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India (Bharat Juktarashtra)
Stato indipendente (Unione Indiana) dell'Asia meridionale.
Superficie: 3.287.782 km
Popolazione: 844.324.000 ab.
Capitale: New Delhi.
Lingua: ufficiale l'hindi, ma anche l'inglese.
Religione: prevalente l'induismo (80%).
Unità monetaria: la rupia indiana.
Confini: il territorio comprende tutta la penisola del Deccan, tra il Mare Arabico a ovest e il golfo del Bengala a est, buona parte dell'Hindustan o bassopiano indogangetico, limitato dal Pakistan a ovest, dalla Cina, Nepal, Buthan a nord, dalla Birmania e dal Bangladesh a nord-est.
Ordinamento: Repubblica federale con Parlamento bicamerale, retta da un presidente (eletto ogni 5 anni), comprendente 25 Stati e 7 Territori. L'India è membro dell'ONU.
n Morfologia. Si possono distinguere tre grandi subregioni naturali: 1) l'altopiano tabulare del Deccan, formato da rocce antichissime (graniti, gneiss e scisti cristallini) e limitato ai bordi dalle catene dei Ghati; 2) la piana indogangetica, formata da depositi alluvionali antichi e recenti; umida, tropicale la sezione orientale, subdesertica quella occidentale (deserto di Thar); 3) a nord e a nord-est si trovano le parti interessate dalle fasce pedemontane e montane dell'Himalaia meridionale (Jammu-Kashmir e Himachal Pradesh a nord, Assam a nord-est).
n Clima. L'India appartiene al gruppo dei climi tropicali, interessati dai monsoni. La temperatura media oscilla tra i 20 e i 28 °C, con valori più bassi nelle regioni montane. Il mese più caldo è maggio, che precede l'arrivo del monsone di mare, il più fresco è gennaio. Il monsone inverte la sua direzione ogni 6 mesi ca., generando una stagione secca e una umida. La distribuzione delle piogge è molto varia: dai 250 mm del nord-ovest ai 2500 mm dei Ghati Occidentali.
n Idrografia. Accanto al Gange e al Brahmaputra, che insieme all'alto corso dell'Indo sono i principali corsi d'acqua del Paese, si ricordano i fiumi del Deccan, tra cui il Godavari.
n Economia. L'India ha condotto una dura battaglia contro la pesantissima eredità dei secoli passati: diffusa miseria, malattie endemiche, alta natalità, una struttura sociale di tipo feudale e, infine, la mancanza di una solida organizzazione politica e amministrativa centralizzata. I fondamentali problemi di struttura (questione agraria, creazione di industrie di base, valorizzazione delle risorse locali ecc.) vennero affrontati mediante un sistema pianificato di investimenti, provenienti in larga misura da prestiti e aiuti esteri. L'agricoltura resta tuttora la principale fonte di reddito del Paese (la superficie lavorata si estende su circa il 50% del territorio): il settore si articola in piccolissime aziende a conduzione familiare, dove i metodi di coltura sono ancora tra i più antiquati, mancando macchine e fertilizzanti. L'India vanta una vasta gamma di colture, di cui alcune destinate all'esportazione; tra queste le arachidi, la canna da zucchero, il cotone, la iuta. Importanti anche il tè, le spezie e il caffè. Tra i prodotti alimentari, sono molto diffusi riso, mais, sorgo, che tuttavia risultano insufficienti a causa del continuo aumento demografico. L'allevamento dei bovini, sacri all'induismo, non può recare alcun miglioramento all'alimentazione. Numerosi gli ovini, ma di scarsa produttività. Le foreste sono ricche di essenze pregiate (legno rosa, sandalo, teak e bambù), che alimentano un'attiva industria e una notevole esportazione. La base di un futuro sviluppo industriale è costituita dalla relativa ricchezza del sottosuolo (carbone, minerali di ferro), che ha consentito il sorgere di industrie siderurgiche (Bhilai, Rourkela, Jamshedpur); vi sono anche giacimenti di bauxite, manganese, mica, rame, piombo e zinco. In aumento la produzione di petrolio. Accanto alle industrie siderurgiche figurano le industrie meccaniche (materiale ferroviario, autoveicoli, motori elettrici, aeronautici e macchine tessili), tessili (cotone, iuta), chimiche (fertilizzanti, prodotti farmaceutici), della carta e del cemento. A Bombay è presente e sviluppatissima l'industria cinematografica.
La prima grande civiltà indiana si sviluppò dal 2400 al 1500 a. C. ca. nella vallata dell'Indo. Seguì da nord-ovest l'immigrazione degli Arii e dei Dravida, che occuparono tutta l'India settentrionale. L'elemento caratteristico della civiltà aria fu l'organizzazione della società in caste. La storia vera e propria dell'India si può dividere in 5 periodi: periodo indù (500 a. C.-1192 d. C.), periodo musulmano (1192-1707), periodo di transizione (1707-1803), periodo inglese (1803-1947), periodo dell'indipendenza o dell'Unione Indiana (dal 1947). Nel periodo indù, il bassopiano del Gange costituì il centro della civiltà indiana. I Persiani conquistavano la valle dell'Indo (ca. 518 a. C.) e più tardi Alessandro Magno invadeva il Paese (327-325 a. C.). Sorse allora la dinastia Maurya (ca. 320-187 a. C.). Le succedeva la dinastia indù dei Sunga (ca. 187-60 a. C.), la quale nel 175 ca. a.C. batté i Greci che provenivano dalla Battriana. Altri invasori furono i Saci, i Parti, i Kusana, che fondarono un regno (ca. 20-300 d. C.) tra il Syr-Darja e il Gange. Attraverso quello Stato la cultura indiana e soprattutto il buddismo si diffusero nel bacino del Tarim, in Cina, Corea e Giappone. Nel periodo classico delle lettere e delle arti indiane regnò la dinastia dei Gupta (ca. 320-550) che esercitò uno splendido mecenatismo. Fu l'ultimo tentativo di unificare il mondo indù. A partire dall'VIII sec. si formarono vari regni, spesso in lotta fra loro. Ma già dopo il Mille le infiltrazioni e la pressione dei musulmani andarono man mano crescendo, sino al XII sec., quando le ultime resistenze dei Raiput furono travolte dagli invasori e una nuova era si apriva nella storia dell'India. La prima conquista musulmana fu opera del turco Mahmud di Ghazna (997-1030). Il dominio islamico, durato parecchi secoli, vide il succedersi di varie dinastie: Mamelucchi (1206-1290), Khalgi (1290-1320), Tughlaq (1320-1413). La sua disgregazione, verso la fine del XIV sec., consentì l'invasione di Tamerlano (1398), e poiché la maggior parte dei regni che sorsero dalle rovine dell'impero furono regni musulmani, una restaurazione indù si rivelò impossibile. Nel 1526 Baber, un discendente di Tamerlano, batteva a Panipat il sultano di Delhi e fondava il regno dei Moghul o Gran Mogol, che, almeno nominalmente, durò fino al 1857. Sotto Akbar (1556-1605), uno dei più straordinari personaggi della storia dell'Asia, il regno, ormai esteso a comprendere non solo l'India settentrionale ma anche parte dell'Afghanistan e del Deccan, ebbe una salda struttura amministrativa. Akbar pose anzi le basi per una nazionalità indiana superando l'esclusivismo islamico. I successori Giahangu (1605-1627) e Shah Giahan (1627-1658) non seguirono una politica diversa, mentre con la salita al trono di Awrangzeb (1658-1707) si ritornò ai tempi del più violento fanatismo musulmano. I secc. XVI e XVII videro anche le prime presenze europee (portoghese, olandese, più tardi francese e inglese). Il XVIII sec. segnò la fine del dominio islamico in India. La concorrenza fra le compagnie (olandese, francese e inglese) delle Indie Orientali dette il colpo di grazia all'indipendenza del Paese. Alla fine della guerra dei Sette anni (1763) il trattato di Parigi assegnava l'India francese ai vincitori inglesi. Nel 1818 avvenne l'eliminazione definitiva dei Maratti, che avevano tentato invano di restaurare l'induismo dopo la dissoluzione dell'impero Moghul. Nel 1857 gli Inglesi scioglievano la Compagnia delle Indie e tutti i territori da essa occupati passavano alla corona (1858). La conquista inglese impedì lo sviluppo dell'economia indiana, tuttavia le università create a partire dal 1857 formarono un'élite intellettuale, che andò assumendo carattere nazionalista. Nel 1885 venne fondato il partito del Congresso nazionale indiano. Nel 1919 Gandhi inaugurava un nuovo metodo, non violento, di lotta, fondato sulla non collaborazione, il boicottaggio dei prodotti inglesi, l'appoggio ai musulmani. Il movimento indipendentista continuò a svilupparsi anche durante la seconda guerra mondiale. Nel 1947 l'indipendenza indiana venne riconosciuta dagli Inglesi. Il Paese, però, fu diviso in due: l'Unione Indiana popolata da indù e il Pakistan musulmano. La spartizione e le migrazioni in massa (17 milioni di persone), avvenute in un'atmosfera di fanatismo religioso, provocarono gravi disordini (100.000 morti nell'agosto-settembre 1947) e l'assassinio dello stesso Gandhi (30 gennaio 1948), che aveva predicato la conciliazione coi musulmani. Sotto la guida di Nehru, l'altro grande artefice dell'indipendenza indiana, il Paese ebbe una Costituzione (1950), che aboliva fra l'altro il sistema delle caste, e divenne una Repubblica sovrana, democratica e federale, membro del Commonwealth. Perseguendo una politica neutralista, l'India si mise alla testa dei Paesi non allineati. Nel 1962 fu coinvolta in un conflitto con la Cina Popolare per la frontiera tibetana e soltanto dal 1982 si è manifestata una certa distensione. Aperto è rimasto il problema del Kashmir, la cui popolazione, in maggioranza musulmana, rivendica il diritto all'autodecisione. Nel 1966 assumeva il governo la figlia di Nehru, Indira Gandhi. Nel 1975 il Sikkim veniva annesso all'India. Sconfitta alle elezioni nel 1977, Indira Gandhi tornò al potere nel 1980, in un clima di gravi tensioni sociali e religiose, in particolare nei confronti della setta dei Sikh; nel 1984 venne assassinata da una guardia del corpo sikh; le succedette al governo il figlio Rajiv, che fu però sconfitto alle elezioni del 1989 da P. Singh. Durante la campagna elettorale del 1991 anche R. Gandhi fu assassinato dai Sikh, ma il suo partito ha vinto le elezioni e primo ministro è diventato N. Rao. Le tensioni fra indù e musulmani sono sfociate in gravi fatti di sangue (tra gli altri, gli scontri per la costruzione di un tempio indù sul sito della moschea di Ayodhya, nel 1992 hanno provocato 1200 morti), mentre ancora nel 1993-1994 è proseguita la repressione contro i separatisti del Kashmir e i Sikh. Rao ha dovuto affrontare nel 1995 l'aggravarsi della situazione in Kashmir, dove a luglio i guerriglieri sono arrivati a catturare cinque turisti occidentali. Nonostante il lieve miglioramento delle condizioni economiche il malcontento interno non ha accennato a diminuire portando a una spaccatura all'interno del governo.
n Lingua. Secondo gli ultimi censimenti, si annoverano in India 177 lingue (di cui 116 parlate da esigui gruppi tribali himalaiani) e 544 dialetti. Lingua ufficiale è l'hindi, temporaneamente anche l'inglese. Complessivamente le lingue dell'India vengono suddivise in quattro famiglie: 1) lingue austriche (o austro-asiatiche o nisada), monosillabiche, sopravviventi nei gruppi Kol (o Mundal) e Khasi (Assam, Bihar, Nicobare); 2) lingue sino-tibetane o himalaiane o kirata, monosillabiche, nel Kashmir, nel bacino del Brahmaputra e nella fascia himalaiana; 3) lingue dravidiche, agglutinanti, gruppo compatto dell'India meridionale, presenti anche nel Belucistan; 4) lingue indo-europee ariane, flessive, sviluppatesi con l'invasione aria attraverso le tre fasi dell'antico, medio e neo-indiano.
n Letteratura. La letteratura indiana inizia coi Veda, da cui traggono origine la maggior parte delle espressioni artistiche. L'arcaica letteratura vedica si svolge con i Brahmana, commentari dei Veda per quanto attiene alle pratiche del culto e del sacrificio, con i mistici Aranyaka, per comporsi nelle Upanishad, in cui la speculazione filosofico-religiosa si articola già nel sanscrito classico. Gli elementi narrativi si svilupparono in epoca non ben precisata nella recitazione dei kavia, paragonabili ai rapsodi pre-omerici, che fusero la problematica dell'India brahminica con gli ideali degli Ksatrya (la nobile casta dei guerrieri), esprimendosi nei due grandi poemi epici, il Mahabharata e il Ramayana, eco di lontani avvenimenti storici rivissuti nel mito in forma unitaria. Del I millennio a. C. sono anche le vaste raccolte dei Purana. Con il formarsi del sanscrito classico, evolutosi dal più antico vedico, nasce la grande letteratura d'arte, favorita dalla tranquillità che l'impero gupta poté assicurare all'India. La fioritura di questo periodo esprime un mondo in equilibrio tra l'umano e il divino: tipiche sono la lirica religiosa di Sankara e quella profana di Amaru. Il capolavoro di Jayadeva, il Gitagovinda (XII sec. d. C.), rappresenta l'ultimo grande canto della natura e dell'amore, prima dei preziosismi del Medioevo indiano. Il testo novellistico più famoso del periodo gupta è il Pancatantra, che mostra notevoli affinità con i racconti esopici; di più alto livello artistico è il Briniatkatha (il Grande Racconto), che può essere considerato l'enciclopedia novellistica indiana. Ma è nel teatro che l'India espresse gli aspetti più significativi del suo genio artistico: con Bhasa si forma il dramma sanscrito nobile, detto nataka. Con Sudraka, il delizioso autore del Carretto di argilla, si apre una lunghissima serie di drammi storici o pseudostorici. Kalidasa, che nel perfetto equilibrio tra la lirica e la fantasia creò con la Sakuntala il capolavoro della drammaturgia indiana, chiude il periodo aureo del dramma sanscrito classico, estensibile però per molti critici a Bhavabhuti (VIII sec.). Nei primi tempi dopo l'invasione musulmana, la cultura islamica influenzò taluni aspetti della poesia e del pensiero indiani, come si nota in Kabir e in tutta la letteratura urdu; ma l'India in definitiva vi si sottrasse, rimanendo fedele ai suoi temi fondamentali. Quelli di Tulsidas, la famosa Mirabai (XVI sec.), e di Surdas, il poeta cieco (XIV sec.), sono i nomi più illustri dell'hindi medievale; Candidas (XIV sec.) inizia la poesia bengali, seguito da Vidyapati Thakur (XVI sec.) e, nel Settecento, da Bharata-candra e Ramprasad Sen. Hindi e Bengala sono le due aree più importanti per la formazione della letteratura moderna, cui contribuì notevolmente l'influsso inglese. Il Rinascimento indiano, come suol definirsi il periodo moderno, ha inizio coi primi anni del XIX sec. Scrissero in hindi Hariscandra, Jayshankar Prasad e Prithviraj; più sensibile agli influssi occidentali fu il bengalese Madhusudan Datta; il romanzo storico inglese fu adattato a fini nazionalistici da Chattopadhyaya, detto il padre del romanzo indiano. Vanno ricordati, tra i letterati: Tilak, Bankim, Chandra Chatterji, Sarat Chandra Chatterji, Nazrul Islam, Vallatol; tra i pensatori: Ramakrishna, Vivekananda, Aurobindo Ghose. Ma la voce più alta della letteratura indiana moderna è quella di Rabindranath Tagore, insieme a Gandhi interprete profondo di un sentimento della vita che supera i confini di una nazione per divenire patrimonio universale.
Dal 2400 al 1500 a. C. ca. si ebbe la fioritura straordinaria della civiltà dell'Indo, nota soprattutto col nome dei due centri maggiori, Harappa e Mohenjo-Daro, che conservano resti di mura, di edifici residenziali e di una complessa rete di strade e di fognature. Dopo l'invasione di popolazioni di stirpe aria (ca. 1500 a. C.) si ebbe il cosiddetto periodo vedico (ca. 1500-VI sec. a. C.), poverissimo dal punto di vista artistico (bastioni di Rajagriha). Splendida invece la fioritura artistica del periodo antico (VI a. C.-IV d. C.), dovuta al mescolarsi di elementi persiani ed ellenistici con le tendenze proprie dell'India e alla diffusione del buddismo. Alla dinastia Maurya risalgono i primi caratteristici stupa, tumuli commemorativi e simbolici nei quali erano conservate le reliquie dei vari Buddha. Tra il I e IV sec., sotto la dinastia Kuana si manifestano varie tendenze: a ovest la splendida arte del Gandhara, caratterizzata da influssi ellenistici (stupa di Hadda, Saltanpur, Shalji-Ki-Dheri; città fortificate di Begram e di Birkot); nel nord l'arte Mathura, che sviluppa un linguaggio formale prettamente indiano, prima vera espressione dell'arte classica. Nei primi due secoli del periodo classico (secc. IV-X), sotto la dinastia Gupta, l'arte e la civiltà indiane raggiungono massima perfezione e squisita raffinatezza. Notevole la scultura, in genere grandiosa, e la pittura delle grotte sacre (Ajanta). Nel periodo medievale (secc. X-XIII) sorgono templi imponenti, con uno straordinario numero di sale affiancate al santuario vero e proprio, sovrastati da torri ricoperte da una pesante decorazione scultorea. Nel periodo indo-islamico (secc. XIV-XIX), al primo momento dell'invasione islamica (secc. XII-XIV), durante il quale la civiltà hindu subì una stasi sotto il predominio culturale musulmano, soprattutto nelle regioni dell'Indo e del Gange, seguì una vivace reazione indigena, caratterizzata dal ritorno alle tradizioni del Medioevo preislamico o dalla valorizzazione dell'arte popolare, fino a quando (XVI sec.) la dinastia Moghul portò alla fusione delle due culture. In pittura si sviluppano la scuola moghul, di tendenze auliche e di stile indo-persiano, e quella rajput, d'ispirazione religiosa e popolare. Verso la fine del secolo scorso (periodo moderno) la scuola del Bengala e l'opera di D. N. Tagore portarono a un deciso tentativo di riforma, che si oppose al predominio e all'imitazione di forme occidentali con un ritorno alle tradizioni dell'arte nazionale, ma senza ottenere risultati validi, soprattutto in architettura. Tra i pittori moderni: D. P. Roy Chowdari, J. Roy, Amrita Sher Gil, F. Newton Souza e M. F. Husain; tra gli scultori: P. Das Gupta, C. Kar, S. Chauduri e D. Bhagat.
RELIGIONE
Oltre che del brahmanesimo (o induismo), nato dall'antico vedismo, l'India, a cominciare dal VI sec. a. C., fu la patria del giainismo e del buddismo. Oggi i giainisti rappresentano solo il 4% della popolazione indiana e il buddismo conta meno di un milione e mezzo di seguaci (Sri Lanka compresa). I Parsi non superano i 115.000, i Sikh sono poco più di 4 milioni. L'Islam, in India fin dall'VIII sec., conta 110 milioni di fedeli: 90 milioni di essi vivono nel Pakistan. Il cristianesimo conta dieci milioni e mezzo di fedeli tra cattolici e protestanti. Non mancano i culti animistici.
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