dovuto al fatto che in molte regioni si è preferito far posto a colture più redditizie. Il P. è uno dei maggiori produttori del mondo di sughero, che viene largamente esportato.
L'allevamento è rilevante soprattutto per quel che riguarda le pecore, le capre e i suini. In genere si seguono sistemi ancora tradizionali, per cui i miglioramenti sono esigui.
Pesca
Costituisce una delle maggiori risorse del paese. Viene praticata sia lungo le coste che in alto mare. Nei vari centri cui fanno capo le flottiglie di pescherecci vi sono attrezzate industrie per l'inscatolamento del prodotto. Sardine e tonno sott'olio vengono largamente esportati.
Vi sono nel P. ricchi giacimenti di carbone, minerali ferrosi, stagno, wolframio. L'industria estrattiva è però, almeno per ora, antiquata, per cui lo sfruttamento di talune miniere risulta antieconomico.
Tra le industrie sono in via di sviluppo la siderurgica e la tessile. Quest'ultima, avvantaggiandosi d'un largo impiego di telai automatizzati, va gradatamente aumentando la sua produzione. Inoltre di recente sono stati impiantati stabilimenti per la produzione di superfosfati, di ammoniaca e per la raffinazione dello zolfo. Diffuse in tutto il paese sono le fabbriche di oggetti di cuoio, le vetrerie e le fabbriche di azulejos, piastrelle maiolicate usate per rivestire pareti e pavimenti.
La crisi energetica iniziata nel 1973-'74 ha avuto pesanti conseguenze sullo sviluppo industriale e in genere sull'intera economia portoghese. Il tasso di disoccupazione e quello dell'inflazione saliva grandemente nella seconda metà degli anni settanta. La crisi colpiva, è vero, l'intera Europa occidentale, ma i paesi industrializzati potevano riprendersi con una gigantesca opera di esportazione di prodotti e tecnologia verso i paesi del Terzo Mondo e gli stessi paesi produttori di petrolio, mentre il P. non poteva valersi di questa possibilità. Aveva anche un peso la perdita delle antiche colonie africane, l'Angola e il Mozambico, da cui il P. traeva materie prime e che assorbivano lavoro.
Le esportazioni portoghesi seno dirette soprattutto verso gli USA e la Gran Bretagna. Seguono la Germania, la Francia, il Belgio e l'Italia. Si esportano dal P. sughero, vino, olio d'oliva, frutta, pesce, in scatola, piriti di ferro; si importano acciaio, prodotti meccanici d'ogni genere, prodotti chimici, cotone, cereali, zucchero. La bilancia commerciale presenta in genere forti disavanzi.
L'unità monetaria portoghese e l'escudo, uguale a 100 centavos. Il suo valore è pari a g 0,06657 di oro fino.
In base alla Costituzione del 7 aprile 1976 l'Assemblea nazionale, composta di 250 deputati, eletti per cinque anni, ha le funzioni legislative. Vi è poi il Consiglio della Rivoluzione, che ha il compito di controllare il mantenimento delle garanzie costituzionali. Il presidente della Repubblica è eletto per sette anni a suffragio universale.
L'istruzione nel P. è gratuita e obbligatoria per i corsi inferiori. Tuttavia il numero degli analfabeti, specie tra la massa contadina, resta ancora alto. Negli ultimi anni sono state organizzate scuole serali e corsi speciali di recupero che hanno contribuito a migliorare un po' la situazione.
L'antica Lusitania, cui pressappoco corrisponde territorialmente l'odierno P., subì l'occupazione romana, come gia gran parte della penisola iberica, a cominciare dal 136 a.C. Dopo il crollo dell'impero d'Occidente venne invasa dai Visigoti e, nel 711, dagli Arabi. La sua storia fino all'XI sec. appare strettamente connessa con le vicende spagnole e con le guerre tra cristiani e musulmani. In quest'epoca il Portucale, come era chiamato, fu conteso e strappato agli Arabi, pezzo per pezzo, da Sancio III di Navarra, Ferdinando I di Navarra, Castiglia e León e ai due Alfonsi, VI e di León e Castiglia, il primo dei quali fece del P. una contea, che il secondo, riconosciuto imperatore, comprese nei suoi domini.
Ma la contea portucalense, affidata al governo di Teresa, figlia naturale di Alfonso VI e moglie di Enrico di Borgogna, venne, alla morte del re, proclamata indipendente. Tale indipendenza, strenuamente difesa da Teresa anche dopo la morte del marito (1114) contro la regina Urraca e Alfonso VII, fu infine sancita nel 1143, regnando sul P. Alfonso I Henriquez (1139-1185) figlio di Teresa e re dopo la sua vittoria sugli Arabi, dalle Cortes di Lamego, col riconoscimento del papa e di Alfonso VII.
Con Alfonso I Henriquez ha inizio la dinastia borgognona, durata fino al 1383. Nel 1147 anche Sintra, Santarém e Lisbona vennero strappate agli Arabi. Ad Alfonso I seguirono poi Sancio I (1185-1211) e Alfonso II (1211- 1223) il quale ultimo, oltre a condurre contro gli Arabi una vittoriosa campagna insieme con Alfonso VIII di Castiglia, fornì al paese una prima legislazione. I suoi successori Sancio II (1223-1248) e Alfonso III (1248- 1279) estesero il loro dominio, sempre a spese degli Arabi, all'Alentejo e all'Algarve. A Dionigi (1279-1325) successo re di Alfonso III, si deve la fondazione (1290) dell'Università di Coimbra e ad Alfonso IV (135-1357) l'ordinamento della giustizia.
Sono di questo periodo le prime esplorazioni geografiche e le prime scoperte portoghesi in Africa occidentale e nelle Canarie, la creazione di una potente flotta e un vigoroso sviluppo dell'economia, fondata soprattutto sull'agricoltura, i traffici e lo sfruttamento minerario. Tale incremento continuò sotto Pietro I (1357-1367) e Ferdinando I (1367-1383) alla morte del quale la moglie, Eleonora Teles, assunse la reggenza col suo favorito, Juan Andeiro. Questi però venne assassinato da una congiura facente capo a Giovanni, figlio spurio di Pietro I e gran maestro dell'ordine militare di Aviz, che venne acclamato reggente e riconosciuto poi re dalle Cortes, nel 1385, col nome di Giovanni I. Vittorioso anche sui re di Castiglia, i quali avanzavano pretese al trono portoghese, e ciò soprattutto per merito del suo generale Nuño Alvarez, Giovanni assicurò, con la pace del 1411, la piena indipendenza al paese. Si alleò quindi con l'Inghilterra e strinse maggiori legami con quel paese, sposando Filippa di Lancaster. Con lui ebbe inizio la dinastia degli Aviz.
Duarte I (1433-1438), figlio e successore di Giovanni I Aviz, regnò pochissimo, ma lasciò fama di filosofo, psicologo e moralista. Egli combatté senza fortuna contro gli Arabi ad Algeri (1437). Figli illustri di Giovanni I furono anche Pietro e Giovanni, ottimi politici, Enrico il Navigatore e Ferdinando, martirizzato nel 1443 a Fez e venerato dal popolo come santo. Intanto il prestigio portoghese veniva accrescendosi con la conquista di Ceuta (1415), che costituì la prima importante base dell'espansionismo commerciale lusitano nel Mediterraneo e nell'Atlantico, e con nuove scoperte geografiche. Nel 1420 venivano colonizzata Porto Santo e Madera, verso il 1432 le Azzorre; nel 1433 furono toccate le isole del capo Verde, nel 1434 veniva scoperto sulle coste africane il capo Bojador. Quando Enrico il navigatore, anima e cervello delle maggiori imprese marittime del tempo, morì, l'esplorazione portoghese era giunta alla Sierra Leone.
Duarte I morendo, lasciò la reggenza alla moglie Eleonora d'Aragona. A ciò si ribellarono, sostenuti dalla borgesia, i fratelli del defunto sovrano e le Cortes designarono alla reggenza Pietro. La guerra civile che ne seguì ebbe termine con un accordo. Pietro tenne saggiamente il governo promulgando la prima raccolta di leggi, le Ordinanze alfonsine, così dette dal nome del minore Alfonso V (1438-1481), figlio e successore legittimo di Duarte, nonché marito di una figlia di Pietro. Quando però Alfonso fu maggiorenne, lo scontro tra i due si rese inevitabile e Pietro cadde combattendo (1449) presso Lisbona. Alfonso V condusse tre spedizioni in Africa riconquistando Alcaser, Cequer, Arzila e Tangeri, e per breve tempo fu anche re di Castiglia, da lui invasa nel 1475 dopo il suo matrimonio con Giovanna detta la Beltraneja, figlia di Enrico IV di Castiglia. Nel 1481 lasciò il trono al figlio Giovanni II (1481-1495), che diede inizio a un'energica politica di consolidamento regio a danno della nobiltà. Continuò la sua opera il successore Emanuele I detto il Fortunato (1495-1521), sotto il regno del quale venne scoperto il Brasile e che tentò anche, mediante matrimoni, di unire al P. la Castiglia. Emanuele si assicurò inoltre, per mezzo dei suoi viceré Francisco de Almeida e Alfonso de Albuquerquez, il dominio coloniale dell'India, conquistando Hormuz (1507), Gôa (1510) e Malacca (1511). L'intera costa asiatica, fino alle Molucche, alle isole della Sonda, alla Nuova Guinea, alla Cina e al Giappone, venne successivamente esplorata sotto il regno di Giovanni 111 (1521-1557), durante il quale vennero anche conquistate Colombo, Ceylon, Diu e Damao e fu colonizzato il Brasile. Con Giovanni III giunse peraltro in P., dove già i gesuiti affermavano il loro predominio intellettuale, la Santa Inquisizione (1547).
Morto Giovanni III senza eredi, gli successe un nipote, il minore Sebastiano (1557-1578), bigotto e megalomane, responsabile della grave disfatta portoghese di Alcázaquebir, in Marocco (1578), nella quale egli stesso trovò la morte. Al regno di Sebastiano seguì quello, brevissimo, di Enrico (1578-1580). un vecchio cardinale, figlio superstite di Emanuele I. Alla sua morte gli aspiranti alla successione si presentarono numerosa: Filippo II di Spagna, un Antonio, figlio illegittimo di un fratello di Giovanni III, Caterina Braganza, Emanuele Filiberto di Savoia e Ranuccio Farnese, duca di Parma, tutti in qualche modo consanguinei degli Aviz, avevano motivi più o meno accettabili per aspirare al trono portoghese. Il migliore di tali motivi era peraltro la potenza spagnola. Filippo II invase il P., sbaragliò facilmente ad Alcantara le deboli resistenze di Antonio e si insediò sul trono degli Aviz. La solenne promessa di rispettare l'autonomia portoghese non venne mantenuta; anzi Filippo, oltre a stabilire sul paese la schiacciante dominazione spagnola, diede inizio a una politica economicamente disastrosa, abbandonando tra l'altro la colonizzazione del Brasile e precludendo i porti alle navi inglesi e olandesi. I suoi successori, Filippo III e IV, fecero anche peggio e la concorrenza commerciale inglese e olandese in Oriente e in America finì col soppiantare l'antico predominio portoghese. La compagnia olandese delle Indie Orientali s'impadronì infatti delle Molucche e di Malacca, di S. Jorge da Mina in Africa e iniziò la sua penetrazione anche in Brasile.
Nel 1640 però il P. insorse contro la dominazione spagnola e, in particolare, contro l'oppressiva politica fiscale del conte duca di Olivares, ministro di Filippo IV. Il duca di Braganza venne acclamato re col nome di Giovanni IV. Seguì una lunghissima guerra di indipendenza (1641- 1665), militarmente appoggiata dalla Francia e dall'Inghilterra. I Portoghesi vinsero a Montijo (1644), in territorio spagnolo, mentre l'Angola e il Brasile si liberavano degli Olandesi.
Nel 1656, morto Giovanni, gli successe il figlio Alfonso VI (16561668), il cui ministro, conte de Castelo Melhor, riorganizzò le forze armate, rifornendole di mercenari francesi e tedeschi, e ne affidò il comando al maresciallo Schomberg. Seguirono così le vittorie di Elvas (1659), dell'Amexial (1663), di Castelo Rodrigo (1664), e di Montes Claros (1665) e si giunse alla pace, firmata a Lisbona solo nel 1668.
Due anni prima Alfonso VI aveva sposato Maria Francesca di Savoia, nota anche come Mademoiselle d'Aumale; ma, squilibrato e impotente, venne presto abbandonato dalla moglie, che si era intanto innamorata del cognato, l'infante Pietro, e che abbandonò la reggia per il convento. In breve una congiura, capeggiata dallo stesso Pietro, privò Alfonso del trono e lo relegò a Terceira, nelle Azzorre, dove egli morì neI 1683. Pietro, che fino ad allora aveva tenuto la reggenza e che aveva sposato l'ex cognata, divorziata da Alfonso, cinse la corona col nome di Pietro II e la conservò fino alla morte (1706). Durante questo periodo le finanze portoghesi rifiorirono grazie soprattutto alle intense attività commerciali e agricole e all'oro e ai diamanti provenienti dal Brasile. Una nuova invasione spagnola (1704) venne rintuzzata dai Portoghesi, che occuparono Madrid. A Pietro II successe il figlio Giovanni V (17061750), che si rese benemerito verso la Chiesa per i molti e sfarzosi edifici religiosi fatti erigere, tra cui il convento di Mofra. Un mutamento radicale nella tradizionale politica ecclesiastica del P. si ebbe sotto Giuseppe I (1750-1777), figlio e successore di Giovanni V, per merito del suo grande ministro., il marchese di Pombal. Questi, cui si dovette anche la rapida ricostruzione di Lisbona dopo il grave terremoto del 1755, liberò il paese dall'invadenza del clero in genere e dei gesuiti in particolare, stroncando nello stesso tempo e col medesimo pretesto (il tentato regicidio del 1758) l'anarchismo dei nobili. Un vigoroso impulso economico venne al P. e alle sue colonie dall'intelligente politica del Pombal, il quale tra l'altro riformò gli studi, abolì la schiavitù e fondò l'erario regio. Alla morte di Giuseppe I si vide però relegato nelle sue terre dall'imbelle Maria I (1777-1816), dominata dai circoli di corte. I gesuiti poterono far ritorno in P., ma il rinnovamento promosso dal Pombal poté essere continuato. Nel 1792 Maria, cui erano morti il «re consorte» Pietro III e il figlio Giuseppe, era divenuta completamente pazza. La reggenza venne allora assunta dall'infante Giovanni. I principi della Rivoluzione francese penetravano intanto nel paese in modo minaccioso per una monarchia tra le più assolutiste del tempo. Nel 1793 il P. prese parte, a fianco della Spagna, alla campagna del Rossiglione, contro la Francia; ma nel 1801 gli Spagnoli, che si erano accordati con i Francesi sulla spartizione del P., invasero il paese piegandolo alla Pace di Madrid. Seguirono nel 1807 l'invasione francese, l'alleanza con l'Inghilterra e le vittorie anglo-portoghesi di Roliça e di Vimeiro (1808). I Francesi tornarono nel 1809 e nel 1810, ma furono costretti a ritirarsi definitivamente dalla vittoria del generale Wellesley a Torres Vedras (1811).
Il Congresso di Vienna (1815) restituì il P., entrato ormai nella sfera d'influenza inglese, alla casa di Braganza. Giovanni VI, successo nel 1816 a Maria, regnava dal Brasile, dove si era rifugiato nel 1807. In P. il malgoverno del generale inglese Beresford provocò la rivoluzione liberale del 1820. Giovanni VI tornò in patria dal Brasile (che nel 1821 si proclamò indipendente) e giurò la costituzione del 1822; ma la reazione, capeggiata dalla regina Carlotta Gioacchina e dall'infante Michele, lo costrinse ad abolirla (1823). Imprigionato dal figlio (1824), Giovanni poté essere liberato solo per l'intervento della diplomazia straniera e due anni dopo morì. Gli successe il figlio Pietro (1826), imperatore del Brasile, che rinunciò a favore della figlia Maria (II), di soli 8 anni, concedendo una nuova costituzione e invitando il fratello Michele a giurarla e ad assumere la reggenza, con in più la promessa di sposare Maria. Michele accettò, ma nel 1828 soppresse di nuovo la costituzione e riassunse il governo assoluto. La guerra civile che ne seguì ebbe il suo centro nell'isola di Terceira, dove anche Pietro convenne, dopo aver rinunciato alla corona del Brasile. Alla testa di un esercito di emigrati Pietro sbarcò a Mindelo nel 1832 e occupò Oporto. Michele, sconfitto, venne esiliato (1833). Maria II ripristinò la costituzione e, tra gli altri provvedimenti intesi a stroncare la reazione, vi fu la soppressione degli ordini religiosi e la confisca dei beni ecclesiastici. Ciò non impedì tuttavia che, fra il 1836 e il 1852, il paese venisse ancora e a più riprese scosso da disordini popolari e da sedizioni militari, che ebbero termine solo nel 1853 con l'avvento al trono di Pietro III (1853-1861). Questi riuscì a pacificare il paese e stipulò con la Santa Sede il concordato del 1857 per il patronato portoghese dell'Oriente. Durante il regno del suo successore, Luigi I (1861-1889), i partiti costituzionali governarono avvicendandosi al potere. Tra l'altro venne pubblicato il Codice civile (1867) e furono soppressi la pena di morte e i lavori forzati. Sotto Carlo I (1889-1908) si delineò peraltro la prevalenza del partito repubblicano, e ciò in seguito al contrasto coloniale anglo-portoghese del 1890 per i territori africani del Chire e del Niassa e l'accettazione da parte del governo portoghese, tenuto allora dal partito «progressista», dell'ultimatum britannico. Ai progressisti, costretti a dimettersi, subentrarono i «rigeneratori» e nel 1891 scoppiò a Oporto un moto repubblicano. Carlo I e il figlio Luigi Filippo vennero assassinati (1908) e il regno passò al giovane e incapace Emanuele II (1908-1910). La rivoluzione vera e propria scoppiò nel 1910. La Costituente repubblicana depose Emanuele e promulgò nel 1911 una costituzione che prevedeva un governo democratico a sistema bicamerale. Alla vigilia della 1S Guerra mondiale, cui il P. prese parte a fianco degli Alleati, la politica per il risanamento economico del paese aveva già portato al pareggio del bilancio. Nel periodo 1917-18 il sistema costituzionale portoghese venne scosso da una serie di moti e pronunciamenti militari, culminati nell'avvento di un sistema dittatoriale che diede al P. e alla sua politica la fisionomia conservata poi per molto tempo. La dittatura militare instaurata nel 1926 portò a capo del governo Antonio Salazar de Oliveira. Questi, nel 1933, promulgò una costituzione che organizzava il paese su basi corporative di tipo fascista; ciononostante, nel 1935-36, aderì alle sanzioni economiche contro il fascismo italiano durante la campagna etiopica; subito dopo, però, prese posizione a favore di F. Franco nella Guerra civile spagnola (1936-39). Durante la 2S Guerra mondiale, dopo un periodo di neutralità, Salazar permise l'installazione di basi militari britanniche nelle Azzorre; così pure autorizzò, al termine del conflitto, la creazione di basi americane sul territorio nazionale. Le elezioni del 1953 e del 1957, condotte sotto l'attento controllo del governo, confermavano Salazar al potere. Il P. aveva intanto aderito a un patto con la Spagna e al patto atlantico (1949).
Di fronte alla crisi in atto nelle colonie, dove persistevano esosi sistemi di sfruttamento, Salazar reagiva, da un lato facendo reprimere qualsiasi movimento indipendentista, dall'altro procedendo a riforme nell'amministrazione. Le colonie venivano dichiarate province d'oltremare (1951) e considerate parte integrante del territorio metropolitano con diritto a formare consigli cittadini. Le popolazioni ottennero la cittadinanza portoghese, subordinata però al grado d'istruzione, al servizio militare prestato nelle forze armate nazionali, alle condizioni economiche e all'appartenenza alla religione cattolica. Tali limitazioni riducevano ovviamente di molto il numero degli indigeni in grado di accedere alla piena cittadinanza.
Alle elezioni presidenziali del 1958, nonostante le modifiche apportate alla costituzione del 1933 per meglio controllare l'opposizione, questa, capeggiata dal generale Humberto Delgado, strappò ai salazariani il 23% dei voti. Venne comunque eletto il salazariano Américo Tomás. Subito dopo vi fu nel paese un'ondata di reazione culminata con arresti e violenze di vario genere. Delgado si rifugiò in Brasile. Un nuovo ritocco alla costituzione trasferì dal corpo elettorale all'Assemblea nazionale l'elezione del Presidente della Repubblica.
Nel 1968 Salazar, colpito da ematoma cranico, doveva lasciare il potere che aveva tenuto per quasi un quarantennio. Sarebbe morto due anni dopo, nel luglio del 1970. Gli succedeva alla testa del governo Marcello Caetano, il quale si dichiarava di idee innovatrici, ma in effetti continuò, almeno in generale, la linea politica del predecessore. Sul problema delle colonie, ormai divenuto davvero pesante, dichiarò che il P. avrebbe continuato in Africa la sua politica forte.
Intanto però l'opposizione si organizzava. Nell'aprile del 1974 il regime di Caetano era abbattuto e il paese conosceva le libertà politiche. Si ebbero due anni molto agitati. Il generale Spinola, cui si doveva in gran parte la fine del vecchio regime, veniva sostituito dal generale Gonçalves, sostenuto dalla sinistra, compresi i comunisti. Nel 1975 i socialisti ebbero una buona affermazione e diveniva capo del governo il loro leader Mario Soares, 61 anni. L'anno dopo era nominato presidente della Repubblica il generale Santos Ramahlo Eanes. Intanto, nel 1975, l'Angola e il Mozambico ricevevano l'indipendenza. Nelle elezioni del 1980 si affermavano i partiti moderati. Nel 1983 Soares formava ancora un proprio governo, ma si accollava una pesante eredità: l'economia era in stato di collasso; i disoccupati raggiungevano il 20%, la meccanizzazione aveva fatto confusi passi in avanti. Nel 1985 il Partito socialdemocratico si affermava come il maggior partito del paese. Si doveva ai socialdemocratici l'adesione alla Nato e l'entrata del P. nella Comunità europea. Nel marzo del 1987 Soares trionfava alle elezioni presidenziali. Egli dichiarava che il P. era ormai in una fase 'postrivoluzionaria'. Nelle elezioni presidenziali del 1991 Soares viene nuovamente eletto con il 70,4% dei voti.
La storia della letteratura portoghese può essere divisa in 5 grandi periodi a partire dal Medioevo fino ai nostri giorni.
I primi testi sono rappresentati dalle liriche d'amore contenute nel Cancioneiro da Ajuda, nel Cancioneiro da Vaticana e nel Cancioneiro riportato dal codice Colocci-Brancuti. Questi canzonieri risultano trascritti nel XIII sec. ca., ma le poesie in essi contenute sono, almeno in parte, senza dubbio anteriori. Accanto alle vere e proprie poesie d'amore in cui il trobador esalta la donna amata, vi sono molti altri generi di cántigas: de amigo, in cui la donna ricorda l'innamorato lontano; de escarnho e de maldizer, satire rivolte un po' contro tutti gli aspetti della società medievale ed altre ancora. Si distinguono in tali generi per limpidità di stile e vivezza d'immagini Joao Soares de Paiva, Paay Soares de Taveiros, entrambi vissuti nel XII sec., don Denis, re del P., e Joao Soares Coelho, i quali operarono nel XIII sec. In questo stesso secolo ed in quello successivo vi fu tutto un fiorire di scrittori, che, avendo apprezzato la letteratura brettone, giunta loro tramite la cultura francese, si diedero a farne delle rielaborazioni più o meno felici, tra cui citiamo quella della leggenda di Tristano e Isotta (XIII sec.) ed una Demanda de Santo Graal, rinvenuta in un manoscritto del XV sec. La prosa ebbe dapprima un carattere storiografico (sono da citare in tale genere una Segunda crónica general e una Relaçao da vida da rainha santa Isabel, entrambe del XIV sec.) e poi decisamente dottrinario con opere in cui si esaltano la prestanza fisica e la virtù cavalleresca e si danno consigli per ben riuscire nella caccia, nella vita di corte. Tra queste opere citiamo come particolarmente interessanti il Livro da Montaria di don Joao I, il Livro de ensinança de bem cavalgar toda a sela e il Leal conselheiro di don Duarte e infine il Livro da Falcoaria di Pero Menino. Molto favore incontrarono anche le cronache, nella cui composizione si distinsero Fernao Lopes (ca. 1380 - ca. 1460) con le sue Crónica de l rei don Pedro, Crónica de el rei don Fernando e Crónica de el rei don Joao e Ruy de Pina (1440-1522), il quale scrisse una Crónica de don Affonso V e una Crónica de don Duarte. Un posto a parte occupa Amadis de Gaula, del XIV sec., la cui paternità non si sa ancora bene a chi attribuire, se ad uno scrittore portoghese o ad un portoghese che l'avrebbe scritta però in spagnolo, per cui l'opera sarebbe una semplice traduzione.
Il teatro, proprio come accadde presso gli altri paesi, ebbe all'inizia un carattere religioso, ispirandosi ad episodi della vita di Cristo e dei santi.
Comprende i secoli dal XVI al XVIII ed è influenzato dalla cultura italiana. Non mancano tuttavia poeti la cui ispirazione è prettamente nazionale.
Garcia de Resende presentò in uno stile sciolto e brillante una vastissima galleria di figure prese da tutti gli ambienti e che gli ispirarono i temi più vari. Egli riunì le sue liriche in un Cancioneiro geral, che è una delle opere più rappresentative del sec. XVI. La figura dominante di questo periodo è però lo scrittore Luis de Camoes (ca. 1524- 1580), la cui fama è soprattutto affidata al grandioso poema Os Lusiadas (I Lusitani), esaltazione dello spirito d'avventura e del genio dell'uomo in lotta contro le avversità.
Altri poeti di rilievo furono G. Pereira de Castra (1571-1632), che celebrò la fondazione di Lisbona nel poema Ulyssea; Francisco de Sá y Menezy (morto nel 1664), che in Malaca conquistada commemorò la conquista di Malacca, e Bras Garcia de Mascarenhas (15961656), che fece rivivere nel suo Viriato trágico le gesta di Viriato. L'influenza del Camoes fu avvertita soprattutto da Francisco Manuel de Melo (As segundas três musas), Gabriel Pereira de Castra (Os novissimos) e Manuel Tomás (Insulana, ispiratagli dalla visione dell'isola di Madera). Il sec. XVIII è un secolo povero di vera poesia. In genere ci si limitò a ripetere temi e metri dell'antichità classica. In questo lavoro di imitazione si distinsero Pedro António Correia Garçao, Luis Correa de França y Amaral, Domingo dos Reis Quita, Juan Javier de Mattos e Barbosa du Bocage, i quali hanno lasciato una vastissima produzione di egloghe, epistole e odi.
La prosa del periodo classico riecheggia in genere quelli che erano i temi comuni un poco a tutte le altre letterature europee. Bernardim Ribeiro (1482-1552), che in poesia era stato praticamente il creatore dell'egloga portoghese, diede Menina e moça, un bellissimo romanzo di ispirazione pastorale. Non mancano inoltre poi esempi di prosa con intenti dichiaratamente dottrinari. Il secolo seguente presenta molti prosatori degni di menzione, che si occuparono dei generi più diversi. Francisco Rodriguez Lôbo arieggiò il Cortegiano nella sua Côrte na Aldeia e ci ha informato delle vicende della sua vita in Desenganado. Francisco Manuel de Melo (1608-1666) offrì una rassegna critica delle lettere a partire dall'antichità fino ai suoi giorni in Hospital das letras. Padre Vieira diede un esempio di brillante prosa oratoria nelle Orazioni, mentre è scrittore dallo stile freddo e controllato nel libro di profezie Clavis prophetarum ed in altre operette di contenuto morale. Nel sec. XVIII la prosa perde il suo carattere più o meno narrativo per diventare, in opere di viaggiatori e missionari (soprattutto della Compagnia di Gesù), cronaca di viaggi e di esplorazioni scientifiche.
Il teatro vive nell'età classica il suo periodo di massimo splendore. Perso il carattere religioso, reminiscenza delle moralités e dei miracles francesi, esso si afferma vigorosamente ad opera di Gil Vicente (ca. 1460 - ca. 1536), che trasse ispirazione, con risultati ugualmente brillanti, da motivi sia religiosi che sociali o di pura fantasia. Tra le sue opere più notevoli citiamo la trilogia delle Barcas (Barca do inferno, Barca do purgatorio, Barca da Gloria), la Comédia de Rubena ed il Dom Duardos
Nel secolo successivo, per quanto sia ancora molto sentita l'influenza di Gil Vicente (aveva creato una vera «scuola vicentina»), si affermarono le commedie giovanili del Camoes (Auto de Filodemo, Auto del rei Seleuco). Il teatro è tuttavia ancora un fatto privato, avendo le rappresentazioni luogo a corte o in case di nobili signori. A partire dal secolo XVII esso scende nelle piazze, con la conseguenza che gli autori devono adattare la loro produzione al gusto incolto e certo meno raffinato del grosso pubblico. Fu tutto un fiorire quindi di farse, commedie, operette arieggianti il gusto italiano, mentre tendevano sempre più a scomparire i drammi di cappa e spada. L'autore che ha lasciato le opere più importanti di questo periodo è Francisco Manuel de Melo, del quale ricordiamo soprattutto De burlas hace amor veras, il cui tema però (il seduttore sedotto) era già stato abbondantemente sfruttato nel teatro francese ed in quello italiano. Nel XVIII sec. si assiste ad un tentativo di rinnovamento fatto da Manuel de Figuereido, che tuttavia è noto più come critico che come autore. Tra gli autori veri e propri citiamo António Diniz, il cui O falso heroismo è una satira in chiave comica della vita che si svolge dietro le mura dei conventi; Domingo dos Reis Quita, che, oltre a Megara, Astarto, Hermione, Castro, tragedie tutte di scarso valore, scrisse Licore, un dramma pastorale in cui l'ambiente ed i personaggi sono descritti con estrema eleganza e purezza di stile e senza alcun compiacimento letterario.
Abbraccia gli anni dal 1825 ca. al 1865. I primi sintomi della rivoluzione romantica che si andava diffondendo in tutta Europa erano già stati avvertiti da Leonor d'Almeida, marchesa d'Alorma, la quale aveva tradotto le opere di Herder, Goethe, Lamartine ed altri rappresentanti del romanticismo europeo. Il vero precursore del romanticismo portoghese può essere considerato Teodoro Almeida, la cui opera O feliz independente do mundo e da fortuna esalta la fuga dalla realtà, motivo tipico dei romantici.
Il movimento si affermò grazie a tre grossi nomi, che da soli gli diedero lustro. Juan Bautista de Almeida Garrett compose un vasto poema in versi sciolti, in cui con robusta ispirazione ed eleganza stilistica canta il poeta nazionale Camoes. La sua ispirazione si addolcì poi, stemperandosi nel delicato lirismo di Dona Branca e Folhas cahidas. Alejandro Herculano compose versi traboccanti di entusiasmo giovanile, nei quali, completamente estraniato dalla immediata realtà, esalta il sentimento di giustizia, l'amor patrio ed il senso del dovere. Antonio Feliciano de Castilho si formò invece un sentimento romantico, rigidamente costretto in schemi classici. Ne deriva alla sua produzione (A noite do castelo, Cartas de Echo a Narciso, Primavera) un che di statico e di cristallizzato che la rende, se pure perfetta, eccessivamente astratta. Anche la prosa è rappresentata dagli autori già citati. Il de Almeida Garrett fu novelliere fecondo e brillante anche se non sempre originale, come accade, ad es., in Viagens na minha terra, che sembra riecheggiare il Voyage autour de ma chambre del francese de Maistre. Herculano, facendo suo il precetto che bisogna trarre ispirazione dalla storia, compose un grandioso affresco della vita del P. in História de Portugal, ma non disdegnò temi meno impegnativi, come in Lendas e narrativas, Bobo ed altre novelle.
Non possiamo ignorare infine Camilo Castelo Branco, novelliere, che, dopo aver raggiunto il massimo della sua arte in Amor de Perdiçao, venne prima incuriosito e poi letteralmente affascinato dal realismo del de Queiroz.
Il genere di minor successo del periodo romantico fu senza dubbio il teatro, al quale si interessarono ben pochi scrittori, tra cui citiamo Costa Cascaes e Mendes Leal, che sfruttarono temi già trattati da Hugo Musset ed altri scrittori europei.
Va dal 1865 alla fine del secolo ed anche oltre. Prese vita come reazione al romanticismo ad opera di un gruppo di giovani che, presso l'Università di Coimbra, avevano conosciuto le opere di Baudelaire, Flaubert, Taine, Renan ed altri scrittori francesi.
Tra i poeti più autorevoli citiamo: Anthero de Quental, considerato quasi il teorico del movimento ed i cui versi Raios de extincta luz, Primaveras romanticas e Odes modernas traboccano di impegno sociale; Teófilo Braga, tipico esponente della filosofia positivista, autore di una raccolta di versi, Visao dos tempos, che ebbe grande successo; Gomes Leal, la cui opera Claridades do sul è uno dei più begli esempi di poesia realistica. Ma il realismo trovò la sua espressione più perfetta in Eça de Queiroz, che nei suoi romanzi O crime do padre Amaro, O primo Basilio e Os maias conduce l'indagine psicologica e lo studio degli ambienti con una finezza ed una maestria che lo fanno paragonare quasi al Flaubert di Madame Bovary. Dove invece il realismo non riesce ad imporsi è nel teatro, che continua a sviluppare i temi indicati dal romanticismo, senza perciò riuscire ad inserirsi nel contesto teatrale europeo già ricco di voci nuove ed originali.
La letteratura contemporanea prende le mosse dalla rivoluzione simbolista operata da Eugenio de Castro, che mutò il termine simbolismo in quello di nefelibatismo e cantò il pessimismo proprio della sua generazione in opere come Oaristos, Horas. Altro poeta simbolista che si impose all'attenzione dei critici e dei lettori fu Camilo Pessanha, il quale nelle sue liriche, riunite sotto il titolo di Clépsidra, raggiunse un rigore stilistico ed una semplicità d'espressione quasi perfetti. Tra la prima e la seconda guerra mondiale si misero in luce poeti quali A. Nobre, A. Lopes Vieira e V. Vitorino. Nel campo della prosa (romanzi novelle e saggistica) si sono affermati Q. Ribeiro, Carlos Malheiro Dias, A. Sardinha, Leonardo Coimbra.
Dopo la 2S Guerra mondiale è andato sempre più riaffermandosi il neorealismo, i cui migliori rappresentanti sono Alvaro Feijó (Os poemas, 1941), Joao José Cochofel (Os dias intimos, 1950) e Mario Braga (Serranos, 1956), i quali trovano facile ispirazione in tutti gli aspetti della vita, che essi ripetono integralmente non solo nelle immagini ma anche nel linguaggio dei personaggi, riportato così come lo si parla nelle strade, nelle officine, nelle campagne, senza abbellimenti o limature stilistiche.
Arte
L'architettura comincia ad avere in P. un suo carattere nazionale solo dal XII sec. in poi, dopo la dominazione musulmana, e inizia quindi con l'architettura romanica. L'espressione più completa di architettura romanico- portoghese si ha con le cattedrali di Braga, Coimbra, Évora, Lisbona ed Oporto, tutte caratterizzate dall'avere una copertura a volta e due sole navate minori ai lati della navata centrale.
Il gotico si innesta al romanico, per la prima volta in maniera evidentissima, nella chiesa di S. Giovanni d'Alporao, a Santarém, nella quale volte a costoloni vengono erette sulle massicce mura romaniche. Comunque lo stile gotico raggiunge il massimo della sua purezza e perfezione nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Batalha. Il convento dei Jeronymos è il più celebre esempio di quella particolare architettura detta manuelina (dal nome del re Emanuele che la volle) in cui alle linee del gotico si inframmezzano motivi indiani e arabi riproducenti aspetti vari del mondo animale e vegetale.
Il Rinascimento fu introdotto in P. da A. Sansovino ed incontrò grande favore. Si ricordano soprattutto la chiesa della Concezione, a Thomar (sec. XVI), e la cappella di S. Amaro, a Lisbona, dello stesso secolo. La controriforma ebbe come conseguenza un appiattimento ed un impoverimento anche nel campo dell'architettura, la quale tuttavia ne uscì trasformata in vari sensi. La chiesa di S. Rocco a Lisbona è uno degli esempi più belli di questo periodo.
Il barocco, che appare già negli ultimi anni del XVI sec., ha la sua piena fioritura nei secc. XVII e XVIII. Tra gli edifici più belli citiamo la certosa di Évora, del XVI sec., la chiesa di Santa Engracia a Lisbona, del XVII sec., e la Torre dos Clerigos a Oporto, del XVIII sec.
Lo stile classicheggiante, impostosi come reazione al barocco, continua nel XIX sec. con il nome di neoclassico. Tra gli edifici che lo rappresentano ricordiamo il teatro di S. Carlo ed il teatro di Dona Maria, entrambi costruiti a Lisbona nei primi decenni del XIX sec.
La scultura segue di pari passo l'evolversi dell'architettura. Il romanico è rappresentato nelle tozze e pesanti figure della chiesa di Bravaes e nelle tombe dei vescovi nella cattedrale di Coimbra. Nella stessa città un pregevole esempio di scultura gotica è costituito dal sarcofago di s. Elisabetta, nella chiesa di S. Chiara. La scultura rinascimentale ha ben poche esemplificazioni, se si eccettuano gli Apostoli, gruppo marmoreo nella vecchia cattedrale di Coimbra. Più ricca la scultura barocca, che si svolge però in forme alquanto popolari, quali, ad es., i presepi di terracotta.
A partire dal sec. XVIII e fino al sec. XIX si ha un progressivo decadimento della scultura portoghese, con le uniche eccezioni di Sóares dos Reis e Teixeira, artisti dalla forte personalità, i quali hanno lasciato, rispettivamente, L'esule e La vedova, opere veramente notevoli per plasticità di forme e vivezza di espressione.
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