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La teoria della relatività ristretta
Si ebbero i primi sviluppi della teoria della relatività ristretta di fronte all'incongruenza che diversi esperimenti mostravano rispetto alle leggi della meccanica classica.
Nel mondo macroscopico v << c, mentre in quello macroscopico v ≈ c. Nella meccanica newtoniana non esiste alcun limite alle velocità, quindi c ha un ruolo insignificante, questo tipo di meccanica però non è valido nel mondo microscopico. Prendiamo in considerazione il seguente esempio.
L'energia di un elettrone da 10MeV (1eV, elettronvolt = 1,6∙10-19J), la cui velocità u è 0,9988 c, viene aumentata di un fattore 4 (40MeV). L'esperienza mostra che la velocità non si raddoppia a 1,9976 c, come ci si aspetta dalla legge classica K = ½ m v2, ma rimane inferiore a c (cresce a 0,9999 c).
La teoria della relatività fu sviluppata in un tentativo di ridurre le ipotesi al più piccolo numero possibile e alla forma più generale[1].
Questi sono i due postulati da cui Einstein derivò la sua teoria:
Quindi la quantità che rimane assoluta, indipendente dalla composizione delle velocità, è la velocità limite c, la velocità della luce. Esiste quindi una velocità di riferimento, c ≈ 3,00∙108 m/s.
La teoria einsteiniana ha la caratteristica speciale di essere predittiva. Tale teoria condusse cioè alla previsione di situazioni che si verificarono sperimentalmente dopo che essa fu formulata (in particolare l'eclisse di sole del 29 maggio 1919 fornì per la prima volta una prova della teoria della relatività generale). La teoria aveva comunque già spiegato tutti i risultati sperimentali esistenti.
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