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La musica nell'arte
Alla scoperta di quella disciplina che ha influenzato la cultura nel corso dei millenni
Fine '800 - Inizio '900
"Mi sembrava che l'anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, quando l'inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita"
( Wassilij Kandinskij )
Valentina Mazzanti
Liceo Artistico "Leon Battista Alberti", succursale di Scandicci
Classe 5^ sezione M1 indirizzo di architettura
La musica è sempre stata una delle discipline artistiche che ha maggiormente influenzato la cultura; dalla letteratura, all'arte, fino alla filosofia.
Questa disciplina antichissima affonda le sue radici già nell'era preistorica, per svilupparsi via via nel corso dei secoli, culminare in età romantica con i grandi come il celebre Ludwig Van Beethoven ( anche se pre-romantico, iniziò a comporre in chiave romantica già da fine '700 ) e Robert Schumann in Germania, e Vincenzo Bellini, Gioacchino Rossini e Giuseppe Verdi in Italia, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Prenderemo in esame lo sviluppo e l'influenza di quest'arte sublime tra fine 1800 e inizio 1900, analizzandone la sua importanza proprio nelle discipline sopra citate, quali arte, filosofia, storia e letteratura.
Le materie e i relativi argomenti che verranno esaminati sono i seguenti:
Storia dell'arte
o l'Astrattismo
Wassilij Kandinskij - vita, sviluppo artistico e caratteristiche generali
Musica
o Richard Wagner
Gesamtkunstwerk - opera totale
Caratteristiche dell'opera Wagneriana
o Arnold Schönberg
Schönberg e l'arte
Schönberg e Kandinskij
Letteratura inglese
o James Joyce - caratteri generali
"Eveline", tratto da "Dubliners"
"Strings in the earth and air" tratto dalla raccolta "Chamber Music"
Letteratura italiana
o La musicalità nel Decadentismo
Gabriele D'annunzio - cenni biografici e caratteristiche
"La Sera Fiesolana"
"La Pioggia nel Pineto"
Filosofia
o Schopenhauer
"Il pessimismo"
"Le vie di liberazione dal dolore"
L'Arte
o La musica come forma della volontà
L'etica della pietà
L'Ascesi
Storia
o Il cinema
I fratelli Lumière e i primi film muti
Etimologia
Il termine "musica" deriva da "musa", ovvero tutto cio' che e' bello e perfetto.
Le Muse sono i nove personaggi della mitologia greca e romana, figlie di Zeus e di Mnemosine o Armonia - o, secondo un'altra versione, di Gaia (Terra) e Urano (Cielo) - e rappresentavano l'ideale supremo dell'Arte, di cui erano anche protettrici.
Le nove muse erano:
Calliope, dalla bella voce, la Poesia epica, con una tavoletta ed un libro;
Clio, colei che rende celebri, la Storia, seduta e con una pergamena in mano;
Erato, che provoca desiderio, la Poesia amorosa, con la lira;
Euterpe, colei che rallegra, la Poesia lirica, con un flauto;
Melpomene, colei che canta, la Tragedia, con una maschera, una spada ed il bastone di Eracle;
Polimnia, dai molti inni, il Mimo, senza alcun oggetto;
Talia, festiva, la Commedia, con una maschera, una ghirlanda d'edera ed un bastone;
Tersicore, che si diletta della danza, la Danza, con plettro e lira;
Urania, la celeste, l'Astronomia, con un bastone puntato al cielo.
La musica e' la seconda delle sette arti; convenzionalmente le arti vengono indicate in questo ordine:
Architettura (arte primitiva per antonomasia, ossia l'arte dell'uomo di costruirsi un riparo)
Musica (arte primordiale, inizialmente solo composta di voce e percussioni)
Pittura (declinazione dell'Architettura)
Scultura (declinazione dell'Architettura)
Poesia (declinazione della Musica)
Danza (declinazione della Musica)
Cinema (concilia tutte le altre)
Storia dell'arte:
Wassilij Kandinskij
Vasilij Vasil'evic Kandinskij
Wassilij Kandinskij è stato uno dei più importanti artisti del novecento, creatore dell'astrattismo.
Nacque a Mosca il 4 dicembre 1866 in una famiglia benestante; il padre era un facoltoso commerciante di tè di origini mongole, che aveva sposato Lydia Ticheeva, una nobildonna moscovita.
Fin da piccolo, Kandinskij mostrò un notevole interesse e una straordinaria attitudine verso i colori, tanto che abbandonò tutto per dedicarsi interamente all'arte.
Dopo il trasferimento della famiglia a Odessa ( e di conseguenza il distacco dalla sua Mosca ) e la separazione dei genitori che portò all'allontanamento della madre, fu cresciuto dalla zia materna Elizabeth, che ebbe un ruolo fondamentale nella vita dell'artista come figura di riferimento, che lo seguì negli studi e stimolò il suo amore per l'arte e la musica.
Parallelamente agli studi liceali, prese lezioni di pianoforte e di violoncello, e iniziò a prendere confidenza con i colori, facendo i primi esperimenti e i primi schizzi, di cui uno e' conservato ancora oggi al Centre Pompidou di Parigi e raffigurante la chiesa della natività della vergine a mosca ( 1886 ). Questo disegno era stato realizzato dal giovane artista proprio negli anni in cui era tornato nella sua città natale per intraprendere gli studi di diritto, ed e' visibile quel tratto deciso e pieno di passione tipico di chi rappresenta la sua città e l'amore che prova per essa, la sua "Madre Mosca".
"Chiesa della natività della Vergine a Mosca" 1886
Tra tutti gli eventi e i viaggi intrapresi dal giovane Kandinskij, quello che ebbe maggior rilievo per la sua formazione e per la sua cultura fu la mostra degli impressionisti francesi a Mosca del 1896; l'opera che l'aveva turbato e affascinato maggiormente fu il celebre dipinto di Claude Monet "I Covoni".
"I covoni", Claude Monet - 1889
Osservando quel quadro, Kandinskij intuì la possibilità di liberare la pittura dal vincolo della rappresentazione; ciò che contava, infatti non era la rappresentazione dei covoni stessi, ma cosa l'immagine suscitasse nello spettatore, gli stimoli visivi, sensoriali ed emotivi. Acquista quindi maggiore importanza la reazione suscitata da quell'insieme di colori, ovvero l'essenza della pittura.
Gli elementi di disgregazione delle immagini e della realtà presenti nello stile Impressionista, se spinti alle loro estreme conseguenze, porteranno quindi a quello tipico dell'Astrattismo, eliminando il soggetto, cancellando l'oggetto della rappresentazione e facendo restare quindi la forma pura.
I primi dipinti di Kandinskij, presentano appunto alcuni tratti significativi dello stile impressionista per le pennellate veloci e la rappresentazione della realtà frammentata, ma anche espressionista, o meglio, fauvista, per i colori accesi e le pennellate quasi violente.
"Paesaggio estivo ( Case a Murnau )" 1909
Un'opera che segna un momento cruciale in quella crisi della rappresentazione che porterà Kandinskij ad abbandonare ogni elemento figurativo a favore di una pittura di forme pure e' senza dubbio "Quadro con arciere"; le figure qui riprodotte emergono dall'oscurità e sono appena accennate e riconoscibili attraverso il loro contorno nero, e le uniche figure più riconducibili alla realtà sono le architetture presenti al centro della composizione e, anche se in minima parte, il cavallo con l'arciere in basso a destra.
"Quadro con arciere" 1909
Con la realizzazione del "Primo acquerello astratto" viene abbandonato ogni elemento figurativo: la pittura è un trionfo di forme e colori puri in libertà e diventa la rappresentazione dello stato d'animo dell'artista. I colori assumono qui un'infinità di sfumature e forme, e l'effetto è accentuato dal sapiente uso della tecnica dell'acquerello, che trasmette un grande senso di leggerezza e lascia sulla carta un'infinità di gradazioni diverse di colore steso con un'unica pennellata.
"Primo acquerello astratto" ( 1910 )
Nei titoli della sua produzione pittorica degli anni successivi al 1909, Kandinskij stabilì volontariamente un'analogia con l'arte astratta per eccellenza: la musica. A partire da questa data, infatti, lavorò a tre gruppi di opere, denominate appunto Impressioni, Composizioni e Improvvisazioni, che vanno viste come gradini che portano all'astrazione.
Le improvvisazioni dovevano essere l'espressione inconsapevole di eventi di carattere interiore, realizzate in modo veloce e immediato;
le composizioni, invece, erano figurazioni nate in modo lento e rielaborate a lungo.
Nell'opera intitolata "Composizione VII", e' evidente il richiamo alla musica; con un linguaggio appunto musicale, si potrebbe dire che ci sono dei "crescendo" e dei "diminuendo", facendo sì che l'opera diventi una sorta di sinfonia, o meglio, una "composizione" atonale o dodecafonica simile a quella di Schonberg.
"Composizione VII" ( 1913 )
Secondo Kandinskij, le diverse arti sono equivalenti fra di loro, perché sono tutte manifestazioni dello spirito umano e la loro reciprocità ne aumenta la forza espressiva; di conseguenza anche il coinvolgimento dell'osservatore diventa più intenso.
Anche le opere teatrali Suono giallo, Suono verde, Nero e bianco, e infine Viola, per il quale Kandinskij scrive personalmente alcune melodie, sono il frutto del lavoro di questo momento particolarmente creativo. Queste composizioni sceniche, nelle quali l'artista si propone di realizzare un'opera d'arte totale attraverso l'interazione di musica, luce, colore, movimento e parola, superano la mimesi del reale e creano dimensioni autonome non oggettive.
Nel 1913 Kandinskij pubblica la sua più celebre raccolta di poesie, non a caso intitolate Suoni ( Zviíki in russo e Mdiige in tedesco, Résonaiices in francese ); 38 poesie in versi liberi ispirati alle sensazioni e alle immagini della natura, accompagnate da 55 xilografie in bianco e nero e a colori. Le poesie in prosa sono pervase da risonanze, echi ed effetti sonori, come affermava egli stesso:
'Non volevo altro che creare sonorità. Ma esse si formavano da sé.
Ecco la designazione del contenuto, dell'intemo
Inoltre sviluppò anche la teoria secondo la quale ogni parola pronunciata era formata da tre elementi:
'1) da una rappresentazione puramente concreta o reale (per esempio il cielo, un albero, l'uomo);
2) da un suono che si potrebbe dire fisico, ma che non si presta a una definizione verbale chiara (si può esprimere come agiscono su di noi le parole 'cielo', 'albero', 'uomo'?);
3) da un suono puro, poiché ogni parola possiede la propria sonorità, peculiare a essa soltanto.
Poesia di Kandinskij tratta dalla raccolta "Suoni"
"Vuoto"
sinistra, in alto nell'angolo, un puntolino.
destra, nell'angolo in basso, altro puntolino.
E al centro niente di niente.
E niente di niente è tanto, tantissimo.
In ogni caso assai più di qualcosa.
Nel 1911, Kandinskij, insieme a Franz Marc, fondò il gruppo del "Blaüe Reiter" ( il Cavaliere Azzurro ). La scelta del nome è spiegata dall'artista con la seguente affermazione:
"Il nome lo trovammo mentre eravamo seduti a un tavolino del caffè Giardino Sendilsdorf; entrambi amavamo l'azzurro, Marc i cavalli e io i cavalieri. Così il nome venne da sé".
Uno degli obiettivi principali del Cavaliere Azzurro era quello di dare spazio e possibilità espressive a tutti gli artisti, che avrebbero avuto così l'opportunità di esprimersi liberamente, a prescindere dalla loro nazionalità e dal loro stile.
"Nella diversità degli stili rappresentati vogliamo mostrare
come si realizzi diversamente l'intimo desiderio degli artisti
Il risultato, così come si concretizzò nelle due mostre tenute a Monaco nel 1911 e nel 1912, fu la rappresentazione di un gruppo molto eterogeneo, che andava dallo stile naif di Rousseau nella prima esposizione a quello cubista di Picasso e Braque nella seconda. Se a queste opere aggiungiamo le Composizioni e le Improvvisazioni di Kandinskij e la Mucca Gialla di Marc, appare evidente come i visitatori non potessero che rimanere confusi e sbalorditi, per non dire scioccati.
Proprio in contemporanea con la prima mostra del Cavaliere Azzurro , nel 1911, uscì anche il celebre saggio del pittore Moscovita, che diventerà il testo-culto per tutta l'arte contemporanea: Dello Spirituale nell'arte, ovvero quell'opera in cui viene descritto il percorso che l'artista astratto compie allontanandosi progressivamente dalla figurazione, liberandosi del "peso" della realtà e trova nell'astrazione l'unico modo per raffigurare appunto lo spirituale nell'arte.
"Il colore è il tasto. L'occhio è il martelletto. L'anima è un pianoforte con molte corde.
L'artista è la mano che, toccando questo o quel tasto,
fa vibrare l'anima.
Attraverso questa bellissima metafora musicale, si riesce a comprendere anche la scelta che l'artista fece nello scegliere titoli come "improvvisazioni" e "composizioni" per molte delle sue opere, come già accennato in precedenza.
I colori hanno un suono interiore che "assomiglia al suono di una tromba"; per lui i colori esprimono emozioni, sensazioni, e sono riconducibili ai suoni di diversi strumenti musicali:
Il giallo è un colore dotato di una follia vitale, prorompente, e viene paragonato al suono di una tromba, o di una fanfara.
L'azzurro è indifferente, distante, come un cielo artistico, ed è paragonabile al suono di un flauto.
Il rosso è caldo, vitale e vivace, ed è come il suono di una tuba.
L'arancione esprime energia e movimento, come il suono di una campana o di un contralto.
Il verde è assoluta mobilità in un'assoluta quiete, fa annoiare; ha i toni ampi, caldi e semigravi del violino.
Il viola è instabile come l'arancione, ed è paragonabile al suono del corno inglese, della zampogna o del fagotto.
Il blu è il colore profondo del cielo; quando è intenso rievoca quiete, ma quando tende al nero è drammatico, ed è associato al suono del violoncello.
Il grigio è statico e calmo come il verde, ma nel grigio c'è assoluta mancanza di movimento.
Il marrone è ottuso, duro e poco dinamico.
Il bianco è dato dalla somma convenzionale di tutti i colori dell'iride, è un muro di silenzio assoluto e interiormente lo sentiamo come un non suono. Tuttavia è un silenzio di nascita, ed è paragonabile alla pausa tra una battuta e l'altra di un'esecuzione musicale, che prelude ad altri suoni.
Il nero è un non-colore, un silenzio di morte; è la pausa finale di un'esecuzione musicale. Tuttavia, a differenza del bianco, fa risaltare qualsiasi colore.
Kandinskij fu anche molto influenzato dal compositore Richard Wagner, e soprattutto dalla sua opera intitolata Lohengrin, che spinsero il pittore russo ad abbandonare la carriera accademica per immergersi interamente nell'arte.
Lo stile wagneriano lo stimolava a cogliere i rapporti tra il suono e le immagini, e lo convinceva della possibilità di realizzare l'opera dì'arte totale, coinvolgendo poesia, pittura, musica e danza. Kandinskij provò a rappresentare quest'astrazione con un'opera intitolata "il suono giallo", ma non fu mai rappresentata.
Nel 1896, come racconta nello scritto autobiografico Sguardo al passato, ascoltando il Lohengrin di Wagner al Teatro Bolscioi ha l'impressione di vedere la sua Mosca 'dipinta musicalmente":
'Mi sembrava di avere davanti agli occhi tutti i miei colori.
Davanti a me si formavano linee disordinate, quasi assurde
E' in questo modo che Kandinskij, grazie alle sue capacità sinestetiche, ha una delle intuizioni più importanti per lo sviluppo della sua pittura, comprendendo il valore musicale del colore e l'importanza del rapporto fra musica e pittura.
Fondamentale per la formazione artistica di Kandinskij fu anche l'amicizia con il compositore viennese Arnold Schönberg, con il quale condivideva la passione per le "dissonanze nell'arte", nella pittura e nella musica:
"e la dissonanza pittorica e musicale di oggi non e' altro che la consonanza di domani".
Schonberg non fu solo compositore, ma anche pittore; infatti realizzò numerosi autoritratti intitolati Visioni, che in un certo senso ricordavano il celebre Grido di Munch per l'energica espressività.
Musica:
Richard Wagner
Richard Wagner
Wilhelm Richard Wagner (Lipsia, 22 maggio 1813 - Venezia, 13 febbraio 1883) è stato un compositore, librettista, direttore d'orchestra e saggista tedesco.
Riconosciuto come uno dei più importanti musicisti di ogni epoca, Wagner è principalmente noto per la riforma del teatro musicale, e scrisse sempre da sé il libretto e la sceneggiatura per i suoi lavori.
Le sue composizioni, in particolare quelle del suo ultimo periodo, sono rilevanti per la loro tessitura contrappuntistica, il ricco cromatismo, le armonie, l'orchestrazione e per l'uso della tecnica del leitmotiv: temi musicali associati a persone, luoghi o sentimenti. Wagner inoltre fu il principale precursore del linguaggio musicale moderno: l'esasperato cromatismo del Tristano avrà infatti un effetto fondamentale nello sviluppo della musica classica.
Wagner trasformò il pensiero musicale attraverso la sua idea di Gesamtkunstwerk (opera totale), sintesi delle arti poetiche, visuali, musicali e drammatiche. Questo concetto trova la sua realizzazione nel Festspielhaus di Bayreuth, il teatro da lui costruito appositamente per la rappresentazione dei suoi drammi.
La caratteristica fondamentale del suo stile è la rappresentazione del 'dramma' come elemento di introspezione. Le sue opere non sono opere liriche o 'spettacoli' nel senso tradizionale del termine, ma grandiose architetture in cui musica, canto, poesia, recitazione e psicologia si fondono allo scopo di interpretare la vita. Il 'dramma' pretende un'attenzione quasi religiosa, a cui lo spettatore deve assistere come se la vicenda si svolgesse dentro di lui, ossia è dentro di lui prima di essere nella musica.
Tipico esempio di questa concezione è il Festspielhaus di Bayreuth, dove per la prima volta le luci venivano spente e l'orchestra era totalmente nascosta sotto il palcoscenico, come se la musica sorgesse magicamente dall'immaginazione dello spettatore. Si tratta di una musica composta da un mosaico di temi conduttori ( leitmotiv ) che incarnano uomini e cose, personaggi e stati d'animo, così che il loro continuo riapparire genera una sorta di premonizione mentale.
Rilevante in Wagner è l'uso del cromatismo, quell'onda incessante di spirali cromatiche che, specie nel 'Tristano', si esaspera al punto da abbandonare la struttura tonale: da questa rottura sarebbe poi nato l'atonalismo di Schoenberg e la musica dodecafonica, che all'epoca del 'Tristano' veniva considerata come mostruosa e incomprensibile. Tale giudizio, unito alla spropositata lunghezza delle partiture, accusò Wagner di oscurità e pesantezza, un giudizio che si trascina fino ad oggi tra gli ammiratori dell'opera di stampo convenzionale.
Musica:
Arnold Schonberg
Arnold Schönberg
Arnold Schönberg ( Vienna, 13 settembre 1874 - Los Angeles, 13 luglio 1951 ) è stato un compositore austriaco.
È stato uno dei primi compositori del XX secolo a scrivere musica totalmente al di fuori dalle regole del sistema tonale e l'ideatore del metodo dodecafonico, basato su una sequenza (da cui il termine musica seriale) comprendente tutte le dodici note della scala musicale cromatica.
Tutti i suoni dovevano essere considerati 'uguali', dodici, come i gradi cromatici, non sette, come la scala, e ad essi non doveva essere riconosciuta alcuna relazione gerarchica d'origine tonale, come invece nell'armonia classica, dove il ruolo preponderante lo hanno il I grado della scala, la tonica, che determina la stabilità, e il V grado, dominante, che determina il movimento, la tensione.
A tal fine ogni suono poteva essere ripetuto solo dopo l'utilizzo degli altri undici.
Tramite Schönberg, il metodo dodecafonico divenne una forza dominante nella pratica compositiva del Novecento e fu una delle più significative innovazioni nella storia della musica occidentale.
Fu molto importante anche il suo contributo per il gruppo del Blaue Reiter, fondato nel 1911 da Kandinskij e Marc; come pittore aderì al gruppo, e partecipò alla storica prima mostra del movimento, che si svolse a Monaco nel 1911.
Fu poi anche tra i collaboratori dell'"Almanacco del Cavaliere Azzurro", pubblicato nel 1912, e in quella sede pubblicò "Il Rapporto col testo", un saggio fondamentale in cui venivano fissati i principi dell'Espressionismo musicale, di cui era uno dei fondatori.
"Kandinskij e Kokoschka dipingono quadri per i quali l'oggetto esteriore, materiale
è poco più di uno spunto, di un pretesto per fantasticare in colori e forme e
per esprimersi come finora soltanto i musicisti si esprimevano.
Schönberg e l'arte
Schönberg non fu solamente un famosissimo compositore; infatti, dipinse centinaia di quadri e face altrettanti schizzi, dalle rappresentazioni allucinate di soggetti improbabili, alle caricature, agli schizzi per le rappresentazioni delle sue opere a teatro.
Insieme agli autoritratti, con i quali il pittore ricercò se stesso, i dipinti sono 'visioni', come Kandinskij stesso li definì; sono dipinti allucinatori e manifestazioni dell'inconscio: Blicke, come li chiamò lui stesso.
Nei piccoli quadretti, gli sguardi trasmettono angoscia; il Roter Blick, opera dal linguaggio espressionista, è dominata dal colore forte dello sguardo, ed è una vera e propria allucinazione.
"Flesh" 1910 ca.
Il creatore della dodecafonia, metodo che permise di superare quel concetto di "imitazione della natura" che tanta parte aveva avuta nella storia della musica, l'inventore della Klangfarbenmelodie, successione di timbri sonori, entrò in contatto con i massimi esponenti delle correnti artistiche del primo '900, tra cui Kandinskij, Marc e Kokoschka, pur non subendone influenze dirette.
Egli unì alla sua attività di compositore e di musicista una profonda riflessione sull'uomo e sulla purificazione dell'istinto che manifestò nei suoi dipinti, al pari della sua musica significativi ed esplicativi di un processo conoscitivo dell'intelletto.
"Autoritratto blu" 1910 circa
Schönberg si colloca all'interno dell'arte moderna in maniera problematica ma anche innovativa, ed aderisce alle scelte linguistiche che portarono gli artisti a distruggere i valori pittorici tradizionali, a rimettere in discussione i canoni dell'armonia.
Così come Kandinskij abolì nella pittura ogni riferimento agli oggetti naturali per scoprire l'idea profonda nascosta dietro le forme della materia, Schönberg fondò il 'suo' espressionismo arrivando alla dissoluzione della 'grammatica' della musica tradizionale e dissacrando la melodia e la tonalità.
Egli utilizzò la materia sonora allo stato 'primitivo' e costruì l'idea musicale di volta in volta seguendo un preordinato schema compositivo-costruttivo.
"Gaze" 1910 ca.
Schönberg e Kandinskij
Come già accennato in precedenza, tra il compositore viennese e il pittore russo, ci fu una grande amicizia; seguono alcune corrispondenze esistenti tra la musica e le rappresentazioni del musicista e le opere dell'artista.
Come Kandinskij approda all'astrazione, così Schönberg, nello stesso periodo, crea il nuovo linguaggio della musica atonale o, come egli preferiva definirlo, della 'dissonanza emancipata', che consisteva nella 'liberazione di ciascun suono, permettendogli di creare il suo proprio contenuto espressivo nel contesto specifico di ogni brano'.
Nello stesso tempo il compositore, ricercando solo la purezza e la funzionalità delle combinazioni sonore, riduce la durata dei pezzi e ne condensa l'espressione, proprio come in pittura Kandinskij evita la narrazione, accorcia e semplifica le forme.
Per entrambi l'opera d'arte è mezzo di comunicazione spirituale da parte dell'autore che agisce seguendo la 'necessità interiore'. Entrambi pongono il contenuto al di sopra della forma e antepongono la verità alla bellezza.
Li accomunano inoltre lo spirito ribelle, la polemica contro il materialismo, l'interesse per teosofia, spiritismo e occultismo, l'onestà intellettuale e l'impegno pedagogico.
Quanto all'influsso reciproco, è necessario precisare che, negli anni cruciali della loro ricerca teorica, essi non si conoscono ancora: l'incontro avviene infatti nel gennaio del 1911, quando Kandinskij assiste a un concerto di Schönberg e, non a caso, è uno dei pochi ad apprezzarlo. Alcuni mesi dopo, iniziano lo scambio di corrispondenza e di conseguenza la loro amicizia.
Lo scambio epistolare cessa durante la prima guerra mondiale e successivamente - a causa di un malinteso riguardo al presunto atteggiamento antisemita di Kandinskij - l'amicizia si rompe, per interrompersi definitivamente poco dopo l'emigrazione di Schönberg in America nel 1934.
Il cammino teorico e i risultati raggiunti da Kandinskij e da Schönberg sono molto simili: sono entrambi dei pionieri che incidono fortemente sullo sviluppo dell'arte del nostro secolo modificandone radicalmente il linguaggio.
Filosofia:
Arthur Schopenhauer
Arthur Schopenhauer
Anche Schopenhauer prende in considerazione la musica. Per lui, la musica non e' altro che una delle vie di liberazione dal dolore - ma non viene considerata come soluzione finale.
La vita e' fatta di desideri, di ambizioni e voleri; l'uomo, pero', non potra' mai arrivare al soddisfacimento di tutti i suoi desideri, e tale situazione lo porterà al dolore. Da questa considerazione, emerge il suo pessimismo, che si sviluppa nell'affermazione "vivere e' soffrire".
Le vie di liberazione dal dolore
Inizialmente, Schopenhauer prende in esame il suicidio; successivamente, pero', condanna questa pratica, perché non nega, ma afferma la volontà, negando quindi la vita. Inoltre, attraverso il suicidio viene soppressa unicamente la manifestazione fenomenica della Volontà di vivere, mentre la Cosa in sé continua ad esistere.
La prima tappa, secondo Schopenhauer, è l'arte: conoscenza libera e disinteressata delle Idee, essa prende in considerazione le Essenze, non le forme;in particolare, la musica, non avendo contenuto rappresentativo, è immediata e catartica. L'arte non può, però, essere la soluzione finale o perché riguarda pochi ed è temporanea.
La seconda tappa è la pietà: dall'esperienza vissuta, l'uomo deve riuscire a superare l'egoismo avvertendo come proprie le sofferenze altrui. In particolare, Schopenhauer pone enfasi su due tipi di pietà: la giustizia (in quanto volontà positiva e attiva di fare del bene al prossimo) e la carità (amore disinteressato), ma la vittoria non è ancora totale.
L'ultima tappa è l'ascesi (ossia la cessazione di qualsiasi tipo di esistenza,voglia o godimento), scandita a sua volta in tre punti:
o Mortificazione di sé (non cercare il piacere);
o Castità (non perpetuare il dolore);
o Inedia (compiere un digiuno prolungato).
Questa è la vera soluzione: l'estenuazione dell'organismo, che apre al Nirvana, un abbandono totale della ragione, un'esperienza del Nulla. Per negare la Volontà di vivere, l'uomo deve innalzare la Noluntas a sistema di vita, tentando di ignorare e disprezzare i motivi che il suo intelletto - schiavo della Volontà - gli fornisce.
La musica è staccata da tutte le
altre arti. In lei non conosciamo l'immagine, la
riproduzione di una qualsiasi idea degli esseri che sono al mondo; eppure la
musica è un'arte così grande e sublime e così potentemente agisce sull'intimo
dell'uomo, così appieno e a fondo viene da questo compresa, quali lingua
universale più limpida dello stesso mondo intuitivo; - che in lei di certo
dobbiamo cercare ben di più delle relazioni matematiche tra numeri e
intervalli. []
L'ineffabile senso intimo d'ogni musica, in grazia del quale ella ci passa
davanti come un paradiso a noi ben famigliare, e pur eternamente lontano,
affatto comprensibile e pur tanto incomprensibile, proviene dal riflettere
tutti i moti del nostro essere più segreto, ma senza la realtà loro, e
tenendosi lungi dal loro tormento. Schopenhauer, "Il mondo come volontà e
rappresentazione"
Letteratura inglese:
James Joyce
James Joyce
La musica ha nella vita e nell'opera di Joyce un ruolo centrale e torna in
tutti i momenti fondamentali del suo complesso percorso esistenziale.
In gioventù avrebbe voluto intraprendere la carriera di tenore e ha sempre avuto
una relazione conflittuale con Wagner,
che comunque è un riferimento formale importante nel suo lavoro.
È evidente che la definizione esatta di tessiture musicali, la creazione di complessi spartiti di giochi di parole, sovrapposizioni stratificate e fulminee epifanie, è la linea principale del suo operare, com'è ovvio nella raccolta giovanile di poesie "Musica da camera".
Nello stile di Joyce, emergono numerose figure, come quella dell'epifania e del flusso di coscienza.
L'"epifania", ovvero "rappresentazione" è quella tecnica mediante la quale l'immagine di un oggetto di uso quotidiano, il suono di una musica o l'odore di un aroma, ci fa tornare in mente un preciso istante del passato, mediante i flashback.
Il "flusso di coscienza", invece, è il modo in cui Joyce riporta direttamente sulla pagina i pensieri del personaggio così come affiorano nella sua mente, senza alcun intervento personale o collegamento strutturale, abolendo ogni segno di punteggiatura.
Un'altra tecnica Joyciana è la musicalizzazione della prosa, che permette di leggere una pagina da lui scritta contemporaneamente in orizzontale e in verticale come se fosse uno spartito musicale; spostando alcune frasi da una sezione e inserendole in un'altra, l'autore fa emergere la contemporaneità d'azione in luoghi diversi,
Il suo carattere anticonformista e critico verso la società irlandese e la chiesa cattolica traspare in opere come "Gente di Dublino" e soprattutto in "Ritratto dell'artista da giovane".
"Dubliners"
Gente di Dublino (titolo originale: Dubliners) è un libro che raccoglie 15 racconti pubblicati sul settimanale The Irish Homestead, pubblicati da Joyce con lo pseudonimo di Stephen Daedalus.
I protagonisti del libro sono persone di Dublino, e vengono narrate le loro storie di vita quotidiana; descrive persone normali che fanno cose normali.
Il libro si focalizza su due aspetti comuni a tutti i racconti: la paralisi e la fuga.
La prima è principalmente una paralisi morale, causata dalla politica e dalla religione dell'epoca. La fuga è conseguenza della paralisi, nel momento in cui i protagonisti comprendono la propria condizione, che comunque è destinata sempre a fallire.
Nel racconto "Eveline", affiora il tema della musica, che ha un importantissimo ruolo in un preciso istante della vita della protagonista; è quello strumento che, attraverso un semplice suono, le farà ricordare sua madre.
Giù dal viale saliva il suono di un organetto. Lo conosceva quel motivo. Strano che venisse proprio quella sera a rammentarle la promessa fatta alla madre, la promessa di tenere insieme la famiglia fintanto che avesse potuto. [] E mentre stava lì a meditare, la penosa visione della vita della madre operava nel più profondo del suo essere una specie di maleficio; una vita di sacrifici meschini conclusasi nella pazzia finale.
"Musica da Camera"
'Musica da Camera' è una collezione di poesie scritte da Joyce, e pubblicata da Elkin Matthews nel maggio del 1907.
La collezione, originariamente, comprendeva 34 poesie d'amore, ma successivamente ne furono aggiunte due prima della pubblicazione.
In senso stretto, le poesie che compongono questo volume scritto da Joyce non rientrano nella categoria di ' allusioni musicali', ma piuttosto sono esse stesse 'canzoni' ( metaforicamente parlando ) che sono poi state convertite musicalmente e poi rappresentate da vari compositori ed artisti nel corso degli anni.
La musicalità dei versi di Joyce è stata notata fin da subito; il primo compositore ad apprezzare la loro idoneità all'interpretazione musicale è stato il compositore irlandese Geoffrey Molyneux Palmer (1882-1957), che ha iniziato a incoraggiare Joyce già dal 1907, convertendo le sue poesie in musica (ha rappresentato 32 delle 36 poesie).
La qualità e la distinzione delle poesie dell'opera di Joyce è dovuta in parte al rigoroso insegnamento musicale dell'autore.
Infatti, nel 1908, Joyce prese lezioni di canto al Conservatorio di Musica di Trieste e l'anno successivo prese parte all'opera 'I maestri cantori di Norimberga' di Richard Wagner.
Era anche un apprezzato tenore, tanto che pensò di dedicarsi al canto come attività principale della sua vita.
Corde
In Terra E Nell'aria Corde
in terra e nell'aria
Suonano dolcemente;
Corde presso il fiume
Dove i salci si toccano.
C'è lungofiume una musica
Là dove Amore gironzola
Coi fiori smorti sul mantello,
Sul capo le foglie imbrunite.
Suona dolcissimamente,
Il capo alla musica intento,
Vanno le dita smarrite
Su uno strumento.
"Musica
da Camera" 1907
Strings in Earth and Air
Strings in the earth and air
Make music sweet;
Strings by the river where
The willows meet.
There's music along the river
For Love wanders there,
Pale flowers on his mantle,
Dark leaves on his hair.
All softly playing,
With head to the music bent,
And fingers straying
Upon an instrument.
"Chamber Music" 1907
Letteratura italiana:
Il Decadentismo
Il Decadentismo
La musica ha avuto una grande influenza anche in campo letterario; se c'è stato un movimento letterario - fiorito a cavallo tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo - che ha subìto maggiormente l'influenza di questa disciplina, e' stato senza dubbio il decadentismo.
Il Decadentismo e' quel movimento culturale sviluppatosi tra la seconda metà dell'800 e gli inizi del '900. Il movimento letterario nacque in una Parigi di fine '800, grazie a una rivista intitolata "Le Decadent" pubblicata nel 1886.
Il termine "decadentismo" aveva però un tono negativo, anche se chi ne faceva parte, ne ribaltò il significato, fino ad indicarlo come un privilegio spirituale.
L'obiettivo dei decadenti era quello di salvare il bello che sopravvive nella società, e si contrapponevano alla razionalità del positivismo scientifico. Essi privilegiavano l'arte ( era il valore più alto che doveva assorbire in sé tutti gli altri ): chiunque facesse arte non era solo un abile artefice, ma un sacerdote di un vero e proprio culto, un "veggente" che rivolgeva lo sguardo là dove l'uomo comune non arrivava, capace quindi di rivelare l'assoluto. E' da questa considerazione dell'arte che emerge la figura dell'esteta, ovvero colui che assume come principio regolatore della sua vita non i valori morali, ma proprio l'arte ed il bello.
La parola perde la sua funzione di strumento di comunicazione immediata, e riacquista quella antica della formula magica, che mette in contatto con un mondo al di là delle cose, mentre la poesia rinuncia alla combinazione di un significato razionale e diviene oscura e quasi incomprensibile.
Anche l'uso della sinestesia e' notevolmente importante nella poesia decadente; questa figura retorica e' la fusione di più sensazioni, sono gli effetti che le impressioni hanno sui sensi. Impressioni che colpiscono un senso, ne evocano altre legate ad un senso diverso.
Per i decadenti, la musicalità è considerata la suprema delle arti, perché è indefinita, stimolata da ogni significato logico e referenziale, dotata di facoltà suggestive e crea una comunicazione mistica con l'assoluto.
Gabriele D'annunzio:
"La pioggia nel Pineto"
"La sera Fiesolana"
Gabriele D'Annunzio
È stato scrittore, drammaturgo e poeta, simbolo del decadentismo ed eroe di guerra. Occupò una posizione centrale nella letteratura e nella vita politica dell'Italia dal 1914 al momento della morte.
Nacque a Pescara nel 1863 da un'agiata famiglia borghese, e la sua vita si può' considerare come la più bella tra le sue opere. Seguì infatti il principio fondamentale dell'estetismo, secondo il quale, la vita doveva essere un'opera d'arte e si doveva assumere come principio regolatore l'arte in tutte le sue forme, e non i valori morali.
Condusse una vita scandalosa - secondo i principi morali dell'epoca - ma comunque immersa nell'arte e nel lusso, rifiutando la mediocrità borghese e regolando la propria vita solo ed esclusivamente attraverso la bellezza.
A diciotto anni si Trasferì a Roma per studiare, ma abbandonò ben presto l'università perché preferiva la vita mondana.
Nel 1889 viene pubblicato "Il Piacere", il suo primo romanzo che narra le vicende di Andrea Sperelli, un esteta che, seguendo la tradizione di famiglia, ricerca il bello e disprezza il mondo borghese, che conduce una vita eccezionale, vive la sua vita come un'opera d'arte e rifiuta le regole basilari del vivere morale e sociale .
Nel 1910 dovette espatriare in Francia perché inseguito dai debitori - nonostante guadagnasse abbastanza denaro con le sue opere - e iniziò a scrivere in francese.
Durante la prima Guerra Mondiale tornò in Italia, e partecipò come volontario a voli e imprese che accentuarono ancora di più la sua figura di "superuomo". Durante il primo Dopoguerra, capeggiò inoltre una marcia di volontari su Fiume, instaurando un dominio personale sfidando lo Stato Italiano; fu quindi cacciato nel 1920.
Il fascismo lo esaltò come padre della patria, ma per timore, venne confinato nella sua villa sul Lago di Garda, dove eresse un mausoleo dedicato a sé stesso e dove morì nel 1938 immerso nell'arte e negli arredi lussuosi della villa.
La sera fiesolana
Fresche le mie parole ne la sera
ti sien come il fruscío che fan le foglie
del gelso ne la man di chi le coglie
silenzioso e ancor s'attarda a l'opra lenta
su l'alta scala che s'annera
contro il fusto che s'inargenta
con le sue rame spoglie
mentre la Luna è prossima a le soglie
cerule e par che innanzi a sé distenda un velo
ove il nostro sogno si giace
e par che la campagna già si senta
da lei sommersa nel notturno gelo
e da lei beva la sperata pace
senza vederla.
Laudata sii pel tuo viso di perla,
o Sera, e pè tuoi grandi umidi occhi ove si tace
l'acqua del cielo!
Dolci le mie parole ne la sera
ti sien come la pioggia che bruiva
tepida e fuggitiva,
commiato lacrimoso de la primavera,
su i gelsi e su gli olmi e su le viti
e su i pini dai novelli rosei diti
che giocano con l'aura che si perde,
e su 'l grano che non è biondo ancóra
e non è verde,
e su 'l fieno che già patì la falce
e trascolora,
e su gli olivi, su i fratelli olivi
che fan di santità pallidi i clivi
e sorridenti.
Laudata sii per le tue vesti aulenti,
o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
il fien che odora!
Io ti dirò verso quali reami
d'amor ci chiami il fiume, le cui fonti
eterne e l'ombra de gli antichi rami
parlano nel mistero sacro dei monti;
e ti dirò per qual segreto
le colline su i limpidi orizzonti
s'incúrvino come labbra che un divieto
chiuda, e perché la volontà di dire
le faccia belle
oltre ogni uman desire
e nel silenzio lor sempre novelle
consolatrici, sì che pare
che ogni sera l'anima le possa amare
d'amor più forte.
Laudata sii per la tua pura morte
o Sera, e per l'attesa che in te fa palpitare
le prime stelle!
Parafrasi
Le mie parole siano per te fresche come il fruscio che fanno le foglie del gelso nella mano di chi le sta raccogliendo silenziosamente,
e ancora indugia lentamente nel lavoro sull'alta scala che a poco a poco si scurisce appoggiata all'albero che diventa color argento con i suoi rami spogli,
mentre la luna è vicino all'orizzonte ancora azzurro e sembra che davanti a sé distenda un velo dove il nostro sogno d'amore giace ( si rivolge all'amata ).
E sembra che già la terra si senta sommersa da lei nel freddo notturno e da lei assorba lo sperato refrigerio senza vederlo ( la rugiada ) - ( notate le analogie, le allitterazioni 'fanno - foglie - fresche - fruscio', l'uso dei colori 'la scala, il gelso' e la personificazione della luna ).
Che tu sia lodata per il tuo viso del colore della terra, o sera,
e per i tuoi grandi occhi umidi dove viene raccolta l'acqua del cielo.
Le mie parole ti siano dolci ( si rivolge nuovamente all'amata ) nella sera come la pioggia che bruiva ( un verbo di derivazione francese che significa frusciare, è collegato al fruscio delle foglie presente nella prima strofa ) tiepida e fuggitiva ( la pioggia fuggitiva è una citazione di un verso di Leopardi ) congedo lacrimoso della primavera.
Ma sui gelsi, sugli olmi, sulle viti e sui pini, dai nuovi germogli rasati ( rosei diti, è una personificazione ) che giocano con l'aria che svanisce, e sul grano che non è ancora biondeggiante ( maturo ) e non è più verde ( germoglio ) e sul fieno che è già stato falciato ( patì la falce, è una personificazione, D'Annunzio vuol far capire che la natura soffre se l'uomo fa violenza contro di lei ) e per questo cambia colore, e sugli olivi, sui fratelli olivi ( quest'umanizzazione è un richiamo al cantico delle creature di San Francesco ), che fanno le colline argentee e sorridenti con la loro sacralità.
Che tu sia lodata per le tue vesti profumate ( la vegetazione ), o sera, e per la cintura che ti cinge ( la linea dell'orizzonte ) come il ramo di salice cinge il fieno odoroso ( in passato i rami di salice erano usati per legare le balle di fieno ).
Io ti dirò verso quali reami d'amore il fiume Arno ci chiamò, le cui fonti eterne all'ombra degli alberi antichi parlano del sacro mistero dei monti e ti dirò a causa di quale segreto ( questa segreto è l'amore ) le colline si incurvano sugli orizzonti limpidi come labbra chiuse per un divieto (il divieto di dire il segreto ) e perché la volontà di svelarlo le faccia belle oltre ogni desiderio umano, e nel silenzio loro, sempre nuove fonti di consolazione, così che sembri che ogni sera l'anima le possa amare di un amore sempre più forte.
Che tu sia lodata per il tuo naturale finire, o sera, per l'attesa ( della notte ) che in te fa a luccicare le prime stelle ( quest'ultima strofa è un forte richiamo alla speranza, infatti nel panismo la morte non è la fine, semmai può essere un nuovo inizio poiché tutto può avere vita in un'altra forma ).
Spiegazione
Questa poesia, composta nel 1889, descrive una sera di inizio giugno. È divisa in tre strofe, che descrivono in tre quadri diversi, i tre momenti della sera ( la fine del pomeriggio, la sera, e l'inizio della notte ).
Leggendo l'opera si percepisce la presenza di due figure: una maschile, rappresentata da un uomo che coglie le foglie di un gelso, e una femminile, l'amante del poeta, a cui D'Annunzio si rivolge durante tutta la poesia.
Le strofe sono separate da tre versi, i quali iniziano a tutti con la fase "laudata sii", queste parole sono tratte dal cantico delle creature di San Francesco, a cui tutta la poesia è ispirata. Possiamo notare analogie e differenze tra le due opere: Francesco, in chiave cristiana, esaltava l'unità tra di Dio e le sue creature, D'Annunzio, laico, quella tra la natura e i suoi elementi.
In questa poesia, la punteggiatura è quasi assente, tranne qualche punto situato alla fine delle strofe. Ogni parola risuona l'una nell'altra, soprattutto grazie alle numerose allitterazioni, che rendono musicale il componimento.
La Pioggia nel Pineto
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, Ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.
Parafrasi
Taci. Entrando nel bosco non odo più suoni umani, ma odo parole insolite pronunciate dalle gocce che cadono in lontananza.
Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove sulle tamerici impregnate di salsedine ed arse dal sole, sui pini dalle scorze ruvide e dalle foglie aghiformi, sui mirti sacri a Venere, sulle ginestre dai gialli fiori raccolti e sui ginepri che sono pieni di bacche profumatissime. Piove sui nostri volti divenuti tutt'uno con il bosco piove sulle nostre mani nude, sul nostro corpo, sui nuovi pensieri sbocciati dall'anima rinnovata, sull'illusoria favola dell'amore che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione.
Senti? La pioggia che cade sul fogliame della pineta deserta producendo un crepitio che dura e varia secondo quanto è folto il fogliame. Ascolta. Alla pioggia risponde il canto delle cicale che non è fermato né dalla pioggia né dal colore scuro del cielo. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, e le gocce di pioggia sono come miriadi di dita che fanno suonare diversamente queste piante. Noi siamo nel più intimo della foresta, non più esseri umani ma vivi d'una vita vegetale. E il tuo volto bagnato ed inebriato dalla gioia e le tue chiome profumano come le ginestre, o creatura originata dalla terra che hai nome Ermione.
Ascolta, ascolta. Il canto delle cicale che stanno nell'aria va diminuendo sotto la pioggia che aumenta. Ma in crescendo si mescola un canto più rauco, che sale dall'ombra scura dello stagno in lontananza. Solo una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non arriva il suono delle onde sulla spiaggia. Non si sente sulle fronde degli alberi scrosciare la pioggia d'argento che purifica, lo scroscio che varia secondo i rami più folti, meno folti.
Ascolta.
La cicala è muta, ma la figlia del lontano fango, la rana, canta nell'ombra più profonda, chissà dove, chissà dove. E piove sulle tue ciglia, o Ermione.
Piove sulle tue ciglia nere, che sembra tu pianga di piacere, non bianca ma quasi verde, sembri uscita dalla corteccia di un albero. E tutta la vita è in noi fresca e odorosa, il cuore nel petto è come una pesca non ancora toccata, gli occhi tra le palpebre sono come fonti d'acqua in mezzo all'erba; i denti nelle gengive sembrano mandorle acerbe. E andiamo di cespuglio in cespuglio, ora tenendoci per mano ora separati ( la ruvida e forte stretta delle erbe aggrovigliate ci blocca le ginocchia ) chissà dove, chissà dove!
Piove sui nostri volti divenuti tutt'uno con il bosco piove sulle nostre mani nude, sul nostro corpo, sui nuovi pensieri sbocciati dall'anima rinnovata, sull'illusoria favola dell'amore che ieri mi illuse, che oggi ti illude, o Ermione.
Spiegazione
D'annunzio descrive la passeggiata fatta con la donna amata in una pineta vicino al mare durante un temporale estivo. Il nome della ragazza, Ermione, è un nome tipico delle opere greche. Vengono qui descritti i suoni prodotti dalla pioggia, dagli alberi e dagli animali. La poesia è divisa in quattro strofe, che descrivono i vari momenti della metamorfosi: il processo che porterà lui ed Ermione a trasformarsi da uomini a vegetali. La prima tappa è quella del silenzio, fondamentale per estraniarsi dal mondo umano e percepire i suoni "non umani" della natura.
La partitura musicale della lirica vuole essere a sua volta la riproduzione di un'altra musica, ossia quella composta dalla pioggia. Le quattro strofe sono organizzate come i movimenti successivi di una sinfonia; la proposizione del tema musicale compare già nella prima strofa con la caduta della pioggia sulle varie presenze della natura vegetale, e prosegue nella seconda in cui il poeta specifica la differenza dei suoni prodotti dall'acqua che cade su foglie più o meno rade. Le chiome degli alberi appaiono come strumenti diversi sotto innumerevoli dita.
Questa "partitura musicale" è costruita con strumenti molto sofisticati come la metrica che risulta libera, non soggetta a schemi tradizionali; la rima, anch'essa libera per non racchiudere i versi in uno schema fisso; a questi virtuosismi metrici e timbrici si unisce anche l'uso di numerosi procedimenti retorici come l'anafora ( come la serie insistita dei piove nella prime strofa ), l'epifora ( es. nel celebre calando del canto delle cicale ), le allitterazioni ( ciel cinerino, spirto silvestre . ), e infine le paronomasie ( ombra/fronda ).
Storia:
I Fratelli Lumière e il cinema
Il cinema
La musica, nel corso dell'storia dell'uomo, ha attraversato diverse evoluzioni. Nella storia del '900, oltre alla nascita dei numerosi generi musicali moderni esistenti ancora oggi, la musica ha avuto un'importanza stratosferica sotto numerosi aspetti; in primis, nella storia del cinema.
Alla fine dell'800, i fratelli Lumière costruirono il primo apparecchio cinematografico, e nacque così il cinema, ovvero uno dei nuovi svaghi per la popolazione del tempo. I primi film prodotti erano muti; gli attori si esprimevano mediante i gesti, ed erano accompagnati soltanto da un sottofondo musicale. Le immagini e la musica costituivano quindi un linguaggio universale, facilmente comprensibile a tutti, che trasformò il cinema in un'arte che non poneva barriere linguistiche.
I primi luoghi ad ospitare delle proiezioni cinematografiche furono dei teatri adattati per l'occasione con uno schermo. Inizialmente, infatti, essendo i film muti, non servivano apparecchiature per la riproduzione del sonoro, e una qualsiasi stanza si adattava alle esigenze. Spesso, i proprietari dei locali ingaggiavano dei musicisti, per accompagnare musicalmente lo spettacolo. I musicisti, solitamente pianisti, dovevano dunque adattarsi ed accompagnare l'umore del film nei vari passaggi.
Con l'avvento del sonoro, anche i cinematografi dovettero adattarsi alle nuove esigenze di quello che stava cominciando a diventare un ricco business, e nacquero le prime sale cinematografiche vere e proprie, dedicate esclusivamente alla proiezione di film. Cominciò così la prima età dell'oro del cinema, e le sale si diffusero rapidamente in tutto il mondo.
Durante gli anni del cinema muto, la proiezione del film (quasi sempre drammatico) veniva integrata da un cortometraggio 'da ridere' che tutti chiamavano la 'comica finale'. Le comiche nascono subito, con i fratelli Lumière: essi producono un breve film chiamato L'arroseur arrosé (L'innaffiatore annaffiato), avviando un genere mai tramontato della storia del cinema, sempre apprezzato dal grande pubblico.
A differenza del teatro, inoltre, il film dava l'impressione di svolgersi nel tempo e nello spazio reali, e il racconto poteva svolgersi così come si svolgeva nella vita quotidiana. La "finzione" era così "reale" che alle volte, molti spettatori si alzavano anche in piedi per scagliarsi contro i "cattivi" che apparivano sullo schermo.
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