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L'origine della globalizzazione




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L'origine della globalizzazione


La globalizzazione dei mercati e delle strategie produttivo - commerciali non è un fenomeno presentatosi all'improvviso; al contrario, esso affonda le sue radici nel passato, anche lontano. La formazione dell'attuale sistema di relazioni mondiali, infatti, ha le sue origini nell'Europa del tardo Medioevo, grazie al Capitalismo mercantile. Nell'età moderna, le conquiste coloniali consentirono una prima espansione a scala planetaria dell'economia mondiale. In seguito, con la Rivoluzione industriale si formò un centro , costituito dai Paesi industriali, che dominava dal punto di vista economico, politico e culturale un'ampia periferia comprendente i Paesi europei non industrializzati e tutti i restanti continenti. Il centro assorbiva dalla periferia materie prime e prodotti alimentari e vi esportava capitali, manufatti e, molto spesso, le lingue e la cultura europee.

La realtà della periferia era estremamente varia. Accanto a Paesi con forme di organizzazione statale ed economica debole, come l'Africa a sud del Sahara, altre aree (mediterranea, giapponese), anche se più arretrate dell'Europa industriale, presentavano comunque tradizioni politiche e culturali più forti, capaci con il tempo di assimilare e trasformare le nuove forme di economia e tecnologia industriale. In altre aree ancora, come quelle nordamericana, australiana e sudafricana, l'insediamento massiccio di coloni europei favorì l'innesto del modello di sviluppo capitalistico - industriale. Alla Fine dell'Ottocento, il mondo intero appariva ormai integrato in un unico grande sistema economico; poi, nel corso del XX secolo si affacciarono sulla scena mondiale nuovi protagonisti: gli Stati Uniti, favoriti da una grande quantità di risorse (materie prime ed energetiche, spazi coltivabili, manodopera), e il Giappone, che riuscì a riconvertire rapidamente la propria economia sul modello industriale e creò una propria vasta area di influenza nell'Asia orientale.

Le due grandi guerre (1914-18 e 1939-1945) diedero vita a un nuovo assetto mondiale, caratterizzato dalla divisione in due grandi aree di influenza dominate dalle due nuove superpotenze, gli USA e l'URSS, divenuta in breve anch'essa una grande potenza industriale; l'Europa occidentale, oltre ad aver subito enormi distruzioni, dovette rinunciare al proprio impero coloniale. Nel corso di circa cinquant'anni, quindi, il pianeta ha conosciuto due diversi modelli economico-politici che hanno dato vita a distinte strategie produttive e a circuiti commerciali in gran parte differenziati.

Alla fine degli anni Ottanta, però, con la DISSOLUZIONE DELL'URSS si sono create nuovamente le condizioni per l'affermarsi di una dimensione globale del mercato: sono cadute le barriere ideologiche e, progressivamente, si è affermato un unico modello economico, quello di mercato; via via, inoltre, sono state liberalizzate, in tutto o in parte, le condizioni normative e doganali che regolano gli scambi commerciali e finanziari internazionali.


Fine della guerra fredda e crollo del comunismo


Per quelle singolari circostanze che si determinano nel corso della storia - apparentemente in silenzio -, situazioni che sembravano immutabili e definitive, improvvisamente finiscono. Così e stato per la guerra fredda, per il regime comunista sovietico e per il suo impero. Nel giro di pochi mesi tutto è crollato, così come è stato abbattuto definitivamente il simbolo di tutto ciò: il muro di Berlino. Ma la fine della guerra fredda si è consumata - apparentemente in silenzio, appunto - nel giro di decenni e a causa di varie ragioni. L'equilibrio del terrore' era sempre meno funzionale sia per gli Stati Uniti che per l'Unione Sovietica, perché costava troppo, nel senso più ampio. La ragione principale è comunque costituita dal fatto che l''Impero' sovietico si è sgretolato dal 'di dentro'. Esso era afflitto da una carestia cronica, e spendeva però metà del bilancio statale in armamenti; la democrazia socialista era diventata sinonimo di dittatura; la direzione statale di ogni aspetto della vita dei popoli e delle persone si era trasformata in paralisi economica e sociale. E proprio i popoli, per decenni, hanno dato vita alla protesta che è poi esplosa pacificamente e che ha determinato, nel giro di pochi mesi, quella che è stata definita la 'Rivoluzione gentile' dell' Europa dell'est, fra il 1989 e il 1991. In quei due anni, insomma, non si è consumata solo la fine dell'equilibrio internazionale bipolare, ma anche la fine del sistema politico ed economico sovietico.

POLONIA

Il 6 febbraio a Varsavia, 'tavola rotonda' fra il governo e l'opposizione già perseguitata, per la ricerca di un compromesso e per un tentativo di elezioni pluripartitiche. L'esercito di Jaruzelski e il partito comunista di Rakowski non riescono più a fronteggiare la protesta sociale di Solidarnosc, esplosa dall'estate 1980, pacifica ma insopprimibile malgrado un ricorso alla legge marziale. Più oltre, a giugno, Solidarnosc trasformerà la prova elettorale in un plebiscito, conquistando 99 su 100 seggi al Senato e tutti i seggi non vincolati alla Camera o Sejm. Il 7 settembre, dopo mesi di trattative, nascerà il governo cattolico di Mazowiecki, il primo non più capeggiato dai comunisti e composto in larga maggioranza da ministri non comunisti.

URSS

Il 26 marzo, nell'Urss, elezioni per il Congresso dei deputati, nuova cornice istituzionale del Soviet supremo, con facoltà di scelta fra più candidati per ogni seggio. A conclusione degli scrutini, malgrado i molti seggi riservati alla 'nomenklatura' tradizionale del partito e dello stato, risulterà eletta una minoranza critica di 400 deputati su 2.250. I revisionisti a oltranza, seguiti dagli eletti dei movimenti nazionali più o meno indipendentisti, reclamano la soppressione del monopolio politico affidato per norma costituzionale al Pcus, l'accelerazione della riforma economica, il pieno riconoscimento del diritto alla sovranità e all'autodeterminazione per tutte le nazionalità costrette nell'Urss come già nella 'prigione dei popoli' zarista, l'abrogazione d'ogni residua censura su opinioni e notizie. Per la prima volta è nata nell'Urss un'opposizione legale, benché poco rappresentata nel Soviet supremo. Le discussioni parlamentari, trasmesse in diretta televisiva, scuotono la società sovietica e le nazioni europee già satelliti dell'Urss.

UNGHERIA

Il 2 maggio, a Budapest, il governo decreta la demolizione della cortina di ferro tra l'Ungheria e l'Austria, che poi consentirà il transito in massa dei profughi dalla Germania orientale. Seguono l'8 maggio la deposizione di Kadar, collaborazionista dell'invasione sovietica del '56, e il 15 giugno i solenni funerali di Nagy, fucilato trent'anni prima nel periodo delle repressioni contro i protagonisti della rivolta e del deviazionismo di Budapest. Dopo il ripudio gorbacioviano della dottrina sulla 'sovranità limitata ', il 7 ottobre il risveglio del revisionismo ungherese giungerà fino all' autoscioglimento e alla rifondazione del partito, rinunciando alla 'funzione di guida' leninista. I militanti non si chiamano più comunisti, ma socialisti, per tentare di sopravvivere alla prova delle imminenti elezioni generali. Cade l'insegna ideologica della stella rossa dagli edifici pubblici, lo Stato magiaro si chiama Repubblica d'Ungheria senza più l'aggettivo 'popolare' della tradizione postbellica.

GERMANIA ORIENTALE

A questo punto il contagio nazional-riformista esplode nella Germania orientale, stretta fra l'esodo di massa delle ultime generazioni verso l'Ovest e le piazze in tumulto. Il 18 ottobre cade il vecchio despota Honecker, sostituito da Krenz, ma quella sola concessione non può placare gli animi. A Lipsia la popolazione scende in piazza ogni lunedì, con inesorabile metodicità germanica. Il 4 novembre, un milione di berlinesi dell'Est scendono sull'Alexanderplatz. Il pronostico è che prima o poi sarà investita la porta di Brandeburgo, rovesciando il Muro che divide le due Berlino e sanzionando l'unificazione dei tedeschi 'a caldo', con il massimo pericolo di un intervento militare sovietico. Il 9 novembre, dopo affannose consultazioni con Gorbaciov, Krenz annuncia la demolizione del Muro, monumento alla prigionia e causa della claustrofobia, fra l'esultanza degli 80 milioni di tedeschi.

CECOSLOVACCHIA

Più tumultuoso è il travaglio della Cecoslovacchia, dove il 7 novembre insorgono i primi moti popolari dopo quell'invasione sovietica del '68 che ora tutti i governi dell'est condannano, il 24 novembre cade Jakes con la segreteria del partito, il 4 dicembre si annuncia la riabilitazione dei 500 mila espulsi dopo il '68 e il 9 dicembre lascia il castello di Praga l'ultimo brezneviano, Husak, ancora capo dello Stato, mentre viene instaurato un governo di transizione preelettorale a maggioranza non comunista. Nell'area del blocco sovietico, finora, il solo regime intatto è la 'monarchia comunista 'di Ceausescu a Bucarest.

LE ALTRE TAPPE DEL CROLLO

La Romania processa e fucila i coniugi Ceausescu il 25 dicembre 1989. In Albania, viene autorizzata la nascita del primo partito di opposizione nel dicembre del 1990. Le repubbliche baltiche Estonia, Lettonia, Lituania, nella primavera del '91 votano dei referendum, nei quali vince il sì per l'indipendenza dall'Urss. Gorbaciov, dopo avere inviato i carri armati contro gli indipendentisti, è costretto a riconoscere i nuovi Stati. Il movimento indipendentista si estende a tutta 1'Urss. Anche la Georgia si separa dall'Urss, nell'aprile del '91. Libere elezioni nella Repubblica Russa: Eltsin è eletto presidente. Iugoslavia, Slovenia e Croazia dichiarano la propria indipendenza nella primavera del 1991: in estate infuria già la guerra civile. In Urss i comunisti intransigenti, in accordo con 1'ala dura dell'esercito tentano un colpo di stato (agosto 1991). Le difficoltà politiche ed economiche dell'Urss sono sempre maggiori, mentre le rivendicazioni indipendentiste e nazionaliste si fanno sempre più forti.


Il muro di Berlino


Triste simbolo di questo mondo nettamente diviso in due era la città di Berlino e il muro che la tagliava in due, separandone nettamente i settori ovest ed est. Così Berlino ovest venne inglobata nella Repubblica Federale Tedesca, nell'Europa occidentale e, un metro più in là, Berlino est venne inserita nella Repubblica Democratica Tedesca. La Germania di Hitler duramente sconfitta da Usa, Urss, Gran Bretagna, Francia non doveva rinascere: venne divisa in quattro settori controllati dai vincitori, ma la parte est era tutta sotto l'influenza sovietica e lo scontro ideologico fra sistema socialista e sistema occidentale stava per iniziare. La città di Berlino ebbe la sventura di trovarsi per intero nel settore est. Simbolo della Germania, non poteva essere lasciata tutta in mano ai sovietici.

E fu così che, dopo scontri e gravi tensioni fra le potenze dell'ovest e la potenza dell'est, si arrivò nel 1961 a erigere un muro, che rendeva anche fisicamente non comunicanti due mondi totalmente diversi. Per gli Stati dell'est rappresentava una difesa contro l'arroganza del capitalismo. In realtà serviva a impedire che centinaia e centinaia di cittadini prendessero la via dell'ovest, dopo avere sperimentato per alcuni anni la miseria e il regime dittatoriale della democrazia socialista.  

L'equilibrio 'bipolare' si è mantenuto fino a che l'ex Urss ha avuto la forza economica e militare di controllare il suo 'impero' e fino a quando le due superpotenze hanno potuto permettersi di destinare porzioni cospicue dei loro bilanci statali agli armamenti. Queste condizioni sono definitivamente cessate nel 1989.


LE CONSEGUENZE

La fine della guerra fredda e il crollo dei sistemi comunisti dell'est europeo hanno prodotto innumerevoli conseguenze. Sul fronte delle relazioni internazionali, gli Stati sono alla ricerca di quello che viene definito un 'nuovo ordine mondiale'. Per i singoli Stati e per i popoli, è iniziata una nuova stagione di libertà. I Paesi dell'est tornano ad essere governati con sistemi democratici, che alcuni addirittura non avevano mai sperimentato. Anche le democrazie dell'ovest sono più padrone di decidere del proprio destino. E tutti gli Stati vecchi e nuovi sono, comunque, più impegnati a garantirsi da soli la propria sovranità e la propria indipendenza. Relativamente a quest'ultima, essi devono perfezionare sistemi di difesa autonomi, dato che non possono più - e tanto meno vogliono - contare sulla protezione militare delle superpotenze. Esistono anche conseguenze negative. La fine della guerra fredda e il crollo dei comunismi hanno determinato una ondata generale di nazionalismo e di intolleranza. Le manifestazioni più gravi sono le guerre civili esplose nella ex Yugoslavia e nel sud dell'ex Urss. Inoltre, l'industria militare e il traffico illegale di armi stanno prosperando in modo preoccupante.



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