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AIDS - Acquired Immune Deficiency Syndrome




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AIDS è l'acronimo di Acquired Immune Deficiency Syndrome o, in italiano, sindrome da immunodeficienza acquisita e con esso si definisce la sindrome in cui si riscontra un insieme di manifestazioni dovute alla deplezione di linfociti T. In queste manifestazioni sono comprese infezioni da microrganismi rari o non patogeni ed insorgenza di tumori sia comuni nella popolazione generale sia caratteristici delle persone immunocompromesse sia peculiari di chi presenta tale sindrome. L'AIDS è causata dal virus HIV.

Epidemiologia

Si pensa che la sindrome sia originata nell'Africa sub-sahariana (Gao et al., ) per mutazione di un retrovirus animale, forse della scimmia, che nel XX secolo fu trasmesso alla popolazione umana diventando poi una epidemia globale. La UNAIDS e il WHO stimano 25 milioni di morti dalla scoperta della sindrome, il che ne ha fatto una delle più terribili epidemie della storia. Nel solo 2005 sono stati stimati circa 3,1 milioni di morti di cui 570.000 bambini.Globalmente, un numero compreso tra 36,7 e 45,3 milioni di persone vive con l'HIV (fonte UNAIDS, 2005). Nel 2005, un numero compreso tra 4,3 e 6,6 milioni di persone è stato infettato e un numero compreso tra 2,8 e 3,6 milioni di persone è morto per l'AIDS, un incremento dal 2004 e il numero più alto dal 1981.

Patogenesi

Ciò che l'infezione virale provoca è la comparsa di uno stato infiammatorio cronico che si risolve in un deficit funzionale e quantitativo del sistema immunitario. Sebbene una risposta immune particolarmente forte può essere utile per controllare la replicazione virale, il mantenimento di un tale stato nel corso del tempo può portare a progressivo esaurimento e deplezione cellulare.
Evento centrale nella patogenesi dell'infezione da HIV è l'interessamento della linea linfocitaria.
Effettivamente oltre alla riduzione numerica si notano anche vari fenomeni imputabili alla riduzione funzionale dei linfociti T:

  • Riduzione della risposta proliferativa alla stimolazione antigenica,
  • Sbilanciamento della risposta Th1 a favore di quella Th2. Ciò determina una riduzione dell'immunità cellulare a tutto vantaggio di quella umorale,
  • Mancanza o riduzione della risposta T ad opera di antigeni cui si era precedentemente suscettibili. Si ipotizza che ciò possa essere dovuto ad una precoce deplezione dei linfociti CD4 di memoria probabilmente a causa della loro alta espressione del recettore CCR5.

Attualmente si ritiene che tutti questi fenomeni non abbiano una base univoca ma multifattoriale:

  • è noto che l'HIV sia in grado di uccidere direttamente la cellula per lisi (effetto citopatico). Ciò potrebbe avvenire per accumulo eccessivo di particelle o materiale genetico o proteico di natura virale. Si pensa che a ciò si possa aggiungere un'inibizione eccedente dell'espressione proteica della cellula ospite,
  • l'HIV è in grado di generare sincizi per la fusione delle membrane cellulari di cellule infette tra loro oppure con cellule sane a causa del legame che si può formare tra gp120 e CD4,
  • A seguito della fusione si determina un forte rigonfiamento e morte cellulare in poche ore. Sembrerebbe che la capacità di formare sincizi sia limitata solo ai ceppi T-tropici di HIV-1,
  • la formazione di anticorpi contro proteine dell'envelope virale può essere responsabile della lisi di cellule esprimenti questi antigeni sulla loro superficie. Possono intervenire diversi fenomeni in quest'evento: la lisi mediata da linfociti T specifici o ad opera di cellule citotossiche (NK, granulociti, fagociti mononucleati),
  • apoptosi linfocitaria. Questo fenomeno coinvolgerebbe sia i linfociti T CD4+ che quelli CD8+. Per i primi si sospetta il coinvolgimento del legame CD4-gp120 nella genesi del fenomeno cui si aggiunge l'attivazione linfocitaria per stimolazione del recettore per l'antigene(TCR) con conseguente aggregazione dei CD4 e scatenamento del fenomeno apoptotico. Nella genesi di questo fenomeno, tuttavia, sono coinvolti altri fattori. Varie proteine virali, env, vpr, nef, vpu e tat hanno dimostrato di indurre apoptosi in linfociti T non infetti sebbene tra essa si ritenga che in vivo l'azione più importante venga svolta da env. Anche l'attivazione del recettore CXCR4 riveste una certa importanza in quanto esso è in grado di indurre una cascata molecolare apoptotica indipendente da Fas. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che l'attivazione di CXCR4 è un evento importante nello sviluppo dell'apoptosi sia dei linfociti CD4+ che CD8+,
  • perdita dei precursori delle cellule immunitarie. Si ritiene che ciò possa avvenire o per infezione diretta delle o di cellule progenitrici situate nel timo o di cellule accessorie capaci di secernere citochine e fattori necessari al processo di differenziazione.
  • si è notato un certo grado di omologia tra gp120, gp41 e gli antigeni HLA-DR e HLA-DQ. Ciò ha portato ad ipotizzare che eventuali anticorpi contro le proteine virali possano cross-reagire con le proteine HLA espresse su linfociti specifici determinando, così, un blocco del legame di quest'ultimi con il recettore CD4 delle cellule infette cui segue un'inibizione di tipo funzionale,
  • sembrerebbe che il legame di gp120 o gp41 sul CD4 sia in grado di inibire la funzione dei linfociti T helper rendendoli incapaci di rispondere alla stimolazione mediata da CD3,
  • possibile legame di superantigeni di origine virale alla catena b del TCR con conseguente anergia linfocitaria.

In corso di infezione da HIV vengono a crearsi due compartimenti virologici distinti ma comunicanti:

  • un compartimento attivo costituito dal virus libero nel sangue e da quello contenuto all'interno di linfociti caratterizzato da una replicazione virale elevata,
  • un compartimento di latenza costituito da linee cellulari e zone anatomiche dell'organismo dove il virus resta in uno stato latente e che fungono, perciò, da serbatoi (reservoir).

Se il compartimento attivo gioca un ruolo importante nel danneggiare il sistema immunitario, quello di latenza è il principale responsabile della mancata eradicazione del virus dall'organismo.

I reservoir di HIV vengono suddivisi in cellulari ed anatomici.
Quelli cellulari sono costituiti dalle cellule follicolari-dendritiche, dai linfociti CD4+ quiescenti e dai monociti-macrofagi.

Dei reservoir anatomici fanno parte, invece, il sistema nervoso centrale ed i testicoli (sebbene altri compartimenti dell'organismo siano sopettati di avere una funzione simile).

Le cellule follicolari dendritiche sembrano avere un ruolo importante, almeno nelle prime fasi dell'infezione, a causa della loro funzione di presentazione dell'antigene, nel portare il virus a contatto con gli organi linfoidi o i linfociti CD4+. Oltre a ciò si è visto che sono capaci di trattenere sulla loro superficie un elevato quantitativo di virioni. Tuttavia in corso di terapia antiretrovirale tale numero si riduce drasticamente a tal punto che qualche autore sostiene che esse, in corso di terapia antiretrovirale efficace, perdano la loro funzione di reservoir o, al massimo, che diventi di secondo piano. E' da notare, tuttavia, che tale conclusione non è unanimemente condivisa.

I linfociti CD4+ quiescenti possono essere infettati da HIV anche se le modalità di questo fenomeno non sono ancora chiare. I linfociti quiescenti vengono sottoposti a maturazione nel timo e da lì emergono rimanendo in uno stato latente fino all'incontro con l'antigene. Si ritiene che l'infezione col virus possa avvenire o nello stadio immaturo all'interno del timo (organo nel quale il virus è stato rintracciato) o nello stadio di quiescenza una volta completata la maturazione. In tal caso si ritiene che a causa dello stato di quiete della cellula il genoma virale si trovi nella forma non integrata. Un'altra ipotesi sostiene che il virus infetti linfociti attivi i quali, una volta concluso il loro stato di attività, possono andare incontro ad uno stato di latenza, ammesso che siano riusciti a sopravvivere. In tal caso il genoma virale si trova nella forma integrata anche se non si ha produzione di virioni.

I monociti/macrofagi sono un compartimento sottoposto ad un infezione cronica e produttiva da parte di HIV, essendo poco sensibili agli effetti citopatici del virus. La continua produzione virale e la capacità dei monociti di veicolare il virus in quasi tutto l'organismo rendono tale compartimento il più importante nel mantenimento dell'infezione. E' noto,inoltre, che i monociti/macrofagi sono la principale fonte di virus in caso di interruzione o fallimento della terapia antiretrovirale.

È noto che HIV si può ritrovare nel sistema nervoso centrale di individui infetti. Da alcuni dati si ipotizza che la penetrazione del virus possa avvenire in tempi molto precoci dopo l'ingresso nell'organismo. Nel sistema nervoso centrale l'infezione virale è limitata ai macrofagi ed alle cellule della microglia mentre gli altri tipi cellulari non sembrano essere coinvolti (tranne gli astrociti la cui infezione, come si è affermato precedentemente, non è produttiva). L'assoluta particolarità del sistema nervoso centrale quale elemento di riserva di HIV la si evince anche dal fatto che il virus in esso presente è genotipicamente e fenotipicamente differente rispetto a quello plasmatico ed è tendenzialmente R5-using.

Per quanto riguarda l'apparato genitale maschile è noto che nel liquido seminale il virus si può rintracciare. sebbene non sia chiaro da quale cellule possa venir trasmesso. Da questo punto di vista è interessante notare che, in alcuni esperimenti, HIV-2, ma non HIV-1, abbia dimostrato di infettare le cellule di Leydig. Un altro studio ha dimostrato che i macrofagi testicolari esprimono CCR5, CXCR4, CD4 e CD45 suggerendo che essi siano i principali distributori del virus a quel livello. Anche nel caso dell'apparato genitale il virus rintracciabile presenta mutazioni differenti rispetto a quello plasmatico.

Clinica

In circa la metà delle persone infettate dal virus dopo circa 3-6 settimane dal contatto si verifica una sindrome similnucleosica, la quale è espressione della cosiddetta 'infezione acuta primaria' (o PHI: Primary HIV Infection), la prima fase dell'infezione da HIV, che spontaneamente regredisce e che è caratterizzata da: faringite, febbre, linfoadenopatia, astenia, cefalea, sonnolenza e rash cutaneo morbilliforme. La gravità dei sintomi è assai variabile. Tali manifestazioni si accompagnano ad un'intensa viremia ed ad un forte aumento della proteina p24. In alcuni casi si sono verificate delle infezioni opportunistiche probabilmente a seguito di una rapida diminuzione o disfunzione dei linfociti CD4. Come affermato precedentemente tale quadro sindromico regredisce in maniera spontanea e si assiste anche ad un aumento dei CD4 che tende a riportarsi nella norma (o a poco meno) ed a rimanere costante per un periodo più o meno lungo. Nel 10% dei casi, tuttavia, il quadro immunologico non migliora e precipita in maniera fulminante.

A distanza di 1-3 mesi dall'infezione si può verificare una sieroconversione con comparsi di anticorpi contro gli antigeni virali. Si ritiene che questo fenomeno sia coinvolto nella regressione della sintomatologia similnucleosica in quanto determina una brusca diminuzione, fino ad un valore di equilibrio noto con il nome di set point virologico, della carica virale che, talvolta, diventa così bassa da non essere più rilevabile anche se il virus permane a livello dei linfmonociti. Il sistema immunitario, però, non riesce ad eliminare completamente il virus dall'organismo.
Successivamente il quadro della persona infetta tende a rimanere costante per un periodo assai variabile la cui mediana si aggira intorno ai 10 anni. Questo quadro viene definito di latenza clinica in quanto la persona non accusa altri sintomi o segni di malattia ma il cui sistema immunitario tende lentamente a declinare. Si è notato che la velocità di progressione è correlabile con la quota di RNA di HIV presente, ossia con il valore di set point.
Maggiore è la quota di RNA, più rapido è il passaggio ad uno stato sintomatico. Talvolta in questa fase si può generare una linfoadenopatia persistente.La continua deplezione dei linfociti CD4 e la loro disfunzione causano la comparsa di malattie alcune delle quali dovute ad infezioni opportunistiche mentre le altre sembrano dovute allo stato di infezione cronica da HIV. Tra le più frequenti si ricordano:

  • Linfoadenopatia generalizzata,
  • Lesioni orali quali mughetto, leucoplachia (forse per azione del virus di Epstein-Barr) ed ulcere aftose,
  • Herpes Zoster,
  • Trombocitopenia a causa sconosciuta ma di cui si sopetta un'azione diretta del virus sui megacariociti,

In questo stadio possono anche comparire lesioni neurologiche di vario tipo sia periferiche che centrali (queste ultime fanno parte di un complesso sindromico che va sotto il nome di AIDS Dementia Complex).
A questi sintomi se ne possono accompagnare anche altri quali febbre, diarrea e dimagrimento che vanno sotto il nome di complesso correlato con l'AIDS (AIDS related complex, ARC). I reperti che si ritrovano in corso di ARC da molti autori non sono considerati come uno stato di AIDS conclamato anche se, ovviamente, sono espressione di un declino del sistema immunitario.

Lo stato di ARC successivamente culmina nello stadio di AIDS conclamato caratterizzato da svariate infezioni opportunistiche (polmonite da Pneumocisitis carinii, criptosporidosi, toxoplasmosi, istoplasmosi, candidosi, citomegalovirus, tubercolosi, micobatteriosi atipiche, ecc.), neoplasie varie (sarcoma di Kaposi, linfomi a cellule B, carcinomi) e da una progressione del quadro neurologico.

Il più delle volte l'exitus avviene a seguito delle infezioni opportunistiche tra cui più spesso per le polmoniti.

Terapia

Attualmente, l'infezione da HIV viene trattata con la cosiddetta highly active antiretroviral therapy (HAART) nella quale si utilizzano opportune combinazioni di farmaci antiretrovirali. Il suo utilizzo, a partire dal suo ingresso nel , ha consentito di ridurre la morbidità e la mortalità degli individui che sono stati infettati dal virus. Tale terapia, inoltre, permette anche un miglioramento dei parametri immunitari con un netto aumento del linfociti CD4+ che sembra permanere fino a 4-5 anni cui si accompagna un abbassamento della carica virale plasmatica e liquorale.
L'utilizzo della HAART, tuttavia, in uno studio preliminare condotto su dieci persone infette da HIV-2 sembra avere una minore efficacia rispetto ai risultati che si ottengono con HIV-1.
Attualmente la terapia antiretrovirale utilizza farmaci appartenenti a tre classi:

  • gli inibitori della trascrittasi inversa, a loro volta distinti in inibitori nucleosidici, nucleotidici e non nucleosidici,
  • gli inibitori della proteasi,
  • gli inibitori della fusione,

Gli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa per esplicare la loro azione devono venir trifosforilati dalle chinasi endocellulari e successivamente competono con i desossinucleotidi endogeni durante il processo di retrotrascrizione. L'efficacia di tali composti dipende dalla concentrazione intracellulare loro e dei desossinucleotidi con cui si trovano a competere. Ciò significa che cellule come i macrofagi, che hanno un metabolismo limitato ed in conseguenza di ciò una concentrazione molto bassa di desossinucleotidi, sono assai sensibili all'azione di tali farmaci.

Gli inibitori nucleotidici, di cui in Italia è registrato solo il Tenofovir si comportano come inibitori competitivi della trascrittasi inversa, come gli inibitori nucleosidici, ma, a differenza di quest'ultimi, presentano un gruppo fosfato legato ad una purina od una pirimidina. Ciò permette l'eliminazione della prima tappa di fosforilazione semplificando le tappe di metabolizzazione riducendole a due. Anche tale categoria di farmaci, così come gli inibitori nucleosidici, presenta un'azione maggiore sui macrofagi che sui linfociti infettati. Si è visto che l'indice terapeutico del Tenofovir sui monociti/macrofagi si aggira intorno a 15000 mentre sui linfociti si situa su 20.

Gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa esplicano la loro attività legandosi direttamente al sito attivo dell'enzima determinandone il blocco dell'azione. Tali farmaci sono indipendenti dal metabolismo cellulare in quanto non necessitano di alcuna modificazione e non risentono della concentrazione di dessosinucleotidi. A seguito di ciò il loro effetto su monociti/macrofagi e linfociti sembra essere equivalente.

Gli inibitori della proteasi vanno a bloccare l'ultima parte del ciclo replicativo di HIV in quanto impediscono la maturazione delle proteine virali. Ciò determina un blocco dell'assemblaggio e del rilascio di nuovi virioni. Un tale meccanismo d'azione fa sì che gli inibitori della proteasi siano utili in tutte quelle situazioni in cui le fasi iniziali del ciclo virale sono già passate rendendo perciò inutile l'uso degli inibitori della trascrittasi inversa. Una simile situazione si rinviene nei macrofagi i quali, come si è visto precedentemente, fungono da reservoir di HIV ai cui effetti citopatici sono poco sensibili. In tali cellule il genoma virale è già integrato in quello dell'ospite per cui gli unici composti in grado di bloccare la replicazione virale a questo livello attualmente sono gli inibitori della proteasi. Sfortunatamente la concentrazione efficace di questi composti sui monociti/macrofagi e maggiore di quella dei linfociti CD4+ attivi e spesso sono equivalenti alle massime concentrazioni plasmatiche raggiungibili in vivo. Ciò non solo può favorire la comparsa di effetti avversi ma può anche rendere ragione del fatto che in alcuni distretti dell'organismo l'inibizione della replicazione virale nei monociti/macrofagi ottenuta in tal modo sia incompleta.

Gli inibitori della fusione sono una categoria di farmaci usciti di recente di cui, al momento, l'unico esponente è l'Enfuvirtide, determinano un blocco del processo di fusione del virus con la membrana della cellula ospite. Questo processo si articola in tre fasi: aggancio, legame ai corecettori e fusione delle membrane. Enfuvirtide è un peptide che mima un motivo della proteina gp41. Quando la proteina gp120 si aggancia ai suoi recettori, gp41 subisce una serie di cambiamenti conformazionali che culminano nella formazione di una struttura a tre foglietti β che funziona da ponte tra il virione e la cellula da infettare. Enfuvirtide determina un blocco della regione amino-terminale della gp41 impedendo la formazione dei tre foglietti.

Sintomatologia

I primi sintomi dell'AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti con un normale sistema immunitario. La maggior parte sono infezioni causate da batteri, virus, funghi, parassiti e altri organismi (Holmes et al., 2003). Negli individui affetti da AIDS sono comuni le infezioni opportunistiche, e aumenta il rischio di sviluppare varie forme di tumore come il Sarcoma di Kaposi, tumori del cervello e linfomi. Sintomi comuni sono febbre, sudorazione specie notturna, ingrossamento ghiandolare, tremore, debolezza e perdita di peso (Guss, 1994a; 1994b). La sopravvivenza media con terapia antiretrovirale è di 4-5 anni dal momento della diagnosi di AIDS conclamato (Schneider et al., 2005). Senza il supporto terapeutico la morte sopravviene entro un anno (Morgan et al., 2002b). La maggior parte dei pazienti muore per infezioni opportunistiche dovute al progressivo indebolimento del sistema immunitario.

Classificazione delle infezioni e malattie da HIV dell'OMS

Nel 1990, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raggruppato i diversi tipi di casi definendo una scala per i pazienti affetti da HIV-1. Questa è stata aggiornata nel settembre del 2005. La maggior parte di queste infezioni opportunistiche può essere facilmente curata in soggetti altrimenti sani.

  • Stadio I: l'infezione da HIV è asintomatica e non categorizzata come AIDS
  • Stadio II: include minori manifestazioni mucocutanee e ricorrenti infezioni del tratto respiratorio superiore
  • Stadio III: include diarrea cronica prolungata per oltre un mese, gravi infezioni batteriche e tubercolosi
  • Stadio IV include toxoplasmosi del cervello, candidosi di esofago, trachea, bronchi o polmoni e sarcoma di Kaposi; queste patologie sono usate come indicatori dell'AIDS.

Sistema di Classificazione delle Infezioni da HIV secondo i CDC

Negli USA, la definizione di AIDS è governata dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Nel 1993, i CDC allargarono la loro definizione di AIDS andando ad includere persone sane ma positive al test per l'HIV, e con un numero di linfocitiT CD4+ inferiore a 200 per µl di sangue. La maggioranza dei nuovi casi di AIDS negli Stati Uniti sono diagnosticati quando si ha un basso numero di linfociti T ed è presente una infezione da HIV.

Manifestazioni cliniche dell'AIDS

patologie polmonari:

Polmonite da Pneumocystis jiroveci

La polmonite da Pneumocystis jirovecii (originariamente noto come Pneumocystis carinii), nelle persone immunocompetenti è relativamente rara ma diventa piuttosto comune nelle persone con AIDS. Tra costoro, prima dello sviluppo di trattamenti efficaci e delle appropriate metodologie diagnostiche, si trattava di una delle più frequenti cause di morte nei paesi ricchi. Tuttora, resta uno dei segni principali di AIDS in individui non sottoposti al test per HIV e tende a presentarsi soprattutto nei casi in cui la conta dei linfociti CD4 è inferiore ai 200 per µl.

Tubercolosi

La tubercolosi, tra le principali patologie associate all'infezione da HIV, è l'unica che può essere trasmessa a persone immunocompetenti tramite la respirazione. Si tratta d'una patologia che può manifestarsi anche ai primi stadi dell'infezione da HIV ma al momento si dispone di efficaci terapie preventive. Una delle più grandi problematiche per il futuro, tuttavia, è il crescente tasso di resistenza polifarmacologica.
Nonostante fosse ritenuta essere sotto controllo nei paesi occidentali, grazie alle terapie farmacologiche ed a misure di sanità pubblica, la sua incidenza è ripresa a salire e nei paesi in via di sviluppo è rimasta sempre su alti tassi di prevalenza, grazie anche alla crescente diffusione di HIV nella popolazione.
Nei primi stadi dell'infezione da HIV (in cui la conta dei linfociti CD4+ è >300 cellule per µl), la tubercolosi si manifesta principalmente come patologia polmonare mentre, nei casi avanzati, si presenta nelle forme extrapolmonari con interessamento del midollo osseo, del tratto gastrointestinale, dell'osso, del fegato, dei linfonodi regionali e del sistema nervoso centrale (Decker and Lazarus, 2000)..

Le principali infezioni del tratto gastro-intestinale:

Esofagiti

L'esofagite è un'infiammazione del rivestimento dell'estremo inferiore dell'esofago (il dotto che porta allo stomaco). Nelle persone contagiate da HIV l'infiammazione è dovuta a funghi (candidiasi), virus (herpes simplex-1 o citomegalovirus). In rari casi è dovuta a micobatteri (Zaidi and Cervia, 2002).

Diarrea cronica

Nell'infezione da HIV, molte possono essere le cause di diarrea, dai comuni batteri (Salmonella, Scighella, Listeria, Campylobacter, o Escherichia coli) alle infezioni parassitiche, nonché insolite infezioni opportunistiche come la criptosporidiosi, la microsporidiosi, il Mycobacterium avium complesso (MAC) e il citomegalovirus (CMV). La diarrea può anche essere successiva ad un trattamento con antibiotici (comune per il Clostridium difficile), essere un effetto collaterale di alcuni farmaci usati per trattare l'infezione da HIV o semplicemente accompagnarsi all'infezione da HIV, particolarmente durante il primo stadio. Negli ultimi stadi dell'infezione da HIV si pensa che la diarrea sia una conseguenza dei cambiamenti delle modifiche nel modo in cui il tratto intestinale assorbe le sostanze nutrienti e può essere una delle principali cause del deperimento dovuto all'infezione da HIV.

Le principali patologie neurologiche:

Toxoplasmosi

La toxoplasmosi è una patologia causata da un organismo unicellulare conosciuto col nome di Toxoplasma gondii. Esso generalmente infetta il sistema nervoso centrale dando luogo ad un'encefalite. Può, comunque, infettare e causare malattie a livello degli occhi e dei polmoni. (Luft and Chua, 2000).

Leucoencefalite multifocale progressiva

La leucoencefalite multifocale progressiva è una patologia demielinizzante in cui la mieline che protegge ed avvolge gli assoni dei neuroni viene distrutta in maniera graduale, causando un rallentamento nella trasmissione del potenziale d'azione. Tale malattia è causata da un virus (il virus JC) che è presente nel 70% della popolazione in forma latente e si riattiva solamente quando il sistema immunitario diviene particolarmente debole, come nel caso di persone con l'AIDS.
Generalmente, la progressione di questa malattia è rapida e porta a morte nel giro di pochi mesi dalla diagnosi (Sadler and Nelson, 1997).

AIDS Dementia Complex

L'AIDS Dementia Complex (o demenza da HIV) è un'encefalopatia indotta dall'infezione da HIV e potenziata dall'attivazione del sistema immunitario (soprattutto macrofagi e microglia) a livello dell'encefalo. Tali linee cellulari sono produttivamente infettate da HIV e secernono composti neurotossici sia d'origine endogena che virale. Ciò causa una serie d'alterazioni di natura neurologica: anormalità cognitive e comportamentali e disfunzioni motorie. Tutto ciò si manifesta dopo vari anni dall'infezione da HIV e si associa con un basso conteggio dei linfociti CD4+ ed elevata carica virale plasmatica.


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