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TEORIA ELETTROMAGNETICA
La luce della TEORIA ELETTROMAGNETICA di Maxwell invece, poteva propagarsi anche nel vuoto, grazie al rapporto di induzione reciproca fra i due campi elettrico e magnetico; dunque una volta generata essa era svincolata dalla propria sorgente, e si propagava come un onda elettromagnetica, in un mezzo, come nel vuoto. Questa teoria spiega praticamente tutti i fenomeni luminosi, ed è in larga parte utilizzata ancora oggi. Mostra che la luce visibile è una parte dello spettro elettromagnetico. Con la formulazione delle equazioni di Maxwell vennero completamente unificati i fenomeni elettrici, magnetici ed ottici.
"Tra molto tempo - per esempio tra diecimila anni - non c'è dubbio che la scoperta delle equazioni di Maxwell sarà giudicato l'evento più significativo del XIX secolo. La guerra civile americana apparirà insignificante e provinciale se paragonata a questo importante evento scientifico della medesima decade." (Richard Feynman)
"La teoria della relatività ristretta ha le sue origini nelle equazioni del campo elettromagnetico di Maxwell." (Albert Einstein)
Maxwell, fisico scozzese nato nel 1831, radunò le quattro equazioni finora esistenti per l'elettromagnetismo, che erano flusso e circuitazione del campo elettrico, f. e c. per il campo magnetico;
Già si sapeva che una variazione di campo magnetico induceva una forza elettromotrice, e di conseguenza un campo elettrico. Maxwell ebbe il merito di rendersi conto che anche il campo elettrico avrebbe dovuto indurre un campo magnetico, e lo fece basandosi su considerazioni puramente intuitive, avendo notato una ASIMMETRIA fra i due campi che secondo la sua visione di un mondo fisico bello ed elegante non aveva senso.
Dunque trovò il termine mancante nella cosiddetta "corrente di spostamento", e lo inserì nella quarta equazione, quella sulla circuitazione del campo magnetico. Le quattro equazioni, riordinate e aggiustate da Maxwell suonavano così:
La quarta equazione è quella più importante, poichè in essa, celata sotto un alto e poetico linguaggio matematico, si trovava implicitamente la velocità delle onde elettromagnetiche nel vuoto.
Lo scienziato, dicevamo, prese la quarta equazione, ed ipotizzò che ci si trovasse, oltre che nel vuoto, a distanza infinita da qualsiasi carica o corrente, percui l'equazione della circuitazione magnetica diventava pertanto:
Facendo l'analisi dimensionale possiamo notare che ha le dimensioni fisiche dell inverso del quadrato di una velocità; per ottenere metri al secondo, l'unità di misura della velocità, si doveva dunque scrivere:
Questa velocità ottenuta, di 299 792 458 m/s non era una velocità qualsiasi, mai nulla è lasciato al caso in natura. Il fisico giunse alla conclusione che quella era la velocità con cui si propagavano nel vuoto le onde elettromagnetiche.
Quando Maxwell raggiunse il risultato rimase soddisfatto: il risultato da lui ottenuto coincideva con la velocità della luce, già misurata con precisione in quegli stessi anni dal fisico francese Fizeau, con un interessante esperimento. Dunque la luce altro non era che una radiazione elettromagnetica, o, perlomeno si comportava come tale.
Abbiamo dunque stabilito quale fosse la velocità delle onde elettromagnetiche (perciò della luce) nel vuoto, ma in un mezzo? Aumentava o diminuiva? La velocità in un mezzo si misura con:
Dove è la velocità della luce nel mezzo, altro non è che l'indice di rifrazione del mezzo, che è tanto maggiore tanto più è densa la sostanza che stiamo considerando. Possiamo perciò scrivere:
Dal che si desume che più il mezzo è denso, più la luce, od una qualsiasi radiazione elettromagnetica, si propagherà lentamente, confermando la teoria ondulatoria di Huygens.
Per renderci conto del valore scientifico di questa scoperta, basti pensare che successivamente Einstein scoprirà che questa "c", oltre ad essere invariabile in qualsiasi condizione, è, elevata al quadrato, proprio la costante che regola il rapporto fra energia e materia.
Ed ecco l'ultima teoria che ci rimane da analizzare:
"Per risolvere alcuni problemi sulla trattazione del corpo nero nel 1900 Max Planck ideò un artificio matematico, pensò che l'energia associata ad una onda elettromagnetica non fosse proporzionale al quadrato della sua ampiezza (come nel caso delle onde elastiche in meccanica classica), ma direttamente proporzionale alla frequenza e che la sua costante di proporzionalità fosse discreta e non continua.
L'interpretazione successiva che Albert Einstein diede dell'effetto fotoelettrico incanalò il pensiero dei suoi contemporanei verso una nuova strada. Si cominciò a pensare che quanto fatto da Planck non fosse un mero artificio matematico, ma piuttosto l'interpretazione di una nuova struttura fisica, cioè che la natura della luce potesse avere un qualche rapporto con una forma discreta di alcune sue proprietà. Si cominciò a parlare di pacchetti discreti di energia, battezzati fotoni. Con l'avvento delle teorie quantistiche dei campi (ed in particolare dell'elettrodinamica quantistica) il concetto di fotone venne formalizzato ed oggi sta alla base dell'ottica quantistica."
(da Wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Luce)
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