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CAPITALE: Tokyo DISTR. DEL TERRITORIO: |
SUPERFICIE: 377.750 kmq 1)arativo: 10,6% |
LINGUA: giapponese 2)pascoli: 1,7% |
RELIGIONE: scintoista, buddista 3)boschi: 66,4% |
MONETA: yen 4)incolto: 21,3% |
POPOLAZIONE: 125.095.000 abitanti |
DENSITA: 331,2.abitanti/kmq DISTR.DEGLI ADDETTI: |
INCREMENTO ANNUO: 0,25% 1)agricoltura: 5,7% |
MORTALITA INFANTILE: 4% 2)industria: 33,6% |
GOVERNO:monarchia costituzionale 3)terziario: 60,7% |
PNL PRO CAPITE:34.630 $ sul totale della popolazione: 51% |
Il Giappóne, è uno stato insulare dell'Estremo Oriente, separato dal continente asiatico dal mar del Giappone e circondato, a est, dall'Oceano Pacifico.
L'arcipelago giapponese comprende oltre 1.000 isole, orientate da SO a NE, per una estensione di circa 2.400 km. L'arcipelago segue una linea arcuata lungo la quale sono ancora molto attivi i fenomeni tettonici; esso sembra raccordarsi agli archi insulari delle Filippine e dell'Indonesia ed è fiancheggiato, verso l'Oceano Pacifico, da fosse marine molto profonde (oltre 8.000 m di profondità)
Il Giappone meridionale è solcato da fratture che delimitano una profonda fossa, orientata approssimativamente in direzione O-E, e parzialmente invasa dal Mare Interno o Mediterraneo Giapponese. Pianure di sprofondamento prolungano il Mare Interno nell'isola di Kyushu (pianura di Oita) e in quella di Honshu (pianure di Osaka, del lago Biwa e di Nagoya). Questo complesso di depressioni è limitato verso est da due regioni montuose, che dominano la Fossa Magna con scoscese scarpate di faglia: a nord, altipiani cristallini dei monti Hida; a sud, una catena piegata che risale all'era secondaria.
Nel Giappone settentrionale il rilievo è interrotto da una seconda serie di pianure di sprofondamento, orientate in direzione N-S: le pianure del Teshio e di Sapporo (Hokkaido) si prolungano nella zona settentrionale di Honshu con una profonda fossa, che va dal capo Shiriya alla baia di Sendai; a ovest di questa depressione si estende un massiccio antico, mentre a est si elevano rilievi di media altezza, formati da rocce sedimentarie piegate e sovrascorse, poggianti su un massiccio cristallino antico che si innalza poderoso sull'Oceano Pacifico. Tutti questi complessi morfologici sono solcati da fratture che delimitano laghi, come il lago Biwa, e incidono le coste con numerose baie articolate. Lungo le linee di frattura si sono poi formati altipiani andesitici e si elevano inoltre centosessantacinque vulcani spenti e cinquanta attivi, tra cui il Fujiyama (o Fujisan), il monte sacro del Giappone. Il Giappone è il paese del mondo più soggetto ai terremoti: in alcune zone l'instabilità del suolo è praticamente continua. Gli improvvisi mutamenti della topografia sottomarina determinano spesso catastrofici maremoti
I corsi d'acqua del Giappone sono in genere, a causa dell'estensione del rilievo, di corso breve e spesso interrotto da cascate, e vengono sfruttati per la produzione di energia elettrica. La lunghezza dei maggiori fiumi, lo Shinano e il Tone, nell'isola di Honshu, si aggira intorno ai 400 km. Il maggior lago è il Biwa (674 km²).
Prima terra asiatica a ovest dell'Oceano Pacifico, il Giappone è battuto dal monsone, ma il rilievo e l'insularità del territorio ne modificano le conseguenze. I periodi di freddo intenso durante l'inverno sono determinati dai venti di NO provenienti dall'Asia interna; durano però a lungo soltanto nelle zone montuose settentrionali di Honshu e di Hokkaido, le cui coste sono spesso ghiacciate. Più a sud, il monsone asiatico si carica di umidità al passaggio sul mar del Giappone, si riscalda per il contatto con la corrente calda di Tsushima e provoca piogge abbondantissime sulle coste e sulle montagne occidentali di Honshu; nelle regioni meridionali del Giappone, la latitudine e la vicinanza di una corrente calda hanno, sul clima, un influsso mitigatore soprattutto durante l'inverno. Il monsone estivo, che assorbe un'abbondante umidità durante il lungo percorso oceanico, riversa piogge torrenziali sulle coste meridionali e sudorientali, diffondendo in tutto il Giappone aria tropicale calda e umida. Tifoni di eccezionale violenza si abbattono sul paese nel periodo di inversione del monsone. L'alternarsi degli influssi temperato- continentale e tropicale è all'origine dei contrasti registrati nel clima (Tokyo: temperatura media di gennaio, 3,1 sC; di luglio, 27 sC).
La notevole estensione del territorio in latitudine e la presenza di venti e di correnti marine di origine tropicale in piena zona temperata determinano la coesistenza, nel Giappone centrale, di una flora temperata e una tropicale e la loro sovrapposizione in altitudine nel Giappone meridionale. Nel nord dell'arcipelago e sui medi e alti versanti del Giappone centrale, alle specie tropicali si sostituiscono foreste di querce, castagni, faggi, aceri, betulle e conifere. Nel centro, nella parte inferiore dei versanti montuosi, i due tipi di flora si fondono formando i tipici paesaggi che costituiscono il tema favorito degli artisti e dei poeti giapponesi, i quali celebrano la fioritura dei ciliegi, a primavera, e del loto tropicale, d'estate.
I Giapponesi sono una popolazione mongoloide con forti mescolanze di caratteri paleoeuropoidi; hanno statura media, colorito giallo bruno pallido, corporatura minuta e robusta, capelli e occhi scuri; la loro origine è tuttora discussa e si ritiene in genere che derivino dall'incrocio fra Cinesi e le popolazioni degli Ainu abitanti le isole da questi invase.
La densità media della popolazione di 323 ab. per km² deve essere ricondotta agli 80.000 km² di pianure, il che la fa salire vertiginosamente a 1.525 ab. per km². Lo spettro della sovrappopolazione ha assillato a lungo il paese e ha portato all'ingegnosa valorizzazione delle regioni di montagna e litoranee, alla colonizzazione di Hokkaido a partire dall'era Meiji (1868), all'emigrazione in entrambe le Americhe (ancora 16.000 persone tra il 1947 e il 1956) o in Australia (fino alla seconda guerra mondiale) e, infine, a una politica di limitazione delle nascite (legge eugenetica del 1948). Il coefficiente di natalità e sceso, da 34‰ nel 1934 e nel 1947, a 17‰ nel 1960, a 15‰ nel 1980 ed è leggermente superiore all'11‰. Il tasso di mortalità è del 6,2‰, ma dal 1965 il coefficiente di accrescimento annuo è inferiore al 10‰ e si aggira intorno al 5‰. Ciò significa che, se la tendenza si mantiene, la popolazione giapponese continuerà ad aumentare fin verso il 2008, raggiungendo allora circa i 130 milioni di ab., per poi diminuire ritornando in 35-40 anni a 120 milioni di ab. Ma allora più di un quinto della popolazione sarà sopra i 65 anni, contro il circa 8% attuale. La popolazione femminile è leggermente superiore a quella maschile e la durata media della vita è di 75,1 anni per gli uomini e di 80,8 per le donne. La mortalità infantile è del 5,3‰. La popolazione urbana rappresenta oltre i tre quarti di quella complessiva, di cui, in ogni caso, più della metà risiede in centri di oltre 5.000 ab. Questa tendenza all'urbanesimo si esprime anche nella diversa ripartizione della popolazione attiva nei tre settori professionali rispetto al 1872 e, soprattutto, al 1950: il settore primario (agricoltura, pesca, sfruttamento forestale) è sceso dal 79% a meno del 9%, quello secondario (industria) e quello terziario (servizi) sono invece saliti rispettivamente dal 7 al 35% circa e dal 14 al 57% circa.
A partire dal 1868, l'Occidente si è sostituito alla Cina come fonte di influenza culturale dominante, il che ha consentito al Giappone di evitare, modernizzandosi, il destino delle altre nazioni asiatiche. Il notevole dominio esercitato dal popolo giapponese sul proprio ambiente naturale (la sua ricchezza in rapporto alla densità demografica e alle scarse risorse naturali disponibili) si spiega con una tradizione feudale (fino al 1868) fondata su una forma di confucianesimo che ha reso essenziali i legami personali e con l'onnipotenza del modello familiare (l'adozione ha qui lo stesso valore del legame di sangue) attraverso tutte le forme possibili di raggruppamento (dal cascinale e dall'officina alla più grossa impresa e anche allo Stato). Questa coesione spiega il «paternalismo» giapponese (preesistente qui alle relazioni professionali) e si accompagna con il «campanilismo» o frazionamento in piccoli gruppi, in cui possono contare solo i legami personali (partiti politici, sette religiose, ecc.). I legami verticali sono ovunque dominanti e la «coscienza di classe» di stampo europeo ha faticato notevolmente a imporsi in una società in cui l'individuo si definisce anzitutto in rapporto a coloro che sono sopra e sotto di lui. Questo inserimento di ognuno in una collettività nazionale così omogenea presuppone l'adesione di tutti a valori comuni (estetici, religiosi, tecnici), della cui persistenza fino alla seconda guerra mondiale era forse espressione, nelle sue forme, la casa tradizionale, da un capo all'altro del paese. L'imitazione così non è altro che l'attaccamento a un insegnamento giudicato superiore e, in parte, a un passato che si vuol preservare e dal quale si attingono i principi stessi dell'ammodernamento
L'ammodernamento, energicamente avviato con l'era Meiji (1868), ha beneficiato di una manodopera sovrabbondante e molto a buon mercato, come pure dei princìpi di coesione sociale sopra accennati. È stata questa l'epoca della grande industria fondata sul carbone e rivolta essenzialmente all'esportazione di articoli a buon mercato e di qualità mediocre, mentre, all'interno, vigeva una politica di austerità. Dopo il 1950, il periodo di crescita accelerata che ha portato il Giappone al rango di seconda potenza economica mondiale si è fondato sempre sui medesimi princìpi collettivi, ma ha poggiato sul petrolio e sull'energia elettrica e ha mirato ad alimentare un mercato interno di tipo moderno, pur esportando prodotti altamente elaborati, mentre, contemporaneamente, l'integrazione della vita economica e amministrativa si è irrigidita e la localizzazione degli uomini e delle ricchezze del paese si è concentrata nella sola Megalopoli. Il motore del «miracolo giapponese» è stato il volume degli investimenti, favorito dal ricorso sistematico ai prestiti bancari, questo a sua volta incoraggiato dal risparmio elevato e dall'ampiezza degli utili delle grandi imprese. Dal 1959 al 1973 i coefficienti di crescita della produzione industriale e del reddito nazionale sono stati i più alti del mondo, e, negli anni successivi, il paese ha reagito notevolmente bene alla «crisi del petrolio» e all'incertezza che ha contrassegnato e contrassegna l'economia mondiale. Negli ultimi anni non sono tuttavia mancati i primi segni di rallentamento economico-finanziario.
La riforma agraria del 1946, che ha ridistribuito 2 milioni di ha, portando a 1 ha la dimensione media delle proprietà, ha provocato un'eccessiva parcellizzazione della superficie coltivata (4.024.000 ha, pari al 10,6% della superficie territoriale) ed è stata di minore aiuto ai contadini del sostegno sistematico accordato dallo Stato alla risicoltura (acquisto di tutta la produzione a un prezzo garantito). Dal 1945 la produttività è aumentata vertiginosamente (grazie alla meccanizzazione, all'uso di sementi selezionatissime e di fertilizzanti e al movimento cooperativistico), ma l'esigua estensione delle aziende segna il limite di questo progresso. Così, nonostante nel Giappone meridionale e centrale si abbiano due raccolti all'anno e nonostante il considerevole aumento delle rese dovuto al miglioramento delle tecniche, l'agricoltura contribuisce in misura sempre minore alla formazione del prodotto nazionale lordo e circa i tre quarti degli agricoltori giapponesi svolgono un'attività integrativa.
Le campagne meno produttive si spopolano e l'area coltivata va progressivamente contraendosi. Dati l'aumento della popolazione e l'evoluzione della dieta alimentare, dal 1945 in poi (meno riso e pesce; più carne, latte, frutta e dolci) questa agricoltura è sempre meno in grado di soddisfare il fabbisogno alimentare del paese, che deve importare oltre un terzo dei prodotti agricoli. La risicoltura occupa da sola più della metà della superficie coltivata (2.212.000 ha) e ha una produzione (14.976.000 t) nettamente superiore al fabbisogno interno; è invece molto bassa, rispetto al consumo interno, la produzione di frumento (565.000 t), mentre è in aumento il consumo di pane di orzo (225.000 t) e di soia (99.000 t), che serve, sotto diverse forme, alla preparazione degli alimenti tradizionali. Vi è una rilevante produzione di legumi e ortaggi e fra le colture fruttifere sono di grande importanza gli agrumi, specialmente arance (139.000 t) e mandarini (1.512..000 t). Fra le colture industriali sono importanti il tabacco (74.000 ha e 124.000 t), la barbabietola da zucchero (72.000 ha e 3.853.000 t) e le oleaginose. Prodotto di grande valore, infine, è il tè, diffuso sui pendii montani di Kyushu, Shikoku e Honshu meridionale (60.000 ha e 86.000 t).
L'allevamento, soprattutto quello bovino, è in forte espansione, in rapporto sia alla crescente domanda del mercato interno sia alla possibilità di importare foraggi (prati e pascoli permanenti coprono solo 621.000 ha, ossia l'1,6% della superficie territoriale). Il patrimonio zootecnico giapponese comprende in particolare 4.989.000 bovini (dei quali 2.103.000 sono vacche da latte); 10.621.000 suini e 324 milioni di volatili. Prodotti dell'allevamento sono carne (3.334.000 t), uova (2.562.000 t), latte (8.365.000 t), burro (80.000 t) e formaggio (98.000 t). Di notevole importanza è la bachicoltura, che, con una produzione di seta greggia intorno alle 9.000 t, pone il Giappone al secondo posto nella graduatoria mondiale, sia pure con un forte distacco dalla Cina. Lo sfruttamento razionale di foreste e boschi, che coprono oltre 25 milioni di ha (il 66,4% della superficie territoriale), fornisce una considerevole produzione di legname (oltre 32 milioni di m³), che non arriva tuttavia a coprire il fabbisogno interno.
Per quantità di pescato (oltre 8 milioni di t di sardine, scombri, tonni, salmoni, ecc.) il Giappone è al primo posto nel mondo. Nonostante sopravviva marginalmente un settore artigianale antiquato, il Giappone dispone di una flotta peschereccia modernissima (navi laboratorio, ecc.) che opera in tutte le acque internazionali appoggiandosi a basi costiere. Negli ultimi anni il fatto che parecchie nazioni abbiano esteso le proprie acque territoriali (per quanto concerne la pesca) a 200 miglia nautiche ha creato difficoltà al Giappone, che si è visto costretto a intensificare lo sfruttamento delle proprie acque costiere e interne e a sviluppare gli allevamenti marini (pesci, crostacei, ostriche, ecc.). Per quanto in diminuzione, infatti, il consumo interno di pesce rimane tuttora elevato, al punto che è necessario importarne una sia pur modesta parte per coprire il fabbisogno. Elevato è anche il consumo di alghe commestibili. Il Giappone è al primo posto nel mondo anche per la caccia alla balena (oltre 300 catture all'anno) e per la produzione di olio di balena. Inoltre le coste meridionali di Shikoku e di Kyushu danno coralli e perle naturali (pescate queste nella baia di Omura, presso Nagasaki), mentre le perle di coltura sono ottenute specialmente nei vivai di Toba all'imbocco della baia di Ise (Honshu).
L'agricoltura perde ogni anno migliaia di ettari di pianura divorati dall'urbanizzazione e dalle installazioni industriali. Nel corso della crescita accelerata degli anni 1953-1973 e dopo lo smembramento dell'URSS, il Giappone è divenuto infatti la seconda potenza industriale del mondo dopo gli Stati Uniti. L'industria giapponese presenta però alcune caratteristiche che le sono peculiari oltre al modo in cui viene finanziata, come si è già accennato. Anzitutto, dato che il Giappone dispone di scarse risorse naturali, poggia su massicce importazioni di materie prime: tutto il cotone e tutta la lana, la quasi totalità del minerale di ferro, circa la metà del rame (l'unico prodotto minerario, oltre allo zolfo, di cui vi sia una relativa abbondanza), tutti i minerali per leghe come pure sale e fosfati. Dai giacimenti di Hokkaido (Ishibari, Kushiro, ecc.), Kyushu (Chikuho, Miike, Sakito-Matsushima, ecc.) e Honshu (Joban) il Giappone ormai estrae soltanto 7,2 milioni di t di carbone all'anno, che non coprono neppure un settimo del consumo, e il resto deve venir importato. Lo stesso dicasi per il petrolio, estratto soprattutto nell'Honshu nordoccidentale (Akita, Niigata, Chiba), la cui produzione è soltanto di 570.000 t circa, pari cioè a una frazione minima del petrolio raffinato dalle numerose raffinerie giapponesi, disseminate per lo più lungo la costa del Pacifico (Sendai, Yokohama, Kawasaki, Negishi, Chiba, Shimizu, Wakayama, Sakai, Mizushima, Kudamatsu, Owase, Oita, ecc.), che perciò lavorano essenzialmente greggio d'importazione. Viene sfruttato tutto il potenziale idroelettrico, che fornisce 88 degli oltre 906 miliardi di kWh prodotti annualmente; il resto, salvo poco meno di 1,8 miliardi di kWh prodotti da centrali geotermiche, proviene da centrali termoelettriche e nucleari (Fukushima, Mihama, ecc.), le une e le altre alimentate con combustibili di importazione. L'industria giapponese vede poi coesistere grandi imprese (i vecchi zaibatsu) più o meno ricostituite [Mitsui, Mitsubishi, Sumimoto, Yasuda, Nihon Steel], più quelle nuove [Matsushita, Sony, Honda] e innumerevoli piccole ditte che raggruppano circa la metà della manodopera in fabbriche di meno di 100 operai, funzionanti in condizioni (orari di lavoro, ambienti di lavoro e salari) tradizionali, vale a dire decisamente arretrate.
L'industria giapponese inoltre si è distinta a lungo per il basso costo dei suoi prodotti grazie alla disponibilità di manodopera rurale sovrabbondante e sottopagata. Ma con la «crescita accelerata» e l'innalzamento del livello di vita il Giappone è entrato nella spirale ascendente dei salari e dei prezzi, mentre la penuria di manodopera specializzata incitava a sviluppare l'automazione e a pagare meglio i lavoratori. Per di più i prodotti giapponesi esportati vengono ormai solo in parte trasportati dalla marina mercantile nazionale, altro fatto che contribuiva al loro basso prezzo.
Infine l'industria giapponese è rigorosamente localizzata sulle coste, poiché dipende dall'estero per la fornitura delle materie prime di cui necessita e, in parte, anche per la vendita dei suoi prodotti. Da principio le fabbriche si sono installate sulle tre baie di Tokyo, di Ise (Nagoya) e di Osaka, là dove sorgevano i principali centri commerciali dell'epoca feudale. Una quarta base industriale venne creata dal governo Meiji sullo stretto di Shimonoseki (miniere di carbone di Chikuho, acciaierie di Yahata), e queste quattro Santiche» aree manifatturiere rimangono tuttora i bastioni dell'industria pesante: Keihin (Tokyo- Yokohama), Chukyo (Nagoya) e Hanshin (Osaka-Kobe) forniscono da sole quasi la metà, in valore, della produzione giapponese. La quarta zona (Kita-kyushu) sembra invece aver rallentato il ritmo. Nonostante gli sforzi rivolti al decentramento, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, miranti a impiantare basi manifatturiere nelle regioni rimaste rurali (Shikoku, Tohoku, Hokuriku, Sanin, ecc.), le nuove basi dell'industria pesante create nel quadro della «crescita accelerata» (e che forniscono oltre la metà, in valore, della produzione totale) sono scaglionate lungo la costa del Pacifico e del Mare Interno e completano così l'allineamento abbozzato dai quattro centri originari. Negli intervalli fra questi ultimi, da Kashima (a nord di Tokyo) fino alla baia di Ariake (Kyushu), su una fascia lunga circa 1.200 km (la cosiddetta Megalopoli), si è infatti sviluppata tutta una serie di complessi manifatturieri: le principali eccezioni sono il complesso cartario di Tomakomai (Hokkaido) e il complesso chimico di Nobeoka sulla costa orientale di Kyushu.
L'industria manifatturiera giapponese è ben diversificata e completa; contribuisce per quasi il 30% alla formazione del prodotto nazionale lordo e impiega circa il 24% della popolazione attiva. Nonostante sia stato particolarmente provato dalla recessione mondiale per via della sua forte dipendenza dall'estero per quanto concerne le materie prime, il settore principale è ancora quello metallurgico, che, partendo da semilavorati d'importazione, realizza prodotti tecnologicamente molto avanzati. Prima di tutto la siderurgia, che pone il Giappone ai primi posti tra i produttori mondiali sia per l'acciaio (oltre 98,2 milioni di t) sia per la ghisa e le ferroleghe (oltre 73,7 milioni di t). Grande importanza hanno anche la metallurgia dell'alluminio, nonostante il Giappone manchi di bauxite, e quella del rame; seguono, anch'esse notevoli, quelle del nichel, dello stagno, dello zinco e del magnesio. Connesse con la siderurgia sono le costruzioni navali (Kobe, Nagasaki, Tamano, Yokohama, Iroshima, ecc.), che, tecnologicamente avanzatissime, pongono il Giappone al primo posto nella produzione mondiale (oltre 8,6 milioni di t di stazza lorda varate nel 1994).
L'industria automobilistica, sviluppatasi in epoca relativamente recente, fa del Giappone il primo produttore mondiale sia di autovetture (oltre 7,8 milioni) sia di veicoli industriali (oltre 2,7 milioni). Grande espansione ha avuto anche la meccanica fine e di precisione, che produce ed esporta specialmente strumenti ottici (macchine fotografiche, binocoli, microscopi, ecc.), strumenti geodetici e orologi; come pure le industrie elettronica e radiotecnica (calcolatori, apparecchi radio, televisori, ecc.).
L'industria chimica è anch'essa di grande rilevanza nel settore delle produzioni di base (acido solforico, soda caustica), in quelli delle materie plastiche, dei coloranti, del caucciù sintetico e, in particolar modo, in quello dei fertilizzanti, in espansione. Fra le industrie tessili, meno importanti di un tempo in termini relativi, ma sempre di notevole entità, continua l'industria tradizionale del setificio; sono tuttavia di ben maggior rilievo l'industria delle fibre artificiali (il Giappone è il primo produttore mondiale di fibre cellulosiche) e sintetiche e il cotonificio (Osaka e Aichi). Più modesto è il lanificio.
Sono infine ben sviluppati il cementificio e le industrie del vetro, della ceramica e della carta.
Va ricordato infine il tuttora vivo artigianato, che vanta antiche e raffinate tradizioni: oltre a quelle delle celebri sete, sono tuttora numerose le fabbriche di oggetti di lacca (Takaoka, Takamatsu, Tottori, Shizuoka), di bambole, di oggetti di legno, bambù (Tsuyama, Shizuoka), fibre vegetali, carta e bronzo (Takaoka) e di porcellane (Imari, Seto).
Nonostante l'ostacolo rappresentato dalle difficoltà morfologiche dell'arcipelago, il Giappone dispone di un'efficiente rete ferroviaria, che si sviluppa per 20.250 km (di cui quasi la metà elettrificata) con linee ad alta velocità. La rete stradale si estende complessivamente per 1.119.000 km (il 58% dei quali asfaltati). Grande importanza hanno ovviamente le comunicazioni marittime, che svolgono la maggior parte del traffico internazionale. I principali porti (Chiba, Yokohama, Kobe [prevalentemente importatore], Nagoya, Osaka, ecc.) sono tutti sulla costa del Pacifico. La flotta mercantile giapponese conta 9.706 navi con una stazza lorda complessiva di oltre 22 milioni di t nel 1994. Ampiamente sviluppati sono anche i trasporti aerei, e l'aeroporto di Tokyo (Narita) è uno dei maggiori scali internazionali.
Il Giappone ha basato il suo sforzo di produzione e di esportazione su determinati prodotti che sono diffusi nel mondo intero. Navi, veicoli industriali e automobili, motociclette, apparecchi radio, registratori e televisori, macchine fotografiche e altri strumenti ottici, apparecchi elettronici di ogni tipo e dimensione, ecc. alimentano tutti un massiccio flusso di esportazioni, delle quali rappresentano, in valore, la parte preponderante (insieme con il ferro e l'acciaio). Le importazioni sono invece costituite in prevalenza (e in una misura che non si verifica in nessun altro paese industrializzato) da prodotti primari: petrolio anzitutto (quasi il 16%, in valore) e alimentari, seguiti da minerali, fibre tessili, legname, ecc. Principale fornitore/cliente del Giappone sono gli Stati Uniti (23,1% delle importazioni e 29,8% delle esportazioni). Seguono Cina (10,1%), Australia, Corea del Sud, Indonesia e Germania sullo stesso piano. La bilancia commerciale è da vari anni decisamente in attivo.
I progressi della «terza grande potenza» sono avvenuti tanto a spese quanto a beneficio dei Giapponesi. Con un PNL pro capite di 11.310 dollari, il Giappone si colloca fra i quindici paesi più ricchi del mondo. Il livello di vita è migliorato in modo eccezionale sotto tutti gli aspetti (consumo, alloggio, prevenzione sociale) e la durata media della vita dei Giapponesi è la più lunga del mondo sia per gli uomini sia per le donne. Dal 1965 il reddito medio annuo di una famiglia è salito a 34.630 $ e la percentuale delle spese per l'alimentazione è scesa dal 36 al 20%. Praticamente ogni nucleo familiare dispone di telefono, la quasi totalità di televisore, frigorifero, lavatrice, aspirapolvere e automobile.
Ma questi progressi sono stati ottenuti a prezzo di uno sforzo di produzione accanito, che ha minato sotto molti aspetti l'equilibrio generale del paese e che interessa prima di tutto soltanto una fascia lunga circa 1.200 km e larga in media 10 tra Tokyo e Fukuoka. Parecchie regioni sono state dimenticate dal progresso e conducono un'esistenza ancora in ampia misura tradizionale, perdendo la propria manodopera e il proprio potenziale di iniziative.
Nella regione sviluppata, una massa di oltre 60 milioni di persone è in continuo movimento, dal cuore delle metropoli o dalle regioni rimaste in disparte alle città rivierasche intermedie del Pacifico o del Mare Interno, considerate meno inquinate e dove il costo della vita è meno caro. Il prezzo esorbitante dei terreni, in continuo aumento causa la speculazione, rende molto difficile ai più trovare alloggio nelle grandi città, e anche a notevole distanza dal centro, il che si traduce in ulteriori disagi negli spostamenti e in una disordinata invasione del paesaggio rurale. Inoltre questa immensa fascia urbana e parecchie regioni rurali, da che vi è stata impiantata una fabbrica, sono esposte a gravi nocività, cui solo una tardiva presa di coscienza ha cominciato a porre fine.
Il Giappone è una monarchia costituzionale ereditaria dal 1889. La costituzione del 3 novembre 1946 ha tolto all'imperatore ogni attributo divino. Egli è solo il simbolo dello Stato e dell'unità del popolo. Il potere legislativo è attribuito a una dieta, formata da due camere: la camera bassa o dei rappresentanti, costituita da 500 membri eletti a suffragio universale diretto ogni quattro anni, e la camera alta o dei consiglieri, composta da 252 membri eletti per sei anni e rinnovabili al 50% ogni tre. Il potere esecutivo spetta al governo, presieduto dal primo ministro e responsabile di fronte alla dieta. Il potere giudiziario è esercitato dalla corte suprema e dai tribunali locali. Sul piano amministrativo il
Giappone è diviso in 44 prefetture (ken), due prefetture urbane (fu; Kyoto e Osaka) e una metropoli (to; Tokyo).
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