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LA CROSTA TERRESTRE: MINERALI E ROCCE
La crosta terrestre è la parte più esterna del nostro pianeta, del quale costituisce una specie di involucro solido di modesto spessore (da alcuni km a poche decine di km).
I chimici definiscono <<sostanza>> un campione di materia con composizione chimica definita e dividono le sostanze in elementi e composti.
Un elemento è una sostanza formata di atomi tutti uguali, cioè tutti con lo stesso numero atomico (n. protoni).
Un composto si forma quando due o più atomi diversi reagiscono, cioè si legano insieme (es. acqua = 1 atomo di ossigeno + 2 atomi di idrogeno).
La più piccola particella di una sostanza che ne conserva tutte le caratteristiche è la molecola, la quale può essere formata da un solo atomo o da più atomi, fino a parecchie centinaia (macromolecole).
In natura difficilmente si trovano sostanze pure, cioè con una composizione definita in ogni loro parte; più spesso si trovano miscele, cioè materia di composizione variabile, formata da due o più sostanze che conservano ognuna le proprie caratteristiche. Esse si possono distinguere in miscugli e soluzioni.
Il miscuglio è una miscela eterogenea, in cui le singole sostanze componenti rimangono separate, anche se vengono accuratamente mescolate (es. emulsioni: liquido-liquido; sospensioni: liquido-solido; solido-solido).
Le soluzioni sono miscele omogenee, in cui le singole sostanze componenti non si distinguono più e che presentano le stesse caratteristiche in ogni loro parte; non sono tuttavia sostanze pure, perché la loro composizione può variare entro limiti anche ampi, come quando si fa sciogliere del sale nell'acqua.
Un minerale è una sostanza naturale solida, con due caratteristiche fondamentali:
1)
una composizione chimica ben definita (o variabile entro ambiti ristretti);
2) una disposizione ordinata e regolare degli atomi che la costituiscono.
Alcuni minerali, come l'oro e l'argento, sono formati da un solo tipo di elemento, ma la maggior parte sono il risultato della combinazione di due o più elementi, legati tra loro in un composto chimico.
Il 98% in peso della crosta è formato da soli 8 elementi, con netta prevalenza dell'ossigeno e del silicio che, da soli, arrivano al 75%.
Quasi tutti i minerali hanno una struttura cristallina molto regolare e ordinata, invisibile perché a livello atomico, dalla quale prende origine la forma esterna del minerale, ben visibile e altrettanto regolare, il cosiddetto abito cristallino o, semplicemente, cristallo. Un cristallo, quindi, è una forma poliedrica, cioè un solido geometrico con facce, spigoli e vertici che si originano per un regolare accrescimento, atomo dopo atomo per miliardi di volte, a partire da una struttura tridimensionale elementare di dimensioni infinitesime.
La struttura tridimensionale che così si realizza viene genericamente chiamata reticolo e si presenta come allineamenti regolari di atomi (<<filari>>), lungo i quali atomi della stessa natura o di natura diversa si susseguono a distanze fisse e sono separati da spazi vuoti.
Atomi che hanno acquistato elettroni: anioni
Atomi che hanno perso elettroni: cationi
L'esistenza di atomi diversi per dimensioni e struttura elettronica dà origine a reticoli cristallini diversi; ma le distribuzioni possibili di atomi nello spazio per formare un minerale, poiché rispettano precise leggi di simmetria, non sono infinite. I diversi abiti cristallini risultano distribuiti in 32 differenti classi, ognuna delle quali è caratterizzata da una o più forme cristalline semplici. In una medesima classe, forme semplici possono risultare combinate in numerose forme composte.
Composizione chimica e abito cristallino sono le caratteristiche fondamentali di un minerale, alle quali si associano però anche alcune proprietà fisiche:
la durezza è la proprietà di resistere all'abrasione o alla scalfittura e dipende dalla forza dei legami reticolari; viene misurata in base alla scala di Mohs, una successione determinata empiricamente di 10 minerali, ciascuno dei quali può scalfire le facce del minerale che lo precede nella scala ma viene scalfito dal minerale che lo segue.
La sfaldatura è la tendenza di un minerale a rompersi per urto secondo superfici piane, parallele a una o più facce dell'abito cristallino; essa dipende dalla diversa forza dei legami tra gli atomi nelle diverse direzioni entro il cristallo.
La lucentezza misura il grado in cui la luce viene riflessa dalle facce di un cristallo, e si distingue in metallica, tipica di sostanze che assorbono totalmente la luce e che risultano opache, e non metallica, tipica dei corpi più o meno trasparenti.
Il colore è una proprietà molto evidente, ma meno diagnostica di altre, perché, mentre alcuni minerali presentano sempre lo stesso colore (minerali idiocromatici), molti altri presentano colori diversi a seconda di impurità chimiche rimaste incluse nel reticolo durante la sua formazione o per particolari <<difetti>> in alcuni punti del reticolo (minerali allocromatici).
La densità, o massa volumica, dipende direttamente dall'addensamento di atomi nel reticolo, per cui il suo valore è significativo anche per l'identificazione dei minerali.; la densità dipende anche dalla pressione.
La classificazione dei minerali tiene conto delle caratteristiche fondamentali dei minerali: struttura del reticolo cristallino e composizione chimica. Le unità base di questa classificazione, che si rifà quindi a un criterio cristallochimico, sono le specie minerali, ognuna delle quali comprende tutti gli individui minerali che hanno lo stesso tipo di reticolo strutturale e composizione chimica uguale (o variabile entro limiti ben precisi).
Sono l'ossigeno e il silicio, i due elementi chimici di gran lunga più abbondanti nella crosta, che si combinano tra loro per formare le basi dei silicati, il gruppo più diffuso, oltre che il più numeroso, di minerali: costituiscono da soli l'80% dei materiali che affiorano sulla superficie terrestre. I minerali non silicatici sono invece molto meno abbondanti, ma tutt'altro che trascurabili, se non altro perché comprendono molti minerali di rilevante importanza economica.
I minerali silicatici. Questi minerali hanno una grande varietà di strutture, a causa del modo in cui il silicio attrae a sé l'ossigeno: ogni ione silicio coordina 4 ioni ossigeno, e il gruppo silicatico (SiO ) che ne risulta ha la forma tridimensionale di un tetraedro. Ma i tetraedri possono anche legarsi direttamente tra loro, attaccandosi per i vertici: in pratica, alcuni degli atomi di ossigeno dividono la loro carica con due atomi di silicio. Si possono originare così catene di tetraedri, singole o doppie, oppure lamine e reticoli tridimensionali ancora più complessi secondo un processo detto polimerizzazione. In tali strutture una parte degli ossigeni (detti ossigeni-ponte) mantiene i collegamenti tra i tetraedri, mentre gli altri ossigeni (ossigeni di legame) si uniscono a cationi diversi dal silicio.
Il diverso modo di legarsi dei tetraedri consente di suddividere i silicati in quattro gruppi: 1) nesosilicati (tetraedri separati): olivina; 2) inosilicati: a) catena singola indefinita: pirosseni; b) catena doppia indefinita: anfiboli; 3) fillosilicati (strato indefinito): miche; 4) tettosilicati (intelaiatura tridimensionale): quarzo, feldspati.
I minerali non silicatici. Questi minerali sono nel complesso del tutto subordinati, come abbondanza, ai silicati. In effetti, molti di essi hanno notevole importanza per le attività umane, come diversi ossidi, solfuri, solfati, elementi nativi ecc. ma, nella costituzione di rocce, i soli di una certa importanza sono i minerali carbonatici, formati dall'anione (CO ) legato a uno o più cationi. I minerali più comuni sono la calcite, CaCO , e la dolomite, CaMg(CO ) , che sono i componenti essenziali delle rocce sedimentarie carbonatiche (calcari e dolomie). Abbastanza frequenti sono anche il salgemma, NaCl, e il gesso,
CaSO H O (solfato di calcio idrato), di struttura ben più semplice di quella dei silicati; si formano per precipitazione chimica a seguito dell'evaporazione di acqua salata, come quella del mare.
I minerali sono il risultato di una serie di reazioni chimico-fisiche, che si possono riassumere col processo di cristallizzazione, cioè nel passaggio da un insieme di atomi disordinati a porzioni di materia rigorosamente ordinata. Ogni specie minerale è legata perciò ai parametri che caratterizzano l'ambiente naturale in cui si forma, soprattutto temperatura, pressione e concentrazione dei diversi elementi chimici presenti; riconoscere correttamente un minerale significa poter risalire ai valori di quei parametri nel momento in cui quel minerale si è formato. I principali processi che danno origine a un minerale sono:
cristallizzazione da un materiale fuso che si raffredda (es. lava): gli atomi o i gruppi di atomi si aggregano per formare i reticoli cristallini tipici dei vari composti chimici che possono formarsi a seconda della natura del fuso;
precipitazione da soluzioni acquose calde in via di raffreddamento: al diminuire della temperatura si formano via via cristalli di specie mineralogiche diverse, a seconda della composizione chimica della soluzione;
sublimazione di vapori caldi, come le esalazioni vulcaniche; le superfici relativamente fredde vicine alla zona di fuoriuscita dei vapori si rivestono di cristalli;
evaporazione di soluzioni acquose, soprattutto acque marine;
attività biologica, che porta alla costruzione di gusci o apparati scheletrici;
trasformazioni allo stato solido di minerali già esistenti, i cui reticoli cristallini, a causa di variazioni di temperatura o di pressione subiscono profondi cambiamenti, dando origine a specie mineralogiche diverse da quelle di partenza.
Mentre un minerale è un composto chimico uniforme, vale a dire esprimibile con una formula, una roccia il più delle volte è un aggregato naturale di diversi minerali, talvolta anche di sostanze non cristalline, di solito compatto, che forma una massa ben individuabile. In genere quindi le rocce sono eterogenee, costituite cioè da più specie di minerali, ma non di rado ci imbattiamo in masse rocciose omogenee, formate da un solo minerale (monominerali), come un ammasso di calcare o di gesso o di salgemma; su grande scala, però, anche le rocce omogenee contengono, diffuse, masserelle o tracce di altri minerali che tolgono alla roccia quell'uniformità chimica che di norma caratterizza un minerale.
Per la definizione precisa di una roccia è necessario identificare il tipo e il numero di minerali presenti, i rapporti quantitativi esistenti tra i vari minerali e i loro rapporti geometrici (forma e dimensione dei granuli minerali e loro disposizione reciproca nella roccia, che può essere casuale ma può anche rivelare qualche ordine).
I tre processi che danno origine alle rocce prendono i nomi di magmatico (o igneo), sedimentario e metamorfico.
Il processo magmatico è caratterizzato dalla presenza iniziale di un materiale fuso, chiamato genericamente magma; la progressiva cristallizzazione del fuso per diminuzione di temperatura porta alla formazione delle rocce magmatiche.
Il processo sedimentario comprende l'alterazione e l'erosione dei materiali rocciosi che affiorano in superficie e il successivo loro trasporto e accumulo, che portano alla formazione di nuovi prodotti: le rocce sedimentarie. Il processo sedimentario si svolge sulla superficie terrestre o a modesta profondità, per cui è caratterizzato da basse temperature e bassa pressione.
Il processo metamorfico ha come caratteristica fondamentale la trasformazione, che avviene allo stato solido, di rocce preesistenti che vengono a trovarsi in condizioni ambientali diverse da quelle originarie.
Un magma è una massa fusa che si forma entro la crosta o la parte alta del sottostante mantello, a profondità variabili. Tale massa fusa è una miscela complessa, ad alta temperatura, di silicati, ricca di gas in essa disciolti. Se il magma subisce un raffreddamento, inizia un processo di cristallizzazione: dal fuso si separano via via vari tipi di minerali, dalla cui aggregazione finale risulterà formata una nuova roccia. Le rocce magmatiche si dividono in due gruppi: 1) rocce intrusive (o plutoniche), quando divengono solide e cristalline in profondità, circondate da altre rocce; si formano quando la massa fusa non può giungere in superficie; 2) rocce effusive, quando la massa magmatica, spinta dalla pressione dei gas in essa disciolti, trova una via di risalita sfruttando fratture nella crosta o contribuendo a crearne di nuove, e giunge così a traboccare in superficie, dove solidifica all'aria libera.
Nel caso delle rocce intrusive, poiché il magma si trova circondato da altre rocce che fanno da isolante termico, il raffreddamento avviene in tempi molto lunghi; in tali condizioni, tutto il fuso arriva a cristallizzare e la roccia ignea che ne deriva presenta una struttura granulare olocristallina.
Nel caso delle rocce effusive, invece, il magma risale fino in superficie, dove trabocca come lava: in tal caso la temperatura passa rapidamente da circa 1000°C a quella ambiente, la pressione scende in brevissimo tempo, i componenti volatili si disperdono per degassazione nell'aria. In queste condizioni, solo una piccola parte della massa magmatica si trasforma in cristalli di dimensioni apprezzabili, detti fenocristalli. Si realizza così la struttura porfirica, in cui in una pasta di fondo microcristallina o anche in parte amorfa (vetrosa) vi possono essere un certo numero di fenocristalli sparsi. In casi particolari, tutta la massa è vetrosa: sono le ossidiane, o <<vetri vulcanici>>.
Classificare le rocce magmatiche
La distinzione tra i vari tipi di magmi si basa sul loro contenuto in silice (SiO ), libera o combinata nei silicati; il contenuto in silice definisce il grado di acidità (abbondanza di silice) o di basicità (scarsezza di silice) dei magmi. Su tale base, i magmi si dividono in:
magmi acidi: sono ricchi in silicio e alluminio, i quali danno origine a rocce di colore in genere chiaro, con densità intorno a 2,7, formate da pochi silicati, molti alluminosilicati e una certa quantità di silice libera (SiO ), che solidifica in granuli di quarzo. La silice è presente in quantità elevata, superiore al 65% in peso; le rocce che ne derivano sono dette acide o anche sialiche.
magmi neutri: hanno composizione intermedia (contengono dal 52% al 65% in peso di silice) e danno origine a rocce neutre con densità intermedia e con un rapporto equilibrato fra alluminosilicati e silicati.
magmi basici: hanno una quantità bassa di silicio (inferiore al 52%) ma sono relativamente più ricchi in ferro, magnesio e calcio; danno origine a rocce scure, con densità prossima a 3, formate da molti silicati e pochi alluminosilicati e prive di silice libera; tali rocce sono dette basiche o femiche.
magmi ultrabasici: la percentuale di silice è inferiore al 45% in peso; le rocce cui danno origine sono dette ultrabasiche o ultrafemiche: sono tutte di colore molto scuro, hanno densità elevata (3 o superiore) e sono formate essenzialmente da silicati di Fe e Mg.
Le famiglie di rocce magmatiche
Minerali sialici: quarzo, feldspati (comprendono ortoclasio - con le varietà sanidino e microclino - e plagioclasi - miscele di albite e anortite), feldspatoidi (comprendono leucite e nefelina).
Minerali femici: miche (biotite - nera - muscovite - argentea - e altre miche), pirosseni, anfiboli, olivine.
Famiglie di rocce magmatiche:
famiglia dei graniti (rocce acide);
famiglia delle dioriti (rocce neutre);
famiglia dei gabbri (rocce basiche);
famiglia delle peridotiti (rocce ultrabasiche);
famiglia delle rocce alcaline (rocce ricche in sodio e potassio).
Famiglia dei graniti. Le rocce intrusive acide di questa famiglia sono di gran lunga il tipo più diffuso tra tutte le rocce ignee intrusive: esse contengono molti granuli di quarzo, traslucido e incolore, molti cristalli di feldspati e varie laminette cristalline di mica nera (biotite). Le rocce ricche di quarzo sono tipici graniti; quelle più povere di quarzo vengono distinte come granodioriti e sono il tipo più abbondante nella crosta. Le rocce effusive che provengono da un magma della stessa famiglia hanno la stessa composizione chimica di quelle intrusive, ma diverse modalità di cristallizzazione; ricorderemo le rioliti o lipariti, che possono assumere l'aspetto vetroso delle ossidiane.
Famiglia delle dioriti. Deriva da magmi neutri, che danno luogo a una miscela equilibrata di composti sialici (abbondanti plagioclasi) e di composti femici (pirosseni o anfiboli). I corrispondenti effusivi delle dioriti tipiche, di regola con fenocristalli abbondanti e ben cristallizzati, sono le andesiti, che caratterizzano l'attività degli allineamenti di vulcani che fiancheggiano le grandi fosse abissali, come la catena di vulcani delle Ande.
Famiglia dei gabbri. I magmi gabbrici sono basici e danno rocce intrusive scure, con plagioclasi ricchi di calcio associati a pirosseni, anfiboli e olivina. Le corrispondenti rocce effusive principali sono i basalti, che formano tra l'altro il pavimento di tutti gli oceani.
Famiglia delle peridotiti. Le rocce che derivano da magmi ultrabasici sono formate in gran parte da olivina (nota anche con il nome di peridoto); le più note sono le peridotiti, nere, pesanti e spesso interessate da giacimenti minerari di alto valore, come i composti del cromo. Esse hanno distribuzione limitata sui continenti, mentre sono il costituente fondamentale della parte superiore del mantello.
Famiglia delle rocce alcaline. Alcuni magmi risultano particolarmente ricchi di elementi alcalini, cioè Na e K, tanto da dare origine ad abbondanti minerali dei tipi feldspati e feldspatoidi a scapito degli altri minerali. Tra le rocce che derivano da magmi alcalini neutri ricordiamo le sieniti (intrusive), prive o poverissime di quarzo e ricche di ortoclasio, e le loro corrispondenti effusive, le trachiti. Da magmi alcalini basici derivano invece diversi tipi di rocce caratterizzate dalla presenza di feldspatoidi come la leucite o la nefelina. Le forme intrusive sono piuttosto rare, mentre sono un po' più diffuse le corrispondenti effusive (es. leucititi).
Un solo magma o tanti magmi?
I magmi provengono dalla fusione di porzioni della crosta a varie profondità o della parte superiore del mantello.
Se la fusione avviene nel mantello, essa porta alla formazione di un magma primario di composizione prossima a quella del basalto, ad alta temperatura e molto fluido, tanto da poter risalire fino in superficie prima di cristallizzarsi. Esso dà origine così a gran parte delle rocce effusive.
Diverso è il risultato se il processo avviene all'interno della crosta continentale, dove la temperatura è abbastanza elevata da provocare la fusione dei minerali sialici, ampiamente presenti in tale tipo di crosta: attraverso questo processo, chiamato anatessi, si formano perciò fusi acidi detti magmi anatettici.
Tali magmi sono fortemente viscosi, poiché costituiti da una porzione fusa che avvolge e permea molti residui ancora solidi: essi si muovono perciò con notevole difficoltà e non risalgono molto entro la crosta, per cui tendono a cristallizzarsi in profondità, dove pian piano con il procedere dell'anatessi si formano i batoliti (=rocce profonde) granitici.
In definitiva, mentre i magmi basici, che danno origine ai basalti, risalgono da zone profonde, al limite tra crosta e mantello, i magmi acidi, che danno origine a rocce simili ai graniti e alle granodioriti, rappresentano una rielaborazione locale delle rocce della crosta continentale.
Le rocce magmatiche sono la traccia concreta di un'incessante attività interna del pianeta; le rocce sedimentarie sono invece la traccia delle continue trasformazioni in atto da tempi lunghissimi sulla superficie della Terra. Sono rocce molto diffuse, anche se arrivano appena al 5% della composizione della crosta superiore, ma in compenso sono estremamente eterogenee e questo riflette i numerosi modi in cui tali rocce possono formarsi (pur essendo tutte essenzialmente esogene, cioè prodotte da fenomeni attivi in superficie).
Dai sedimenti sciolti alle rocce compatte
Il termine sedimentazione indica nel nostro caso la deposizione e l'accumulo, su terre emerse o sul fondo di bacini acquei, di materiali di varia origine, inorganica o anche organica, dopo che questi sono stati in genere trasportati più o meno a lungo dai cosiddetti <<agenti esogeni>> (acque, venti, ghiacci).
Il processo avviene quotidianamente sotto i nostri occhi sul fondo delle valli (depositi fluviali), ai piedi delle montagne (detriti di falda), nel deserto (sabbia eolica), sul fondo dei laghi (fanghi argillosi o calcarei) o delle paludi (torba), in riva al mare (depositi sabbiosi o ciottolosi), in pieno oceano (argille e calcari). Il lento passaggio da sedimenti <<freschi>> a rocce sedimentarie vere e proprie avviene per un insieme di fenomeni che globalmente prende il nome di diagenesi. Tra questi, il più comune è la litificazione, che avviene essenzialmente per compattazione e cementazione. La compattazione è dovuta al peso dei materiali che via via si sovrappongono e che, comprimendo i sedimenti sottostanti, riducono gli spazi vuoti (pori) tra i singoli frammenti (es. argilla). La cementazione è prodotta da acque che circolano nei sedimenti sfruttando la presenza dei pori, e che portano in soluzione alcune sostanze; col tempo tali sostanze possono precipitare chimicamente e riempire i pori, cementando tra loro i granuli. Tra i cementi più comuni ricordiamo la calcite e la silice.
Le rocce sedimentarie possono essere suddivise in tre grandi gruppi, che riuniscono ciascuno quelle che si formano in modi simili:
rocce clastiche ( o detritiche);
rocce organogene (o biogene);
rocce chimiche.
Le rocce clastiche o detritiche
Sono rocce formate da frammenti (clasti) di altre rocce di ogni tipo, che si accumulano in genere in zone ribassate (trappole di sedimentazione), quando il mezzo che li trasporta perde la sua energia. Per distinguerle tra loro si tiene conto della dimensione dei clasti, che riflette l'energia dell'ambiente in cui si sono deposti: quanto più sono piccoli, tanto più <<tranquillo>> doveva essere il mezzo (in genere l'acqua) da cui si sono sedimentati. Un'altra caratteristica importante è il grado di arrotondamento dei granuli, che esprime l'usura subita dal clasto e dà un'idea dell'intensità del processo di trasporto in cui è stato coinvolto. In base alle dimensioni dei clasti, le rocce detritiche si distinguono in:
conglomerati
arenarie
argille
I conglomerati sono le rocce clastiche più grossolane, che derivano dalla lenta cementazione delle ghiaie. Si dividono in brecce, con ciottoli spigolosi, e puddinghe, con ciottoli arrotondati (sono stati sottoposti a un trasporto più lungo).
Clasti più piccoli caratterizzano le arenarie, sabbie cementate che possono essere ricche di granuli di quarzo (arenarie quarzose) o di frammenti di feldspati (arenarie feldspatiche), o di detriti di calcare (arenarie calcaree).
Clasti finissimi (meno di 1/16 di mm) danno origine invece alle argille, i depositi più minuti tra quanti derivano dallo sgretolamento di rocce di vario tipo. Quando tali sedimenti, a causa della diagenesi, perdono la loro tipica plasticità e diventano più compatti, vengono distinti con il nome di argilliti.
Masse rocciose miste, formate spesso da alternanze di strati di arenarie e di argilliti di debole spessore ma ripetute migliaia di volte, sono quelle che i geologi chiamano flysch. Si formano spesso per un fenomeno di risedimentazione, che si verifica quando sedimenti come sabbie e argille vengono rimessi in movimento e scendono lungo un pendio sottomarino, fino a raggiungere il fondo pianeggiante di una piana abissale. In realtà quella che si muove è una massa d'acqua con una densa sospensione di detriti, che prende il nome di corrente di torbida, la quale quando arriva alla fine del pendio perde energia e il materiale in sospensione si decanta: si origina così un banco di sedimenti di qualche metro. Il ripetersi nel tempo delle correnti di torbida porta all'accumulo uno sull'altro di migliaia di banchi: questi depositi vengono chiamati torbiditi.
Tra le rocce clastiche si collocano anche le marne, che derivano da una mescolanza di calcare di origine detritica o chimica e di argilla, secondo varie proporzioni. Le marne sono la materia prima per la preparazione del cemento.
Sono ritenute rocce clastiche anche le piroclastiti, depositi di materiali di varie dimensioni emessi da esplosioni vulcaniche.
Le rocce organogene (o biogene) sono formate quasi solamente dall'accumulo di sostanze legate a un'attività biologica. In base alla loro natura, si distinguono:
rocce carbonatiche (calcari e dolomie);
rocce silicee (selce, diatomiti);
carboni fossili
idrocarburi
Rocce carbonatiche. Tipiche rocce organogene sono i calcari organogeni, sia dovuti all'accumulo di gusci calcarei (cioè formati di carbonato di calcio, CaCO , noto come calcite), sia costruiti da organismi che impiegano la calcite per rivestirsi di parti scheletriche. Associate ai calcari si trovano spesso le dolomie, formate da carbonato doppio di calcio e magnesio, cioè da dolomite, la cui formula è CaMg(CO ) . Tali rocce si sono formate per un processo di diagenesi in rocce calcaree che vengono interessate da circolazione di soluzioni acquose ricche di magnesio (dolomitizzazione).
Rocce silicee. L'accumulo di gusci di organismi che utilizzano la silice invece della calcite porta alle rocce organogene silicee. Tra queste la più diffusa è la selce, una roccia dura, formata da SiO (silice, in forma di quarzo o di altre varietà, come il calcedonio o l'opale), che può presentarsi in strati regolari o può essere contenuta entro masse calcaree in forma di lenti, noduli e masserelle sferoidali. Altre rocce a base di SiO sono le diatomiti, masse pulvurulente bianche, lacustri o marine, formate da miliardi di gusci di diatomee (vegetali unicellulari).
Carboni fossili. Rocce organogene dovute all'accumulo di sostanza organica sono i carboni fossili. Derivano dalla fossilizzazione di grandi masse di vegetali.
Idrocarburi. Sono miscele di composti del carbonio e dell'idrogeno cui si aggiungono piccole quantità di composti ossigenati, azotati e fosforati. In natura si trovano idrocarburi solidi, liquidi e gassosi: fra questi ultimi predomina il metano.
Questo gruppo di rocce sedimentarie comprende tutte quelle che si sono deposte essenzialmente per fenomeni chimici. Il più evidente tra questi è la semplice precipitazione, sul fondo di bacini acquei, di composti chimici che si trovano sciolti nell'acqua del mare o dei laghi; quando la loro quantità raggiunge la saturazione, una parte di essi precipita e dà origine alle rocce evaporitiche o evaporiti. Altri sedimenti dericano invece da alterazione per dissoluzione, all'aria libera, di rocce preesistenti e danno origine alle rocce residuali.
Evaporiti. Quando un bacino marino rimasto isolato evapora completamente o quasi, sul suo fondo si depositano i sali contenuti nell'acqua del mare, in ordine inverso alla loro solubilità: prima la calcite (CaCO ) e la dolomite (CaMg(CO ) ), poi il gesso (CaSO 2H O) e l'anidrite (CaSO ), infine il salgemma, la silvite e la carnallite (cloruri di Na, K, Mg). Si sono formati così estesi giacimenti di sali, con spessori di decine di metri, sfruttati industrialmente. Ritroviamo in questo gruppo anche i carbonati, calcari e dolomie: a volte infatti questi materiali derivano da precipitazioni di CaCO o di CaMg(CO ) nell'acqua del mare, senza intervento di organismi viventi. Anche alcune rocce silicee possono derivare direttamente da precipitazione chimica di SiO in sovrabbondanza. Infine, la silice che circola nel sottosuolo in soluzioni acquose può sostituire molecola per molecola, conservandone tutte le strutture, il legno di alberi sepolti; hanno così origine le foreste pietrificate e i legni silicizzati.
Rocce residuali. Si definiscono così le rocce che derivano dall'accumulo senza trasporto dei materiali che restano dopo l'alterazione meteorica di una roccia affiorante e il dilavamento, ad opera delle acque piovane, delle sostanze solubili che si formano nel caso di tale alterazione. Tipiche rocce residuali sono quelle che rimangono quando l'alterazione meteorica attacca rocce ignee o metamorfiche, in climi tropicali caldo-umidi. In tali condizioni vengono asportati dalle rocce la silice ed altri composti più solubili, mentre rimangono in posto accumuli rossi di laterite (idrossidi e ossidi di ferro, meno solubili).
Per un'alterazione ancora più spinta, che porta via anche il ferro, rimangono depositi biancastri di bauxiti (idrossidi di alluminio) sfruttati per l'estrazione dell'alluminio.
Ogni roccia che arrivi ad affiorare in superficie è attaccata dagli agenti atmosferici che ne provocano la disgregazione in frammenti e l'alterazione dei minerali originali, con intensità e modi diversi a seconda dei climi. Si forma così un mantello detritico che può restare in luogo (rocce residuali) o subire un trasporto più o meno lungo ad opera di vari agenti.
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