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All'indomani di "La dolce vita", una crisi di mezza età colpì Fellini tanto che fu in questa situazione che si avvicinò alla psicanalisi di Jung. Lo sbocco di tutto questo fu di raccontare la propria crisi in 8 ½ ,sorta di autobiografia immaginaria o meglio onirica. Il film, infatti, risulta essere uno dei più combattuti e interiorizzati. L'alter ego felliniano, Guido Anselmi, a causa di una malattia non grave, cerca invano un po' di riposo ed evasione nella stazione termale di Chianciano. In realtà, la malattia è segno di qualcosa di più profondo che si è bloccato nel regista, colpito da una profonda crisi d'ispirazione ma anche esistenziale. Questi, infatti, è incastrato in una grande serie di rapporti che non riesce a sciogliere e che sente ormai troppo pesanti.
L'esperienza del regista alle terme si svolge su due piani: quello reale (fatto degli incontri con gli amici e con coloro che lavorano al suo prossimo film che vengono a trovarlo da Roma, l'amante nascosta in uno squallido alberghetto vicino la stazione e la moglie che arriverà in seguito pensando di fare compagnia al marito) e quello fantastico (fatto di ricordi, sogni e immaginazione).
Il regista è diviso tra la moglie e l'amante. Quest'ultima, Carla (Sandra Milo), sembra quasi l'incarnazione perfetta dell'amante: prosperosa, sensuale, positiva, placida, molto umile e sottomessa, non si pone alcun problema morale, anzi addirittura parla affettuosamente del marito che vorrebbe sistemato da Guido. Accetta di andare a Chianciano perché si illude di passare dei giorni in un bell'albergo e di andare a spasso con l'amante che però si è subito pentito di averla invitata e non ha il coraggio di rimandarla indietro. Il suo legame con Guido si basa su una specie di benessere fisico che questi succhia dalla donna, quasi fosse una materna balia.
La moglie, invece, è un alto borghese, raffinata, di una bellezza molto fine ma dall'aspetto più mascolino rispetto a Carla. Il rapporto con il marito è straziante ma inevitabile, per cui entrambi pensano di essere felici fuggendosi ma appena lontani devono cercarsi e stare insieme. In effetti, parlano di separarsi ma senza quella convinzione necessaria per arrivare a una decisione definitiva. I sentimenti di Guido per la donna passano da slanci d'affetto a rancore, dalla ribellione all'accettazione. In fondo il protagonista non riesce a possedere la moglie nella sua essenza e ciò è forse il risultato della sua infedeltà. Quanto ci sia in tutto questo del rapporto profondissimo ma non idilliaco tra Fellini e Giulietta Masina non ci è dato sapere ma sicuramente vi è un eco.
Un'infinità di altri personaggi popolano le terme: l'attrice Claudia (Cardinale) mitico simbolo dei puri sentimenti, gli abituali frequentatori delle terme, il produttore e i tecnici che cercano di fare un film che non c'è ancora nella mente del regista, l'amico intellettuale sessantenne con la giovanissima compagna per la quale ha lasciato la moglie, la coppia di telepatici Maurice e Maya, il vescovo e tanti altri. Tutti questi personaggi e queste situazioni aumentano la confusione di Guido, facendo venire a galla i ricordi più lontani, facendo scatenare sogni e visioni che riassumono tutta la sua esistenza nella cornice irreale delle terme. Innanzitutto, il ricordo della casa romagnola dell'infanzia, i genitori, ormai morti da un tempo, che incontrerà in un cimitero e l'innocente scoperta della femminilità con il famoso episodio della Saraghina, popputa vagabonda che balla sulla spiaggia. La Saraghina, lo dice Fellini stesso, è la rappresentazione infantile della donna, di una femminilità esagerata e animalesca così come la vedeva un'adolescente italiano dell'epoca nel pieno del suo sviluppo sessuale ma represso da Chiesa e famiglia. E in effetti, uno dei ricordi più vividi è proprio quello della repressione nel collegio cattolico.
Tutti i ricordi e tutte le sue aspettative si riflettono nel sogno di megalomania della casa-harem. Qui Guido raccoglie tutte le figure femminili della sua vita che, tra l'altro, costellano tutto il film. C'è chi cucina, chi cuce, chi lo sveste e lo lava, chi guarda la tv e lui è il sereno patriarca di questa famiglia. Effettivamente al protagonista piacciono tutte le donne, ne è soggiogato come se esistesse solo una donna, "la donna" incarnata in mille sembianze: la moglie, la sorella, l'amante, l'amica, la mamma, la prostituta ecc. Tutto il film è, in un certo senso, l'esplorazione del mondo femminile, ancora molto oscuro al regista, o meglio dell' "intestardirsi del protagonista a chiarire se stesso attraverso queste magiche e indefinite proiezioni".
Quando ormai il regista sta abbandonando definitivamente il progetto del film e il set è in demolizione arriva la svolta. Tutta la sua vita si è rivelata "una specie di pauroso delirio senza senso e senza scopo". Dopo aver tentato invano di mettere ordini in questo caos, il regista si accorge che, forse, l'unica possibilità sta nell'inserirsi, con tutta la forza possibile, nel fantastico balletto che è la vita cercando di intuirne il ritmo e raccontare il suo caos. Allora, sul set dimesso appaiono, accompagnati dalla bellissima e storica marcetta di Nino Rota, tutti i personaggi della sua vita che danzano facendo un girotondo su una passerella. A questo punto, Guido ricomincia le riprese dando ordini con un megafono: "Il film -forse- ha inizio".
Sembrerebbe che Fellini abbia voluto con questo finale rappresentare attraverso le immagini una stupenda frase di Nietzsche che dice: "BISOGNA AVERE UN CAOS DENTRO DI SE, PER GENERARE UNA STELLA DANZANTE" .
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