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È di estrema
importanza comprendere il significato concettuale della funzione d'onda.
L'interpretazione della funzione d'onda nasce da un'idea di Max Born, in
analogia con la teoria ondulatoria della luce, secondo la quale, il quadrato
dell'ampiezza di un'onda luminosa ha il significato di intensità, che in
termini quantistici equivale al numero di fotoni presenti.
Così, mentre ψ può essere visto come ampiezza della funzione d'onda,
ψ2 esprime la probabilità di trovare l'elettrone in un
determinato punto di coordinate x, y, z. Più esattamente, se in un punto r
(x,y,z) la funzione d'onda dell'elettrone ha ampiezza ψ, la probabilità di
trovare l'elettrone nel volume infinitesimo Δv è proporzionale a
ψ2.
Per trasformare questa proporzionalità in una uguaglianza è sufficiente
introdurre una adeguata costante di proporzionalità, scelta in modo che la
somma delle singole probabilità, estesa a tutto lo spazio, sia uguale a 1,
ovvero:
Questo procedimento si dice normalizzazione della funzione d'onda e C è la costante di normalizzazione.
Cerchiamo di comprendere nella maniera corretta i concetti che derivano dall'interpretazione di ψ2: lo faremo aiutandoci con un paio di grafici.
Per l'elettrone dell'atomo di H nello stato fondamentale, la funzione d'onda normalizzata è:
con a° = 0.53 Å e r distanza dal nucleo.
Quindi, la probabilità di trovare l'elettrone in un elemento di volume infinitesimo, a distanza r dal nucleo, è data da:
Il grafico di questa funzione, mostrato nella figura che segue, descrive la cosiddetta densità di probabilità elettronica. Come si può osservare, la densità per unità di volume è massima sul nucleo e decresce progressivamente allontanandosi da esso, fino a diventare zero a distanza infinita.
Densità di probabilità elettronica in funzione della distanza dal nucleo, per l'orbitale 1s dell'idrogeno |
È essenziale capire che tutto ciò non significa che la probabilità di trovare l'elettrone sul nucleo è massima. Immaginiamo di scattare un'istantanea dell'atomo di idrogeno, nella quale l'elettrone appaia come un singolo punto localizzato in una determinata posizione. A che distanza dal nucleo è più probabile che si trovi questo punto? Se non riflettiamo attentamente sul significato 'geometrico' di ψ2, verrebbe quasi spontaneo rispondere 'a distanza zero, ovvero sul nucleo'. La risposta corretta è invece esattamente opposta: 'la probabilità di trovare l'elettrone in un elemento di volume sul nucleo tende a zero'.
ψ2Δv
indica infatti la probabilità riferita ad un elemento di volume infinitesimo
'centrato' in punti diversi lungo un'unica direzione, lungo un unico
raggio. Se confrontiamo un elemento di volume in prossimità del nucleo con uno
identico lontano da esso, riscontriamo in effetti che è più probabile trovare
l'elettrone nell'elemento di volume più vicino al nucleo. Tuttavia, man mano
che ci allontaniamo dal nucleo, il numero degli elementi di volume cresce
proporzionalmente al quadrato della distanza (l'area di una superficie sferica
è data da 4π r2.
Quindi, è molto più indicativo considerare la funzione 4π r2
ψ2, detta funzione di distribuzione radiale, che
descrive la probabilità di trovare l'elettrone su una superficie sferica (o
meglio, se moltiplicata per dr, entro un guscio sferico di spessore
infinitesimo dr) a distanza r dal nucleo. Dato che r2 aumenta in
modo quadratico al crescere del raggio, mentre ψ2 diminuisce,
la funzione di distribuzione radiale assume la forma illustrata nella Fig. 1.2,
dove si evidenzia un massimo che corrisponde al raggio più probabile, r=a°,
al quale si può incontrare l'elettrone intorno al nucleo. Per l'atomo di H
nello stato fondamentale questo valore coincide con il raggio di Bohr.
Tuttavia, piuttosto che enfatizzare l'analogia fra i due risultati, è
preferibile focalizzare la nostra riflessione sulla profonda differenza tra le
due teorie: in quella di Bohr l'elettrone si trova solo ad una distanza
definita dal nucleo, secondo la meccanica ondulatoria l'elettrone è invece del
tutto 'non localizzato' , ma si trova con maggior probabilità
a distanza 0.53 Å dal nucleo.
Funzione di distribuzione radiale in funzione della distanza dal nucleo, per l'orbitale 1s dell'idrogeno. La probabilità di trovare l'elettrone è massima per r=ao ed è zero sul nucleo, dove il numero degli elementi di volume diventa infinitamente piccolo in confronto al numero di essi associato con valori di r maggiori. |
Il motivo per cui ho espressamente definito sferica la superficie di massima probabilità è giustificato dal fatto che la funzione densità di probabilità è costante per ogni punto r equidistante dal nucleo, come mostra la figura. Ovvero, dipende esclusivamente da r ed è indipendente da una qualsiasi direzione: l'orbitale 1s dell'idrogeno ha infatti simmetria sferica.
Finora, ogni
volta che ci siamo riferiti all'elettrone, lo abbiamo fatto, probabilmente
anche inconsciamente, immaginandolo come una carica puntiforme negativa in
rapido movimento intorno al nucleo, ovvero pensando principalmente alla sua
natura corpuscolare discreta.
È tuttavia assai più conveniente, e avremo modo di capire in seguito quanto,
riuscire a 'costruirsi' un'immagine dell'elettrone nell'atomo, o
nelle molecole, come quella di una nuvola elettronica. Si può al limite,
con le dovute precauzioni, sovrapporre l'immagine della forma di un orbitale
atomico con quella dell'elettrone stesso (o, se è il caso, di una coppia di
elettroni). In sintesi, dobbiamo rappresentarci l'elettrone nell'atomo non più
come una particella, ma come una superficie di distribuzione di una carica
diffusa. Questa superficie avrà la forma propria dell'orbitale e sarà più o
meno estesa intorno al proprio asse di simmetria, a seconda di quale
probabilità di localizzare l'elettrone all'interno di essa vogliamo assegnarle
(ad esempio 90 o 95%).
Posta la questione in questi termini, sono giustificate, ed equivalenti, espressioni del tipo: 'l'elettrone passa il 95 % del proprio tempo all'interno di questa determinata superficie'; oppure, 'il 95% della carica elettronica è localizzato all'interno di quella determinata superficie'.
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