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Leggi anche appunti:Relazione di biologiaRELAZIONE DI BIOLOGIA Venerdì 27 aprile le classi 2°D e 2°C accompagnati dai professori: Emofilia A e BEmofilia A e B In inglese: Hemophilia Frequenza: 1/10 000 maschi (emofilia LA CELLULA - Teoria cellulare, Aspetti generali delle cellule, Procarioti ed eucarioti, Membrana plasmatica, Giunzioni intercellulariLA CELLULA Cellula La più piccola unità di un organismo in grado di funzionare |
GENETICA DI POPOLAZIONI
Ogni singolo organismo nasce, si riproduce e muore, ma non si evolve: l'evoluzione è una progressiva variazione genica che si registra secondo un processo continuo in una popolazione di organismi nell'arco di molte generazioni. L'ereditarietà è perciò il legame che si instaura tra l'esistenza dei singoli individui e l'evoluzione delle popolazioni (cioè di tutti gli individui di una specie che vivono in una determinata area).
Si inizia l'analisi dei processi evolutivi illustrando i principi della genetica applicati a livello individuale ed estendendoli successivamente alle popolazioni.
I geni, sotto l'influenza dell'ambiente, determinano i caratteri di ciascun individuo.
Un gene è un segmento di DNA situato in un punto particolare su un cromosoma. La sua
sequenza di nucleotidi contiene le informazioni per la sequenza di amminoacidi di una proteina (il piú delle volte si tratta di un enzima che catalizza una determinata reazione
nella cellula). Sequenze leggermente diverse di nucleotidi nello stesso locus genico, chiamate alleli, producono forme diverse del medesimo enzima. Un individuo che possiede alleli dello stesso tipo è omozigote; se possiede alleli di tipo diverso è eterozigote.
Gli alleli specifici dei cromosomi di un organismo (il suo genotipo), interagendo con l'ambiente, ne definiscono i caratteri fisici e comportamentali (fenotipo).
Per illustrare questi principi è utile un esempio.
Un fiore di pisello è color porpora perché una reazione chimica nei suoi petali trasforma una molecola incolore in un pigmento porpora. Quando si dice che una pianta di pisello possiede l'allele per fiori purpurei, si intende che un particolare frammento di DNA su uno
dei suoi cromosomi contiene una sequenza di nucleotidi in grado di controllare la sintesi dell'enzima che catalizza questa reazione. Un pisello con l'allele per i fiori bianchi ha una sequenza diversa di nucleotidi nel punto corrispondente su uno dei suoi cromosomi. L'enzima che ne deriva non può fornire il pigmento porpora. Se un pisello è omozigote per l'allele bianco, i suoi fiori non producono pigmento, e risultano perciò bianchi.
La selezione naturale agisce direttamente sul fenotipo e, indirettamente, favorisce o elimina il genotipo che l'ha prodotto. La selezione naturale, quindi, altera le frequenze
geniche di una data popolazione.
Il pool genico è l'insieme dei geni di una data popolazione.
L'evoluzione è un fenomeno dovuto ai cambiamenti dell'assetto genico delle popolazioni nel corso delle generazioni; quindi, per comprendere appieno i meccanismi evolutivi, è necessario conoscere i principi che governano la genetica delle popolazioni, cioè quella branca della genetica che studia la frequenza, la distribuzione e l'ereditarietà degli alleli all'interno delle popolazioni.
Si definisce pool genico l'insieme di tutti i geni presenti in una popolazione. Esso, cioè, comprende l'insieme degli alleli di tutti i geni presenti in ogni individuo.
Anche in relazione a ogni particolare gene si può parlare di un determinato pool genico, comprendente tutti gli alleli di quel gene che compaiono in una popolazione.
Per esempio, in una popolazione di 100 piante di pisello, il pool genico per il gene che controlla il colore dei fiori sarebbe costituito da 200 alleli (i piselli sono diploidi, per cui ciascuna pianta ha due alleli relativi al colore). Se potessimo analizzare la composizione
genetica di ogni singola pianta, scopriremmo che alcune piante hanno alleli per i fiori bianchi, altre alleli per i fiori porpora e altre ancora li possiedono entrambi. Sommando gli alleli per il colore di tutte le piante nella popolazione, potremmo calcolare le proporzioni relative dei diversi alleli, un numero che si definisce frequenza allelica.
Se il pool genico per il colore dei fiori fosse formato da 140 alleli per il porpora e 60 alleli per il bianco, le frequenze alleliche sarebbero: porpora, 0,7 (70%); bianco, 0,3 (30%).
L'evoluzione consiste nel cambiamento delle frequenze geniche di una data popolazione.
Si immagini che una mucca golosa dei fiori porpora li mangi tutti prima che essi possano disperdere i semi. L'allele per i fiori porpora (P) è dominante rispetto all'allele per quelli bianchi (p). Di conseguenza tutti gli alleli "porpora" nell'intera popolazione si trovano nelle piante con fiori di color porpora (PP o Pp).
Se nessuna di queste si riproduce, e si riproducono invece le piante con fiori bianchi, la generazione seguente sarà formata per il 100% di piselli a fiori bianchi (pp). La frequenza allelica per il porpora cadrà a 0, mentre quella per il bianco salirà a 1,0. A causa delle abitudini alimentari della mucca, in quel campo avrà agito l'evoluzione. Il pool genico della popolazione di piselli avrà subito un cambiamento, provocato dalla selezione naturale che ha agito attraverso la mucca.
Questo semplice esempio illustra quattro aspetti importanti dell'evoluzione.
. La selezione naturale non provoca cambiamenti genetici negli individui. Gli alleli preposti al colore porpora o bianco dei fiori erano già presenti nelle piante di pisello, assai prima che la mucca si imbattesse nel campo di piselli. L'animale non ha "causato la comparsa" degli alleli bianchi, ma ha semplicemente favorito la sopravvivenza differenziale degli alleli bianchi rispetto a quelli porpora.
. La selezione naturale agisce sugli individui, ma l'evoluzione si manifesta nelle popolazioni. Le singole piante di pisello si sono in parte riprodotte e in parte no, ma è stata la popolazione nel suo insieme a evolversi.
. L'evoluzione è un cambiamento nelle frequenze alleliche di una popolazione, conseguente a un processo riproduttivo differenziale. Nel linguaggio evoluzionistico,
la fitness (capacità di adattamento) di un organismo è proporzionale al suo successo riproduttivo. Nel nostro esempio, i fiori bianchi hanno una capacità di adattamento maggiore dei fiori rossi perché hanno dato vita a una discendenza dotata di maggiori
capacità di sopravvivenza.
. I cambiamenti evolutivi non sono "buoni" o "progressivi" in senso assoluto. Gli alleli bianchi erano favorevoli soltanto per via delle preferenze dietetiche di quella mucca; in un altro ambiente, con altri predatori, avrebbero potuto trovarsi di fronte a una selezione
di segno contrario. Le mutazioni e le ricombinazioni degli alleli nella riproduzione sessuale sono le fonti della variabilità.
E' facile accorgersi, osservando una data specie, che ogni individuo è diverso dagli altri, anche se di poco. Di fatto, è impressionante la variabilità che può scaturire dal medesimo patrimonio di qualche migliaio di geni, la maggior parte dei quali si presenta per di piú come alleli multipli. Tale variabilità è legata alla ricombinazione genica e alla riproduzione sessuale che rimescolano gli alleli esistenti.
Ma da dove provengono inizialmente i differenti geni e i differenti alleli?
La fonte primaria di nuovi geni e nuovi alleli sono le mutazioni. Insieme, questi due processi, la ricombinazione e la mutazione, forniscono la materia prima dell'evoluzione.
Le mutazioni sono la fonte di nuovi geni e alleli. Le cellule dispongono di efficienti meccanismi per proteggere l'integrità dei loro geni. Una quantità di enzimi "pattuglia" continuamente il DNA alla ricerca di danneggiamenti provocati da radiazioni, alterazioni chimiche o errori di copiatura. Ciononostante, la sequenza di nucleotidi ogni tanto viene modificata: si verificano cioè delle mutazioni, le cui conseguenze sono grandemente variabili.
Alcuni cambiamenti dell'informazione genetica non hanno in pratica effetto sull'organismo, molti sono dannosi, mentre un numero limitato si rivela benefico, o quanto meno in grado di aiutare l'organismo ad adattarsi ad un ambiente nuovo o modificato.
Quale incidenza può avere una mutazione sul pool genico di una popolazione?
Le mutazioni sono rare, una ogni diecimila-un milione di geni per generazione e per individuo, per cui non possono costituire di per sé una causa primaria di evoluzione. Tuttavia, le mutazioni sono la fonte di nuovi alleli, nuove variazioni ereditabili sulle quali possono intervenire altri agenti dell'evoluzione. Come tali, sono perciò alla base del
cambiamento evolutivo. Senza mutazioni non esisterebbe diversità tra le forme di vita e probabilmente non vi sarebbe vita.
Ma le mutazioni non sono finalizzate. Una mutazione non insorge come conseguenza, o in previsione, di esigenze ambientali, ma semplicemente accade e può a sua volta determinare un cambiamento nella struttura o nelle funzioni dell'organismo. Che questo cambiamento sia vantaggioso o dannoso, immediatamente o in seguito, dipende dalle condizioni ambientali, su cui l'organismo esercita un controllo minimo.
La mutazione fornisce il potenziale; altre "forze", quali le migrazioni e soprattutto la selezione naturale, agendo su quel potenziale, possono favorire il diffondersi di una mutazione in seno a una popolazione oppure annullarne gli effetti.
Nella riproduzione sessuale, la ricombinazione genica produce nuove combinazioni di alleli esistenti
Vi sono tre passaggi grazie ai quali, durante la riproduzione sessuale, gli alleli vengono ricombinati.
Il primo si verifica nella meiosi, quando i cromosomi omologhi accoppiati vengono separati e distribuiti a caso nei gameti (per esempio, nei gameti degli esseri umani, dotati di 23
cromosomi, si possono produrre 8 milioni di combinazioni).
Il secondo si verifica allorché gli alleli nei singoli cromosomi vengono ricombinati grazie al crossing over tra coppie di cromosomi omologhi.
Il terzo si verifica al momento della fecondazione, quando coppie di gameti si fondono
casualmente a dare un uovo fecondato che contiene una combinazione di alleli esclusiva, il genotipo.
Molte di queste combinazioni di alleli producono differenze riscontrabili a livello comportamentale, anatomico o fisiologico (fenotipo), le quali a loro volta modificano la capacità di adattamento dell'individuo in rapporto al suo ambiente.
La popolazione in equilibrio è un'entità astratta non soggetta ad evoluzione
Per capire quali forze inducono l'evoluzione nelle popolazioni è utile considerare le caratteristiche di una popolazione non soggetta a evoluzione.
Nel 1908, il matematico inglese G. H. Hardy e il medico tedesco W. Weinberg definirono popolazione in equilibrio una popolazione al cui interno né le frequenze alleliche né la distribuzione dei genotipi mutano col succedersi delle generazioni; in altre parole una popolazione che permane in equilibrio genico: non modificandosi le frequenze degli alleli, non si ha evoluzione.
Una popolazione resta in equilibrio solo se in essa si verificano alcune condizioni restrittive:
non devono verificarsi mutazioni
non deve esserci un flusso di geni tra popolazioni, cioè non deve esserci una migrazione netta di alleli verso l'interno della popolazione (immigrazione) o verso l'esterno (emigrazione);
la popolazione deve essere formata da un numero elevato di individui (teoricamente infinito);
gli accoppiamenti devono essere casuali
non si deve verificare selezione naturale, vale a dire tutti i genotipi devono possedere le stesse capacità adattative e riproduttive.
Soddisfatte queste condizioni, le frequenze all'eliche entro una popolazione rimarranno costanti indefinitamente. La violazione di una o piú di queste condizioni determina un cambiamento delle frequenze alleliche, diventando cioè fonte di evoluzione
Come è facile intuire, pochissime popolazioni naturali sono in perfetto equilibrio.
Qual è allora l'importanza della legge di Hardy e Weinberg? Essa è un ottimo punto di partenza per lo studio dei meccanismi dell'evoluzione.
I MECCANISMI DELL'EVOLUZIONE
Le condizioni su cui si basa la legge di Hardy- Weinberg permettono di prevedere che in seno a una popolazione si verificheranno mutamenti evolutivi qualora:
a. intervengano mutazioni;
b. intervengano migrazioni;
c. le dimensioni numeriche siano ridotte;
d. gli accoppiamenti non siano casuali;
e. agisca la selezione naturale.
a. Le mutazioni sono la fonte ultima della variabilità genica
Una popolazione rimane in equilibrio genico solo se non si verificano mutazioni. Benché le mutazioni siano rare, sono comunque il risultato inevitabile del modo imperfetto con cui il DNA viene duplicato durante la divisione cellulare. Se questi errori si verificano in una cellula che produce gameti, la mutazione può, tramite la discendenza, entrare a far parte del pool genico della popolazione. In un lasso di tempo sufficientemente lungo, la variazione genica mediante mutazione diviene una realtà.
b. La migrazione provoca un flusso di geni tra popolazioni
Nell'uso piú comune la parola "migrazione" indica gli spostamenti stagionali di molte specie, soprattutto uccelli, tra i territori di riproduzione estivi e i piú o meno lontani rifugi invernali. Nell'ambito della biologia evolutiva, con migrazione si intende il flusso di geni tra popolazioni.
La migrazione, cioè il flusso genico, ha in sostanza due effetti significativi:
agevola la diffusione di alleli vantaggiosi all'interno della specie. Se in una certa popolazione compare un allele vantaggioso, la migrazione può distribuirlo in altre popolazioni della stessa specie;
contribuisce a preservare l'identità di specie in tutti gli organismi su un vasto territorio. Se vi sono individui migratori che trasportano costantemente i geni "dentro e fuori" le popolazioni, nelle loro frequenze alleliche non possono svilupparsi grandi differenze.
L'isolamento delle popolazioni e l'assenza di scambio genico tra loro è il fattore chiave all'origine di nuove specie.
c. Le piccole popolazioni sono soggette a variazioni casuali delle frequenze alleliche
Per rimanere in equilibrio genico, una data popolazione deve essere grande a sufficienza perché gli eventi casuali non abbiano significative ripercussioni sul suo assetto genico; in caso contrario, un accidente negativo potrebbe rappresentare un disastro, anche per gli individui piú dotati. Se la popolazione è sufficientemente grande, è difficile che gli eventi casuali alterino le frequenze geniche complessive. Viceversa, in una popolazione piccola
certi alleli sono posseduti solo da pochi individui, e quindi avvenimenti catastrofici possono ridurre, o eliminare del tutto, quegli alleli dalla popolazione.
La deriva genetica è un esempio di alterazione genica casuale in piccole popolazioni
La deriva genetica è un esempio di evento casuale in grado di cambiare le frequenze degli alleli in una popolazione di piccole dimensioni.
Due casi particolari di deriva genetica, l'effetto collo di bottiglia e l'effetto del fondatore, permettono di illustrare ulteriormente le enormi conseguenze che una popolazione di piccole dimensioni può determinare sulle frequenze alleliche di una specie.
L'effetto collo di bottiglia è un tipo di deriva genetica
Quando una popolazione attraversa una situazione a collo di bottiglia si riduce notevolmente di numero, al punto che restano solo pochi individui per fornire geni per le future popolazioni della specie.
I "colli di bottiglia" possono causare non solo differenze nelle frequenze alleliche, ma anche riduzioni nella variabilità genica.
L'effetto del fondatore è un caso particolare di deriva genetica
L'effetto del fondatore si verifica quando colonie isolate vengono originate da un ristretto numero di pionieri. Uno stormo di uccelli, per esempio, può perdersi durante la migrazione o in conseguenza di una tempesta. Tra gli uomini, può accadere che piccoli gruppi di persone si spostino per motivi politici e religiosi. In questi casi non è insolito che le frequenze alleliche siano anche molto diverse da quelle della popolazione parentale. Se l'isolamento dei fondatori si protrae a lungo, può formarsi una nuova popolazione nettamente diversificata dalla popolazione di origine.
In che misura la deriva genetica contribuisce all'evoluzione?
Nessuno lo sa con certezza. Di rado una popolazione naturale è estremamente piccola o tagliata fuori del tutto dal flusso genico delle altre popolazioni.
Tuttavia, capita che le popolazioni si riducano drasticamente; potrebbero essere proprio queste a contribuire in maggior misura ai mutamenti evolutivi. Infatti i biologi credono che le nuove specie si formino in seno alle popolazioni di piccole dimensioni.
d. La riproduzione all'interno di una popolazione non avviene quasi mai a caso
È raro che gli organismi si accoppino in modo strettamente casuale. Una forma di
accoppiamento non casuale si verifica nei casi in cui solo alcuni maschi, al termine di reciproche competizioni piú o meno cruente, conquistano il diritto di raccogliere intorno a sé un "harem" di femmine con cui generare la prole.
Un'altra forma di accoppiamento non casuale è rappresentata dagli accoppiamenti assortativi, in cui gli individui di ciascun sesso tendono a scegliere partner
di sesso opposto che siano simili a sé.
Una terza forma di accoppiamento non casuale - comune in molte specie di mammiferi e uccelli - interviene quando la scelta del partner è prerogativa di un sesso, in genere quello femminile; in
questi casi, in cui si parla di selezione sessuale, la femmina acconsente a unirsi a un maschio solo dopo averne "valutato" le qualità, esibite secondo certi schemi rituali.
e. Come conseguenza della selezione naturale, non tutti i genotipi sono ugualmente adattativi
L'equilibrio genico richiede che tutti i genotipi abbiano la stessa capacità adattativa, cioè che nessuno abbia sugli altri un vantaggio selettivo. Alcuni alleli possono essere neutri dal punto di vista adattativo, cosí da garantire agli organismi che li possiedono un'uguale probabilità di sopravvivere e di riprodursi. Ovviamente questo non vale per tutti gli alleli in tutti gli ambienti. Ogni qualvolta un allele conferisce una "piccola superiorità", la selezione naturale favorirà la moltiplicazione degli individui che ne sono
provvisti.
La selezione naturale non è la sola forza evolutiva: infatti la mutazione fornisce la variabilità iniziale e gli effetti casuali della deriva genetica possono modificare la frequenza allelica, fino a differenziare nuove specie.
Si devono anche aggiungere occasionali eventi catastrofici, che hanno comportato estinzioni di massa. In ogni caso la selezione naturale rappresenta il fondamentale agente che plasma il cambiamento evolutivo.
LA SELEZIONE NATURALE
Per molti, la selezione naturale è sinonimo di sopravvivenza del piú adatto.
In realtà, la selezione naturale ha piú a che fare con la capacità di riprodursi che non con quella di sopravvivere.
È vero che un organismo, per potersi riprodurre, deve prima riuscire a sopravvivere quel tanto che basta per raggiungere l'età adulta. In alcuni casi, è anche vero che l'individuo in grado di vivere piú a lungo ha piú probabilità di riprodursi. Ma nessuno vive per sempre, e l'unica garanzia perché i geni si perpetuino risiede nel successo riproduttivo. Quando un organismo muore, con lui muoiono anche i suoi geni. Se in vita si era riprodotto, in un certo senso egli continua a vivere nei geni che ha trasmesso alla sua discendenza. Quindi, nonostante i biologi evoluzionisti discutano della capacità di sopravvivenza piuttosto che di quella riproduttiva in realtà la selezione naturale ha a che fare con la riproduzione differenziale: gli individui portatori di determinati alleli lasciano una discendenza (a sua volta portatrice di quegli alleli) piú numerosa di quella degli individui portatori di altri alleli.
Gli effetti della selezione naturale sulle popolazioni si manifestano in tre modi principali
La selezione naturale non produce direttamente i suoi effetti sul genotipo, ma piuttosto sui fenotipi, ossia sui caratteri morfologici e sui comportamenti che contraddistinguono gli organismi di una popolazione.
I biologi, basandosi sugli effetti prodotti su una popolazione nel corso del tempo, riconoscono tre categorie principali di selezione naturale: la selezione direzionale, la selezione stabilizzante e la dirompente.
La selezione direzionale, dato un certo carattere (per esempio la grandezza), favorisce gli individui posti a uno degli estremi dell'intervallo di distribuzione quantitativa di quel carattere, a scapito di quelli posti in prossimità dei valori medi e di quelli situati all'altro estremo opposto del medesimo intervallo distributivo.
La selezione stabilizzante favorisce gli individui corrispondenti al valore medio di un determinato carattere, a scapito di quelli che possiedono i valori estremi per quel carattere.
La selezione dirompente favorisce gli individui che hanno valori estremi per quel carattere, a scapito di quelli che presentano il valore medio.
La selezione direzionale sposta i fenotipi verso una direzione ben precisa
Se le condizioni ambientali mutano bruscamente, per esempio in seguito a un cambiamento climatico o alla comparsa di nuovi predatori o prede, come risposta si può instaurare in una specie un rapido processo evolutivo.
L'acquisizione del lungo collo nella giraffa ha quasi certamente visto l'intervento della selezione direzionale: le prime giraffe dal collo piú slanciato si procacciavano piú cibo ed erano quindi piú prolifiche.
Quanto velocemente può la selezione direzionale modificare i genotipi? Dipende dalla natura genica della variabilità nella popolazione e dalla forza della selezione. Se nella popolazione esiste poca variabilità, o se i vari alleli sono responsabili di fenotipi tra loro non molto dissimili, la selezione direzionale opererà trasformazioni lente. Può accadere che una popolazione non riesca a replicare rapidamente alle pressioni selettive e venga condannata all'estinzione. La selezione direzionale opererà trasformazioni veloci se la variabilità è alta o se gli alleli determinano fenotipi assai diversi tra loro.
La selezione stabilizzante agisce contro gli individui che si discostano troppo dalla media
Selezione naturale non è necessariamente sinonimo di incessante cambiamento e "miglioramento" di una specie. Se quella specie è già ben adattata a un particolare ambiente e l'ambiente non subisce alterazioni, le variazioni, per effetto di nuove mutazioni o ricombinazioni di vecchi alleli, saranno in massima parte dannose. La selezione privilegerà pertanto la sopravvivenza e la riproduzione di individui "medi", una situazione che corrisponde alla selezione stabilizzante.
In determinate circostanze la selezione stabilizzante opera in modo da non eliminare la variabilità, bensí da conservarla. L'opposizione alla pressione selettiva dà spesso origine a un polimorfismo bilanciato, nel quale due o piú alleli di un gene sono conservati in una popolazione poiché ciascuno è favorito da una distinta forza selettiva.
La selezione dirompente rende gli individui di una certa popolazione adattati ad habitat diversi
La selezione dirompente può verificarsi quando una popolazione occupa un'area che fornisce differenti tipi di risorse utilizzabili da parte di quella specie. In questa situazione lo sviluppo di caratteristiche differenti conferisce agli individui la massima capacità di adattamento all'impiego di ciascun tipo di risorsa.
La selezione naturale assume forme diverse
La selezione naturale agisce eliminando gli individui che non possiedono le caratteristiche richieste per sopravvivere e riprodursi nel loro ambiente. Tali caratteristiche sono chiamate adattamenti e il processo che ne consente l'acquisizione prende anch'esso il nome di adattamento, in considerazione del fatto che il risultato finale della selezione naturale è
l'adattamento all'ambiente
L'ambiente di un organismo si può suddividere in due componenti: una abiotica, inanimata, e una biotica, costituita dagli altri organismi. Gli adattamenti a entrambe le componenti si realizzano attraverso la selezione naturale.
L'ambiente abiotico comprende fattori fisici quali il clima, la disponibilità di acqua, di sostanze minerali disciolte nel terreno ecc. ed esprime i requisiti "minimi" che occorrono a un organismo per sopravvivere e riprodursi.
La maggioranza degli adattamenti negli organismi moderni è però frutto di interazioni con altri organismi.
Come scrisse Darwin: «[] La struttura di ogni essere organico è legata a quella di tutti gli altri esseri organici, con cui viene a competizione per il cibo e il territorio, o da cui deve fuggire, o di cui si nutre».
Quando due specie o due popolazioni di una stessa specie interagiscono intensamente, ciascuna esercita sull'altra pressioni selettive. Se una specie sviluppa un nuovo carattere, o ne modifica uno vecchio, l'altra spesso reagisce perfezionando nuovi adattamenti.
La costante, reciproca azione tra due specie viene definita coevoluzione
La competizione per le risorse piú scarse favorisce gli individui piú adatti
Una delle piú importanti forze selettive nell'ambiente biotico è la competizione con altri individui della stessa specie. Se ne rese ben conto Darwin, che ne L'origine delle specie affermò: «[] La lotta quasi invariabilmente sarà piú accanita tra gli appartenenti alla medesima specie, giacché essi frequentano le stesse zone, vogliono lo stesso cibo, e sono esposti agli stessi pericoli». In altri termini, nessun competitore ha esigenze tanto simili come un individuo della stessa specie. Uccelletti canori dai colori smaglianti, come i pettirossi e i cardinali americani, si sovrappongono ampiamente nell'area di distribuzione,
nidificando entrambi in primavera tra gli alberi.
La competizione è però ridotta grazie alle diverse abitudini alimentari. Può comunque accadere che due o piú specie si disputino le stesse risorse, anche se in generale senza
troppo accanimento. Il fatto che un particolare tratto di prateria sia ricoperto di graminacee, di artemisia o di alberi è almeno in parte determinato dalla lotta tra queste piante per sfruttare la poca umidità disponibile.
Durante la predazione, predatore e preda agiscono entrambi quali agenti della selezione
Nel senso piú generale, con il termine di predazione si intende qualsiasi situazione in cui un organismo si nutre a spese di un altro organismo.
A volte la coevoluzione tra predatore e preda è una sorta di "corsa agli armamenti biologici", in cui ciascuno va sviluppando nuovi adattamenti in risposta ai mutamenti evolutivi dell'altro.
La simbiosi fa sí che due o piú specie sviluppino legami molto stretti tra loro
La vita in comune di individui di due specie diverse in una prolungata e intima relazione ecologica prende il nome di simbiosi. Di norma uno dei due organismi trae profitto dall'associazione, mentre l'altro può riceverne un danno o un vantaggio, oppure subirla senza esserne influenzato.
Da un punto di vista evolutivo, la simbiosi conduce agli adattamenti coevolutivi piú complessi. I simbionti trascorrono in pratica insieme l'intera esistenza e almeno uno dei due organismi, e non di rado entrambi, deve incessantemente adattarsi ai mutamenti evolutivi sviluppati dall'altro.
LA FORMAZIONE DI NUOVE SPECIE: LA SPECIAZIONE
La speciazione dipende dall'isolamento delle popolazioni e dalla divergenza genica
Si definisce specie l'insieme di tutte le popolazioni di organismi che sono potenzialmente in grado di incrociarsi tra loro in natura, dando origine a una prole sana e feconda
Il processo attraverso cui si forma una nuova specie viene detto speciazione.
Normalmente, nel loro ambiente naturale, i componenti di una specie non si accoppiano con quelli di un'altra. Quando ciò accade, come nel caso dell'incrocio tra un asino e una cavalla, che dà origine al mulo, la prole è in genere costituita da ibridi sterili (nel caso del mulo, ciò è dovuto al fatto che, al momento della meiosi, i cromosomi dei due genitori non riescono ad appaiarsi).
Perché si possa produrre una nuova specie, i meccanismi evolutivi devono introdurre nelle popolazioni cambiamenti genici tali da escludere ogni possibilità di accoppiamento con altre specie o rendere comunque la prole ibrida che eventualmente ne derivi incapace di riprodursi con successo.
La speciazione dipende da:
l'isolamento delle popolazioni. Affinché due popolazioni divengano sufficientemente diverse dal punto di vista genetico, perché il loro incrocio ne risulti fortemente ostacolato o del tutto impedito, è necessario che tra loro lo scambio (o migrazione) di geni sia limitato. In caso contrario, i cambiamenti a livello genetico che si verificano in una popolazione si diffonderebbero rapidamente anche nell'altra;
la divergenza genica. Non basta che due popolazioni siano isolate; perché diventino due specie diverse occorre che durante il periodo di isolamento abbiano sviluppato una differenza genetica sufficientemente profonda da impedire loro, in seguito a un eventuale
ricongiungimento, di incrociarsi dando origine a una prole vigorosa e feconda. Se le popolazioni isolate sono piccole, si possono produrre casualmente differenze genetiche significative dovute alla deriva genetica. Sia nelle popolazioni piccole sia in quelle grandi,
pressioni selettive di tipo diverso, esercitate in ambienti diversi, sono in grado di favorire l'insorgere di differenze genetiche marcate.
In natura, la speciazione è stata osservata di rado, tuttavia, i biologi, basandosi in parte su considerazioni teoriche e in parte su esperimenti e osservazioni, hanno formulato ipotesi plausibili sull'origine di nuove specie in almeno due casi:
la speciazione allopatrica (relativa a due popolazioni isolate geograficamente);
la speciazione simpatrica (relativa a due popolazioni viventi nella stessa area).
La speciazione allopatrica riguarda le popolazioni fisicamente separate
La speciazione allopatrica (termine di derivazione greca che signif ica «di patria diversa») si verifica quando due popolazioni restano isolate geograficamente tra loro, vale a dire quando sono separate da una grande distanza o da barriere insormontabili quali un fiume o una catena montuosa.
La speciazione simpatrica riguarda le popolazioni che vivono nella stessa area
La speciazione simpatrica (cioè «della stessa patria») riguarda una singola popolazione residente in una certa area geografica. Per avere luogo, la speciazione simpatrica richiede un flusso genico limitato, esattamente come per quella allopatrica. Ci sono due modi perché tale condizione si verifichi: l'isolamento ecologico e le aberrazioni cromosomiche
L'isolamento ecologico limita popolazioni diverse in habitat diversi di una stessa area
Se una stessa area geografica contiene due tipi di habitat diversi (per tipo di cibo, luoghi di nidificazione ecc.), alcuni membri della specie possono cominciare a specializzarsi per uno di tali habitat. Se si verificano le giuste condizioni, la selezione naturale indirizzata verso la specializzazione per un certo habitat può dividere la specie originaria in due specie diverse.
L'alterazione del numero di cromosomi può determinare l'isolamento riproduttivo immediato di una popolazione
In alcuni casi, le nuove specie possono prodursi istantaneamente sia mediante alterazioni
nella configurazione o nel numero di cromosomi, sia per via di irregolarità durante la meiosi. Un meccanismo di speciazione comune è quello per poliploidia, cioè l'acquisizione di copie multiple di cromosomi.
LA GENETICA DELLA SPECIAZIONE
Quando le piante producono nuove specie per poliploidia, si verifica un mutamento a livello genico improvviso e di vasta portata. Ma che dire degli altri casi della speciazione allopatrici e simpatrici? Ci sono due modelli per descrivere la speciazione: l'accumulo graduale di molti cambiamenti di piccola entità, e l'improvvisa comparsa di pochi ma cospicui mutamenti.
Dal momento che sono stati osservati pochi casi di speciazione e le conoscenze sulla genetica dello sviluppo sono scarse, appare difficile stabilire qual è il modello corretto. Il dibattito a tale proposito continuerà fino a quando l'indagine biologica molecolare non chiarirà meglio le basi genetiche dello sviluppo e delle differenze tra le specie durante lo sviluppo.
Il primo modello di speciazione sottolinea l'importanza del lento accumularsi di numerosi piccoli cambiamenti genici
Due popolazioni, vuoi per deriva genetica, vuoi per pressioni selettive differenziate, accumulano gradualmente piccole differenze geniche. Nel corso del tempo, questo accumulo porta all'isolamento riproduttivo delle due popolazioni che finiscono cosí col dare vita a due specie distinte.
Il secondo modello di speciazione sottolinea la comparsa improvvisa di pochi cambiamenti significativi
Il secondo modello parte dall'idea che un singolo gene regolatore, o un piccolo numero di questi controllino i percorsi principali dello sviluppo: per esempio, il modo in cui cellule in origine simili si sono specializzate nella formazione di strutture diverse.
Sappiamo che ciò è vero per quanto riguarda certi aspetti dello sviluppo degli animali; quindi, le mutazioni in alcuni dei geni regolatori potrebbero produrre cambiamenti significativi nello sviluppo tanto da isolare subito i mutanti dalla popolazione originaria. La
specie nuova si produrrebbe pertanto all'istante.
L'ESTINZIONE
Non sempre la selezione naturale porta all'adattamento. Può anche condurre alla morte di tutti i membri di una specie, cioè all'estinzione. Trilobiti artropodi, dinosauri, tigri dai denti a sciabola, tutti scomparsi da tempo, ci sono noti soltanto attraverso i loro resti fossili.
Secondo le stime dei paleontologi almeno il 99,9% delle specie formatesi nel corso dei millenni è ormai estinto. Perché? Due fattori sembrano predestinare una specie a una fine prematura: la distribuzione localizzata e la superspecializzazione.
La distribuzione localizzata e la superspecializzazione rendono una specie vulnerabile ai mutamenti ambientali
Quanto alla distribuzione localizzata, non è difficile rendersi conto che, se una specie è presente solo in un'area geografica molto limitata, sarebbe sufficiente una perturbazione ambientale (per esempio climatica) di una certa entità per condannarla all'estinzione. Invece le specie ad ampia
distribuzione geografica in genere non soccombono a catastrofi ambientali localizzate. Anche una specie superspecializzata a uno specifico ambiente è vulnerabile rispetto al pericolo di estinzione.
Le cause determinanti dell'estinzione
Le principali modificazioni all'origine dell'estinzione di una specie sono connesse alle interazioni con altri organismi (competizione tra specie, comparsa di nuovi predatori e parassiti) e soprattutto all'alterazione e alla distruzione dell'habitat.
Estinzione provocata da interazioni con altri organismi
La lotta per sfruttare le risorse limitate è una realtà che si deve fronteggiare in qualsiasi ambiente
Se i competitori acquisiscono adattamenti superiori e una specie non riesce a evolversi abbastanza in fretta da adeguarsi, il suo destino è segnato.
Estinzione provocata dall'alterazione e dalla distruzione dell'habitat
Esistono fondate ragioni per credere che la distruzione dell'habitat possa esse-
re la causa primaria di estinzione, oggi come in passato
Le modificazioni ambientali provocate attualmente dall'uomo stanno moltiplicandosi con una rapidità che desta giustificati timori.
L'estinzione piú rapida nella storia della vita sulla Terra avverrà forse nei prossimi cinquant'anni, via via che le foreste tropicali saranno abbattute per ricavarne legname e spazio da destinare all'allevamento e alle coltivazioni: potrebbe scomparire circa la metà delle specie esistenti.
Gli sconvolgimenti ecologici del passato hanno seguito cadenze piú lente, ma non per questo prive di conseguenze anche gravi.
Molte estinzioni sono attribuibili a mutamenti climatici. Piú di una volta a un clima caldo e umido sono succedute condizioni piú fredde e secche, caratterizzate da una maggiore variabilità della temperatura. Innumerevoli piante e animali non riuscirono ad adattarsi a condizioni di freddo rigido e si estinsero. Una causa di cambiamento climatico è la deriva dei continenti. "Slittando" sul sottostante mantello viscoso, le zolle continentali emerse si muovono e variano di latitudine.
Un modo fulmineo di distruzione dell'habitat potrebbe essere provocato da eventi geologici catastrofici, come per esempio massicce eruzioni vulcaniche.
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