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L'INFINITO E LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
Al Rinascimento si accompagna anche la cosiddetta rivoluzione astronomica: un mutamento di idee riguardo all'ordinamento del cosmo che elimina definitivamente l'idea di una cosmologia impostata su basi aristoteliche e si esprime attraverso l'introduzione della teoria eliocentrica di Copernico. Egli pone non più la Terra, ma il Sole al centro del cosmo, e afferma che gli apparenti moti celesti sono in realtà causati dal moto del nostro pianeta intorno al Sole; conserva tuttavia l'idea di un universo finito, chiuso dall'immutabile sfera delle stelle fisse.
GIORDANO BRUNO E L'UNIVERSO INFINITO
Gli "infiniti mondi" di Giordano Bruno Gli "infiniti mondi" di Giordano
Bruno
È Giordano
Bruno, quindi, il primo a recuperare l'idea di infinito cosmologico. Il
suo approccio è per la prima volta basato sull'esperienza e sul rapporto
diretto con la natura: ed egli si fa infatti portavoce di un universo che
appare infinito, illimitato nelle sue dimensioni, immagine di un'infinità divina insita nella natura e della sua
infinita potenza creatrice. La sua argomentazione si basa sul relativismo di
ciò che si osserva: cioè sul fatto che, allo spostarsi dell'osservatore, l'eventuale
orizzonte che l'osservazione incontra cambierebbe anch'esso posizione. L'osservatore apparirebbe sempre
al centro di tale limite apparente. Questo porta Bruno a eliminare la sfera
delle stelle fisse e a immaginare un numero infinito
di stelle sparse in ogni direzione: affermando non solo l'infinitezza
dell'universo, ma anche quella dei mondi, considerando ogni stella visibile
come un Sole simile al nostro dotato di un proprio sistema planetario. In
Giordano Bruno si avverte inoltre anche l'ebbrezza
dell'infinito, una sensazione di liberazione determinata
dall'allargamento dei confini umani fino all'infinito. Se in precedenza vi era
un cosmo finito, nel quale l'azione della ragione era limitata al mondo
sublunare, ora il nuovo universo appare perfetto proprio perché infinito e
immagine di un Dio dalla potenza creatrice infinita: tale infinità,
appartenendo alla dimensione concreta, appare inoltre accessibile
all'intelletto nelle leggi che la determinano.
IL PENSIERO NELLA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
Questo è il panorama che accompagna la piena affermazione della rivoluzione astronomica. l'infinito concepito come assoluto e appartenente alla dimensione metafisica è sostituito da una nuova idea di un infinito che l'uomo può individuare nel mondo fisico e attribuire alla natura e all'universo: un infinito in tal modo accessibile all'esperienza diretta, precisamente individuato nello spazio e nel tempo, contrapposto a un piano metafisico ora sciolto da qualsiasi dimensione spaziale o temporale. Con la rivoluzione scientifica questa idea conoscerà la massima diffusione: essa costituisce il pieno superamento da parte dell'uomo delle concezioni medievali e la piena realizzazione dell'autonomia di pensiero già esaltata nel Rinascimento.
Nella realizzazione di tale rivoluzione si assiste alla nascita della scienza moderna, ad opera soprattutto di Galileo: la sua scienza costituirà l'evoluzione della filosofia naturale verso un'indagine razionale della natura, fondata sull'esperienza diretta dei fenomeni. Alla figura del filosofo si affianca quella dello scienziato, che utilizza gli strumenti cognitivi della filosofia, la ragione e il pensiero, riferendoli unicamente all'esperienza e alla definizione delle leggi che regolano l'universo: leggi scritte in linguaggio matematico, che individuano una matematizzazione del cosmo in luogo della precedente geometrizzazione.
Galileo, il primo a definire i caratteri della scienza moderna con la formulazione del metodo scientifico, individua proprio nel linguaggio matematico l'essenza dell'universo, la piena definizione del mondo fisico: la legge matematica ha carattere oggettivo e universale, è una sorta di essenza matematica, e compito dello scienziato è quello di svelarla a partire dai dati empirici. L'esperienza diretta porta Galileo a confermare la natura materiale dei corpi celesti, e in particolare la sua risoluzione della Via Lattea in una miriade di stelle sembra dare ragione all'idea di Bruno dell'universo infinito e della pluralità dei mondi. Tuttavia Galileo dimostra nei confronti dell'infinito un atteggiamento scettico: secondo lui l'esperienza non è in grado, da sola, di stabilire se l'universo sia finito o infinito, e una presa di posizione in merito apparirebbe come una pura speculazione filosofica. Keplero va anche oltre, attribuendo all'infinito un carattere pienamente metafisico. L'infinito attuale dell'universo è per lui un prodotto del pensiero, una speculazione attuata per poter comprendere e interiorizzare ciò che per vastità sfugge alla comprensione dell'intelletto: non essendo direttamente constatabile attraverso l'esperienza l'infinito è privo di valore scientifico.
Lo spazio assoluto di Newton
L'infinito
è tuttavia recuperato da Newton e dalla sua
cosmologia basata sull'azione a distanza di una forza attrattiva
universale, la forza gravitazionale, che ha la massa come sorgente: egli ritiene infatti che gli astri e, più generalmente, tutti i corpi si muovano in uno spazio assoluto, un'attualizzazione dello spazio euclideo. Lo spazio fisico si identifica con questo spazio assoluto, assolutamente inalterabile e infinito in ogni direzione: pianeti e stelle si muovono lungo traiettorie curve nello spazio euclideo infinito, tessuto da raggi luminosi che si muovono su traiettorie rettilinee. La luce individua la struttura dello spazio assoluto costituendone le "rette" euclidee. Si tratta questa di una concezione che stabilisce per la prima volta non un ordine geometrico sovrapposto a uno spazio generico e indefinito, ma una precisa struttura geometrica che caratterizza lo spazio stesso: lo spazio viene in tal modo sostanzializzato. Si tratta di una teoria che dominerà il panorama scientifico per quasi due secoli, influenzando anche l'indagine filosofica oltre a quella scientifica.
ANCORA METAFISICA: LA SOSTANZA
Gli anni della rivoluzione scientifica, nonostante la nascita del moderno scienziato volto allo studio empirico della realtà, sono comunque caratterizzati da un ritorno alla dimensione del trascendente e dell'assoluto: è il caso della scuola filosofica razionalista, che mira a individuare una definizione aprioristica della realtà, condotta cioè da una ragione precedente rispetto alle particolarità dell'esperienza sensibile. Gli esponenti di tale scuola, Cartesio, Spinoza e Leibnitz, puntano quindi ad individuare la sostanza, l'entità che costituisce l'essenza della realtà e ne conferisce giustificazione: è quindi un ritorno sul piano dell'infinito inteso come assoluto, e che si realizza attraverso il dualismo cartesiano tra res cogitans e res extensa, di cui Dio viene assunto come denominatore comune, nel Deus sive Natura spinoziano, o ancora nelle monadi di Leibnitz. È importante notare come il concetto di Sostanza sia considerato frutto dell'intuizione immediata, piuttosto che di un'indagine razionale definita: essa è infatti piuttosto volta alla definizione dei caratteri della sostanza.
I filosofi razionalisti non negano tuttavia l'infinito cosmologico, e anzi riprendono le posizioni platoniche incentrate su un dualismo tra il piano metafisico e quello fisico, sebbene gli esiti siano differenti da quelli newtoniani. Cartesio concepisce infatti lo spazio come insieme di materia fluida e incoerente, nella quale il movimento di corpi solidi produce vortici e correnti che sono alla base delle dinamiche celesti; Leibnitz considera invece uno spazio definito solamente dall'estensione della materia e dalla reciprocità delle posizioni dei corpi, privo cioè di una struttura propria. Tuttavia Cartesio attribuisce anch'egli una struttura geometrica e matematica allo spazio, associando a ogni punto dello spazio una terna di numeri, la coordinate cartesiane, che ne identifica la posizione; Leibnitz è invece, insieme allo stesso Newton, l'inventore del calcolo infinitesimale, che razionalizza dal punto di vista matematico l'idea di infinitesimo, di quantità infinitamente piccola.
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