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La parte di spettro che corrisponde alle onde non ionizzanti comprende:
Verranno analizzate innanzitutto le caratteristiche generali dei vari tipi di onde, per poi affrontare nello specifico i vantaggi e le problematiche relative all'uso di questo tipo di onde in ambito sia commerciale che di utilizzo in medicina.
Le onde radio
Sono così chiamate le radiazioni elettromagnetiche di frequenza inferiore a circa 10 Hz e lunghezza d'onda non inferiore a qualche metro.
Sono chiamate anche onde hertziane e vengono essenzialmente adoperate per le
radio-trasmissioni, cioè per la trasmissione dei suoni a distanza. Per la loro
notevole lunghezza hanno la proprietà, come i suoni, di superare gli ostacoli;
sono quindi essenzialmente
onde di superficie; nel senso che si diffrangono sulla superficie terrestre,
seguendone, fino a un certo punto, la curvatura. Per trasmettere queste onde a
sufficiente distanza occorre generalmente, a causa dell'assorbimento da parte
dei corpi materiali situati sulla Terra, una notevole potenza. Talvolta è
possibile aumentare notevolmente la distanza di trasmissione, sfruttando la
proprietà riflettente della ionosfera cioè di uno strato fortemente ionizzato
che circonda
Per questo motivo parliamo comunemente di onde hertziane e non di raggi hertziani, riservando la parola raggio alle radiazioni di piccola lunghezza d' onda.
Questo tipo di radiazione elettromagnetica pervade tutto l'ambiente: onde radiotelevisive a tutte le frequenze (comprese quelle della telefonia mobile) da antenne trasmittenti (comprese quelle dei cellulari) e ripetitrici, campi elettrici e magnetici alternati della rete elettrica originati da d.d.p. alternate comprese tra 220 V e decine di migliaia di volt, emissione di onde dalle antenne radar in prossimità di aeroporti e basi militari, generatori di corrente elettrica alternata e dispositivi simili impiegati nell'industria.
Dunque l'ambiente è costantemente permeato da queste radiazioni che non sono ionizzanti, che cioè non hanno energia sufficiente per estrarre gli elettroni dagli orbitali atomici; hanno effetti biologici solo in caso di intensità di campo elettrico particolarmente elevate. Per ciascun tipo di onde è stato definito un limite per l' esposizione espresso in watt/m² e variabile a seconda delle sorgenti.
Microonde
Si chiamano microonde quelle radiazioni comprese nello spettro elettromagnetico fra le radio-onde e l'infrarosso di frequenza compresa fra 10 Hz e 10 Hz e lunghezza d'onda che varia dai decimetri ai millimetri. Si ottengono quasi esclusivamente per mezzo di speciali tubi elettrici (klystron, magnetron, ecc.) in cui si sfruttano le interazioni tra un fascio elettronico e l'onda elettromagnetica emessa da un generatore, in modo che la corrente elettrica incrementi la potenza dell'onda da inviare.
Le microonde sono principalmente adoperate per radio-trasmissioni direzionali, atte cioè a inviare segnali in una data direzione. Diminuendo infatti la lunghezza d'onda, incominciano a divenire meno evidenti i fenomeni di diffrazione; le microonde, come la luce, non girano per così dire intorno agli ostacoli, in genere troppo grandi rispetto alla loro lunghezza d'onda, ma vengono fermate e in parte riflesse da essi. L' onda emessa dall' emittente, generalmente confinata in un piccolo angolo di apertura, si propaga quasi in linea retta, fino alla cosiddetta portata ottica.
Per accennare molto sommariamente a qualche notevole applicazione delle microonde, si può citare: il radar, la televisione, i servizi telegrafici e telefonici.
La tecnica utilizzata presenta alcuni notevoli vantaggi rispetto agli altri tipi di trasmissione. Infatti l'energia chiesta per la trasmissione è generalmente minima, in quanto, trattandosi di onde direzionali, esse non vengono disperse in tutte le direzioni dello spazio. Inoltre il costo d'impianto è molto minore, non solo rispetto alla trasmissione a filo (si risparmiano i fili di conduzione), ma anche rispetto alle potenti stazioni trasmittenti di radioonde. Infine si ha il vantaggio della segretezza, poiché il messaggio è intercettabile solo lungo il percorso del raggio. L'unico inconveniente è che le microonde hanno un raggio d' azione limitato alla portata ottica; si rende quindi necessaria, per coprire una notevole distanza di trasmissione, una successione di stazioni a visibilità geometrica fra loro (tecnica dei ponti radio).
Infrarosso
Sono dette infrarosse le radiazioni di frequenza compresa fra 10 Hz e 10 Hz, corrispondenti a lunghezze d'onda variabili da qualche millimetro a qualche micron.
Queste radiazioni sono prodotte in notevole misura dai corpi caratterizzati da temperatura nell'ordine di qualche centinaio di gradi Kelvin e sono spesso generati dalla rotazione e dalla vibrazione delle molecole, che ruotando e vibrando più vigorosamente comportano un aumento di temperatura. Reciprocamente, la loro frequenza è adatta a mettere in vibrazione le cariche dei corpi che esse investono e, pertanto, questo tipo di radiazione si trasforma, con grande efficienza, in energia termica dei corpi investiti solidi e liquidi.
A causa della loro lunghezza d'onda relativamente grande, sono invece sono poco assorbite dall'atmosfera e persino dalle particelle di nebbia e smog.
Questa caratteristica le rende molto adatte a essere impiegate per indagini che sarebbero impossibili con la normale luce visibile, e consentono la visione notturna. Infatti, molte creature, tra cui alcuni tipi di vipere, hanno recettori specializzati che consentono loro di "vedere" i raggi infrarossi emessi dalle prede a sangue caldo, anche nel buio più completo.
Il wireless e i cellulari
Tutte le tecnologie di comunicazione senza fili oggi utilizzate a partire dalle trasmissioni radiotelevisive, passando per la telefonia cellulare sino ad arrivare ai nuovi sistemi Wi-Fi e WiMAX rientrano nello spettro delle onde non ionizzanti.
La maggior parte delle tecnologie di comunicazione wireless si concentrano tra 1 MHz e 10 GHZ, e per confronto:
Tutti i campi elettromagnetici interagiscono con il corpo umano: i meccanismi principali di interazione sono l'accoppiamento con campi elettrici e magnetici e il trasferimento di energia (ricordando che con valori di frequenza maggiori, sarà maggiore anche l'energia in trasferimento). Tralasciamo le problematiche associate alle 'scosse elettriche' e ai rischi di accoppiamento con dispositivi elettromedicali (pacemaker) per concentrarci essenzialmente sulla relazione tra salute e campi EM associati alle principali tecnologie Wireless dal punto di vista dell'assorbimento di energia.
La normativa attuale
La normativa internazionale sui campi elettromagnetici non ionizzanti si basa sulle linee guida dell'Icnirp (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection), istituto non governativo riconosciuto dall'Organizzazione Nazionale della Sanità. L'Icnirp stabilisce dei valori limite per l'esposizione ai campi EM, espressi in termini di intensità del campo elettrico (espressa in volt/metro). Al di là dei valori numerici, è importante sottolineare come queste valutazioni siano state riprese sin dal 1999 dalla Raccomandazione di Commissione Europea (Rce), la quale non ha però imposto alcuna legge ai singoli stati membri, limitandosi a consigliare opportune misure cautelative.
In Italia l'attuale regolamentazione non prevede norme vincolanti, ma una serie di raccomandazioni emerse dal Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri (in seguito Dpcm) dell'8 luglio 2003. Per salvaguardare la popolazione dagli effetti acuti accertati, è stato definito un limite di esposizione, fissato nel caso delle bande utilizzate da telefonia mobile e Wi-Fi a 20 V/m.
Confrontando questi valori con i limiti definiti dall'Icnirp e dagli alti paesi possibile verificare come l'Italia sia stato una delle nazioni con limiti più bassi per l'esposizione ai campi EM. La misurazione dell'intensità di campo è efficace per controllare l'emissione dei ripetitori Gsm e Umts.
Analizzando invece la telefonia cellulare dal
punto di vista dei terminali, l'unita di misura più adatta per la definizione
di limiti di sicurezza è il Sar (Specific Absorption Rate, tasso
specifico di assorbimento) che si misura in watt per chilogrammi di massa
corporea (W/Kg). Il Sar permette di stimare gli effetti termici della
radiazione elettromagnetica sui tessuti, evitando un eccessivo
surriscaldamento. Per i telefoni cellulari l'Icnirp suggerisce un limite di
Sar di 2 W/Kg, mediati su
Le ricerche
Per verificare gli effetti dell' esposizione
ai campi elettromagnetici negli ultimi 15 anni sono state effettuate centinaia
di ricerche; si tratta di un periodo di tempo relativamente lungo, ma per
essere efficaci alcuni studi (ad esempio su particolari tipi di cancro a
sviluppo lento) devono avere una durata di almeno 25 anni. Per brevità
verranno illustrati solo due promemoria emessi negli ultimi anni
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Comunità Europea; entrambi
tentano di sintetizzare i dati raccolti dalle varie ricerche e di esprimere di
conseguenza delle linee guida. Nel promemoria 'Campi elettromagnetici e
salute pubblica' del maggio
Effetti termici:
Variazioni di temperatura corporea al di sotto del grado centigrado non causano particolari problemi, dal momento che il corpo umano può contrastarle attraverso il normale processo di termoregolazione. Tra uno e due gradi centigradi l'organismo non è più in grado di termoregolarsi e si avvertono i primi sintomi analoghi alla febbre (riduzione attività mentale, anomalie nelle normali funzioni corporee). Al di sopra di questa soglia gli effetti si fanno più gravi e possono essere anche irreversibili.
Un parametro migliore per misurare gli effetti del campo incidente in relazione ai fenomeni termici è il già citato Sar. I primi effetti di stress corrispondono a esposizioni prolungate nel tempo con Sar tra 1 e 4 W/Kg. Considerando invece il limite di 2 W/Kg raccomandato dall'Icnirp per i telefoni cellulari, i primi effetti termici rilevanti si hanno per conversazioni di durata superiore ai 20 minuti e terminale a contatto con il cranio. In queste situazioni si consiglia quindi l'utilizzo di auricolari.
Effetti cancerogeni:
Per quanto riguarda possibili effetti cancerogeni dell'esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza, il promemoria dell'Oms delinea una mancanza di evidenza in base agli studi pubblicati negli ultimi 15 anni. Discorso analogo vale per gli altri effetti studiati, a partire da disturbi a sonno e funzioni cognitive, sino a potenziali problemi cardiovascolari. L'Oms ricorda infine che a parità di livello di esposizione, il corpo umano è molto più sensibile all'emissione dei segnali radiotelevisivi, in parte a causa delle frequenze in gioco e in parte per le caratteristiche fisiche del corpo umano (che, fungendo da antenna, entra in risonanza con le onde prodotte dalla stazioni Fm). È importante ricordare infatti che, le trasmittenti di radio e televisione sono presenti sul territorio da oltre 50 anni, senza che siano state accertate conseguenze negative per la salute.
Nonostante questo l'Oms ha definito un programma per 'seguire gli sviluppi' e valutare eventuali effetti sanitari che dovessero in futuro essere rilevati. Il Progetto Internazionale Campi Elettromagnetici (Cem) promuove questo tipo di ricerche, mentre l'Iarc (International Agency for Research on Cancer), agenzia dell'Oms, ha in corso una ulteriore valutazione dei rischi cancerogeni associati ai campi elettromagnetici a radiofrequenza.
Affrontando il capitolo dei provvedimenti da adottare per limitare gli effetti dei campi elettromagnetici, l'Oms rimanda alle linee guida dell'lcnirp. Anche la comunità Europea con il suo ultimo report che risale al 19 gennaio 2009 conferma essenzialmente le considerazioni espresse dall'Oms: per quanto riguarda le emissioni a radiofrequenza, non si rileva alcuna evidenza di rischio, anche se sono necessari ulteriori studi per stabilire effetti delle esposizioni a lungo termine (oltre i 15 anni). Nessun effetto è staro rilevato anche sulla riproduzione e sullo sviluppo, mentre seppure alcune ricerche evidenzino delle influenze sui tracciati ECG e sul sonno nel complesso queste rilevazioni mancano di coerenza e di una base statistica solida. Anche in questo caso il comitato promuove comunque l'opportunità di nuovi studi, anche per specifico riferimento agli effetti sui bambini.
Norme e il mondo reale
La tecnologia cellulare si basa sul cosiddetto riutilizzo delle frequenze: per consentire la conversazione contemporanea di un gran numero di utenti senza interferenze, il territorio viene diviso in celle, ciascuna delle quali è servita da un'antenna fissa detta stazione radio base.
Nella vita quotidiana, quasi tutti sono esposti ai campi elettromagnetici generati sia dai telefonini sia dalle stazioni radio base. Date le distanze, le esposizioni dovute a queste ultime sono in generale bassissime, inferiori di diversi ordini di grandezza ai limiti raccomandati internazionalmente.
Curiosità: Come funziona un cellulare? Le onde radio sono emesse e ricevute anche dai
telefoni cellulari (o telefonini). Ogni apparecchio che emette e riceve
onde radio occupa una banda di frequenze. Per
esempio, in Italia il primo intervallo di frequenze destinato alla
telefonia mobile è compreso tra 890 MHz e 920 MHz. Ogni apparecchio che
trasmette o riceve
ha bisogno di una banda di frequenze ampia 0,025 MHz (per esempio quella
compresa tra 890,000 MHz e 890,025 MHz, oppure quella tra 908,350 MHz e
908,375 MHz). Così, il massimo numero di apparecchi che possono funzionare
contemporaneamente è dato dal rapporto tra l'intervallo di frequenze a
disposizione e l'ampiezza di una singola banda Però gli utenti dei telefonini sono molti di più. Ciò
è possibile perché, come è schematizzato nella figura seguente, il
territorio è diviso in celle
esagonali (ciò spiega perché il telefonino si chiama «cellulare»). Al centro di ogni cella c'e un' antenna che riceve e trasmette i
segnali dei telefonini. Le antenne non sono molto potenti e, quindi, i
segnali che esse emettono superano di poco i limiti della cella. Ci6
significa che la stessa banda di
frequenze può essere utilizzata in due celle che non siano
adiacenti. Per esempio, nelle dieci celle della figura le bande numero 4,5
e 6 sono usate due volte.
Come abbiamo detto in Italia le emissioni di
una stazione radio base non sono sottoposte ad una normativa vincolante, ma
alle sole raccomandazioni del Dpcm del
Emissione
tipica di una stazione base cellulare.
Bisogna poi considerare che gli apparati di antenna sono generalmente posti a una ventina di metri dal suolo e che la direzione di massima emissione e ben distante dalla verticale rendendo di fatto i limiti sempre rispettati al suolo.
In ogni caso, gli effetti termici provocati dai terminali
(i telefonini) sono molto maggiori. Il limite
di Sar fissato dall' Icnirp a 2 W/Kg per i telefoni cellulari salvaguarda una
persona in salute per telefonate sino a circa 20 minuti, oltre ai quali si
rischia di superare la soglia di un grado centigrado per l'innalzamento della
temperatura dei tessuti. In caso di lunghe telefonate e quindi consigliabile
l'utilizzo di un'auricolare, anche Bluetooth (questo standard utilizza potenze
emissive molto limitate). I telefoni cellulari, inoltre, dispongono di
funzioni di regolazione della potenza di trasmissione in base alla qualità del
segnale di rete captato. E quindi più sicura una rete cellulare con un numero
maggiore di base station ma una copertura uniforme e a bassa potenza piuttosto
che un network con meno stazioni che, oltre a trasmettere a una potenza maggiore,
offre statisticamente una copertura meno efficiente e quindi impongono ai
telefonini la massima emissione elettromagnetica. Per quanto concerne le reti
locali senza fili, uno studio particolarmente interessante e quello portato a
termine dall'Agenzia per l'ambiente della Regione Veneto. Effettuando diversi
test di emissioni su access point Wi-Fi da interno per il mercato Soho e
aziendale, i ricercatori hanno constatato come il valore di attenzione di 6 V/m
sia rispettato già a poche decine di centimetri dalle antenne. E insomma
sufficiente porsi a una distanza di precauzione di
Conclusione
I report pubblicati da Oms e Comunità Europea sottolineano come non vi sia alcuna evidenza sui potenziali effetti negativi a lungo termine delle emissioni EM, confermando d'altro canto come sia però indispensabile proseguire nel programma di ricerca. Queste considerazioni lasciano il consumatore in una sorta di limbo: non vi sono prove oggettive di rischio, ma non si possono escludere effetti a termine più lungo del periodo su cui le ricerche si dipanano.
Opinioni a confronto
Per tentare di fare ancora maggior chiarezza sulle opinioni esistenti circa le relazioni tra salute e tecnologie wireless, presentiamo tre opinioni di esperti del settore:
Prof.
Paolo Vecchia Laureato
in fisica, svolge da circa 30 anni attività di studio e ricerca sugli
effetti biologici e sanitari dei campi EM. Già presidente dell'Associazione
Italiana di Radioprotezione e dell'Associazione Europea di
Bioelettromagnetismo, è attualmente Presidente Icnirp e membro del progetto
Cem. Prof.
Settimo Grimaldi Biofisico,
è stato visiting Associate e visiting Scientist del National Institutes of
Health di Betehesda. Attualmente ricopre il ruolo di primo ricercatore Cnr
presso l'Istituto di Neurobiologia e Medicina Molecolare, studiando gli
effetti biologici della esposizione a radiazioni non ionizzanti.
Dr.
Henry Lai Professore
ricercatore presso il Department of Bioengineering dell'università dello
stato di Washington, a Seattle. Ha effettuato ricerche sugli effetti
biologici dei campi elettromagnetici non ionizzanti sin dal 1980, analizzando
sia i campi a bassissima frequenza sia quelli a radiofrequenza.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sostiene che l'esposizione ai campi elettromagnetici prodotta dai terminali cellulari sia nettamente superiore a quella provocata dai ripetitori. Nonostante questa molti cittadini non possono fare a meno di preoccuparsi quando vedono installato un traliccio nei pressi della propria abitazione o ufficio. Sono apprensioni giustificate?
Paolo Vecchia
No. Non soltanto I'Oms, ma anche un gran numero di comitati di esperti e di governi nazionali hanno chiaramente affermato che le stazioni radio base non costituiscono un rischio per la salute, in quanto all'assenza di prove di nocività dei campi elettromagnetici in sé si aggiunge il fatto che le esposizioni del pubblico sono estremamente basse sia in assoluto sia in rapporto a quelle dovute al cellulare: l'assorbimento locale di energia elettromagnetica (il cosiddetto Sar) durante una conversazione e di 100-1000 volte, o più, superiore a quello dovuto a un'antenna fissa, anche vicina.
Settimo Grimaldi:
L'Oms ha provveduto ad avvertire che fino a quando lo studio Interphone non sarà ufficialmente reso pubblico, qualsiasi conclusione sui rischi derivanti dall'uso dei sistemi wireless non potrà essere considerata attendibile. Io vorrei ricordare che nel rispetto del principio di precauzione deve essere vero anche il contrario, ovvero che in mancanza di conclusioni certe non deve neanche essere attribuita alle comunicazioni wireless una assoluta assenza di rischio per gli utilizzatori.
Henry Lai:
Le linee guida sulla densità di potenza prodotta dalle stazioni base cellulari e sul tasso di assorbimento Sar che sono rispettate già a poche decine di metri dal ripetitore. Tuttavia, alcune ricerche recenti suggeriscono che sussistano effetti biologici anche a esposizioni a bassa intensità e per brevi periodi di tempo, e che di conseguenza le linee guida vadano aggiornate. Inoltre, non si sa ancora molto sugli effetti delle radiazioni a lungo termine. A mio parere, dunque, la potenza di trasmissione delle stazioni base dovrebbe essere mantenuta al minimo in base al principio di precauzione.
Parlando delle reti Wi-Fi: dal punta di vista dei terminali, le potenze emissive sono sulla carta inferiori rispetto a quelle dei telefoni cellulari. Non vi sono quindi rischi associabili all'utilizzo intensivo di queste tecnologie?
Paolo Vecchia:
Non abbiamo evidenze scientifiche di danni ai livelli di potenza tipici di tutte queste tecnologie. Gli unici effetti chiaramente individuati sono legati a un aumento della temperatura dei tessuti, per il quale occorrono livelli di esposizione molto più alti. E' comunque ovvio che, se si ipotizzasse un rischio, questa dovrebbe aumentare con la potenza assorbita; quindi, se non abbiamo seri motivi di preoccupazione per i telefoni cellulari, a maggior ragione dovremmo convivere serenamente con il Wi-Fi.
Settimo Grimaldi:
Dovrebbe essere chiaro a questo punto che non possiamo ancora sciogliere i nostri dubbi sulla innocuità (o nocività) dei sistemi wireless. Anche se le potenze emissive del Wi-Fi sono inferiori a quelle della telefonia cellulare, non è possibile fare delle previsioni serie su quali possono essere gli effetti sanitari sull'uomo nella lunga distanza (10-20 e più anni di utilizzo per più ore al giorno).
Henry Lai
Per quanto concerne le tecnologie Gsm/Gprs e 3G per l'accesso a Internet, i livelli di esposizione sono molto bassi, ma spesso si prolungano nel tempo sottoponendo l'utente a radiazioni per diverse ore al giorno. L'utilizzo di più dispositivi contemporaneamente può inoltre rendere rilevante il livello di esposizione complessivo. Vale per ciò quanto detto per i dispositivi di connessione tramite rete cellulare, cioè che non sappiamo ancora molto sugli effetti a lungo termine di queste radiazioni.
In ambito Wi-Fi le stazioni base (access point) sono però presenti nelle case, nelle scuole e negli uffici, a distanza quindi molto inferiore rispetto a quelle dei ripetitori Gsm/Umts. Vi sono potenziali rischi associati a questi dispositivi?
Paolo Vecchia:
Se è vero che le antenne sono più vicine, è vero anche che le potenze emesse sono molto più basse. In un ambiente dove esista una rete wireless, il suo contributo all'esposizione totale e generalmente confrontabile con quello dovuto alla telefonia mobile. La risposta per gli access point non è quindi diversa da quella per le base station Gsm/Umts.
Settimo Grimaldi:
L'enorme diffusione dei sistemi Wi-Fi oltre che dei ripetitori Gsm/Umts porta inevitabilmente ad un aumento della radiazione elettromagnetica di fondo (nello spettro delle non ionizzanti); questo porta inevitabilmente ad un aumento della popolazione esposta (anche di quella che per sua scelta igienica non utilizza tali sistemi di comunicazione) con un aumento del rischio potenziale.
Henry Lai:
Tutto può essere ricondotto al fatto che non conosciamo ancora esattamente quale sia con certezza il livello di esposizione limite, specialmente quando si parla di effetti a lungo termine di un'esposizione prolungata. Il punto focale è che i campi elettromagnetici, anche a bassi livelli di emissione, non sono completamente benigni.
Al di là della mancanza di evidenze provate, ci sono consigli pratici che si sente di dare agli utenti di telefoni cellulari e dispositivi wireless in ottica cautelativa?
Paolo Vecchia:
Possiamo concludere questa conversazione tornando al suo inizio. Nonostante le indicazioni scientifiche, esiste ancora tanta preoccupazione nel pubblico, e la preoccupazione e anch'essa un danno alla salute, come ci ricorda l'Organizzazione mondiale della sanità fin nel suo statuto.
E' quindi importante convivere serenamente con queste tecnologie e per questa l'informazione ha un ruolo essenziale, dato che le paure nascono spesso da mancanza di conoscenza o da idee distorte. Se la cautela aiuta a rasserenare, ben vengano gli auricolari, o l'abitudine a non usare un computer portatile sulle ginocchia; l'importante pera e che queste misure non vengano raccomandate in nome di gravi rischi che i dati scientifici non hanno non dico dimostrato, ma nemmeno indicato in modo convincente.
Settimo Grimaldi:
Troppo spesso ci dimentichiamo del 'principio di minimizzazione dell'esposizione' ai campi elettromagnetici, principio richiamato per la prima volta dal decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381, con riferimento ai campi elettromagnetici con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz (art. 1). Questo e uno dei principi cardine della radioprotezione: I'esposizione deve essere mantenuta al livello ragionevolmente più basso possibile. Tale principio e affermato, con applicazione alle radiazioni non ionizzanti, nella Risoluzione del Parlamento europeo 5 maggio 1994, concernente la protezione della popolazione dai campi elettromagnetici e richiamato nella Risoluzione dello stesso Parlamento 10 marzo 1999, concernente la stessa materia. In poche parole ogni qual volta che per il raggiungimento dello stesso scopo sono a disposizione tecniche meno impattanti per l'ambiente e quindi per l'uomo, queste debbono essere preferite. Quindi nel caso delle comunicazioni wireless queste non dovrebbero essere usate se non quando sia impossibile usare il cavo o la fibra ottica.
Henry Lai:
Il consiglio è quello di limitare il più possibile l'esposizione ai campi elettromagnetici. So che spesso si tratta di impresa ardua e a volte l'esposizione è indipendente dalla nostra volontà. Per quanto riguarda nello specifico i telefoni cellulari, vale la vecchia e buona regola di utilizzare un auricolare quando si telefona.
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