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Dobbiamo andare tutti dall'oculista: il mondo ci inganna! Tesina




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Dobbiamo andare tutti dall'oculista:

il mondo ci inganna!



Introduzione


Ebbene si.il mondo ci inganna!

Proprio come ci insegnano le esperienze quotidiane o alcuni fenomeni spiegabili scientificamente.

Se proviamo a chiedere a un bambino se sia la Terra o il Sole a muoversi, quest'ultimo ci risponderà senz'altro che è il Sole a muoversi intorno alla Terra, dato che è quanto vede dalla sua prospettiva. Allo stesso modo una persona che, nel deserto, ha vissuto l'esperienza di un miraggio ha avuto la certezza di vedere un oggetto spostato rispetto alla sua posizione reale.

Tuttavia, il termine inganno, può essere interpretato secondo molteplici punti di vista. Infatti, le illusioni non interessano soltanto i nostri sensi, ma anche la nostra mente, proprio come ci insegnano grandi personaggi come Pirandello, Schopenhauer e Stevenson.


Verifichiamo subito quanto sia facile ingannare noi stessi con l'aiuto delle immagini seguenti.



Sapreste affermare senza l'ausilio di un righello che le due rette, raffigurate in rosso, sono parallele tra di loro?








E ancora, qual è secondo voi, la linea più lunga tra le due che sono rappresentate verticalmente in figura?









Oppure, proviamo a contare le candele presenti in questo candelabro.







Quale parola è scritta nella figura affianco? Good o Evil?





Prestiamo attenzione al colore delle caselle contrassegnate dalle lettere A e B. La prima cosa che noteremo è senz'altro che le due caselle sono state colorate con due tonalità di grigio diverse, ma .ne siamo poi così sicuri? Guardiamo la figura sottostante: le bande grigie ci mostrano che il colore usato per le due caselle è lo stesso, è la nostra mente a trarci in inganno!





Lo scopo di questa tesina è di mostrare alcuni dei "tipi" di illusione, per partire da quelli a cui vengono sottoposti i sensi, come il moto apparente del Sole, i miraggi, o l'osservazione di opere di Magritte basate sulla tecnica del trompe l'oil ; per continuare con le illusioni che coinvolgono la nostra mente, come l'Umorismo di Pirandello, il Velo di Maya di Schopenhauer e la doppia personalità del Dr. Jekyll di Stevenson.


























































Il moto apparente del Sole


Fin da bambini ci è stato insegnato che il Sole è fermo nell'Universo, mentre è la Terra, insieme a tutti gli altri pianeti e copri celesti, a muoversi intorno ad esso; ma come mai tanta fretta di dare una simile spiegazione?

La risposta è molto più semplice di quanto non sembri, infatti, per moltissimi secoli, si è ritenuto sulla base della teoria geocentrica, studiata da Tolomeo, che la Terra fosse situata al centro dell'Universo e che il Sole con tutti gli altri pianeti si muovesse intorno ad essa. La teoria geocentrica era nata dallo studio del moto apparente del Sole che possiamo osservare quotidianamente: quando ci svegliamo la mattina vediamo che il Sole sorge a est, durante tutto il giorno percorre un arco di circonferenza che termina a ovest, dove tramonta. In effetti, sembra proprio che stia ruotando intorno a noi, ma in realtà si tratta solo di un moto apparente dal momento che è proprio la Terra che compiendo il moto di rotazione intorno al proprio asse si sposta da ovest verso est, ovvero nel verso opposto a quello del moto apparente del Sole.


In pratica, Tolomeo con la teoria geocentrica non aveva fatto altro che cercare di spiegare nella maniera più fedele possibile quello che accadeva nell'Universo secondo il suo punto di vista; e secondo la prospettiva dell'uomo è il Sole a muoversi e non la Terra. Tolomeo aveva formulato una spiegazione del sistema solare secondo una prospettiva terrestre, che non trova riscontro nella vera realtà astronomica dei fatti. Tuttavia la sua teoria non è stata assolutamente inutile, anzi partendo dalla sua negazione si può portare avanti una prova del moto di rotazione della Terra sul  proprio asse.


Il modello di Tolomeo


Claudio Tolomeo, astronomo e matematico, visse tra il 100 ed il 178 a.C. ad Alessandria d'Egitto; la sua passione era trascorrere le ore nel tempio di Serapide  a Canopo per raccogliere dati astronomici sui variabili moti celesti. Come su scritto la teoria di Tolomeo è anche nota con il nome di teoria geocentrica in quanto pone al centro delle orbite descritte dai vari pianeti, dal Sole e dalla Luna , la Terra. Il modello elaborato era molto completo e si basava sui seguenti punti:

la terra è posta al centro dell'Universo;

i pianeti si muovono secondo una traiettoria chiamata epiciclo, il cui centro, mobile, descrive a sua volta  una circonferenza chiamata deferente;

la Terra ruota sul proprio asse nel tempo di circa 24 ore;

i vari pianeti hanno una determinata distanza dalla Terra e sono disposti secondo un ordine ben preciso, che vede la Luna essere l'astro più vicino;

a generare il moto degli astri vi è un motore esterno chiamato Primo Mobile.


Come si può notare la teoria geocentrica è tutt'altro che semplice, ma si basa su dei complicati moti dei pianeti ai quali va aggiunto il moto retrogrado, ovvero quel moto che porta i pianeti a tornare indietro una volta giunti ad un certo punto del loro tragitto celeste. Questo moto è del tutto apparente ed è dovuto all'irregolarità del moto della Terra: questo essendo più veloce in alcuni periodi da l'impressione che gli altri pianeti stiano rallentando o si siano fermati del tutto.

La rivoluzione copernicana


Con il termine rivoluzione copernicana si intende un processo di  rinnovamento culturale, ideato da Nicola Copernico, e che ha portato ad una nuova visione del mondo. Il nucleo fondamentale della teoria copernicana è la piena contrapposizione con la teoria tolemaica. Egli riprese una teoria già elaborata da Aristarco di Samo, che pone il Sole al centro dell'Universo, mentre la Terra e tutti gli altri pianeti, seguendo delle precise orbite, gli ruotano intorno.

Il sistema copernicano può essere sintetizzato in sette punti, così come lo stesso Copernico aveva fatto nell'opera "De revolutionibus orbium coelestium":

non esiste un unico punto centro delle orbite celesti;

il centro della Terra non è il centro dell'Universo, ma solo il centro della massa terrestre;

le orbite lungo le quali si muovono i pianeti hanno il loro centro nel Sole, che è pertanto posto al centro dell'Universo;

se si paragona la distanza Terra - Sole alla distanza Terra - Stelle la prima risulterà essere infinitamente più piccola;

il movimento del Sole durante il giorno è apparente, ed è la conseguenza della rotazione che la Terra compie intorno al proprio asse in circa 24 ore;

la Terra si muove insieme agli altri pianeti intorno al Sole

i movimenti citati nel precedente punto permettono di spiegare le stagioni e le altre particolarità dei movimenti planetari.


Copernico elaborò questa teoria per motivi di armonia ed eleganza, infatti, secondo la teoria tolemaica spiegare in maniera esaustiva il moto dei pianeti risultava essere una cosa particolarmente complessa.


Tuttavia il concetto elaborato con l'eliocentrismo non era accettabile nel XVI secolo; infatti, i sostenitori di tale modello dell'universo erano solamente dieci, tutti estranei all'ambiente accademico, tra questi ricordiamo Galileo Galilei e Giovanni Keplero. Inoltre in seguito alla condanna della teoria da parte della chiesa e al processo cui venne sottoposto Galileo la teoria venne messa da parte per molto tempo.


Il moto di rotazione terrestre


La Terra si muove intorno al proprio asse secondo il moto di rotazione, della durata di circa 24 ore (23h 56m 4s), da ovest verso est, ovvero nel verso opposto a quello apparente compiuto dal Sole. Tale moto è uniforme, pertanto la velocità angolare risulta essere identica ad ogni latitudine, contrariamente alla velocità lineare che invece varia proprio in funzione della latitudine, infatti quest'ultima risulterà essere massima in prossimità dell'equatore e nulla ai poli.


Per sostenere tale moto sono state avanzate numerose tesi, tra le quali ricordiamo, oltre all'analogia con gli altri pianeti e allo schiacciamento polare, anche le esperienze fatte da Guglielmini e da Foucault.


Guglielmini eseguì numerosi esperimenti a Bologna, sulla Torre degli Asinelli e notò che facendo cadere un grave da 100 metri di altezza (l'altezza della Torre) questo giungeva al suolo spostato verso est e non lungo la verticale di caduta. Il fenomeno è spiegabile se si ammette la rotazione terrestre: il grave, infatti, partecipa al movimento terrestre da ovest verso est, assumendo la stessa velocità lineare del punto in cui si trova; dal momento che tale punto è collocato ad una certa distanza dal suolo il grave avrà una velocità maggiore rispetto a quella presente nel punto di arrivo e pertanto trovandosi in anticipo toccherà il suolo spostato verso est.


Foucault, invece, eseguì la sua esperienza nel Panthéon di Parigi. Egli costruì un pendolo gigante, sospendendo nella cupola del Panthéon un filo molto lungo legato a una sfera alla cui estremità era stata posta un'asticella in grado di segnare le oscillazioni del pendolo sul suolo ricoperto di sabbia. Il pendolo così costruito venne lasciato libero di muoversi e Foucault osservò che i segni lasciati dall'asticella indicavano una rotazione in senso orario del piano di oscillazione del pendolo. Le leggi della fisica però insegnano che il piano di oscillazione di un pendolo rimane invariato nel tempo, quindi l'unica alternativa valida era che fosse stato il pavimento del Panthéon a muoversi; in altre parole la spiegazione dell'accaduto era data dal fatto che la Terra, durante il continuo oscillare del pendolo, stava compiendo il suo moto di rotazione.


La conseguenza più immediata del moto di rotazione terrestre consiste nell'alternarsi del dì e della notte.


Il moto di rivoluzione terrestre


La Terra oltre al moto di rotazione è soggetta a un altro importante moto, quello di rivoluzione intorno al Sole, secondo cui descrive intorno ad esso un'orbita di forma ellittica in senso antiorario, per un osservatore che si trova nel Polo Nord celeste. La velocità con la quale si compie questo moto varia a seconda che la Terra si trovi in afelio, ovvero alla massima distanza dal Sole, o in perelio, ovvero alla minima distanza dal Sole, e sarà maggiore in corrispondenza dell'afelio.

Il tempo impiegato dalla Terra per compiere un'orbita completa è di 365d 6h 9m 10s.


Le prove dell'esistenza di questo moto sono: l'analogia con gli altri pianeti, la periodicità annua di alcuni gruppi di stelle e l'aberrazione della luce proveniente dagli astri.


L'ultima prova citata fa riferimento al fatto che quando si osserva una stella da un telescopio, per avere una visione corretta dell'astro è necessario inclinare l'apparecchio in una posizione spostata rispetto a quella reale della stella. Ciò è spiegabile tenendo conto che la luce proveniente dall'astro impiega del tempo a percorrere l'asse ottico del telescopio prima di giungere al nostro occhio, e durante quest' arco di tempo la Terra ha descritto una parte, seppur minima, dell'orbita ellittica.


Una delle più importanti conseguenze di questo moto è l'alternarsi delle stagioni, che non è dovuto alla distanza Terra - Sole.

Onde elettromagnetiche


Le onde elettromagnetiche, ipotizzate teoricamente da Maxwell, sperimentate in laboratorio da Hertz e utilizzate nella radio da Marconi, sono delle oscillazioni di campi elettrici e magnetici tra loro perpendicolari che si propagano nello spazio alla velocità della luce:


c = 300000 km/sec



Poiché entrambi i campi, sia quello elettrico che quello magnetico, sono perpendicolari alla direzione di propagazione, le onde elettromagnetiche risulteranno essere trasversali, e come tali presentano delle particolari proprietà.

Innanzitutto le onde elettromagnetiche possono essere classificate in base alla loro frequenza o lunghezza d'onda. La frequenza f, misurabile in hertz (Hz), è il numero di oscillazioni compiute nell'unità di tempo, mentre la lunghezza d'onda λ, misurabile in metri, è la distanza tra due successivi massimi, o minimi, di oscillazione.

Tra lunghezza d'onda, frequenza e velocità di propagazione esiste un'importante relazione valida per qualunque tipo di onda:


c = f λ


Bisogna però tener presente che il valore c, pari alla velocità della luce nel vuoto, è valido solo nel caso in cui l'onda si stia propagando nel vuoto, in caso contrario la sua velocità corrisponderà a un valore v, inferiore a quello di c.


v = 1 ∕√με


Nello schema è riportata la classificazione delle onde elettromagnetiche.



Dallo schema possiamo inoltre vedere che la luce stessa è un'onda elettromagnetica di particolare lunghezza d'onda, compresa tra i 4 ∙ 10-7m e i 7 ∙ 10-7m.


Tra le altre proprietà delle onde elettromagnetiche ricordiamo:

la diffrazione;

l'interferenza;

la polarizzazione;

la riflessione;

la rifrazione.


La diffrazione si verifica quando un ostacolo, che abbia dimensioni paragonabili alla lunghezza dell'onda, distorce l'onda medesima.


L'interferenza è dovuta alla sovrapposizione, in un punto dello spazio, di due o più onde. L'intensità dell'onda risultante, in un dato punto dello spazio, può essere maggiore o minore dell'intensità di ogni singola onda di partenza. L'interferenza è detta costruttiva, quando l'intensità risultante è maggiore di ogni singola intensità originaria, o distruttiva, quando risulta inferiore.


La polarizzazione è la caratteristica delle onde che indica la direzione lungo la quale il campo elettrico oscilla durante la propagazione dell'onda. Si possono avere tre tipi di polarizzazione, essenzialmente: lineare, circolare ed ellittica.


La riflessione è quel fenomeno per cui quando un'onda investe la superficie di separazione di due mezzi diversi viene tutta o in parte rimandata indietro. Ad esempio, la riflessione della luce è massima quando il raggio luminoso proveniente dall'aria incontra uno specchio; mentre è parziale quando la superficie incontrata dal raggio è trasparente: in questo caso parte del raggio passa attraverso il mezzo, subendo una rifrazione. La rifrazione, infatti, è la deviazione subita da un'onda quando passa da un mezzo a un altro in cui la velocità di propagazione è diversa, e come detto prima, sulla superficie di separazione dei mezzi si verifica sempre una riflessione. Queste due ultime proprietà sono regolate dalle seguenti leggi.


Leggi della riflessione:

il raggio riflesso sta sullo stesso piano del raggio incidente e della normale nel punto di incidenza;

l'angolo di riflessione è uguale all'angolo di incidenza       i = r

Leggi della rifrazione:

il raggio rifratto sta sullo stesso piano del raggio incidente e della normale nel punto di incidenza;

per ogni raggio è costante il rapporto tra il seno dell'angolo di incidenza e il seno dell'angolo di rifrazione, che prende il nome di indice di rifrazione relativo a due mezzi(legge di Snell).

seni/senr = n


Ci soffermeremo ora sui fenomeni di rifrazione e riflessione, che insieme alle loro conseguenze, vengono analizzati dall'ottica, quel ramo della fisica che studia la luce e le interazioni tra luce e materia.

Infatti, due particolari conseguenze della riflessione e della rifrazione sono i miraggi e la fata morgana, fenomeni che tendono a ingannare l'occhio umano.


La rifrazione in ottica si verifica quando un'onda passa da un mezzo con un determinato indice di rifrazione, quel parametro macroscopico che indica il rapporto tra velocità della luce nel vuoto e la velocità della luce in un altro mezzo (n = c/v), a un mezzo con un diverso indice di rifrazione. Sul bordo dei due mezzi la velocità dell'onda modificata cambia direzione, la lunghezza d'onda subisce una variazione, risultando o aumentata o diminuita, mentre la frequenza rimane costante.


Il miraggio


Il miraggio è un'illusione ottica naturale, che consiste nella percezione di un oggetto in una posizione diversa da quella realmente occupata. Esso si verifica quando i raggi di luce provenienti dal sole incontrano uno strato d'aria più calda rispetto ad altri strati d'aria , più freddi e a maggiore densità. In base alla disposizione degli stati d'aria si possono distinguere due diversi tipi di miraggio: inferiore e superiore, tra i quali ricordiamo il miraggio detto fata morgana.


Il miraggio inferiore si osserva in zone desertiche molto calde, dove il suolo infuocato dal sole surriscalda lo strato di aria immediatamente a contatto, rendendolo più rarefatto; in questo modo si crea una discontinuità tra i vari strati di aria, che sarà più calda e rarefatta a contatto con il suolo rispetto al resto dell'aria sovrastante, leggermente più fresca e densa. I raggi luminosi, provenienti da un oggetto, subiscono quindi una riflessione totale, la quale fa si che sia visibile, oltre all'oggetto reale, la sua immagine capovolta, creando l'illusione di uno specchio d'acqua riflettente. In pratica accade che un raggio di luce proveniente da un oggetto, ad esempio da una palma, come nel caso della figura, possa arrivare all'osservatore con due percorsi diversi: uno con una traiettoria normale che può essere parallela al suolo o leggermente inclinata, e uno con una traiettoria diretta verso il basso. Sarà proprio quest'ultimo raggio ad attraversare gli strati di aria a diversa densità prima citati; in tal modo quando i raggi luminosi raggiungono la superficie di separazione fra i due strati atmosferici, in base alla legge della riflessione subiscono un forte incurvamento che li porta ad essere riflessi nella direzione dell'osservatore, che vedrà non solo la palma, ma anche una sua immagine capovolta, come se la palma stessa fosse riflessa in uno specchio d'acqua.

È quello che accade nelle giornate torride d'estate quando sembra di vedere sull'asfalto una pozzanghera, che non è altro se non il riflesso del cielo.


Il miraggio superiore è più spettacolare del precedente e si verifica quando gli starti d'aria fredda sono a contatto con il suolo e sono sovrastati da strati più caldi e quindi meno densi, come ad esempio sul mare. In questo caso quindi accadrà il fenomeno inverso al precedente, secondo cui l'immagine illusoria sarà percepita in alto, come se fosse distesa sopra il cielo. Questo effetto può prodursi sopra distese d'acqua fredde o su grandi superfici gelate o ancora ad alta quota.


Fata Morgana


La fata morgana è un particolare tipo di miraggio dovuto all'irregolare distribuzione dell'indice di rifrazione della luce del sole in diversi strati d'aria; questo fa sì che i raggi  luminosi provenienti da uno stesso punto vengano deviati in varie direzioni, in tal modo gli oggetti all'orizzonte assumono sembianze di torri, pinnacoli, obelischi, o possono essere visti capovolti a una certa altezza dall'oggetto reale, oppure si vedrà apparire al di sopra del mare e riflessa nell'acqua, l'immagine di costruzioni fantastiche, che la credenza popolare ha attribuito all'intervento di una fata, appunto la fata Morgana.

Questo fenomeno si verifica frequentemente sulla costa calabra, dalla quale si può vedere la Sicilia molto più vicina del normale, come se sullo Stretto di Messina fosse presente una città irreale che si modifica e svanisce dopo poco tempo; talvolta il fenomeno si verifica con un'intensità tale da poter distinguere per un brevissimo arco di tempo case, auto o addirittura persone.































Magritte e l'inganno del trompe l'oil


René Magritte nasce a Lessines in Belgio nel 1898. Si trasferisce più volte nel corso della sua vita e a solo dodici anni rimane orfano di madre, morta suicida, che venne ritrovata annegata con la testa avvolta in una camicia da notte. Dopo essersi dedicato agli studi classici rivolge tutte le sue attenzioni alla pittura e nel 1916 si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Bruxelles, dove la famiglia lo raggiunge nel 1918. Nel 1919 espone la sua prima opera "Trois Femmes" alla Galleria Giroux. Nel 1922 si sposa con Georgette Berger e inizia a lavorare come grafico, dedicandosi al design della carta da parati.

I suoi inizi sono legati al cubismo e al futurismo, ma in seguito alla scoperta dell'opera di Giorgio De Chirico "Canto d'amore" (figura a lato) ci sarà la svolta decisiva che lo condurrà alla pittura surrealista, della quale diventerà uno dei maggiori esponenti. Nel 1926 entra in contatto con Andrè Breton, leader del movimento surrealista, e l'anno successivo si tiene la sua prima mostra personale, presso la Galleria Le Centaure di Bruxelles, con l'esposizione di sessantuno opere.

Nel 1940 per paura dell'occupazione nazista si trasferisce nel sud della Francia a Carcassonne. Dopo un ultimo lungo viaggio, tra Cannes, Montecatini e Milano, avvenuto nel 1966, muore il 15 agosto dell'anno successivo a Bruxelles.


Il Surrealismo nasce nel 1924; teorico del gruppo fu soprattutto lo scrittore Andrè Breton che ne scrisse anche il Manifesto nel 1928, nel quale era evidenziata l'importanza del sogno. Infatti, secondo Breton, il sogno rappresenta gran parte dell'attività del pensiero umano. Solo conciliando i due momenti, quello della veglia e quello del sogno possiamo giungere a una realtà superiore, appunto la surrealtà.

È questa una considerazione che porta Breton a definire in tale modo il Surrealismo:

'Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale."


Con il termine trompe l'oil si vuole indicare un inganno per l'occhio, e Magritte farà largo uso di questa tecnica, come si vedrà nell'analisi delle seguenti opere, in particolar modo con l'inserimento di un quadro dentro il quadro.


La condizione umana


In quest'opera Magritte propone il tema del quadro dentro il quadro. La tela rappresenta la finestra di una stanza, che si apre su un paesaggio campestre con prati verdeggianti e alberi che si stagliano, così come la collina raffigurata nello sfondo, nel cielo cosparso da candide nuvole.

Curiosità dell'opera è che davanti alla finestra è rappresentato un cavalletto sul quale sembra non essere presente alcuna tela, percepibile solo attraverso alcuni dettagli, come il bordo bianco dell'intelaiatura e i chiodini che fissano la tela stessa sul legno. Questa illusione ottica deriva dal fatto che il quadro posto davanti alla finestra, e che quindi dovrebbe coprire parte del paesaggio retrostante, ci mostra invece proprio quella parte di panorama che altrimenti sarebbe nascosta a nostri occhi. Il problema ora è cercare di capire se il cavalletto in realtà sorregge una tela che ci mostra quello che essa stessa nasconde, o solo una superficie trasparente, come un vetro, che ci consente di attraversarlo con lo sguardo. La questione rimarrà senza alcuna soluzione, poiché lo scopo dell'artista era di indurre l'osservatore a riflettere sull'arte, e, infatti, questi sarà "costretto" a una rilettura dell'immagine e a un ripensamento radicale dei suoi contenuti.


In questo contesto svolge un ruolo fondamentale il titolo dell'opera che richiama la mente dello osservatore su questioni concettuali, in particolare sull'essenza della realtà. Forse non è un caso se il pittore belga disegna una minacciosa finestra a ghigliottina e, ai lati, due cortine marrone che, se chiuse, possono far credere che il quadro sul cavalletto sia l'unica "realtà".


La prospettiva amorosa (1935)


Uno dei soggetti che Magritte usa di più nelle sue prime opere è la fuoriuscita di forme, reali o immaginarie, da una parete, da una tavola, da una finestra o, in questo caso, da una porta sfondata.

È stata dipinta la porta di una stanza, che è stata sfondata forse da una figura umana. Uscire da una porta in questo modo, o da una parte più in generale, per il pittore belga significa attraversare l'infinito, valicare una porta che ci separa dal mondo reale e penetrare in un'altra dimensione, dove i rapporti tradizionali sono stravolti secondo una logica del tutto nuova e diversa. In quest'opera, infatti, la foglia ha assunto le sembianze dell'albero, con un procedimento riconosciuto nella sineddoche figurativa, in cui la parte prende il posto del tutto, ingannando almeno in parte l'osservatore che pensa di ammirare un albero mentre invece, è di fronte a una foglia. Contemplare questa tela ci trasporta all'interno della sua realtà, dove chi guarda è colui che è dentro la stanza e che guarda oltre la porta, ovvero verso la sua interiorità, proiettata secondo una prospettiva surreale.


Le passeggiate di Euclide (1955)

Anche in questo quadro viene ripreso il tema del quadro nel quadro. In esso è raffigurato l'interno di una stanza in cui si apre una finestra. Davanti alla finestra è collocato un cavalletto e su di esso una tela che riproduce una porzione dell'immagine esterna sulla quale si apre la finestra. Il quadro è così fedele che diventa quasi impercettibile: lo si riconosce giusto per una sottile linea bianca sulla sinistra che corrisponde allo spessore del telaio su cui è montata la tela, proprio come nell'opera precedente.

La coincidenza tra immagine reale e riproduzione pittorica induce nuovamente a un attimo di perplessità, che aumenta nel mo0mento in cui ci si rende conto dello "inganno" al quale si è stati sottoposti.

L'inganno consiste nel modo in cui vengono percepite le due figure geometriche presenti al centro dell'opera: a prima vista queste sembrano essere due coni, identici, ma in realtà questa è solo un'illusione; infatti il primo è realmente un cono utilizzato come tetto della torre, il secondo lo è solo in apparenza dal momento che rappresenta una strada vista in prospettiva sulla quale stanno camminando due persone.

La nostra esperienza sa che è impossibile confondere un'immagine tridimensionale con una bidimensionale, ma se qui appare possibile è perché, di fatto, anche l'immagine 'reale' è in realtà un'immagine pittorica: una cosa del genere, in sostanza, può avvenire solo in un quadro.

Il titolo costituisce un richiamo al matematico Euclide, alludendo ancora una volta ai due elementi geometrici di spicco nel quadro. Ecco che lo scopo della pittura di Magritte torna a essere quello di portare l'osservatore a pensare. Anche lo stile, tipico di Magritte, rientra in quest' obiettivo: l'immagine ha una nitidezza quasi fotografica, ma nello stesso tempo non perde la sua natura di dipinto, contribuendo a tener separata la realtà dalla rappresentazione. Il mondo dell'arte, in sostanza, è altro rispetto al mondo reale.
























Schopenhauer e l'inganno del velo di Maya

Si può dire che con Arthur Schopenhauer prende piega la vera e propria rivoluzione anti-hegeliana; infatti, egli avrà una visione totalmente opposta del mondo e della vita dell'uomo: il primo è l'insieme di ingannevoli fenomeni, mentre la seconda altro non è se non dolore.

Prima di approfondire il discorso sarà bene soffermarsi su alcuni punti chiave grazie ai quali capire in modo più completo il pensiero del filosofo.


Come prima cosa è importante individuare i punti di riferimento del filosofo. Il più evidente è Kant, dal cui pensiero viene ripresa la dicotomia fenomeno - noumeno, seppur in maniera originale; infatti, al fenomeno Schopenhauer da una valenza prettamente illusoria, mentre per Kant il fenomeno era l'unica cosa della quale poter avere una valida conoscenza scientifica. Altro elemento ripreso dalla filosofia passata, sono le idee platoniche, ma anche queste hanno delle nuove caratteristiche in quanto costituiscono l'oggettivazione della volontà.

Fondamentale sarà il contatto con il mondo orientale, in particolare con la filosofia indiana dalla quale viene ripreso con fervore il carattere ingannevole del mondo sensibile, che mai prima d'ora era stato definito tale dai filosofi occidentali. Inoltre non si deve dimenticare che Schopenhauer trae alcuni spunti per il suo pensiero anche dal Romanticismo, come ad esempio l'irrazionalità e il tema dell'infinito, pur rimanendo un grande pessimista, in opposizione al positivismo tipico del Romanticismo.


Altro punto fondamentale del pensiero schopenhaueriano è la critica dell'idealismo, e in particolar modo di Hegel, al quale attribuì l'appellativo di "sicario della verità".


Il mondo come volontà e rappresentazione


Questa è l'opera principale del filosofo che fu pubblicata nel 1819, e che non ottenne un immediato successo, ma si dovette aspettare l'onda di pessimismo che invase l'Europa nel 1848 per far si che lo scritto trovasse la propria fortuna.


Come detto prima, Schopenhauer ripropone la dicotomia kantiana tra fenomeno e noumeno. Il fenomeno è in stretta relazione con il concetto di apparenza dal momento che altro non è se non una rappresentazione di un oggetto e non la sua vera realtà che invece è costituita dal noumeno. Pertanto, come conseguenza di tale divisione, l'uomo non riesce a conoscere in maniera immediata l'intima essenza delle cose, dato che la prima cosa che si percepisce è il fenomeno, il quale può essere inteso come una sorta di velo che ricopre il noumeno impedendo all'uomo di averne una diretta conoscenza. È appunto Velo di Maya il termine ripreso dall'oriente e usato da Schopenhauer per porre l'accento su tale aspetto del fenomeno.


"tutto ciò che esiste per la conoscenza, cioè questo mondo intero, è solamente oggetto in rapporto al soggetto, intuizione di chi intuisce, in una parola: una rappresentazione."


' è Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra che egli prende per un serpente"


Tuttavia, per quanto il mondo possa essere fasullo, l'uomo dovrà pur sempre viverci e quindi averne una propria rappresentazione; entrano così in gioco le forme a priori di spazio, tempo e causalità, anche queste riprese da Kant.  Lo spazio e il tempo danno un certo ordine e una certa molteplicità ai fenomeni; mentre la causalità regola i rapporti tra i vari fenomeni, ovvero la capacità che questi hanno di agire su altri.

Riassumendo il tutto: fenomeno e noumeno sono due cose distinte e il fenomeno, che può essere conosciuto attraverso spazio, tempo e causalità, costituisce un velo che copre la vera realtà delle cose, in altre parole il noumeno. Ma cos'è il noumeno?

Il noumeno è volontà. Egli osserva per prima cosa il comportamento dell'uomo e si rende conto che ogni sua azione è frutto di una libera scelta effettuata secondo una propria volontà, la quale non è tipica solo dell'uomo, ma è comune a tutta la natura. La volontà non è un semplice impulso, una caratteristica del carattere umano, ma una vera e propria entità a sé che da sempre sostiene il mondo e che sempre lo sosterrà.

Schopenhauer osservando la volontà dei fenomeni naturali scrisse:


"l'impeto violento e irresistibile con cui le acque si precipitano negli abissi, l'ansia con cui il ferro vola verso la calamita, la violenza con cui i poli elettrici tendono a riunirsi [riconosciamo] quell'identica essenza che in noi persegue i suoi fini al lume della conoscenza, ma che qui non ha che impulsi ciechi, sordi, unilaterali e invariabili."


La volontà non sottostà alle forme a priori fenomeniche, quindi è al di là dello spazio, del tempo e della causalità. La volontà è unica, eterna, irrazionale, ma soprattutto assurda e cieca perché non ha uno scopo ben preciso, ma vuole senza una ragione.


Volere significa desiderare qualcosa e soffrire per la sua mancanza. La vita così diventa come un pendolo che oscilla incessantemente tra la noia e il dolore; il dolore è causato dalla mancanza dell'oggetto che si desidera, che si vuole, mentre la noia subentra nel momento in cui si riesce ad ottenere il frutto del proprio desiderio. Gioia e felicità sono solo dei momenti di breve durata, attraverso cui passa il pendolo della vita.

Esiste comunque un modo per liberarsi dal dolore attraverso le vie della liberazione:

L'arte Mediante questo momento estetico l'uomo è in grado di contemplare il bello, ovvero "ciò che piace senza interesse", così come diceva Kant; grazie alla conoscenza disinteressata ci si libera dalla volontà di vivere in quanto manca totalmente l'atto istintivo del quale essa si avvale. L'arte meno legata alla materialità e quindi la più suprema è la musica, che viene seguita da tragedia, poesia, pittura, scultura e architettura. Tuttavia l'arte è solo un momento passeggero che non aiuta a liberarsi in maniera definitiva dalla volontà.

La morale. Questa implica un impegno dell'uomo nei confronti dei suoi simili, e cerca di porre rimedio all'egoismo che porta inevitabilmente allo scontro tra i vari individui. La morale per Schopenhauer non deriva da un imperativo categorico, ma scaturisce da un'esperienza vissuta che slega l'uomo dall'egoismo portandolo ad agire secondo due virtù: la giustizia e la carità, grazie alle quali gli uomini si compatiscono a vicenda capendo di trovarsi tutti nella stessa situazione di dolore. In questo modo è come se il dolore fosse distribuito a tutta l'umanità. Tuttavia anche la morale non garantisce una definitiva liberazione, in quanto anche condividendo il dolore si continua a vivere e quindi a soffrire.

L'ascesi. Questo concetto viene ripreso dall'oriente ed implica un non - vivere, ovvero rinunciare alla vita per come si presenta. In altre parole è l'esperienza per la quale l'individuo, cessando di volere la vita e il volere stesso, si propone di annullare ogni suo desiderio. Grazie all'ascesi la volontà di vivere viene completamente annientata. Un simile stile di vita è molto difficile da perseguire e solo pochi riescono realmente a raggiungerlo. Scegliere l'ascesi significa optare per la nolontà, ovvero il puro nulla, dove per nulla si intende il totale rifiuto della rappresentazione del mondo fenomenico.


'Con la parola ascesi io intendo, nel senso più stretto, il deliberato infrangimento della volontà, mediante l'astensione dal piacevole e la ricerca dello spiacevole, l'espiazione e la macerazione spontaneamente scelta, per la continuata mortificazione della volontà (ivi). Comporta la perfetta castità, la rinuncia ai piaceri. L'umiltà, il digiuno, la povertà, il sacrificio e l'automacerazione."


Contrariamente a quanto possa sembrare, Schopenhauer rifiuta il suicidio come via di liberazione per due motivi: in primo luogo perché esso non è una negazione della volontà, ma un'affermazione della volontà stessa, e in secondo luogo perché la morte del corpo non implica la morte della volontà, che tramite il suicidio riesce a eliminare una persona debole della quale non ha bisogno.


È questo dunque il modo, secondo Schopenhauer, con il quale l'uomo ha una rappresentazione del tutto illusoria e apparente del mondo, dalla quale, però, può provare a liberarsi.






























Pirandello e il sentimento del contrario


Luigi Pirandello nacque ad Agrigento nel 1867. Di grande importanza per la sua formazione furono gli anni della giovinezza; non solo per le esperienze culturali e per la nascita dell'interesse per la letteratura, ma anche per le esperienze umane e sociali vissute in quegli anni di disordine politico e morale che seguirono l'unità d'Italia.

Studiò prima all'università di lettere di Palermo per passare poi a quella di Roma, dove ebbe come maestro Ernesto Monaci, un grande filologo del tempo che consigliò a Pirandello di proseguire i suoi studi a Bonn, dove si laureò nel 1891. A Bonn ebbe inoltre modo di entrare a contatto con una cultura contemporanea molto stimolante. Tornato a Roma cercò di inserirsi nella società letteraria che, in quel periodo, vedeva emergere la figura di D'Annunzio, dal quale Pirandello non venne affascinato; contrariamente sarà decisivo l'incontro con Luigi Capuana, il teorico del verismo italiano, grazie al quale Pirandello scoprì la propria vocazione di narratore. Infatti, egli pubblicò nel 1893 il suo primo romanzo "L'esclusa", e l'anno successivo il primo volume di racconti: "Amori senza amore". Sempre nel 1894 sposa la ricca Antonietta  Portulano, ma i due coniugi dovettero affrontare momenti di grande difficoltà: nel 1897 un grave dissesto economico costrinse i Pirandello a trasferirsi a Roma, e Luigi divenne insegnante di letteratura italiana all'Istituto Superiore di Magistero, e qualche anno dopo, nel 1903, appariranno i primi sintomi del male che portò alla morte precoce la moglie dello scrittore. Lo scoppio della grande guerra e la prigionia del figlio Stefano, ferito e ammalato, contribuirono ad affliggere maggiormente Pirandello, che a causa dell'esperienza del dolore aveva consolidato la sua triste concezione del vivere nel mondo, che sentì il bisogno di insegnare agli altri uomini una volta terminata la guerra. Si immerse, così, in un lavoro frenetico che portò alla pubblicazione di due grandi opere teatrali: "Sei personaggi in cerca d'autore" ed "Enrico IV", entrambi del 1921. Quattro anni dopo fondò la "Compagnia del teatro d'arte", con i due grandissimi interpreti dell'arte pirandelliana: Marta Abba e Ruggero Ruggeri, con i quali intraprese inoltre il giro d'Europa e dell'America. Nel mentre i suoi lavori vengono conosciuti e apprezzati ovunque e la sua fama, divenuta ormai immensa, trovò la massima consacrazione con l'assegnazione del Premio Nobel nel 1934. Solo due anni dopo Pirandello si ammala gravemente di polmonite e in breve tempo sopraggiungerà la morte.


Il sentimento del contrario


Per comprendere nel modo più completo in cosa consista il sentimento del contrario è bene aver chiaro il concetto di umorismo, sul quale Pirandello scrisse un saggio intitolato "L'Umorismo", dal quale è tratto il brano seguente:


"Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s'inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l'umoristico.


La prima cosa che risalta alla mente, con la lettura di questo breve brano, è l'accurata distinzione che lo scrittore propone tra comico e umoristico. Il primo, definito come "avvertimento del contrario", nasce dal contrasto tra l'apparenza e la realtà, proprio come Pirandello ha mostrato fornendo l'esempio della vecchia signora che si veste e trucca in un modo convenzionalmente non consono alla sua età. Se, però, all'idea di comico subentra il momento riflessivo, si capisce che non ci si deve fermare all'apparenza, ma bisogna scavare più in profondità per poter cogliere la vera ragione delle cose. Ed ecco che dal comico si passa all'umorismo, che altro non è se un modo per smascherare le convenzioni e le finzioni della vita sociale: esso fa venire alla luce "la vita nuda", quella autentica, con le sue contraddizioni, debolezze, assurdità, ipocrisie e sofferenze. Nasce così il sentimento del contrario. Quindi, mentre il comico genera quasi immediatamente la risata, poiché mostra la situazione contraria a quella che dovrebbe essere normalmente, l'umorismo nasce da una riflessione più ponderata che genera una sorta di compassione, dalla quale si origina un sorriso di comprensione. Nell'umorismo c'è il senso di un comune sentimento della fragilità umana da cui nasce il compatimento per le debolezze altrui, che sono anche le proprie. Sotto questo punto di vista, l'umorismo appare come meno spietato del comico che giudica in maniera immediata.



Il compito dell'umorista, pertanto, è scomporre i caratteri apparenti della realtà e individuare il contrario di ogni gesto, di ogni parola, in opposizione al genere comico che mette in risalto le sfasature e le incongruità della vita. L'autore nel rilevare queste sfasature non può non notare la sofferenza celata dietro di esse,e come conseguenza di ciò, è portato a partecipare al dolore dei suoi personaggi.

Perciò, ecco che questa signora "parata d'abiti giovanili", non ha alcuna gioia nel vestirsi così, ma lo fa per tenere legato a se il marito molto più giovane di lei. E da qui la partecipazione dell'umorista alla sofferenza della donna; e la commiserazione nata attraverso la riflessione impedisce di ridere di costei, per la quale si prova un grande senso di pena. Questa riflessione si insinua dappertutto e tutto scompone: ogni immagine del sentimento, ogni finzione ideale, ogni apparenza della realtà, ogni illusione.


Per Pirandello le cause, nella vita, non sono mai così logiche come lo possono essere nell'opera narrativa o teatrale, in cui tutto è ordinato ai fini che lo scrittore si è proposto, anche se sembra in alcuni casi che il procedimento sia libero e casuale. Perciò nell'umorismo non possiamo parlare di coerenza, perché in ogni personaggio ci sono tante anime in lotta fra loro, che cercano di afferrare la realtà: l'anima istintiva, l'anima morale, l'anima affettiva, l'anima sociale, e i nostri atti prendono una forma, i personaggi assumono una maschera, la nostra coscienza si atteggia a seconda che domini questa o quella, a seconda del momento; per questo ciascuno di noi ritiene valida una determinata interpretazione della realtà o dei nostri atti e mai può essere totalmente d'accordo con l'interpretazione degli altri, in quanto la realtà e il nostro essere interiore non si manifestano mai del tutto interi, ma ora in un modo ora in un altro.



« non ci fermiamo alle apparenze, ciò che inizialmente ci faceva ridere adesso ci farà tutt'al più sorridere. »






































Robert Louis Stevenson


Stevenson was born on November 13, 1850, in Edinburgh. Because of tuberculosis he spent most of his childhood in bed and often traveled abroad in search of more healthful climates. He studied engineering and then law at the University of Edinburgh, even if, since childhood, Stevenson had a natural inclination for Literature.

His earliest works are descriptions of his journeys: "An Inland Voyage", describing a canoe trip through Belgium and France and "Travels with a Donkey in the Cevennes", an account of a journey on foot through mountains in southern France. In 1880, he married an American woman, Frances Osbourne, and since his health was deteriorating, they moved to Australia and Tahiti, and finally in Samoa, where he died on December 3, 1894. He was buried on a mountaintop behind Vailima, his Samoa home.


Stevenson became popular thanks to his adventure novels and stories of the fantastic, among which "Treasure Island"(1883), "The Strange Case of Dr Jekyll and Mr. Hyde"(1886), "Kidnapped"(1886), "The Black Arrow"(1888) and "The Master of Ballantrae"(1889)


The Strange Case of Dr Jekyll and Mr. Hyde

Strange Case of Dr Jekyll and Mr. Hyde was an immediate success and one of Stevenson's best-selling works, and it has to inspire scores of major film and stage performances.


Plot: Henry Jekyll is a respectable scientist who discovered a particular potion that transforms him into a terrible evil, Mr. Hyde.

The story begins when Mr. Hyde tramples a young girl, disappears into a door on the street, and re-emerges to pay off her relatives with a check signed by Dr Jekyll. Mr. Utterson, a lawyer and Jekyll`s friend decides to investigate to get the facts.

A year passes uneventfully. One night, a servant girl witnesses Hyde beat to death without cause an old man named Sir Danvers Carew, who is a member of Parliament and a client of Utterson. The police contact Utterson who suspects Hyde as the murderer.

Utterson visit Jekyll, who claims to have ended all relations with Hyde and shows Utterson a note, written by Hyde, apologizing for the trouble he has caused him and saying goodbye. That night Utterson's clerk points out that Hyde's handwriting bears a remarkable similarity to Jekyll's own. Soon afterward, Jekyll's butler, Mr. Poole, visits Utterson in a state of desperation and explains that Jekyll has secluded himself in his laboratory for several weeks, and that now the voice that comes from the room sounds nothing like the doctor's. Thus  Utterson and Poole go to Jekyll's house and into his laboratory they find the body of Hyde, wearing Jekyll's clothes and apparently dead by suicide, and a letter written to Utterson by Jekyll in which the scientist explains his discovery potion that separate his good side from his darker impulses. However Mr. Hyde takes possession of Jekyll who starts to transform even without drink potion and to commit every kind of crimes. Horrified, Jekyll tried to stop the transformations, but unsuccessful. Jekyll understands the only way to eliminate Hyde is killing him, consequently himself.


This novel had its origin in a dream as Stevenson wrote in his diary: he had dreamed of a man in a laboratory who had drunk a drug and turned into a different being.

Apparently main theme of the novel is struggle between Good and Badly, but really this novel is a critic of the hypocrisy of Victorian society, where only few people could enjoy technological progress due by Industrial Revolution.









































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