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Buchi neri




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Buchi neri



Velocità di fuga maggiore della velocità della luce.

Ad una grande densità, è associato anche un campo gravitazionale molto intenso. Come abbiamo visto anche la luce risente della gravità. E' possibile pensare che un corpo sia talmente denso da creare un campo gravitazionale che impedisca alla luce di sfuggirgli? Un tale corpo viene detto buco nero. Per ogni corpo dotato di massa, si può calcolare un certo raggio critico, detto Raggio di Schwarzschild: se tutta la massa è concentrata all'interno di una sfera di tale raggio, la luce non riuscirà a sfuggire a tale regione di spazio. La superficie sferica con questo raggio è anche chiamata orizzonte degli eventi. Esso rappresenta il limite di un buco nero. Se un raggio luminoso, o qualsiasi altra cosa, si avvicinasse ulteriormente, entrerebbe in regioni in cui il campo gravitazionale assume valori talmente elevati che per poter sfuggire un corpo dovrebbe superare la velocità della luce, cosa che risulta impossibile. Tutto ciò che si trova all'interno di questa regione è allora destinata a comprimersi nel punto al centro del buco nero. Questo punto rappresenta una singolarità, in quanto la massa, la densità e il campo gravitazionale raggiungono valore infinito. Da qui il nome "buco nero". "Buco" perché nulla può restare sospeso nella regione compresa tra la singolarità e l'orizzonte degli eventi, "nero" perché impedendo alla luce di uscire risulterà invisibile ad un osservatore esterno. Prima di addentrarci ulteriormente nella loro descrizione chiediamoci come possono formarsi simili "mostri cosmici".



Classificazione dei buchi neri sulla base delle dimensioni.

Sulla base del valore del Raggio di Schwarzschild, possiamo classificare i buchi neri in supermassicci, stellari o primordiali.


  1. Buchi neri supermassicci:

Accumulando materia di densità ordinaria (ad esempio 1000 kg/m³, come la densità dell'acqua, o la densità media del Sole) fino a raggiungere circa 150 milioni di volte la massa del Sole, si ottiene un agglomerato di dimensioni inferiori al proprio raggio di Schwarzschild. Un buco nero di dimensioni così elevate è detto supermassiccio. Le condizioni per la formazione di un tale tipo di buco nero si verificano al centro delle galassie, dove le stelle sono molto vicine le une alle altre.


  1. Buchi neri stellari:

Un buco nero stellare si ottiene invece come stadio finale dell'evoluzione di stelle molto massicce. In un primo momento una stella brucia l'idrogeno presente al suo interno con meccanismi di fusione nucleare. L'enorme quantità di energia così liberata si oppone all'azione della gravità, e la stella è in equilibrio. Una volta finito l'idrogeno, a seconda della massa della stella è possibile cominciare a bruciare anche elementi più pesanti.


In figura la strutturazione interna "a cipolla" di una stella di 25 masse solari al termine dei bruciamenti nucleari, immediatamente prima dell'innesco del collasso del nucleo.




Al massimo sarà possibile procedere fino alla formazione del ferro, la fusione di questo elemento infatti non può avvenire in quanto è una reazione endoergonica. Le stelle meno massicce finito il combustibile nucleare (di solito si arrestano massimo alla formazione del Carbonio e dell'Ossigeno), si contraggono fino a formare particolari stelle dette nane bianche. Queste sono stabili in quanto la gravità è bilanciata dalla pressione che si instaura tra gli elettroni degeneri. Stelle ancora più massicce (con massa della regione interna superiore al limite di Chandrasekhar di 1,44 masse solari), produrranno campi gravitazionali più intensi che porteranno gli atomi ad avvicinarsi ancora di più, vincendo la repulsione tra elettroni. Questi saranno costretti a precipitare sul nucleo, unendosi ai protoni per formare neutroni. Sarà la pressione che si instaura tra questi a fermare il collasso della stella. Se la massa della stella è ancora maggiore (circa oltre le 3 masse solari nella regione più interna), la gravità riuscirà a vincere anche la resistenza opposta dai neutroni. A questo punto più nulla potrà fermare il collasso gravitazionale della stella, che andrà a formare così un buco nero stellare.


  1. Buchi neri primordiali:

Qualsiasi corpo dotato di massa, però, potrebbe in linea di principio diventare un buco nero se venisse compresso in una regione di spazio sufficientemente piccola. Per fare alcuni esempi, un corpo di massa pari a quella terrestre dovrebbe raggiungere le dimensioni di una sfera con raggio di circa 0,87 cm, un corpo di massa pari a quella del Monte Everest dovrebbe raggiungere le dimensioni di un nucleo atomico. Attualmente non si conosce nessun processo in grado di comprimere così tanto corpi così piccoli. Durante i primissimi momenti dopo il big bang, però, la pressione e la temperatura erano estremamente grandi. In alcune regioni particolarmente dense, queste condizioni avrebbero potuto portare alla formazione di piccoli buchi neri. Per questo motivo tali buchi neri di piccole dimensioni vengono denominati "primordiali".



Evaporazione dei buchi neri: Radiazione di Hawking.

Stephen Hawking nel 1974 ha dimostrato che un buco nero in realtà non è poi "così nero". Esso infatti dovrebbe emettere, per effetti quantistici, una radiazione termica corrispondente alla radiazione di un corpo nero con temperatura inversamente proporzionale alla massa del buco nero. Vediamo come questo possa accadere.

Il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma che non è possibile conoscere con precisione elevata la posizione e la quantità di moto di una particella. La stessa cosa si può dire anche per energia e tempo. Nel vuoto questa incertezza si manifesta sotto forma di piccole fluttuazioni energetiche che vanno e vengono senza sosta e che in parte si convertono in entità materiali. La teoria della relatività, attraverso la famosa equazione E=mc², suggerisce infatti che l'energia possa trasformarsi in materia e viceversa. Per la precisione la materia si genera a partire dall'energia sotto forma di particella e antiparticella (ad esempio elettrone e positone insieme) dalla vita brevissima: per tale motivo esse vengono chiamate "virtuali". In presenza di un buco nero può capitare che l'antiparticella cada all'interno dell'orizzonte degli eventi, andando a diminuire la massa presente nella singolarità. L'altra particella non sarà più obbligata ad annichilirsi, e potrà cadere anch'essa dentro al buco nero, ma potrebbe anche sfuggirgli. Ad un osservatore esterno sembrerà che essa sia stata emessa dal buco nero. Tanto più piccolo è il buco nero, e tanto maggiore sarà la probabilità che l'antiparticella che vi cade dentro abbia la possibilità di raggiungere la singolarità nel tempo consentito dall'indeterminazione di Heisenberg. L'emissione del buco nero, e quindi la sua temperatura apparente, sarà così tanto maggiore quanto minore è il suo raggio di Schwarzschild.

Man mano che un buco nero perde massa, pertanto, la sua frequenza di emissione aumenta, portandolo a perdere massa ancora più velocemente. Un buco nero di 3 masse solari impiegherebbe circa 1060 anni per evaporare completamente, periodo molto maggiore dell'età attuale dell'universo. Un buco nero primordiale con una massa di circa 1012 kg, invece, avrebbe un tempo di vita circa uguale all'età dell'universo. Se questi buchi neri di piccola massa esistessero, attualmente sarebbe possibile osservare alcune di queste esplosioni. Attualmente però non si è ancora riusciti ad individuarne qualcuna con certezza.



Metodi di ricerca: onde gravitazionali, effetto lente gravitazionale, analisi di sistemi binari, emissione di Raggi X.


Individuare i buchi neri è tutt'altro che semplice. Per quanto però la sua massa sembri comprimersi all'infinito, essa deve continuare ad esistere, restando la sorgente di un campo gravitazionale. Due possibili metodi di rilevamento sono la ricerca di onde gravitazionali e l'effetto "lente gravitazionale". Anche il campo gravitazionale deve propagarsi come un'onda. La sua intensità è però molto bassa e difficilmente rilevabile. Nulla di ciò che conosciamo può produrre onde gravitazionali individuabili, tranne forse un buco nero nel corso della sua formazione. Non si è ancora riusciti tuttavia a rilevare con certezza questo tipo di onde. L'altro processo citato è quello della lente gravitazionale. Supponiamo che tra noi e una galassia lontana ci sia un buco nero. La luce della galassia che passa nelle vicinanze del bordo del buco nero verrà deviata verso l'interno e convergerà nella nostra direzione. Essa pertanto subirà per effetto della gravitazione lo stesso effetto che subisce di solito per effetto di una lente. Ecco spiegata l'origine del nome di questo fenomeno. Se si osservasse una galassia anormalmente grande nonostante la sua distanza, potremmo sospettare un effetto come quello sopradescritto e quindi la presenza di un buco nero fra noi e la galassia in questione. Bisogna però dire che non è stato osservato ancora nessun fenomeno del genere.

Un buco nero non è però completamente isolato dal resto dell'universo. Potrebbe capitare che nelle sue vicinanze sia presente della materia comune. Oggetti che si avvicinassero troppo verrebbero ridotti in polvere e si disporrebbero attorno al buco nero formando un disco di accrescimento. Gli urti tra le particelle le porterebbero a perdere energia, facendole scendere a spirale verso il buco nero. In questo processo l'iniziale energia gravitazionale delle particelle viene convertita in calore. In questo modo esse raggiungono temperature enormi ed emettono raggi X. Ovviamente tali radiazioni elettromagnetiche saranno tanto più intense, e quindi facilmente rilevabili, quanto maggiore sarà la quantità di materia che cade verso il buco nero. E' possibile spiegare in questo modo l'emissione di raggi X rilevata all'interno di ammassi globulari o nelle regioni più interne delle galassie, dove la densità media della materia è molto più elevata che altrove.

Possiamo pensare anche di studiare il comportamento di sistemi binari di stelle. Osservando il periodo di rotazione possiamo ottenere informazioni circa la massa delle stelle. Se una delle due stelle diventasse un buco nero, dalla Terra potremmo osservare una stella normale orbitante attorno ad un punto centrale. Dove dovrebbe essere situata l'altra stella della coppia non rileveremmo niente, se non la presenza di una sorgente di raggi X. Il buco nero infatti può attirare verso di sé gli strati più esterni della sua compagna, formando un disco di accrescimento e dando luogo ai processi descritti in precedenza. Le polveri presenti attorno al buco nero non vi cadono dentro in modo costante, pertanto anche l'emissione di raggi X sarà irregolare. Se osservassimo fenomeni di questo tipo, in cui la stella invisibile dovrebbe avere una massa maggiore a 3 masse solari circa, avremmo con buona probabilità rilevato indirettamente la presenza di un buco nero.


Il primo buco nero individuato: Cygnus X-1.

Nel 1965 fu individuata una sorgente di raggi X nella costellazione del Cigno, che fu battezzata Cygnus X-1. Successivamente venne accertata la non regolarità di tale radiazione elettromagnetica. Questa sorgente venne inoltre localizzata molto vicino ad una stella visibile con periodo orbitale di 5,6 giorni. La stella compagna, invisibile, avrebbe dovuto avere una massa compresa tra le 5 e le 8 masse solari. Siccome la stella visibile sembra si stia espandendo entrando nella fase di gigante rossa, è facile pensare che parte della sua materia si stia trasferendo alla stella compagna. Risulta così spiegata l'intensa emissione di raggi X. La maggior parte degli astronomi concordano oggi sul fatto che Cygnus X-1 sia un buco nero.



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