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I limiti del progresso: dalla Globalizzazione alla bioetica
La storia insegna; conoscendo la storia si possono prevedere meccanismi futuri e si può conoscere il nostro passato. Ma arriva un punto in cui la storia cambia, evolve, cambiano i meccanismi, i processi storici, passa ad un livello superiore, e improvvisamente ci si chiede se questa possa essere la strada giusta; ma tanto ormai si è presa e non si può più tornare indietro, perché, come insegna la storia, il passato è passato e non può più tornare. Ci si chiede, ora, se abbiamo preso la strada giusta, dopo due guerre mondiali, conflitti e tanta sofferenza.
La crisi petrolifera del 1973-74 aveva fatto emergere nuovi inquietanti problemi riguardo alla società industrializzata che si veniva a formare durante quegli anni. Primo fra tutti, si mise in evidenza il carattere limitato, e dunque esauribile, delle risorse prodotte dal pianeta. Strettamente legato a questa limitatezza era il comportamento delle masse verso l'ambiente; infatti, lo sviluppo a cui la popolazione mondiale andava incontro aveva le sue principali vittime nella natura e nell'ambiente, che furono letteralmente violentati diverse volte da disastri ambientali durante il corso del secolo. Ciò produsse un'animata critica presso una vasta porzione di popolazione: si formarono movimenti ambientalisti (o verdi) attenti alle tematiche dell'ecologia e fondati sulla denuncia sistematica delle minacce portate all'ambiente da parte dell'azione dell'uomo.
La risposta alla crisi petrolifera dei governi di tutto il mondo fu molteplice: alcuni preferirono orientarsi verso la produzione di energia nucleare, economica dal punto di vista finanziario ma estremamente pericolosa in caso di incidenti (si ricordi nel 1986 l'esplosione di Chernobyl di cui, ancora, alcuni paesi soffrono le conseguenze). Altri si orientarono verso la produzione di energia "pulita", ossia prodotta da fonti rinnovabili (solare, eolica, geotermica). In generale, comunque, il consolidamento dei costi petroliferi seguito alla crisi fece riflettere i governi che smisero di pensare allo sviluppo in modo utilitaristico ma come sviluppo sostenibile, cioè valutando le possibilità dell'ambiente di sostenere i costi dello sviluppo umano.
Altro fattore estremamente importante per l'analisi del progresso
nell'età contemporanea è stata la rivoluzione elettronica o informatica. Con
questa si va sviluppando un nuovo tipo di società in cui il posto e
l'importanza del lavoro manuale si riducono, le fabbriche perdono gran parte
del loro peso. Il fulcro, o più tecnicamente il "core", della rivoluzione è
nell'elettronica che si afferma con l'invenzione dei computer; enormi
macchinari in grado di svolgere complicatissimi calcoli ad una velocità irraggiungibile
per la mente umana e che tramite l'apertura e la chiusura di circuiti potevano
gestire un gran numero di informazioni. Con tempi di innovazione limitatissimi,
gli ingombranti tubi termoionici furono sostituiti da parti sempre più piccole
( valvole, relais, transistor, microchips) fino ad arrivare a microscopiche
parti in silicio dove venivano impresse informazioni, altrimenti contenute in
migliaia di transistor. Paesi leader in questo nuovo genere di produzione erano
soprattutto gli U.S.A (in particolare
L'avvento di nuove tecnologie informatiche fece voltare pagina all'organizzazione della società industriale, in particolare del settore terziario nel quale si avviò una vera e propria rivoluzione. La massificazione dei servizi produsse ricchezza, ma anche milioni di impieghi (e impiegati) sottopagati: i macjobs, dal nome della più grande catena di fast-food esistente al mondo. Per quanto riguarda l'industria si superarono le vecchie concezioni fordiste e tayloriste della catena di montaggio che fecero posto alle teorie di organizzazioni produttive flessibili in grado di rispondere più velocemente alle richieste dei mercati. In un mondo che inizia a prendere una velocità di evoluzione elevatissima non c'è più spazio per le vecchie contrapposizioni ideologiche, di classe o di partito, del mondo bipolare ed emergono confronti e contrapposizioni generazionali tra giovani e adulti.
Inoltre, lo sviluppo tecnologico ha fatto sviluppare l'uso di una lingua veicolare, l'inglese, che sempre di più assume importanza nella nostra vita quotidiana. Ciò ha ridotto i tempi della comunicazione: il linguaggio condiviso, portatore di emozioni e parole, permette di scambiare opinioni con gente molto diversa e le comunicazioni ufficiali divengono più comprensibili. La comunicazione diviene globale e, insieme alle tecnologie informatiche, contribuisce alla globalizzazione, processo di integrazione economica e finanziaria a livello mondiale che continua a svilupparsi oggigiorno e che porta con sé un decentramento delle attività produttive trasferite, per convenienza, in paesi più arretrati, dove le condizione lavorative ricordano i racconti di Dickens.
Dall'informatica possiamo passare ad un altro campo, la cui evoluzione ci porta a riflettere su cose impensabili solo cento anni fa. La medicina, nella seconda metà del XX secolo, è riuscita a sviluppare in modo quasi inverosimile efficacissime tecniche diagnostiche; si pensi alla radiografia, una delle più semplici con cui si riesce a vedere a colpo d'occhio una frattura, o l'ecografia ad ultrasuoni, la tomografia assiale computerizzata (tac) con cui si riesce a diagnosticare tumori, glaucomi linfonodi o emorragie, la risonanza magnetica nucleare con cui si riesce a vedere un eventuale danneggiamento muscolare, o infine la tomografia ad emissioni di positroni (Pet) con cui è facile diagnosticare anche la più nascosta delle embolie polmonari. Ma il più grande passo in avanti è stato compiuto nel 1956 quando Watson scoprì l'acido desossiribonucleico (il DNA) responsabile del nostro fenotipo e genotipo, il nostro bagaglio di geni; diede vita all'ingegneria genetica, in grado di studiare il nostro patrimonio genetico e di produrre nuove medicine più efficaci e tollerabili.
Ma la presenza di nuove tecnologie e medicine non ha purtroppo bloccato epidemie di malattie che si pensavano debellate (tubercolosi, dissenteria, etc.) che mietono ogni anno milioni di persone. Ad affiancarsi alle vecchie ci sono le nuove malattie, come i prioni di cui ancora non si sa molto, o come la più diffusa "peste del nostro tempo": l'Aids, trasmissibile con un semplice rapporto sessuale, o con scambio di sangue o di altri fluidi (non la saliva!!!!); che ha il suo focolaio principale in Africa e si è diffusa in tutti i continenti, anche in quelli più sviluppati; ciò è riconducibile anche alla rivoluzione sessuale e alla liberalizzazione dei costumi.
Oggigiorno si discute su un tema di fondamentale importanza per il futuro medico: la bioetica, che prende in esame i dilemmi etici che avvolgono il rapporto medico/paziente. In questo campo ci sono certamente più domande che risposte, e le poche che ci sono possono essere interpretate in milioni di modi diversi. Gli argomenti trattati dalla bioetica sono, per così dire, "al limite", come la possibilità della fecondazione assistita o la possibilità di creare vita in laboratorio replicando un essere umano (clonazione). L'opinione si divide su temi come il diritto all'eutanasia, l'accanimento terapeutico, l'aborto terapeutico, argomenti che il più delle volte divengono banali temi di attualità affrontati in scialbi talk-show di mezzo mondo, trattati da gente che non ha le facoltà mentali per discutere di temi così importanti e che spesso vengono fusi nella cronaca per dare vita ad effimeri dibattiti sul senso della vita, chiaramente se questa ne ha uno.
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