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Le origini della moda
Premessa ....................
I. Prime ricerche sul significato della moda e sul suo sviluppo
II. I vari aspetti della moda
II.a Come nasce la moda
II.b L'imitazione e la distinzione
III. La moda nell'ottocento
Le origini della moda
All'inizio di questo mio lavoro ritengo opportuno differenziare due termini a noi noti, "moda" e "costume", per evitare di cadere in interpretazioni errate di questi due "fenomeni sociali" che hanno caratterizzato la storia dell'uomo.
Fino al XIX secolo circa, moda e costume, correvano in binari paralleli ma poi, con l'avvento dell'industrializzazione e sue conseguenti trasformazioni, hanno subito una, un acceso processo di accelerazione, l'altra l'arresto totale nelle sue forme caratterizzanti.
Al termine costume, si dà il significato di "modo di vestire", apparso nella nostra lingua già nel Cinquecento, senza dimenticare tuttavia che implicitamente quest'espressione indica di solito un carattere di durabilità, ed anche una certa uniformità.
La parola "moda" si
trova già nel
Per la sua brillante variabilità, la moda va riferita a quelle classi sociali che hanno mezzo e tempo per dedicarsi alla raffinatezza del vestire, ossia a
quel gruppo, formato in Italia dall'aristocrazia e dall'alta borghesia, che si può definire "classe agiata". Già prima che il vocabolo "moda" fosse
entrato a far parte della lingua, non si può dire tuttavia che il fenomeno non esistesse.
Il concetto di costume - distinto da quello dell'abbigliamento - trae la sua "linfa" da una realtà interna alle comunità rurali o provinciali in cui la dialettica tra abbigliamento e costume si orienta, generalmente, sull'opposizione tra quotidiano e festivo.
L'abito indossato tutti i giorni, quello per il lavoro, è caricato di quantità infinite di simbolismo e significati e in questo è come "il nostro costume", portato in particolari cerimonie o occasioni festive, che è impregnato di numerosi valori e significati.
Con l'avvicinarsi al XX secolo, l' apertura tra abbigliamento quotidiano e costume festivo si fece sempre più larga portando quest'ultimo ad assumere un progressivo irrigidimento ed un allontanamento dalla realtà e dalla funzionalità.
L'abito è dunque l'insieme degli indumenti realmente indossati, mentre il costume è un complesso di regole, una convenzione.
L'abito documenta la materia, i modi, la funzione degli indumenti, ma anche il costume riveste grande importanza culturale, sia all'interno della cultura popolare, come segno d'identità e d'appartenenza ad una comunità, sia al di fuori.
I. Prime ricerche sul significato della moda e sul suo sviluppo.
La parola fu introdotta per la prima volta nel XVII secolo in Italia. Il termine moda deriva dal latino modus, che significa maniera, norma, regola, tempo, melodia, ritmo. Nei secoli passati, l'abbigliamento alla moda era proprietà delle sole classi abbienti soprattutto per via del costo dei tessuti e dei coloranti usati, che venivano estratti dal mondo minerale, animale e vegetale. Prima dell'Ottocento, l'abito era considerato talmente prezioso che veniva elencato tra i beni testamentari. Il primo italiano che storicamente
fece uso di questo termine, fu un sacerdote, padre Lampugnani, che nel 1645 scrisse un feroce libretto di critica contro la "moda e i modanti". Dopo Lampugnani nessun altro la usò. La moda nasce solo in parte dalla necessità umana correlata alla sopravvivenza di coprirsi con tessuti, pelli o materiali lavorati per essere indossati. In realtà l'abito assunse anche precise funzioni sociali, atte a distinguere le varie classi e le mansioni sacerdotali, amministrative e militari.
Le donne, che ne erano escluse, non per questo rinunciavano a vestirsi con cura estrema. Più legato alla psicologia è l'aspetto del mascheramento. Gli abiti possono servire a nascondere lati della personalità che non si vogliono far conoscere o, viceversa, a mostrarli.
Di solito si è stati e si è tuttora portati ad identificare la moda con l'abbigliamento, sua espressione più naturale e appariscente: ad ogni stagione i sarti( anzi, i creatori di moda, come amano essere definiti) suggeriscono e impongono nuovi particolari che a poco a poco trasformano gli abiti della gente. Chi subito, chi più tardi, ognuno finisce col cedere a questi cambiamenti. Si pensi ad esempio alla trasformazione delle gonne negli ultimi anni.
La moda ha bisogno di tempo per imporsi. Essa passa attraverso le fasi della curiosità, del desiderio, dell'emulazione e magari anche dell'invidia e dell'adeguamento(per non sentirsi "diversi" dagli altri). L'opinione pubblica deve sempre superare un certo rifiuto iniziale, uno stupore ostile.
A volte, quando gli ultimi accolgono una moda, i primi, quelli che se ne sono entusiasmati all'inizio, già ne sono stanchi. Il tempo che occorre a questo ciclo varia secondo il periodo storico.
Ieri la moda riguardava soltanto gli aristocratici e i ricchi e neppure riusciva a toccare le classi meno abbienti che per secoli continuarono ad indossare gli stessi stracci ed accontentarsi degli stessi poveri oggetti.
Oggi le mode sono più rapide, accompagnate sempre da
propaganda che ad esse fanno i giornali, televisione, radio e naturalmente il
loro mezzo di diffusione più naturale: la pubblicità. Ed è proprio grazie ad
essa che l'11 giugno del
All'atto costitutivo erano presenti titolari delle più importanti Case di Alta Moda italiane e alcuni privati che, in quegli anni, ricoprivano un ruolo di Spicco Nella Promozione Del Settore.
Nei primi mesi del 1962, però, fu creata, per volontà del
Centro Romano Alta Moda, un'organizzazione denominata 'Camera Nazionale
della Moda Italiana' che rispecchiava largamente, negli scopi e nella
struttura, l'Associazione concepita da Giorgini.
Dal 29 settembre 1962, con le deliberazioni di un'Assemblea straordinaria si ridisegnarono gli scopi, le finalità e la struttura dell'Associazione che, privata, apartitica e apolitica, cominciò ad operare attivamente nel settore Moda. Lo scopo, così come oggi, era quello di 'rappresentare i più alti valori della moda italiana, tutelare, coordinare e potenziare l'immagine della moda italiana in Italia e all'estero, nonché gli interessi tecnici, artistici ed economici degli Associati'.
II. I vari aspetti della moda
La moda ha due aspetti contrastanti: da una parte il desiderio di cambiare, dall'altra la tendenza a uniformarsi con gli altri.
Questa duplice pressione è così forte che può essere osservata anche nei bambini, quando desiderano e chiedono ai genitori qualcosa che a loro piace è perché è nuovo e diverso ma anche perché altri compagni già lo
possiedono. Alla voglia di cambiare si aggiunge così la voglia di uniformarsi. Ma sarà dall'imitazione che poi deriveranno la noia, la stanchezza e quindi la voglia di cambiare ancora.
II.a Come nasce una moda?
Oggi tutto nasce dal bisogno di far denaro, di proporre e vendere e poi proporre e vendere ancora: è la logica del consumismo che inventa le mode e le distrugge. Ieri invece le mode avevano origini più profonde, avevano motivazioni più radicate nella natura stessa dell'uomo.
Uno dei primi moventi della moda, qualunque essa fosse e qualunque cosa riguardasse, era il desiderio di farsi notare ed esprimere superiorità sociale. I tessuti erano preziosi. Era una moda irraggiungibile, inimitabile perfino nel taglio. La moda, in ogni sua manifestazione, esprimeva anzitutto ricchezza e nobiltà.
Il consumismo, pur con le sue colpe, ha eliminato, per motivi commerciali ed economici, questa discriminazione e la moda oggi lusinga la vanità di chiunque, agisce per settori, si rivolge perfino ai giovanissimi stimolandone i desideri. Il desiderio di farsi notare non è più importante come quello di dire "c'è l'ho anch'io".
Un altro importante movente della moda di ieri, ma ancora spesso valido, consisteva nella ricerca estetica, nel piacere di possedere qualcosa di bello o che abbelliva. Ecco dunque il periodico interesse per questo o quel colore, per questo o quel tessuto, per questo o quel design come oggi si dice indicando la linea di un oggetto o il suo stile.
Questa ricerca estetica si esprime a maggior ragione nell'abbigliamento. Ma più spesso è il proprio aspetto fisico che si vuole valorizzare e una parte del proprio corpo: questo spiega certi stili che di volta in volta hanno
messo in evidenza diversi aspetti femmini. Le gambe femminili, una volta oggetto di scandalo se mostrate, sia pure all'altezza delle caviglie, diventano simboli di tempi nuovi. Ecco allora il terzo movente: il desiderio di differenziarsi dalle generazioni precedenti, di apparire, anche all'esterno, diversi.
Quando nell'ultimo dopoguerra comparvero in tutta Europa le lunghe gonne a campana di Christian Dior e i tacchi a spillo, alla nuova moda fu dato un nome augurale e pertinente: "New Look", cioè nuovo aspetto.
L'entusiasmo con cui venne subito adottata dimostrò non soltanto il gradimento del nuovo stile ma anche il piacere di abbandonare negli abiti, nelle calzature, nelle pettinature, il ricordo di un tragico e miserabile passato di sofferenze e privazioni.
Quanto vale per l'abbigliamento vale anche per tutto il resto.
II.b L'imitazione e
Il tentativo di sembrare diversi da come la moda vorrebbe non è un fatto nuovo. Oggi sono molti di più i giovani che si ribellano alle mode imposte dall'alto. Ieri erano le classi superiori che si preoccupavano, quando la borghesia voleva imitare i nobili, di cambiare subito stile. Talvolta si arrivò addirittura a prendere provvedimenti per impedire che gli abiti e gli
accessori dell'aristocrazia venissero copiati. Quando col passare dei secoli la borghesia acquistò una maggiore importanza economica non ebbe bisogno di guardare in alto per scegliere i modelli di comportamento.
Essa stessa creò una moda propria e il bisogno di essere eleganti venne soddisfatto in modo autonomo. Tuttavia i borghesi mantennero ancora per molto tempo un atteggiamento emulativo nei confronti dell'aristocrazia benché questa continuasse a perdere poteri e mezzi finanziari. Alla ricca signora senza titoli interessava soltanto sembrare una vera dama: la moda divenne allora un fatto di modi, di galateo; l'eleganza coincise con la forma. Non bastava avere un bel vestito, bisognava saperlo indossare con classe. E spesso, a questa voglia di guardare in alto, verso stereotipi che spesso non avevano più consistenza, nell'Ottocento e al principio del Novecento, si aggiunsero in ogni settore nuovi elementi di discriminazione. La borghesia volle affermare la propria superiorità in base ai soldi di cui disponeva, ricreare dentro di sé quelle differenze contro le quali la rivoluzione francese si era battuta. Tutto venne diviso in classi: c'erano l'alta, la media, la piccola borghesia e poi c'era il popolo.
Il sogno dell'uguaglianza si perse nell'ambizione e si frantumò in una quantità di mode e di comportamenti. Tutto fu diviso in prima, seconda e terza classe: i vagoni ferroviari, i posti a teatro, gli alberghi. Nelle mani dell'alta borghesia, sempre più potente, la moda acquistò un'importanza sociale superiore a quella che aveva avuto nelle mani degli aristocratici. I ricchi borghesi non avevano né titoli né corone per affermare la loro presunta superiorità. Però avevano i soldi e tutto quello che i soldi potevano comprare. Le apparenze diventarono essenziali per mostrarono subito il proprio rango: la moda fu quasi lo spartiacque tra i vari scalini della borghesia.
Dove gli abiti non bastavano a stabilire le differenze interveniva, appunto, il galateo. Alla moda si alleavano le buone maniere che contribuivano ad innalzare nuove barriere sociali.
Poi si cominciò a parlare di buon gusto, altro elemento discriminatore tra una classe e l'altra(in pratica tra un patrimonio e l'altro). E il buon gusto, a poco a poco, moderò l'esibizione del denaro, tentazione troppo forte per i neo-arricchiti, che subito considerano elegante quello che costa di più. Errore: l'alta borghesia trovò nella moderazione un nuovo elemento di distinzione.
Nell'Ottocento e nel Novecento, fin quasi ai nostri tempi, l'abbigliamento dei ricchi fu raffinato ma fondamentalmente semplice, basato su un particolare del taglio, sulla perfezione degli accessori, sulla qualità del tessuto e ogni abito fu, come si disse, "vissuto" da chi l'indossava. Prese a farsi strada il concetto di donna di classe.
Questo nevrotico sforzo per essere sempre diversi, semplici e migliori condusse infine alla fortuna dei grandi sarti. Era molto più facile fare un
vestito ricco che uno elegante. Per confezionare il primo infatti bastava sovraccaricarlo di gioielli, di chilometri di nastri e pizzi, scegliendo i tessuti più preziosi(come dimostrano certi ritratti dei secoli scorsi). Per fare il secondo occorre invece un taglio sapiente, una semplicità quasi architettonica, un'originalità indiscussa.
Ecco dunque che la moda, in mano a questi creatori è diventata ALTA MODA.
III. La moda nell'ottocento
La moda ottocentesca è l'espressione del ceto borghese che, dopo la rivoluzione francese conquista il potere politico ed economico in Europa, imponendo i suoi ideali e il suo stile. È soprattutto l'abbigliamento maschile che registra un significativo e radicale mutamento. Un look austero e rigoroso, con tagli semplificati, tessuti di panno robusto, e decorazioni ridotte al minimo, sostituì il frivolo costume barocco; in tal modo vennero evidenziati la serietà del mondo del lavoro,la praticità, la prudenza, il risparmio, l'ordine. Il nuovo abito maschile ha una patria: l'Inghilterra, che propose un'eleganza più pratica e civile, influenzata dai modi informali, dalla passione per lo sport e la vita all'aria aperta del gentiluomo inglese. Due furono i vestiti informali introdotti: il frac, adottato per andare a caccia e per la vita in campagna, con falde molto arretrate e colletto alto. In seguito diventò l'uniforme del vero gentleman e fu portato di giorno ma soprattutto di sera, per le occasioni eleganti. La redingote era all'inizio una giacca da equitazione, una lunga giubba a due falde e aperta sul dietro che permetteva di stare comodamente in sella. Abbandonata la destinazione sportiva si trasformò in abito da città e da lavoro fino a prendere il significativo nome, dopo la metà del secolo, di finanziera.
Antesignani del nuovo corso che puntava, per identificare il vero gentiluomo, sulla tendenza alla semplificazione e sullo stile furono in Inghilterra i Dandy: il più famoso tra loro fu George Brummel, che impose il suo modo di vestirsi in tutta Europa. Il suo edonismo esasperato diventò proverbiale e il suo motto: "Per essere eleganti non bisogna farsi notare" fu legge per tutti gli uomini alla moda.
Elementi fondanti del guardaroba maschile ottocentesco furono: i pantaloni, il gilet e i soprabiti. Si adottarono pantaloni lunghi, derivati dal mondo del lavoro e della marina. Il gilet o panciotto aveva la funzione di modellare il torace maschile, dandogli la convessità delle antiche armature.
La giacca corta, adottata dopo 1850, era caratterizzata dalla brevità, e dalla larghezza, ed entrò stabilmente nel guardaroba come abito diurno e come complemento di indumenti estivi. Il paletot o cappotto: consacrato sotto il II impero, di linea ampia e avvolgente, e di derivazione marinaresca; definito dai suoi osteggiatori "un barile di panno" piacque proprio per la sua comodità e disinvoltura passando anche all'abbigliamento femminile. Quando, tra gli anni trenta e cinquanta, grazie alla scoperta della vulcanizzazione della gomma, cominciarono a diffondersi i primi soprabiti impermeabili, il paletot fu creato anche in versione da pioggia. La cravatta: oggetto di appassionata attrazione, doveva corrispondere a una serie precisa di requisiti, che potevano sintetizzarsi nel motto "ad ogni occasione la sua cravatta"; all'inizio del secolo era rigorosamente bianca e inamidata. Le prescrizioni riguardavano anche i nodi, che dovevano essere sempre perfetti e appropriati alle circostanze. Diventò sempre più piccola dopo la metà del secolo, e fu fatta anche in tessuti colorati.
L'abbigliamento femminile: all'interno della famiglia il compito della donna era riservato esclusivamente allo spazio privato dove era custode dell'ordine, del buon convivere, della pace e della moralità. Ancora di salvezza spirituale, portatrice di valori e di virtù, essa incarnò almeno fino alla metà del secolo l'ideale dell'angelo del focolare, modello che si
affermò anche in campo estetico influenzando il gusto corrente: obbligatori la modestia del gesto, la prudenza del comportamento, lo sguardo dolce e timido. L'abito ormai chiuso attorno al collo, aveva maniche lunghe e spalle cadenti, mentre le linee del corpo tondeggianti simboleggiavano fragilità, dolcezza e arrendevolezza. La sensualità era rigorosamente controllata, gli istinti severamente repressi: il corpo era nascosto da gonne lunghe e strati di biancheria: camicia, busto, copribusto, molteplici sottogonne, mutandoni che diventarono indumento stabile.
Il busto era una corazza di tela irrigidita da
stecche di balena che poteva causare anche dolori e svenimenti. Doveva
assicurare il vitino di vespa, e lo si portava obbligatoriamente fin
dall'infanzia, in quanto era opinione comune che esso dovesse correggere i
difetti del portamento e sostenere la "naturale" debolezza della spina dorsale
femminile. La soddisfazione carnale per l'uomo si raggiungeva fuori casa:
l'Ottocento è anche l'età d'oro delle case di tolleranza, e delle cocottes, le
cortigiane francesi famose e celebrate che, dal
quale unico compromesso una corta tunica per nascondere parte dei fianchi.
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