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LA MECCANICA QUANTISTICA
La meccanica quantistica è un complesso di teorie fisiche, formulate nella prima metà del XX secolo, che descrivono il comportamento della materia a livello microscopico, a scale di lunghezza inferiori, o dello stesso ordine, di quelle dell'atomo. Essa permette di interpretare e quantificare fenomeni che, nell'opinione della maggior parte dei fisici contemporanei, non possono essere giustificati dalla meccanica classica.
Nel 1965 Richard Feynman, uno dei maestri della meccanica quantistica, disse:
Penso di poter affermare con sicurezza che nessuno capisce la meccanica quantistica. [..] Se credete di aver capito la teoria dei quanti, vuol dire che non l'avete capita.[1]
A
tutt'oggi,
Si considera come anno di nascita della Meccanica Quantistica il 1900, quando Max Planck propose l'idea della quantizzazione dell'energia per risolvere il paradosso dell'energia infinita in un corpo nero. Infatti, secondo la legge di Rayleigh-Jeans, la curva di distribuzione dello spettro di un corpo nero cresce infinitamente all'aumentare della frequenza, contrariamente ai risultati sperimentali secondo cui la radianza spettrale cresce all'aumentare della frequenza, fino a stabilizzarsi a un valore massimo, e successivamente diminuire.[2]
Planck suppose che gli scambi di energia tra la radiazione e la materia avvengano tramite quantità ("quanti", dal latino quantum, quantità) discrete. Nel far questo, Planck introdusse una costante che prende il suo nome: h, pari a circa 6,626 · 10-34 Js. La sua costante era il rapporto di proporzionalità tra l'energia emessa da ciascuna radiazione e la frequenza della radiazione stessa:
E = hν
Dove E = energia emessa da una radiazione, h = costante di Planck (~6,626 · 10-34 J · s), ν = frequenza d'onda
Il fatto che h sia così piccola permette di capire perché a livello macroscopico l'emissione di energia sembri continua. In realtà l'energia varia in modo discontinuo (o discreto) come i gradini di una scala, ma con gradini talmente piccoli che la scala sembra una rampa. I quanti sono così i pacchetti minimi di energia che un oscillatore di data frequenza può scambiare con l'ambiente che lo circonda.
La formula di cui sopra esprime la caratteristica di discretezza dell'energia, che a frequenza costante, si manifesta in quantità multiple di valori fissi. La stessa formula si può trovare anche così:
sostituendo la velocità angolare ω=2πν alla velocità. ћ (costante di Planck ridotta o costante di Dirac) è uguale a h/2 e vale all'incirca 1,054 · 10-34 Js.
Una volta però risolto il problema matematico, Planck era rimasto scosso dall'enormità di ciò che aveva fatto. Aveva distrutto, in maniera irreparabile, la continuità dell'energia. Egli non fu perciò in grado di proseguire sulla strada dei quanti, e il compito fu intrapreso da fisici più giovani e meno colpiti da timore reverenziale verso la fisica classica. Il primo fu Einstein, che nel 1905 usò il quanto di Planck per spiegare l'effetto fotoelettrico (e che fu per questo insignito del Premio Nobel nel 1921, premio che non ha mai ottenuto per la relatività).
L'effetto fotoelettrico consiste nell'emissione di elettroni da parte di un metallo colpito da una radiazione elettromagnetica, come ad esempio la luce. L'effetto fotoelettrico era stato scoperto nel 1887 da Hertz, il quale, non conoscendo ancora gli elettroni, notò che un metallo illuminato da luce ultravioletta si caricava positivamente. Sappiamo che l'intensità luminosa dipende non dalla lunghezza d'onda, ma dall'ampiezza. Si potrebbe pensare che a maggiore intensità cresca la velocità degli elettroni emessi. Tuttavia aumentando l'ampiezza della radiazione, aumenta il numero degli elettroni emessi, ma non l'energia cinetica. La velocità degli elettroni emessi dipende infatti dalla variazione della frequenza. Addirittura, al decrescere della frequenza si raggiunge un valore limite, chiamato soglia fotoelettrica (ν0), che dipende dalla natura del metallo, al di sotto del quale non c'è emissione di elettroni, anche in presenza di luci fortissime: a determinare come gli elettroni vengano emessi è il colore della luce incidente e non la sua intensità. Il motivo di quest'ultima affermazione fu dato da Einstein, che pensò di applicare dei "pacchetti" di Planck alla luce: ritenne che un raggio luminoso dovesse essere pensato come un fascio di particelle, ribattezzate fotoni dal chimico Lewis. Un fascio di fotoni, di lunghezza d'onda λ e frequenza ν=c/λ, è perciò caratterizzato da un flusso di fotoni, ciascuno dei quali possiede un'energia pari a h c/λ, cioè hν, che rappresenta poi l'energia di Planck.
Spiegato l'effetto fotoelettrico, la teoria dei quanti si appresta a spiegare anche la dualità onda-corpuscolo della luce, problema già largamente affrontato nell'800. Particolarmente interessante fu l'esperimento della doppia fenditura, approntato da Young: Feynman riteneva che tutta la meccanica quantistica potesse essere intuita da questo esperimento. Vediamo come funziona.
Si dispone tra una sorgente coerente e una lastra fotografica, che registri il passaggio della luce, una barriera opaca, nella quale sono tagliate due fenditure parallele richiudibili (di grandezza superiore alla lunghezza d'onda della luce per evitare effetti di diffrazione). Quindi, si procede col verificare cosa succede aprendo entrambe o soltanto una delle due fenditure. Aprendo soltanto una fenditura (ad esempio, quella di sinistra), sulla lastra fotografica si ottiene la proiezione della fenditura. Aprendo la fessura destra e tenendo chiusa quella di sinistra, si forma una figura speculare a quella precedente. La luce, in questo caso, risponde perfettamente alla teoria corpuscolare di Newton. Ora, provando a prevedere che figura risulterebbe dall'apertura contemporanea di entrambe le fenditure, secondo la teoria corpuscolare si verificherebbe la semplice sovrapposizione delle due figure precedenti (Figura 1a). In realtà, quella che si genera è una figura di interferenza (Figura 1b), ovvero in questo caso la luce si comporta come un'onda meccanica: sulla lastra fotografica avremmo in alcuni punti sovrapposizioni di picchi o ventri, in altri cancellazioni.
Young, sul finire dell'Ottocento, realizzando quest'esperimento dedusse l'invalidità della teoria newtoniana della luce e affermò la teoria ondulatoria. Qualche anno dopo, Maxwell ne pose le basi matematiche.
Se però si usano le lastre fotografiche moderne (molto più sensibili di quelle disponibili nell'Ottocento) e si ripete l'esperimento con una sorgente estremamente debole si nota che la luce non impressiona la lastra in maniera continua (come previsto dalla teoria ondulatoria), ma si formano dei puntini piuttosto intensi, inizialmente diradati e dall'apparenza caotica. Man mano che il numero di puntini aumenta, questi vanno a formare le frange di interferenza tipiche del comportamento ondulatorio.
Questo esperimento mostra come la luce possa comportarsi allo stesso tempo sia come un'onda (infatti le frange di interferenza non sono spiegabili da un comportamento corpuscolare e derivano dal fatto che la luce passi da entrambe le fenditure contemporaneamente) che come una particella (difatti la luce arriva sulla lastra fotografica sotto forma di corpuscoli).
In
seguito, nel
Dove λ = lunghezza d'onda, h = costante di Planck (~6,626 · 10-34 J · s), p = quantità di moto, m = massa, v = velocità, c = velocità della luce
La
legge fu empiricamente verificata dall'esperimento di Davisson e Germer del
La svolta decisiva alla meccanica quantistica fu data nel 1927 da Max Born, Nobel per la fisica nel 1954, il quale pensò di interpretare l'onda di un elettrone in termini probabilistici. Nello stesso anno Bohr aveva formulato il principio di complementarità, che definiva complementari i due aspetti del dualismo corpuscolo-onda: se un esperimento permette di osservare uno dei due aspetti, nega la possibilità di poter osservare l'aspetto complementare. Born fece ancora un altro passo, scoprì che la probabilità di trovare un elettrone in un certo posto dipende dal quadrato dell'ampiezza dell'onda associata. Pochi mesi dopo, Schrödinger formulò la sua equazione d'onda, la quale stabiliva una funzione d'onda, chiamata ψ, che rappresentava l'evoluzione dell'onda-particella nello spazio-tempo. Tuttavia, la conclusione a cui giungeva la fisica dei quanti nel 1927, anno di perdita dell'innocenza del rigido meccanicismo della fisica classica, era che i formalismi matematici della fisica ci potevano dire solo la probabilità con cui un evento futuro potrebbe accadere, non quale sarà il futuro. Per molti questa conclusione era inaccettabile: "Dio non gioca a dadi con l'universo" disse Einstein, incredulo che la realtà potesse includere elementi casuali. Tuttavia un gran numero di esperimenti hanno confermato la validità dei quanti. Come ha detto Stephen Hawking: "Einstein era confuso, non la meccanica quantistica[3]"
Il 1927 è perciò l'anno cruciale per la ormai affermata meccanica quantistica: Born, Bohr e Schrödinger hanno portato la probabilità in fisica (e per questo Schrödinger affermò di essere "dispiaciuto di averne avuto a che fare", a proposito della teoria dei quanti). Feynman e Heisenberg hanno ancora di più.
Riprendiamo l'esperimento della doppia fenditura. Secondo la nostra concezione, un elettrone dovrebbe passare nella fenditura di destra o sinistra, senza curarsi di cosa succeda nell'altra fenditura. Tuttavia sulla lastra vediamo che si presenta una figura di interferenza di qualcosa che è influenzato da entrambe le fenditure. Se già questo è strano, Feynman andò oltre: mise in dubbio l'assunzione di fondo secondo cui un elettrone passa attraverso l'una o l'altra fenditura. Feynman partì dal presupposto che per vedere da quale fenditura passa un elettrone bisogna illuminarlo, cioè sparargli addosso un fascio di fotoni che modificano la sua traiettoria. Inoltre se puntiamo la luce contro la fenditura, gli elettroni che passano sono indirizzati dal nostro "disturbo" verso un punto preciso della lastra, per cui la figura ivi risultante sarebbe simile a quella che si vede con una fenditura chiusa (come asserito dall'"Interpretazione di Copenaghen"). Conscio di ciò, Feynman arrivò a dire che un elettrone da un punto ad un altro compie in realtà tutti i possibili cammini. Feynman propose anche una "somma dei cammini" (Integrale di Feynman), la quale per i corpi pesanti riduce le traiettorie all'unica possibile, cioè quella proposta dalle leggi newtoniane, ma che a livello microscopico permette molteplici interpretazioni.
Come abbiamo visto, se si vuole conoscere la posizione dell'elettrone, dobbiamo compiere una misurazione, il che, tuttavia, significa perturbare il suo moto. A partire da questa idea nel fatidico 1927 Heisenberg formulò il principio di indeterminazione che porta il suo nome: non è possibile conoscere simultaneamente posizione e quantità di moto di un dato oggetto con precisione arbitraria.
Secondo la fisica classica, per individuare la posizione di un elettrone basterebbe "sfiorarlo" con una luce lieve, di bassa intensità. Tuttavia per la meccanica quantistica facendo decrescere l'intensità della luce (l'ampiezza dell'onda) diminuisce il numero di fotoni emessi, fino al punto critico in cui viene emesso un solo fotone, dopo di che non ci resta che spegnere la luce: per quanto leggero sia il nostro "tocco" disturbiamo comunque il moto dell'elettrone. Forse c'è una scappatoia. La legge di Planck ci dice che l'energia di un fotone è proporzionale alla sua frequenza. Usando fotoni di frequenza sempre minore (e dunque di lunghezza d'onda maggiore) dovremmo rendere questo "tocco" più leggero. Ma quando usiamo un'onda contro un corpo, il "tocco" è sufficiente a determinare la posizione di un corpo con un margine d'errore pari alla lunghezza d'onda. Quindi se usiamo fotoni di frequenza alta riusciamo a conoscere con maggior precisione la posizione dell'elettrone, ma disturbiamo maggiormente il suo moto, mentre se usiamo onde di bassa frequenza minimizziamo l'effetto di disturbo a scapito della precisione di misura.
Dove Δx = posizione, Δp = impulso della particella, ћ = costante di Planck ridotta
Questa è la legge formulata Heisenberg ed è una legge che riguarda tutta la materia, anche a livello macroscopico. Un risvolto importante di questo principio è il cosiddetto effetto tunnel quantistico, il quale ci dice che esiste una piccola probabilità che una particella oltrepassi una barriera di energia, pur non avendo, per la meccanica classica, energia sufficiente per superarla; esiste cioè una probabilità piccola, ma definita che oltrepassi la barriera creando una specie di tunnel. Impossibilità classica = Improbabilità quantistica. A tal proposito Heisenberg formulò un'altra legge:
dove ΔE = variazione di energia, Δt = intervallo in cui varia l'energia, ћ = costante di Planck ridotta
Secondo tale legge non si può affermare che una particella, in un preciso istante, ha una certa quantità di energia, perché misurazioni più precise di questa richiedono un tempo sempre maggiore. In altre parole, l'energia di una particella può oscillare anche moltissimo, purché tale oscillazione avvenga in un lasso di tempo relativamente molto piccolo. Ovvio che crescendo la dimensione, la probabilità diminuisce, poiché un numero sempre maggiore di particelle dovrebbe prendere in prestito dell'energia per passare la barriera. I risultati di questo effetto sono molto importanti per interpretare vari fenomeni in natura, come, per esempio, le reazioni nucleari che avvengono all'interno del Sole o nel caso della "fusione fredda".
Un Premio Nobel per la . guerra
Werner Karl Heisenberg (1901-1976), tedesco, fu un celebrato fisico e Premio Nobel, nonché uno dei fondatori della meccanica quantistica. Da studente, incontrò Niels Bohr con cui nacque una fruttuosa collaborazione.
Heisenberg inventò la meccanica matriciale, la prima formalizzazione della meccanica quantistica, nel 1925. Il suo principio di indeterminazione, scoperto nel 1927, sostiene che la determinazione di momento e posizione di una particella, contiene necessariamente degli errori, e che il prodotto di tali errori non è inferiore a una data costante. Assieme a Bohr, formulò l'interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica. Ricevette il Premio Nobel per la fisica nel 1932.
Heisenberg
rimase in Germania durante
Si è speculato sul fatto che Heisenberg avesse degli scrupoli morali e cercò di rallentare il progetto. Heisenberg stesso tentò di sostenere questa tesi.
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