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Il 1929: una svolta economica e sociale




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IL 1929: UNA SVOLTA ECONOMICA E SOCIALE
















Grande Depressione Espressione con cui si designa la crisi economica mondiale innescata dal crollo della Borsa di Wall Street a New York nell'ottobre del 1929 e protrattasi per tutti gli anni Trenta.



LE PREMESSE DI UNA RECESSIONE MONDIALE


Le cause del fenomeno furono molteplici. Durante gli anni Venti negli Stati Uniti si era verificata una straordinaria crescita finanziaria e speculativa accompagnata tuttavia da un forte indebitamento degli agricoltori, esposti alla concorrenza europea dopo la ripresa postbellica. La Germania, già scossa dall'inflazione dei primi anni Venti, doveva affrontare il problema del pagamento delle riparazioni di guerra in gran parte finanziato dai prestiti delle banche americane. In Gran Bretagna perdurava un cronico stato di agitazioni sociali culminato nello sciopero generale del 1926.

La brusca caduta delle quotazioni azionarie di Wall Street del 1929 provocò una serie di reazioni a catena. Le banche americane cominciarono a esigere la restituzione dei prestiti esteri, mentre sempre più numerosi clienti cominciarono a ritirare i loro depositi, provocando così il collasso di molti istituti di credito. La mancanza di liquidità comportò una drastica riduzione degli investimenti nell'industria e una contrazione della domanda di prodotti industriali e agricoli. Ciò indusse un'ulteriore contrazione del mercato creditizio, tanto che nel 1932 gran parte delle banche degli Stati Uniti erano fallite.







IL FENOMENO DELLA DISOCCUPAZIONE


La spirale della crisi portò con sé una disoccupazione di massa senza precedenti: 14 milioni di disoccupati negli Stati Uniti, 6 in Germania, 3 in Gran Bretagna, mentre in Italia dalle 300.000 unità del 1929 si passò al milione di disoccupati del 1933. In Australia il tasso di disoccupazione raggiunse livelli record. Un po' ovunque si ebbe anche un peggioramento del tenore di vita medio. In Gran Bretagna, fino alla metà degli anni Trenta, circa un quinto della popolazione aveva un reddito inferiore al minimo vitale; nelle zone più depresse del paese ciò diede origine alle cosiddette marce contro la fame



GLI EFFETTI POLITICI DELLA CRISI


Le ripercussioni politiche della crisi furono dirompenti. In generale l'uscita dalla recessione fu accompagnata da politiche protezionistiche e di intervento dello stato nell'economia. Negli Stati Uniti ciò coincise con l'elezione alla presidenza di Franklin Delano Roosevelt e l'avvio del New Deal nel 1933. In Germania il ritiro dei finanziamenti esteri e la disoccupazione di massa aprirono la strada all'affermazione del nazismo e all'ascesa al potere di Adolf Hitler. In Italia il regime fascista dava una risposta autarchica e statalista, con un piano di opere pubbliche e la creazione dell'IRI, l'Istituto per la Ricostruzione Industriale, che interveniva a sostegno di industrie e banche a rischio di fallimento. Regimi d'ispirazione fascista o ultranazionalisti sorsero anche nei Balcani e nell'Europa danubiana. Un movimento filofascista sorse pure in Gran Bretagna per opera di Oswald Mosley, già membro del Partito laburista. Nonostante le impegnative misure messe in atto in molti paesi per superare la Grande Depressione, dal varo di piani assistenziali a politiche economiche autarchiche, gli strascichi della crisi si protrassero per tutti gli anni Trenta, fornendo terreno fertile per le forze che determinarono lo scoppio della seconda guerra mondiale.



IL CROLLO DI WALL STREET


Crollo della Borsa valori avvenuto negli Stati Uniti d'America nel 1929. Nel 1927, in un periodo caratterizzato da forti investimenti all'estero e da un'economia in continua crescita, i finanzieri di Wall Street rivolsero la propria attenzione al mercato interno e cominciarono ad acquistare azioni in borsa provocando un aumento dei prezzi. In seguito al continuo incremento del volume degli acquisti, i prezzi delle azioni diventarono sempre più alti e si creò così un boom apparentemente naturale che spinse gran parte del pubblico a investire i propri capitali in borsa: si stima che a metà del 1929 circa nove milioni di statunitensi su una popolazione di centoventidue milioni avesse investito capitale in borsa. Molti impegnarono tutti i propri risparmi, incoraggiati da consulenti disonesti o incompetenti. A un certo punto iniziò tuttavia a serpeggiare il timore che anche questa crescita inaspettata sarebbe cessata. La Federal Reserve Bank, la banca centrale statunitense, alzò allora il tasso di interesse, ma solo dell'1%, e suggerì alle banche di non concedere denaro in prestito per gli investimenti in borsa, suggerimento in seguito ritirato dietro pressione di uno dei suoi direttori che aveva forti interessi nelle operazioni di borsa. Nel contempo, alcuni operatori finanziari decisero che avrebbero potuto realizzare un maggior profitto trasformandosi da speculatori al rialzo in speculatori al ribasso e iniziarono a svendere le proprie azioni. La vendita delle azioni acquistò gradualmente velocità e il 23 ottobre più di sei milioni di azioni vennero negoziate a prezzi sempre più bassi. Il giorno seguente, il 'giovedì nero', ne furono negoziate più del doppio. Il lunedì nove milioni di azioni cambiarono di mano; il valore delle azioni era calato di quattordici miliardi di dollari in meno di una settimana. Poi, il 'martedì nero', si verificò il crollo della borsa; il prezzo delle azioni di numerose imprese di grandi dimensioni, come la General Electric, precipitò. Quel giorno più di sedici milioni di azioni vennero negoziate e il valore delle stesse calò di altri dieci miliardi di dollari. Ciò ebbe un riflesso immediato sulle altre borse degli Stati Uniti, da Chicago a San Francisco. Fu la desolata fine di un decennio contrassegnato dall'ottimismo, dalla prosperità e da un alto grado di occupazione. Come logica conseguenza svanì la fiducia nelle banche e nei banchieri, nella borsa e negli agenti di cambio; molti fecero bancarotta e dilagò la piaga della povertà; in molti casi fu precluso il riscatto delle ipoteche e la disoccupazione crebbe di quasi due milioni di unità in sei mesi. Il crollo di Wall Street segnò l'inizio della Grande Depressione. La Grande Depressione determinò una svolta nell'affrontare e risolvere il problema, rappresentata soprattutto dal New Deal del presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, il quale introdusse negli Stati Uniti la previdenza sociale, il sussidio di disoccupazione e programmi di lavori pubblici per utilizzare la manodopera eccedente. La ripresa economica prodotta da queste misure dimostrò che la disoccupazione peggiorava la depressione causando una caduta della domanda e che l'erogazione del sussidio di disoccupazione era un onere molto meno pesante per l'economia della perdita del potere d'acquisto dei lavoratori disoccupati. La depressione ispirò a John Maynard Keynes il suo importante saggio, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (1936), nel quale dimostrò che un'economia depressa sarebbe rimasta tale fino a che la spesa statale non l'avesse rivitalizzata, anche a costo di provocare grandi deficit di bilancio.

IL NAZISMO


Repubblica di Weimar Regime politico vigente in Germania dal 1919 fino all'avvento al potere di Adolf Hitler nel 1933. Prese nome dalla città di Weimar, in Turingia, dove si riunì l'Assemblea nazionale costituente incaricata di elaborare l'ordinamento costituzionale della Repubblica tedesca proclamata il 9 novembre 1918, dopo l'abdicazione dell'imperatore Guglielmo II. Insediata il 6 febbraio 1919, a poche settimane dal sanguinoso fallimento della rivolta spartachista di Berlino, l'Assemblea risentì delle profonde lacerazioni prodotte nel paese dalla guerra, sforzandosi di risolverle sul piano giuridico attraverso un complesso bilanciamento tra i diversi poteri dello stato e i diritti dei cittadini. Incendio del Reichstag a Berlino Nel febbraio del 1933, quando fu incendiato il Reichstag, il palazzo del parlamento tedesco, Adolf Hitler approfittò della situazione di emergenza per mettere fuori legge i partiti dell'opposizione.Hulton Deutsch Il risultato fu la Costituzione promulgata l'11 agosto, che faceva della Germania una Repubblica democratica federale, fondata su un delicato equilibrio di poteri non solo tra le camere del Parlamento, il Reichstag (l'assemblea dei deputati con funzioni legislative) e il Reichsrat (l'assemblea dei rappresentanti degli stati, con funzioni consultive e di controllo), ma anche tra questa e il capo dello stato, cui era riservata la facoltà di nominare il cancelliere (capo del governo) e di sciogliere il Parlamento. Primo presidente della neonata repubblica fu confermato il socialdemocratico Friederich Ebert, eletto dalla stessa Assemblea costituente come capo provvisorio dello stato fin dall'11 febbraio.


I PROBLEMI POSTBELLICI


Gli esordi della Repubblica di Weimar furono travagliati. Dalla fine della prima guerra mondiale la Germania si trovava a dover affrontare una serie di problemi di ordine economico, sociale e politico quasi insormontabili. Oltre che un'inflazione e un debito nazionale senza precedenti, sui tedeschi gravavano le dure condizioni di pace dettate dal trattato di Versailles (giugno 1919): in particolare, il completo disarmo del paese e le ingenti riparazioni di guerra richieste dagli Alleati. Incapace di far fronte ai pagamenti, la Germania dovette effettuare ripetute svalutazioni del marco che polverizzarono il valore della moneta tedesca e inasprirono ulteriormente la crisi finanziaria del paese. Questo parve sul punto del collasso quando nel gennaio del 1923, truppe franco-belghe occuparono la ricca regione industriale tedesca della Ruhr, in seguito al ritardato pagamento delle riparazioni.



IL CROLLO


Il principale beneficiario politico della crisi fu il Partito nazionalsocialista di Adolf Hitler.

I fragili equilibri appena raggiunti furono sconvolti dai contraccolpi della Grande Depressione economica mondiale del 1929, che produsse in Germania quasi sei milioni di disoccupati e radicalizzò la vita politica e sociale del paese. Nel 1930 Hindenburg nominò cancelliere l'esponente cattolico moderato Heinrich Brüning, che avviò una politica di drastici tagli alla spesa pubblica. Questa, mentre consentì di porre fine all'annosa questione delle riparazioni di guerra, inasprì la già grave crisi economica della Germania, creando, dopo le dimissioni di Brüning, nel 1932, una situazione politica fortemente instabile. Il principale beneficiario politico della crisi fu il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, guidato da Adolf Hitler, le cui posizioni ultranazionaliste e antisemite avevano raccolto il voto di protesta tanto dei gruppi d'ordine conservatori quanto dei ceti popolari colpiti dalla crisi, facendo dei nazisti sin dalle elezioni per il Reichstag del 1930 il secondo gruppo politico del paese. Incapace di formare governi di maggioranza, Hindenburg indisse nuove elezioni nel 1932, che decretarono la vittoria del Partito nazionalsocialista. Ciò aprì a Hitler la via al cancellierato, carica cui il capo nazista fu chiamato dallo stesso Hindenburg il 30 gennaio del 1933. Una volta al potere, Hitler abolì l'ufficio del presidente e si autoproclamò Führer del Terzo Reich, calando così il sipario sulla Repubblica di Weimar. Trattato di Versailles Trattato che al termine della prima guerra mondiale stabilì i termini di pace fra la Germania e gli Alleati; fu negoziato alla conferenza di pace apertasi a Parigi il 18 gennaio 1919, cui parteciparono i delegati delle 27 nazioni vincitrici e in cui ebbero un ruolo preminente i rappresentanti di Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Italia, mentre la Repubblica di Weimar (che aveva sostituito lo sconfitto Reich tedesco) rimase esclusa dalle trattative. La prima sezione del trattato finale conteneva anche il testo del patto costitutivo della Società delle Nazioni, prima istituzione internazionale finalizzata al mantenimento della pace, cui venne assegnata tra l'altro la responsabilità di rendere esecutivi i trattati seguiti al conflitto (trattati di Saint-Germain-en-Laye, di Neuilly-sur-Seine, del Trianon e di Sèvres). Conferenza di Parigi Dopo la sconfitta degli Imperi centrali, i rappresentanti delle potenze vincitrici si riunirono a Parigi, il 18 gennaio 1919, per stabilire le condizioni della pace. Alla conferenza parteciparono (da sinistra a destra nella foto) Lloyd George, primo ministro britannico, Vittorio Emanuele Orlando, presidente del Consiglio italiano, Georges Clemenceau, primo ministro francese, e Woodrow Wilson, presidente degli Stati Uniti. Dalla conferenza derivarono i trattati di pace firmati nel corso dei mesi seguenti con i diversi paesi della ex Triplice Alleanza. Il trattato di Versailles fu firmato dagli stati dell'Intesa e dalla Germania il 28 giugno 1919. Non venne ratificato dal Congresso degli Stati Uniti, che il 2 luglio 1921 firmarono a Berlino un trattato separato con la Germania.



ADOLF HITLER


Hitler, Adolf (Braunau am Inn, Austria 1889 - Berlino 1945), uomo politico tedesco di origine austriaca, Führer (guida) e cancelliere del regime nazista, fu l'artefice di uno dei più compiuti stati totalitari che la storia del XX secolo abbia conosciuto e dello sterminio pianificato di sei milioni di ebrei. Una volta assunto il potere nel 1933, attuò una politica di riscatto della nazione tedesca in nome dei valori nazionalistici, sfociata nella rimilitarizzazione della Germania e nella revisione degli equilibri europei, processi, questi, che finirono per trascinare l'intera Europa nella seconda guerra mondiale. Dopo aver fatto della xenofobia, dell'antisemitismo e dell'espansionismo del popolo ariano i fondamenti della sua propaganda e della sua politica, tentò di imporre un 'ordine nuovo' trasformando il Partito nazista nello strumento per abbattere il regime democratico in Germania e per dare una diffusione mondiale al movimento fascista.







L'ASCESA POLITICA


Figlio di un modesto funzionario delle dogane austriaco, fu uno studente mediocre e non portò mai a termine le scuole secondarie. Dopo aver tentato invano di essere ammesso all'Accademia di belle arti di Vienna, lavorò in questa città come decoratore e pittore, leggendo con voracità opere destinate ad alimentare le sue convinzioni antisemite e antidemocratiche, così come la sua ammirazione per l'individualismo e il disprezzo per le masse. Trasferitosi a Monaco, fu qui sorpreso dallo scoppio della prima guerra mondiale (1914) e si arruolò come volontario nell'esercito bavarese.



La fondazione del Partito nazista

Dopo la guerra tornò a Monaco e rimase nell'esercito fino al 1920; iscrittosi al Deutsche Arbeiterpartei (Partito tedesco dei lavoratori), di impronta nazionalista, ne divenne in breve il capo e, associandovi altri gruppi nazionalisti, lo rifondò con la denominazione di Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei (Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, abbreviato in Partito nazista), del quale fu eletto presidente con poteri dittatoriali; mentre diffondeva la sua ideologia incentrata sull'odio di razza e sul disprezzo per la democrazia, si legò ai gruppi squadristi paramilitari fondati dal maggiore Röhm, le SA (Sturmabteilungen, squadre d'assalto), avallandone le azioni di violenza contro uomini e sedi della sinistra socialdemocratica e comunista.


La conquista del potere

Scoppiata nel 1929 la Grande Depressione, che portò al tracollo del marco e alla crescita della disoccupazione, Hitler seppe sfruttare il malcontento popolare guadagnando consensi al Partito nazista e assicurandosi l'appoggio dei settori di destra dell'alta finanza, della grande industria e dell'esercito; con la promessa di creare una Germania forte, ricca e potente attirò milioni di elettori. La sua capacità oratoria infiammava le masse: nelle elezioni del 1930 i seggi dei nazisti al Reichstag (Parlamento) passarono dai dodici del 1928 a centosette; contemporaneamente rafforzò le strutture paramilitari del partito utilizzando le SA di Röhm e le SS, create da Himmler. Hitler riuscì ad accreditarsi come l'uomo forte, capace di far uscire il governo dall'immobilismo. Durante i due anni seguenti il partito continuò a crescere, traendo vantaggio dalla forte disoccupazione, dalla paura del comunismo, dalla risolutezza di Hitler e dalla debolezza dei suoi rivali politici. Hitler riuscì ad accreditarsi come l'uomo forte, capace di far uscire il governo dall'immobilismo e dalle secche dei contrasti tra Parlamento e presidenza della Repubblica. Con il sostegno dei vertici militari ottenne dal presidente Paul von Hindenburg l'incarico di cancelliere (30 gennaio 1933). Alla morte di Hindenburg (1934) riunì nella sua persona anche la carica di presidente, facendo ratificare questo atto con un plebiscito che gli attribuì il 90% dei consensi. A quel punto il suo progetto totalitario poté dispiegarsi senza ostacoli.



IL REGIME NAZISTA


Giunto al potere, Hitler si trasformò rapidamente in dittatore. Un Parlamento sottomesso gli concesse pieni poteri, così che egli fu in grado di asservire la burocrazia statale e il potere giudiziario alle esigenze del partito. I sindacati furono eliminati, migliaia di oppositori rinchiusi nei campi di concentramento e ogni minimo dissenso messo violentemente a tacere. L'organizzazione della polizia politica venne affidata a Himmler, il capo delle SS. Il 30 giugno 1934, nella 'notte dei lunghi coltelli', Hitler si liberò degli elementi più critici e radicali presenti nel suo stesso partito e nelle SA. In breve tempo l'economia, i mezzi di comunicazione e tutte le attività culturali passarono sotto l'autorità nazista attraverso il controllo della lealtà politica di ogni cittadino esercitato dalla Gestapo, la famigerata polizia segreta.


Il riarmo tedesco e la politica di espansione territoriale

Hitler si riservò come settore di sua esclusiva competenza la politica estera. Nel 1935 denunciò il trattato di Versailles del 1919, proclamando la sua ferma intenzione di riportare la Germania al rango di grande potenza militare e navale, e per cominciare, attraverso un plebiscito, riprese la regione della Saar, alla frontiera occidentale. Nel 1936 ritenne che i tempi fossero maturi per dare inizio alla sua politica d'espansione: inviò truppe nella Renania smilitarizzata, firmò con l'Italia fascista di Mussolini un'alleanza che prese il nome di Asse Roma-Berlino, e sottoscrisse con il Giappone il patto Anticomintern in funzione anticomunista e antisovietica. Nel 1938 decise di invadere e di annettere l'Austria (vedi Anschluss), senza trovare alcuna resistenza militare. All'incontro di Monaco (vedi Patto di Monaco) ottenne che fosse ratificato lo smembramento di una parte della Cecoslovacchia (vedi Questione dei Sudeti), premessa della sua dissoluzione, avvenuta nel marzo 1939. Da questi eventi scaturì la seconda guerra mondiale.


La guerra e il genocidio degli ebrei.

La guerra scoppiò nel settembre del 1939 con l'invasione della Polonia, che aveva stretto un'alleanza con l'Inghilterra. Nel 1940 l'esercito tedesco occupò Danimarca, Norvegia, Olanda, Belgio e Francia; nel giugno del 1941 ebbe inizio l'attacco all'Unione Sovietica. Nel luglio successivo, Hitler incaricò il capo delle SS Heydrich di elaborare e pianificare la 'soluzione finale della questione ebraica' che avrebbe portato al genocidio di sei milioni di ebrei. A dicembre l'andamento della guerra cambiò direzione: la controffensiva russa respinse l'esercito tedesco, infliggendo gravissime perdite alla Germania; Hitler rifiutò di autorizzare la ritirata. In quegli stessi giorni gli Stati Uniti entrarono in guerra. Davanti all'avanzata degli eserciti nemici sia sui fronti europei che su quelli africani, Hitler, sopravvissuto a vari complotti orditi da ufficiali tedeschi che volevano porre fine ai combattimenti e all'annientamento della Germania, e convinto fino all'ultimo che la disfatta fosse colpa degli ebrei e dello stato maggiore tedesco, si suicidò il 30 aprile 1945. Con lui, nel bunker di Berlino, si tolse la vita Eva Braun, che il Führer aveva sposato il giorno precedente.



DISARMO E RIPARAZIONI


Il trattato di Versailles impose alla Germania l'abolizione del servizio militare obbligatorio, la riduzione dell'esercito a 100.000 uomini, la smilitarizzazione dell'intera riva occidentale del Reno e per una fascia di 50 km di quella orientale, il divieto di produrre e commerciare armi, un limite massimo di 24 navi per la flotta militare, con nessun sottomarino, e di 15.000 marinai, nonché la rinuncia completa all'aviazione. Ritenuta responsabile dei danni inflitti alle potenze alleate, la Germania avrebbe dovuto farsi carico di gran parte delle riparazioni necessarie, contribuendo con pagamenti in moneta, natura, strumentazione, impianti e prodotti industriali; l'organizzazione del sistema dei pagamenti risultò estremamente difficoltosa, richiedendo la riunione di un'apposita conferenza a Losanna nel 1932.


IL PRIMO DOPOGUERRA


L'ascesa del movimento nazionalsocialista trasse forte impulso dallo scontento diffuso fra i tedeschi alla fine della prima guerra mondiale. Ritenuta la principale responsabile del conflitto, la Germania dovette infatti accettare le pesantissime condizioni del trattato di Versailles, a causa delle quali entrò in un periodo di depressione economica, segnato da un'inarrestabile inflazione e da una vasta disoccupazione. Hitler formulò un programma d'azione antidemocratico, imperniato sul nazionalismo e sull'antisemitismo. Finanziata dagli ambienti militari, la formazione politica guidata da Adolf Hitler nacque nel 1920 in un paese prostrato dalla guerra e attraversato da violenti conflitti politici e sociali (vedi Repubblica di Weimar). Parte dei militanti furono organizzati in una specie di braccio armato, le SA (Sturmabteilungen, 'sezioni d'assalto'), organizzato da Ernst Röhm; le SA avevano il compito di intimidire con la violenza gli avversari politici e i sindacalisti. Hitler formulò un programma d'azione antidemocratico, imperniato sul nazionalismo e sull'antisemitismo, e nel 1923 dotò il partito di un efficace strumento di propaganda, il quotidiano 'Völkischer Beobachter' (L'osservatore nazionale), e di un simbolo ufficiale, una croce uncinata nera, inscritta in un cerchio bianco su campo rosso: la svastica. Nello stesso anno intensificò la propaganda e le azioni dimostrative contro il Partito comunista tedesco, tentando infine un colpo di stato (il putsch di Monaco) per rovesciare il governo.



L'IDEOLOGIA NAZISTA


Il tentativo fallì e Hitler fu condannato a cinque anni di carcere. Durante la detenzione, che in realtà durò meno di un anno, scrisse la prima parte di Mein Kampf (La mia battaglia), l'opera in cui riassunse i capisaldi dell'ideologia nazista, tracciando il suo progetto di conquista dell'Europa. Le fonti intellettuali di Hitler erano alquanto eterogenee e il nazionalsocialismo si presentava così più come un conglomerato di idee dalle matrici più disparate che come un'ideologia organizzata e strutturata. In Mein Kampf le istanze nazionaliste e il progetto di una grande Germania che radunasse tutte le genti di lingua tedesca trovavano una teorizzazione che ben si inseriva nel clima causato dalla disfatta della guerra: Hitler propose infatti un piano di ampliamento del territorio nazionale, giustificandolo con la necessità di allargare il Lebensraum ('spazio vitale') per il popolo tedesco. Le altre nazioni dovevano sottomettersi alla razza ariana, in virtù della sua conclamata superiorità, destinata com'era a regnare sul mondo intero. Nemici degli ariani erano in primo luogo gli ebrei, responsabili del disastro economico e della diffusione delle ideologie marxiste e liberali.



IL NAZISMO AL POTERE


Una volta rilasciato, Hitler riorganizzò il partito, creò il corpo armato delle SS (Schutz-Staffeln, 'squadre di difesa'), diretto da Heinrich Himmler, e l'ufficio di propaganda, che fu affidato a Joseph Goebbels. Nel 1929, l'anno della grande crisi seguita al crollo di Wall Street, buona parte dei grandi imprenditori tedeschi cominciarono a guardare con favore a Hitler e al suo programma e ingenti somme di denaro presero ad affluire nelle casse del partito nazista. Appoggiato anche dalle classi medie, dai piccoli proprietari e dai disoccupati colpiti dalla grande depressione economica, il partito nazista conquistò la maggioranza relativa nelle elezioni del 1932.

Un anno dopo Hitler ottenne il cancellierato e, sfruttando con abilità l'episodio dell'incendio del Reichstag, fece in modo che il presidente della Repubblica decretasse lo stato di emergenza, affidandogli poteri straordinari. Alle successive elezioni politiche il Partito nazionalsocialista ottenne una schiacciante vittoria; a Hitler furono quindi assicurati i pieni poteri, che egli usò per assorbire le competenze del Parlamento ed eliminare con la violenza l'opposizione. Il Partito nazionalsocialista divenne l'unica organizzazione politica legale. Nel 1933, allo scopo di eliminare i dissidenti, venne istituita la Geheime Staatspolizei (Polizia segreta di stato), nota come Gestapo, svincolata da ogni controllo legale e soggetta solo al proprio comandante, Himmler.



IL NUOVO ORDINE


Soppressi gli avversari politici e i diritti costituzionali e civili, il regime affrontò la crisi occupazionale, pianificando una ristrutturazione industriale e agricola dell'intero paese, eludendo le restrizioni del trattato di Versailles, abolendo le cooperative e ponendo le organizzazioni sindacali sotto il controllo dello stato. Grazie al 'nuovo ordine' la Germania hitleriana uscì dalla crisi: le sorti dell'alta finanza e della grande industria nazionale furono risollevate e gradualmente fu assorbita la disoccupazione; ma questo fu dovuto anche al lavoro creato per la preparazione di una possente macchina da guerra, mentre veniva inaugurata una politica estera estremamente aggressiva e brutale. Fu rimilitarizzata la Renania, si formò l'Asse Roma-Berlino (1936) e l'Austria venne annessa con uno spregiudicato colpo di mano (1938; vedi Anschluss). Infine, l'invasione della Polonia (1° settembre 1939) fu la scintilla che fece scoppiare la seconda guerra mondiale. Nella prima fase del conflitto la Germania sembrò avere la meglio; Hitler e i suoi uomini diedero allora il via alla cosiddetta 'soluzione finale', organizzando la deportazione e l'eliminazione di milioni di ebrei, zingari, omosessuali, malati mentali, oppositori politici ecc.

IL NAZISMO DOPO LA SECONDA GUERRA MONDIALE


Al termine della guerra, un tribunale militare internazionale processò a Norimberga i capi nazisti sopravvissuti (vedi Processi per crimini di guerra), mentre gli Alleati organizzarono il cosiddetto 'processo di denazificazione' del paese. La nuova costituzione democratica sanciva la proibizione di ricostituire il Partito nazionalsocialista; tuttavia nel dopoguerra, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, il nazismo è tornato alla ribalta. In Germania, in altri paesi europei e negli stessi Stati Uniti sono nate piccole formazioni neonaziste che ancor oggi predicano l'odio razziale e l'antisemitismo, commettono violenze ai danni degli immigrati e organizzano azioni di terrorismo. Lo stesso attentato del 19 aprile 1995 a Oklahoma City sarebbe stato organizzato da gruppi paramilitari americani di ispirazione nazista.



IL PERIODO FASCISTA


La graduale evoluzione in senso democratico della società italiana iniziata verso la fine dell'800 e continua nei primi anni del '900 venne bruscamente interrotta dalla guerra mondiale e dall'avvento del fascismo, che all'inizio del XX sec. Provocarono prima una involuzione in senso autoritario dello Stato Italiano e poi l'instaurazione di una vera e propria dittatura. Nel primo dopoguerra le rivendicazioni dei ceti popolari e il diffuso timore della classe borghese di un'estensione anche all'Italia della rivoluzione bolscebica, che in Russia aveva portato alla caduta del regime zarista all'instaurazione della dittatura del proletariato, crearono forti conflitti sociali; a questa situazione si aggiunse il malcontento e lo spirito di frustrazione di una larga parte dell'opinione pubblica per i grandi sacrifici affrontati durante la guerra e per aver firmato una trattato di pace i quali l'Italia otteneva soltanto alcune limitate concessioni territoriali. In questo clima di tensione sociale e politica, Benito Mussolini che era stato direttore del quotidiano socialista "l'avanti" e un'esponente di punta del socialismo cosiddetto rivoluzionario, fondò nel 1919 il primo fascio italiano di combattimento in Piazza San Sepolcro a Milano. Gli anni successivi furono contrassegnati da una serie d'intimidazioni e d'aggressioni delle camicie nere nei confronti d'esponenti dei partiti politici di sinistra e di sindacalisti, con l'appoggio delle forze sociali più conservatrici. Il Re Vittorio Emanuele III affidò l'incarico di formare un nuovo governo a Mussolini in seguito alla prova di forza rappresentata dalla cosiddetta "marcia su Roma" del 29 ottobre 1922. Mussolini formò un governo di coalizione (tra cui liberali, cattolici, conservatori). La nomina di Mussolini come capo di governo rifletteva l'aspirazione da parte della monarchia e d'ampi strati dell'opinione pubblica di un uomo forte che avrebbe riportato l'ordine nella società e avrebbe arginato le rivendicazioni delle masse popolari; una volta al potere però Mussolini instaurò gradualmente una vera e propria dittatura personale. Nel 1923 furono legalizzate le camicie nere fasciste con l'istituzione della milizia armata per la sicurezza nazionale e fu approvata una nuova legge elettorale per la camera dei deputati. Nelle elezioni che svolsero l'anno successivo il "listone" formato dai fascisti e da vecchi rappresentanti dl regime liberale oltre ad alcuni cattolici di destra, ottenne grazie al nuovo meccanismo elettorale, la maggioranza assoluta della camera elettiva (374 seggi su 753). Il 31 gennaio 1925 Mussolini tenne un discorso davanti al parlamento assumendosi la responsabilità del grave atto politico rappresentato dal rapimento e uccisione del deputato Matteotti e annunciando, di fatto, la fine delle libertà civili e politiche. Nello stesso anno approfittando del fatto che l'opposizione democratica e antifascista aveva abbandonato per protesta il parlamento, furono approvate alcune leggi fascistissime. Le principali innovazioni riguardavano:

L'introduzione del primo ministro e la soppressione dell'istituto della fiducia parlamentare;

L'ampliamento del potere di decretazione e del ruolo politico del governo, con una sostanziale espropriazione del potere legislativo del parlamento al quale, di fatto, rimase la pura e semplice rettifica di provvedimenti normativi del governo;

L'istituzione del tribunale speciale per la difesa dello stato, un organo giudiziario strettamente dipendente dal regime e incaricato di reprimere qualsiasi forma d'opposizione interna, che giudicava i reati politici contro lo Stato e nei casi più gravi poteva applicare la pena di morte;

La creazione dell'ordinamento corporativo, basato sull'iscrizione obbligatoria dei lavoratori e dei datori di lavoro ai sindacati di diritto pubblico, inoltre fu oppressa la libertà sindacale, con lo scioglimento dei liberi sindacati, furono introdotti il divieto di sciopero e di manifestazione.

Nel 1928 fu creato il Gran Consiglio del Fascismo, che era considerato organo consultivo del governo; in particolare il GC doveva formulare pareri su questioni aventi caratteri costituzionali, ivi comprese le leggi, redigere le liste dei candidati per le elezioni politiche , presentare al sovrano le candidature per la massima del capo del governo ed esprimere pareri sulle questioni dinastiche. Nel 1928 furono anche soppresse le libertà politiche, con lo scioglimento di tutti i partiti; il partito nazionale fascista si trasformò in un partito unico e l'iscrizione al partito diventò obbligatoria per potere accedere agli impieghi pubblici e per poter esercitare una libera professione; il controllo assoluto del fascismo sui poteri dello stato si completò nel 1939 con l'abolizione della camera dei deputati che almeno formalmente era rimasto ancora un organo elettivo, e la sua sostituzione con la camera dei fasci e delle corporazioni formate dai rappresentanti delle diverse categorie produttive e professionali che era nominata dal partito fascista ed era sottoposta alle direttive governative; in questo modo il fascismo si garantì la presenza di un'assemblea legislativa fedele al regime ed eliminò qualsiasi forma d'opposizione politica all'interno delle istituzioni pubbliche. Anche i tradizionali organi elettivi degli enti locali furono soppressi e sostituiti con organi nominati dall'alto: la figura del podestà nominata dal governo prese il posto del sindaco. Durante il regime fascista anche le libertà civili e diritti fondamentali dei cittadini furono limitati per reprimere sul nascere qualsiasi espressione di dissenso politico come la censura preventiva, restrizioni di libertà d'associazione di riunione vennero a meno; furono rafforzati i poteri di controllo e di repressione della polizia, nel 1938 furono emanate le cosiddette leggi razziali con le quali il governo fascista ordinò il censimento degli ebrei italiani, facilitando in questo modo la loro persecuzione e la loro eliminazione di massa da parte dei tedeschi, e produsse una serie di misure discriminatorie: divieto di matrimoni misti, esclusione dai pubblici uffici, il divieto di svolgere alcune libere professioni.



LA CADUTA DEL FASCISMO


Nel 1939 la politica nazionalistica ed espansionistica del nazismo provocò lo scoppio della seconda guerra mondiale e il 10 giugno 1940 Mussolini dichiarò che l'Italia entrava in guerra al fianco della Germania. Negli anni successivi lo scenario militare cambiò radicalmente a favore delle cosiddette potenze alleate, che si opponevano alle barbarie del nazismo. Nella notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943 al termine della lunga e drammatica seduta il Gran Consiglio del Fascismo approvò la maggioranza un ordine del giorno con il quale Mussolini fu invitato a dimettersi dal governo, e chiese al Re di riassumere il comando delle forze armate e di riprendere l'esercizio delle sue prerogative costituzionali. Il Re fece arrestare subito Mussolini (che nel frattempo fuggì a Salò) e nominò come capo del governo il maresciallo Badoglio e oltre a sciogliere le organizzazioni fasciste e promettere libere elezioni alla fine del conflitto. Nel 8 settembre 1943 fu annunciata la firma dell'armistizio separato dall'Italia con gli ex nemici e il Re Vittorio Emanuele III si rifugiò sotto la protezione dell' esercito anglo-americano a Brindisi. In poco tempo approfittando del fatto che l'esercito italiano era stato abbandonato a se stesso le truppe tedesche, occuparono il territorio nazionale della alpi fino alla Campania. Lo Stato Italiano era diviso in due parti: da una parte l'Italia meridionale e il regno d'Italia del sud, nell'Italia centro-settentrionale di Salò. La formazione di un nuovo governo di unità nazionale, in sostituzione del governo tecnico di Badoglio; il ritiro da parte del Re dal momento della liberazione di Roma, e il rinvio alla fine della guerra della questione della scelta tra monarchia e repubblica, questi erano i punti che il patto di Salerno (concluso fra i comitati di liberazione nazionale ed il Re) il 4 giugno 1944 le truppe alleate di Vittorio Emanuele III affidò al luogo tenente del regno al figlio Umberto il 25 aprile 1945 terminò la guerra di liberazione dell'Italia settentrionale dalle truppe tedesche. Il 16 maggio 1946 un decreto del governo stabilì che la scelta tra monarchia e repubblica sarebbe stata effettuata direttamente dai cittadini attraverso un referendum costituzionale. Il 9 giugno 1946 il Re Vittorio Emanuele III abdicò in favore del figlio Umberto. Il 2 giugno 1946 si svolsero a suffragio universale il referendum costituzionale, e l'elezione dell'assemblea a seguito del risultato il Re Umberto II fu mandato in esilio.

LA TEORIA KEYNESIANA


KEYNES


Economia keynesiana Approccio alla politica economica basato sul pensiero dell'economista inglese John Maynard Keynes. La sua opera più importante, la Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (1936), fu pubblicata in un periodo di recessione profonda, apparentemente senza fine: negli anni Venti, il tasso di disoccupazione nel Regno Unito aveva registrato una media pari all'11% e nella prima metà degli anni Trenta raggiunse mediamente quasi il 20%. Al contrario della teoria economica classica, Keynes sosteneva che l'andamento dell'economia dipende dalle differenti politiche governative che vengono attuate in ogni singolo paese.



TEORIA ECONOMICA CLASSICA


Secondo la teoria economica classica la piena occupazione rappresenta la condizione di equilibrio verso cui l'intera economia tende in maniera naturale. I cambiamenti tecnologici o quelli che si verificano nelle preferenze dei consumatori, così come l'apertura di nuovi mercati interni o esteri, possono comportare la perdita di posti di lavoro in alcune industrie, ma contemporaneamente determinano la creazione di nuove opportunità in altri ambiti del sistema economico. Inoltre, la disoccupazione ha carattere provvisorio, in quanto viene rapidamente eliminata dall'azione delle forze di mercato, e in particolare dalla flessibilità dei salari. Secondo questa teoria la disoccupazione cronica è 'volontaria': ciò significa che gli individui non hanno lavoro perché pretendono salari eccessivi, mentre sarebbero perfettamente in grado di trovare un'occupazione se decidessero di accettare una retribuzione inferiore.



TEORIA DI KEYNES


Franco Modigliani Uno dei più prestigiosi economisti a livello internazionale, Franco Modigliani dal 1962 insegna economia e finanza al MIT di Boston. Sostenitore delle teorie keynesiane, ne ha rivendicato la validità alla luce delle recessioni economiche che si sono prodotte nell'ultimo ventennio del XX secolo. Ha elaborato alcune teorie in materia di scienza economica e finanziaria per le quali è stato insignito nel 1985 del premio Nobel.Marco Lanni/Farabolafoto 

La differenza fondamentale tra il modello keynesiano e quello classico consiste nel fatto che Keynes sosteneva l'inflessibilità di salari e prezzi. In altri termini, il sistema economico non tende automaticamente verso una situazione di piena occupazione, e, dunque, per combattere la recessione non si può fare affidamento sulle forze di mercato. Non esistono forze in grado di interrompere una fase negativa del ciclo economico senza l'intervento dello stato. Supponiamo, ad esempio, che inizialmente vi sia piena occupazione e che, per qualche ragione, gli imprenditori decidano di ridurre i propri investimenti in macchinari: questa scelta provocherà un aumento del numero di disoccupati nel settore che produce macchinari, e questi disoccupati saranno costretti a contrarre i propri consumi, determinando a loro volta una riduzione dei posti di lavoro nel settore dei beni di consumo; questo effetto di 'moltiplicatore' determina un calo del livello di occupazione, reddito e prodotto dell'economia. Secondo Keynes non esistono forze in grado di interrompere questa fase negativa del ciclo economico in maniera autonoma, ossia senza l'intervento dello stato. I tagli salariali non servono giacché, sebbene riducano i costi per le aziende, riducono anche ciò che i lavoratori possono acquistare, cosicché le vendite non potranno aumentare. Un elevato livello di disoccupazione, dunque, viene provocato da una forte contrazione della domanda (ossia, della spesa) aggregata. Soltanto l'intervento governativo è in grado di ricondurre l'economia al livello di piena occupazione, attraverso la riduzione dell'imposizione fiscale o l'aumento della spesa pubblica (anche se questo provocherà un deficit nel bilancio pubblico per un certo periodo di tempo). In breve, il governo ha la responsabilità di stimolare la domanda aggregata nella misura in cui questo intervento si renda necessario per creare e mantenere la piena occupazione, senza d'altra parte generare una spirale inflazionistica.



POLITICHE KEYNESIANE


Il governo cerca di valutare l'andamento della domanda aggregata previsto nell'arco temporale di un paio d'anni; di fronte a un livello molto basso della stessa (come nel Regno Unito nel 1952, 1958 e 1971), il governo determina un incremento della spesa pubblica oppure una riduzione dell'imposizione fiscale o dei tassi di interesse; viceversa se la domanda aggregata risulta essere troppo elevata (come nel 1941, 1955, e nel 1973) il governo farà il contrario. In passato gli effetti prodotti sul bilancio pubblico erano considerati di secondaria importanza, mentre l'obiettivo principale era quello di stimolare la crescita della domanda aggregata in modo da mantenerla allineata alla capacità produttiva dell'economia. Politiche di questo tipo furono realizzate dalla maggior parte dei paesi industrializzati: ad esempio, il presidente statunitense John F. Kennedy, riferendosi al modello keynesiano, adottò scelte di politica economica che aiutarono il suo paese a uscire dalla recessione dei primi anni Sessanta.


INFLAZIONE E MONETARISMO


A partire dagli inizi degli anni Settanta, la teoria keynesiana venne attaccata da una nuova dottrina economica: il monetarismo. Nella maggior parte dei paesi sviluppati il quarto di secolo successivo alla seconda guerra mondiale era stato caratterizzato, da un lato, da piena occupazione e dal miglioramento del tenore di vita, e, dall'altro, da un considerevole livello di inflazione. Gli economisti ispirati al modello keynesiano avevano riconosciuto da tempo la difficoltà di mantenere stabile il livello dei prezzi in una situazione di piena occupazione se i sindacati possono chiedere, e le imprese concedere, qualsiasi aumento salariale. Tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni Settanta furono attuate un po' in tutti i paesi più sviluppati diverse politiche dei redditi destinate a ridurre la dimensione degli incrementi di salari e prezzi. Queste politiche finirono col rivelarsi comunque insufficienti e a partire dalla fine degli anni Sessanta iniziarono a registrarsi allarmanti accelerazioni del tasso d'inflazione. Secondo i monetaristi, l'accelerazione dell'inflazione viene provocata dalle politiche keynesiane che cercano di mantenere il tasso di disoccupazione a un livello eccessivamente basso, addirittura inferiore a quello 'naturale' in corrispondenza del quale il sistema economico tende a stabilizzarsi. L'unico strumento efficace per ridurre la disoccupazione consiste, dunque, nell'adozione di politiche dal lato dell'offerta che mirano a ridurre il tasso naturale di disoccupazione. A partire dalla fine degli anni Settanta la dottrina monetarista prese il posto di quella keynesiana, anche se la gravità delle recessioni economiche verificatesi in tutto il mondo tra i primi anni Ottanta e l'inizio di quelli Novanta dimostra la validità di fondo del pensiero di Keynes.




POLITICA ECONOMICA


Politica economica Insieme di misure adottate dai poteri pubblici al fine di regolare l'andamento dell'economia di un paese. Le misure riguardanti l'economia nel suo complesso fanno parte della macroeconomia, mentre quelle che agiscono in ambiti specifici, ad esempio in agricoltura, rappresentano elementi di microeconomia.



OBIETTIVI DELLA POLITICA ECONOMICA


Le politiche macroeconomiche sono talmente varie e numerose da rendere impossibile una trattazione succinta: possono interessare un settore produttivo oppure ambiti più ampi. Possono riguardare, ad esempio, la nazionalizzazione o la privatizzazione di un settore, il mercato del lavoro, la produzione e la vendita di certi prodotti come ad esempio la benzina o l'energia elettrica, le transazioni finanziarie di vario genere. Alcune di queste misure di intervento hanno lo scopo di regolamentare certe attività, mentre altre svolgono funzioni di stimolo. Nel loro complesso, le politiche microeconomiche rappresentano il quadro legislativo all'interno del quale operano le forze di mercato e senza il quale la concorrenza non potrebbe più essere equa né socialmente vantaggiosa. Gli obiettivi della politica macroeconomica variano a seconda del sistema economico e del quadro giuridico e istituzionale di un paese. Sull'ampiezza che dovrebbe assumere l'intervento dello stato nell'economia, esistono notevoli divergenze fra gli economisti: alcuni hanno fiducia nel funzionamento del mercato e sottolineano le inefficienze generate dall'intervento dello stato. Altri, invece, ritengono che la politica economica rappresenti uno strumento in grado di attenuare le fluttuazioni dell'attività economica, di ridurre la disoccupazione, di promuovere la crescita economica, di limitare i poteri di monopolio delle imprese, di attuare una più equa distribuzione del reddito.



MISURE DI POLITICA ECONOMICA


Gli interventi di politica economica possono produrre effetti negativi se non sono basati su un'analisi corretta delle forze economiche in campo. Ad esempio, una efficace politica occupazionale deve poggiare su una visione d'insieme delle cause della disoccupazione, così come le misure volte a ridurre l'inflazione devono tener conto dei fattori che la provocano. Particolarmente importanti risultano essere le politiche dal lato della domanda, che, agendo sul livello del potere d'acquisto, cercano di regolare la pressione sulle risorse di un paese. Si tratta generalmente di interventi di politica monetaria e di politica fiscale. Le misure di politica monetaria possono determinare rialzi o ribassi dei tassi di interesse, spingendo le banche a limitare la concessione di prestiti nel primo caso o a praticare tassi più vantaggiosi nel secondo. Con la politica fiscale, lo stato può variare il livello della tassazione oppure modificare il sistema fiscale cercando di incoraggiare o scoraggiare i consumi o gli investimenti. Sempre nel tentativo di agire sulla domanda aggregata, lo stato può modificare il livello della spesa pubblica oppure intervenire direttamente attraverso il razionamento dei beni o l'imposizione di limiti al consumo. Lo stato può regolamentare l'attività produttiva anche attraverso l'emanazione di leggi, tra cui quelle relative al rapporto di lavoro e agli accordi tra imprese. In tempo di guerra, o in un'economia pianificata, l'intervento dello stato assume dimensioni maggiori: le misure di politica economica sono tese alla programmazione centralizzata delle attività economiche e limitano la libertà individuale di produttori e consumatori di esprimere le proprie preferenze sul mercato dei beni e dei servizi. A partire dalla metà degli anni Settanta, le misure di politica macroeconomica si sono modificate in maniera radicale di fronte a una crescente riluttanza nel conferire allo stato ampi poteri e a un maggiore scetticismo circa la capacità dello stesso di gestire l'economia in maniera efficiente. Maggiore enfasi viene invece posta sulle politiche dal lato dell'offerta, che sono finalizzate allo sviluppo di una maggiore concorrenza, all'erogazione di incentivi alle imprese, all'attrazione di capitali stranieri e, soprattutto, al miglioramento del livello di istruzione e di qualifica professionale della forza lavoro.



ANALISI DEI CICLI ECONOMICI


Dopo la guerra Keynes insegnò a Cambridge, Oxford e Berlino. Ne 1921 pubblicò il Trattato della probabilità, che riprendeva le ricerche iniziate durante la compilazione della sua tesi, dedicate alla teoria matematica della probabilità. Nel 1930 pubblicò il Trattato della moneta, in cui cercò di spiegare il comportamento irregolare dei sistemi economici, con i loro frequenti cicli di espansione e depressione. Come altre ricerche sul tema, il Trattato della moneta non riuscì però a spiegare il problema della depressione prolungata; tale fenomeno non si conformava alla teoria, allora generalmente accettata, secondo cui esiste un meccanismo autocorrettivo interno alle recessioni; si riteneva infatti che durante le recessioni si accumulassero dei risparmi, e che questi provocassero il calo dei tassi d'interesse, incoraggiando in tal modo gli investimenti e avviando la ripresa dell'economia.





RUOLO DELL'INTERVENTO PUBBLICO


Il problema della depressione prolungata fu affrontato da Keynes in Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (1936). Quest'opera, che fornì un sostegno teorico a programmi di risanamento già avviati sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti dal presidente Franklin Delano Roosevelt, dimostrò che non esisteva un meccanismo di autocorrezione in grado di risollevare dalla depressione un sistema economico; Keynes affermò inoltre che i risparmi inutilizzati prolungano la stagnazione economica e che l'investimento delle imprese può essere stimolato da nuove invenzioni, nuovi mercati e altri fattori indipendenti dal tasso di interesse sui risparmi. Dato che l'investimento delle imprese doveva necessariamente fluttuare, non vi si poteva tuttavia fare affidamento per mantenere un alto livello di occupazione e uno stabile flusso di reddito nell'economia: Keynes sostenne allora che durante le recessioni tocca alla spesa pubblica compensare l'insufficienza degli investimenti. Dopo l'ingresso della Gran Bretagna nella seconda guerra mondiale, Keynes pubblicò Come finanziare la guerra (1940), in cui sostenne che una parte di ogni salario dovrebbe essere automaticamente investita in obbligazioni pubbliche. Nel 1944 guidò la delegazione britannica alla Conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni Unite, da cui scaturirono gli accordi di Bretton Woods.

Le teorie di Keynes hanno influenzato profondamente le politiche economiche di molti governi sin dalla seconda guerra mondiale, dando origine alla scuola keynesiana di economia

LA BORSA

IL MERCATO MOBILIARE E LA CRISI DEL 1929



BORSA VALORI


Borsa valori Mercato per la vendita e l'acquisto di titoli di società e di amministrazioni pubbliche (quali i comuni) e, in alcuni casi, di certificati rappresentativi di merci. Borsa valori, Milano Dal 1991, con l'approvazione del regolamento per il sistema telematico di contrattazione, le Borse valori italiane, originariamente dieci (con sedi a Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia), sono state soppresse. La contrattazione telematica è ora gestita da un'unica Borsa valori, quella di Milano. In origine le borse valori erano aperte a chiunque volesse comprare o vendere; ben presto ci si rese però conto che, per rendere eseguibili le contrattazioni, era necessaria un'organizzazione formale e, di conseguenza, l'accesso e l'appartenenza alla borsa, nonché le sue attività, vennero regolate con apposite norme. In Italia, le borse valori sono soggette a controllo pubblico attraverso la Commissione nazionale società e borsa (CONSOB) e il Consiglio di borsa, nominato con decreto dal ministero del Tesoro.




LE BORSE VALORI NEL MONDO


La borsa valori gioca un ruolo fondamentale nell'economia capitalistica. All'atto dell'emissione i titoli (generalmente titoli del debito pubblico, obbligazioni di enti pubblici e società private, azioni di società) vengono venduti da banche e consorzi di collocamento; successivamente però sono le borse che forniscono i mercati, detti secondari, nei quali gli investitori iniziali possono vendere i propri titoli quando lo ritengono opportuno; la presenza delle borse incoraggia quindi l'investimento del pubblico nelle aziende quotate. Le principali borse valori del mondo sono quelle di New York, di Londra e di Tokyo. Altra importante 'borsa', molto meno regolamentata, è il sistema denominato 'Associazione nazionale degli operatori in titoli per quotazioni automatizzate' (NASDAQ): si tratta di un mercato computerizzato che collega gli operatori di tutti gli Stati Uniti e, in qualche misura, d'Europa. Il NASDAQ è il secondo mercato borsistico degli Stati Uniti per dimensioni e ritmo di crescita e facilita gli scambi che hanno luogo al di fuori delle borse ufficiali, opportunità particolarmente interessante per le imprese minori. L'esempio del NASDAQ evidenzia una generale tendenza all'aumento della concorrenza e all'utilizzo di sistemi di scambio computerizzati in sostituzione della tradizionale 'sala delle grida' della borsa valori, dove si incontrano operatori e mediatori. La borsa valori di Londra è stata interamente computerizzata durante la riorganizzazione del 1987 e consente agli operatori di vedere istantaneamente tutti i prezzi su di uno schermo. Dal 1994 anche presso la borsa valori di Milano tutte le contrattazioni avvengono attraverso un circuito telematico. Al contrario, la borsa valori di New York mantiene le sue sale di contrattazione. La concorrenza alle borse valori tradizionali si è intensificata anche per la comparsa dei nuovi sistemi di scambio computerizzati, che talvolta rendono possibile ridurre i costi di transazione ed evitare alcune delle inevitabili regole imposte dalle borse valori convenzionali. Esiste poi una forte concorrenza tra le borse valori di differenti paesi: è possibile, ad esempio, comprare e vendere azioni francesi sul mercato di Londra utilizzando il suo 'Sistema internazionale di quotazioni di borsa automatizzate' (SEAQ internazionale). Il SEAQ internazionale è riuscito a sottrarre importanti quote di mercato alle borse valori di molti paesi, con la conseguenza che per certi paesi il grosso degli scambi mobiliari ha luogo a Londra anziché presso le proprie borse valori.



ORGANIZZAZIONE DEGLI SCAMBI


Con l'intensificarsi della concorrenza tra borse valori, il loro sistema si è diviso in due grandi categorie. Nella prima, gli operatori quotano continuamente i prezzi ai quali sono disposti a comprare e vendere ciascun titolo; gli investitori possono vedere questi prezzi e le regole di borsa specificano che tutti gli scambi devono avvenire 'al meglio' per l'investitore (cioè al prezzo più alto se si vende, a quello più basso se si compra). Tutti i prezzi sono visibili sul quadro computerizzato e gli operatori sono obbligati a procedere agli scambi ai prezzi che hanno quotato fino a un certo volume (e cioè fino alla 'normale dimensione del mercato'): per gli scambi oltre tale dimensione, i prezzi quotati dagli operatori sono solo indicativi e sarà la negoziazione a stabilire il prezzo definitivo. I vantaggi di questo sistema sono l'immediata esecuzione degli ordini e la certezza del prezzo in qualsiasi momento. Il secondo tipo di organizzazione degli scambi è il sistema dell'asta, con il quale si raccolgono e si combinano fra loro, continuamente o in dati momenti della giornata borsistica, tutti gli ordini di acquisto e vendita degli investitori, per pervenire a un prezzo che equilibri domanda e offerta. Con questo sistema funziona, ad esempio, la borsa valori di Parigi.



SVILUPPI


Le borse valori nel mondo si stanno sviluppando rapidamente e devono affrontare la concorrenza di nuovi operatori dotati di tecnologie evolute; sembra quindi verosimile che prevarrà la tendenza alla crescente concentrazione degli scambi in pochi centri guida, con la progressiva perdita d'importanza delle borse valori nazionali di alcuni paesi. In Europa, ad esempio, si sono verificati tentativi di sviluppare una borsa valori paneuropea, sebbene per alcuni versi questa esista già nella forma del SEAQ internazionale. Ciascuna nazione sembra tuttavia restia ad abbandonare la propria borsa valori anche se, data l'attuale elevata liberalizzazione dei mercati finanziari e il continuo sviluppo della tecnologia informatica, nulla impedisce agli investitori individuali di usare il sistema di borsa valori che ritengono più economico o più efficiente.



TITOLI DI CREDITO


Titoli di credito Documento (assegno, cambiale, titoli obbligazionari, buoni del tesoro ecc.) che attribuisce a chi lo possiede legittimamente il diritto di richiedere al debitore la prestazione o il pagamento in esso indicato. Secondo il principio per cui 'il possesso vale titolo', il diritto a ricevere la prestazione o il pagamento è incorporato nel documento, cioè è strettamente legato al possesso legittimo ed effettivo del titolo ed è indipendente dal motivo per cui il titolo è stato emesso. Esistono diversi tipi di titoli: i titoli 'al portatore', per il cui adempimento basta presentare il titolo al debitore, come i biglietti di banca, gli assegni bancari al portatore, e molti titoli di debito pubblico, ad esempio i Buoni ordinari del Tesoro (BOT); i titoli 'all'ordine', che hanno scritto il nome del titolare del diritto (ad esempio il nome del beneficiario di un assegno) e che devono essere da questi firmati per poter essere pagati, o anche, salvo diversa indicazione espressa dalla scritta 'non trasferibile', girati, cioè trasferiti, a un altro soggetto, il giratario; i titoli 'nominativi', che riportano il nome della persona a cui sono intestati sia sul titolo stesso sia nei registri dell'ente che ha emesso il titolo (ad esempio una società per azioni, o un ente pubblico o lo Stato) e che sono trasferibili a un nuovo soggetto soltanto dopo l'annotazione del nome del nuovo proprietario sia sul titolo sia sul registro di chi lo ha emesso, a cura di un notaio o di un agente di cambio.



LE OBBLIGAZIONI


Obbligazione (economia) Strumento legale o creditizio che promette di erogare una somma di denaro in una data certa a determinate condizioni. In campo finanziario le obbligazioni sono strumenti scritti in forza dei quali l'emittente è obbligato a pagare gli interessi e rimborsare il capitale alle date prestabilite. Queste obbligazioni vengono emesse da società e organismi governativi e sono venduti agli investitori generalmente tramite banche o mediatori; i proventi della vendita sono trasferiti all'ente emittente. L'investitore può conservare l'obbligazione per percepire gli interessi o venderla. Le obbligazioni che vengono emesse da una società privata sono generalmente garantite da un'ipoteca sulla proprietà della società o da altre protezioni sostanziali. A differenza delle azioni, che sono in sostanza una forma di proprietà, le obbligazioni sono dunque una sorta di prestito.

AZIONI


Azioni In diritto societario, frazioni del capitale sociale di alcuni tipi di società. Le società decidono di emettere azioni quando intendono recuperare la disponibilità di capitale d'esercizio senza dover accendere un mutuo. Le azioni vengono solitamente quotate in termini proporzionali rispetto al capitale totale, detto anche patrimonio sociale e generano un rendimento che può variare. Tuttavia, le azioni, a differenza delle obbligazioni, non rappresentano un diritto di credito nei confronti della società, ma una partecipazione al capitale sociale. Questo significa che gli acquirenti diventano azionisti e che hanno diritto ai dividendi derivanti dagli utili societari e a una quota sul valore di liquidazione (cioè quanto viene ripartito tra gli azionisti nell'ipotesi di scioglimento della società, una volta pagati tutti i creditori, ivi compresi gli obbligazionisti). Le azioni vengono quotate in borsa e possono essere nominative o al portatore: mentre queste ultime si trasferiscono con la semplice consegna del titolo azionario, le prime necessitano della cosiddetta girata apposta sul titolo azionario e dell'annotazione del nome dell'acquirente sul libro dei soci tenuto dalla società.



DIVIDENDO


Dividendo In finanza aziendale è un fondo prelevato dai profitti e distribuito agli azionisti; il termine indica anche la quota del fondo percepita da un azionista. Di solito i dividendi sono dichiarati trimestralmente, semestralmente o annualmente dalla società. La delibera del consiglio di amministrazione in merito ai dividendi in genere è vincolante per gli azionisti e può essere impugnata giudizialmente soltanto ove sia arbitraria o pretestuosa. I dividendi sono distribuiti su basi proporzionali; la quota del dividendo totale percepita dal singolo azionista è uguale alla sua quota di azioni. Di regola, i possessori di azioni privilegiate hanno diritto a riscuotere i dividendi con precedenza rispetto ai possessori di azioni ordinarie e, se il titolo lo prevede, possono venire pagati a scadenze periodiche fisse. I dividendi di azioni privilegiate possono essere cumulativi e non cumulativi. Sono cumulativi quelli che, se non vengono pagati per uno o più esercizi, si accumulano e dovranno venire corrisposti in futuro, prima che siano distribuiti dividendi alle azioni ordinarie. I dividendi non cumulativi sono quelli che se omessi non vengono più corrisposti. I dividendi possono venire distribuiti anche sotto forma di quote azionarie addizionali o tramutarsi in diritto ad acquistare azioni a una somma fissa per quota: tali dividendi vengono chiamati dividendi e diritti d'opzione azionari



ATTIVITÀ BANCARIA


Banca Impresa che svolge l'attività bancaria, cioè raccoglie il risparmio (attraverso il deposito di fondi, da parte di singoli cittadini o di imprese, per periodi determinati o indeterminati) ed esercita il credito (attraverso il prestito di fondi a singole persone o imprese per un periodo di tempo solitamente determinato).

Da un punto di vista economico l'attività bancaria genera profitto tramite la differenza fra i tassi di interesse sui prestiti e i tassi di interesse sui depositi, ovvero, utilizzando i termini presenti nella contabilità delle banche, tra tassi sulle attività o attivi e tassi sulle passività o passivi: questa differenza è infatti sempre positiva. L'attività bancaria è di fondamentale importanza per il funzionamento di un'economia moderna, ed è questa la ragione per cui in ogni economia sviluppata le banche sono sottoposte alla stretta vigilanza delle banche centrali. L'insieme delle banche operanti in un determinato paese sotto il controllo della banca centrale costituisce il sistema bancario.



LA MODERNA ATTIVITÀ BANCARIA


A partire dal XVIII secolo, l'attività bancaria basa il suo funzionamento su due presupposti. Innanzitutto, l'ammontare dei debiti di una banca supera di gran lunga le sue riserve; questo vuol dire che nessuna banca sarebbe in grado di far fronte a una simultanea richiesta di estinzione di tutti i depositi. Questa possibilità, in linea di massima solo teorica, si è però verificata in occasione di gravi crisi economiche, come quella del 1929 . In secondo luogo, i debiti delle banche sono più liquidi, cioè più rapidamente convertibili in contanti, dei suoi crediti; questo vuol dire che una banca, se da una parte può facilmente soddisfare una richiesta di ritiro del deposito, onorando il suo debito, non sempre riesce a recuperare in breve tempo il credito concesso.

Queste due caratteristiche costituiscono insieme il rischio tipico dell'attività bancaria, per cui è necessario tenere sotto continuo controllo, principalmente tramite le banche centrali, gli equilibri finanziari delle banche. Questa esigenza di vigilanza si è acuita durante gli ultimi decenni del XX secolo, caratterizzati dalla globalizzazione e dall'incremento delle possibilità di profitto ma anche dei rischi dell'attività bancaria.

L'organizzazione dell'attività bancaria è stata oggetto di un'evoluzione nel corso del tempo. Fino alla seconda metà del XX secolo, infatti, esisteva, specie nei paesi dell'Europa continentale, una distinzione piuttosto netta tra banche di deposito e banche di deposito e credito. Una banca moderna è invece normalmente in grado, sia da un punto di vista economico sia da un punto di vista giuridico, di svolgere entrambe le funzioni, anche se in alcuni sistemi bancari c'è una differenza tra banche che esercitano il credito solo nel breve periodo (dette banche commerciali) e quelle che lo esercitano nel periodo medio-lungo ovvero solo nei confronti di imprese e non di singoli cittadini (dette merchant banks). Le principali banche mondiali, oltre a raccogliere il risparmio e a esercitare il credito, offrono una vasta gamma di servizi per la gestione e l'investimento dei fondi.



LA RACCOLTA DEL RISPARMIO


Una moderna banca utilizza diversi strumenti per la raccolta dei risparmi. Uno dei più diffusi è il libretto di risparmio, sul quale vengono annotate le somme versate; il libretto può essere "nominativo", cioè intestato a una persona fisica che è la sola autorizzata a compiere le operazioni di deposito o di prelievo, o "al portatore". Numerose banche offrono la possibilità di acquistare certificati di deposito a scadenza differenziata. Si tratta di veri e propri titoli di credito emessi dalle banche, che danno al risparmiatore il diritto di riottenere a scadenza breve, tra i tre e i diciotto mesi, o medio-lunga, tra i diciotto e i ventiquattro mesi, la somma versata maggiorata di un interesse. Si sono diffuse nel corso degli ultimi decenni del XX secolo le operazioni su titoli come ad esempio il "pronti contro termine": in questo caso i clienti acquistano dalle banche dei titoli (azioni o obbligazioni) che le banche si impegnano a ricomprare, a un prezzo superiore, a una scadenza determinata. L'interesse sul prestito è qui rappresentato dalla differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita da parte del cliente. Una buona parte dei fondi sono raccolti dalle banche attraverso i conti correnti, che possono essere utilizzati dagli intestari per depositare o prelevare denaro contante e assegni. Le banche provvedono alla custodia dei fondi monetari per mezzo di casseforti, camere blindate e altri luoghi di deposito, generalmente assicurati contro il furto. Alcune banche rendono disponibili ai propri clienti anche cassette di sicurezza per la custodia di oggetti preziosi, documenti ecc. Le carte di credito e le carte di addebito, le operazioni bancarie computerizzate e altri servizi forniti dalle banche offrono ai clienti ulteriori possibilità di accesso e utilizzo dei propri fondi.



L'ESERCIZIO DEL CREDITO


Anche per la concessione del credito le maggiori banche sono in grado di fornire un'ampia gamma di possibilità dell'utilizzo dei fondi, dei tempi di restituzione e così via, distinte sulla base del rapporto con il soggetto, persona fisica o impresa, che chiede il prestito. In particolare si distinguono i "crediti per cassa", che implicano almeno un'uscita monetaria o almeno un'entrata monetaria per la banca e sono la categoria più importante, dai "crediti per firma" in cui la banca si limita a garantire un debito del suo cliente. Un credito viene concesso nei limiti e secondo le modalità stabilite dal fido bancario, il contratto con cui una banca si impegna a erogare a un cliente crediti per cassa o per firma per un importo massimo stabilito. Per quanto riguarda la pratica bancaria italiana, tra le forme più importanti di credito per cassa vi sono: 1) le aperture di credito in conto corrente, che si distinguono in "garantite" e "ordinarie" a seconda che il cliente presti o meno una garanzia sul suo debito; 2) le operazioni di sconto, cioè le concessioni di credito a fronte di cessioni di cambiali da parte del cliente alla banca e in cui il credito è pari all'importo della cambiale meno una somma che dipende dal tasso di sconto; 3) le anticipazioni bancarie, che sono prestiti con scadenza a breve termine garantiti da pegni di merci, di titoli o di crediti; 4) i contratti di mutuo con i quali il cliente si impegna, oltre che al pagamento degli interessi, alla restituzione graduale del capitale preso a mutuo (è il tipico contratto utilizzato per l'acquisto di beni immobiliari). Ulteriori forme di credito, più complesse, sono ottenibili tramite operazioni su titoli finanziari e tramite contratti di leasing finanziario. Tra le più diffuse operazioni su titoli vi sono quelle di riporto: in questo caso il cliente, detto "riportato", ottiene un credito vendendo un titolo alla banca, detta "riportatore", a un certo prezzo (cosiddetto "prezzo a pronti") e ricomprandolo a una scadenza determinata a un prezzo superiore (cosiddetto "prezzo a termine").



ALTRI SERVIZI BANCARI


Nel corso degli anni Ottanta e Novanta la globalizzazione dell'economia ha offerto alle banche numerose nuove possibilità di impiego dei fondi e di gestione del risparmio. Le maggiori banche sono oggi in grado di offrire ai propri clienti opportunità di investimento del denaro nei mercati finanziari, tramite acquisizione di quote di fondi di investimento gestiti dalle banche stesse. Secondo molti osservatori, è questo l'ambito di sviluppo più promettente per le banche e per gli altri intermediari finanziari. La gestione di fondi di investimento rientra, dal punto di vista tecnico, nell'attività di intermediazione svolte dalla banca e non nell'attività di raccolta dei risparmi, in quanto la banca non diventa debitrice dei risparmiatori; dal punto di vista economico, peraltro, tale gestione rientra tra gli strumenti di raccolta indiretta del risparmio. Un altro strumento di raccolta indiretta è il servizio di gestione dei patrimoni con cui il cliente affida alla banca una data somma di denaro con l'incarico di investirla in depositi bancari, titoli azionari e obbligazionari o titoli di mercato monetario per ottenerne un certo rendimento economico.

IL SISTEMA BANCARIO INTERNAZIONALE



La banca in Europa

Un aspetto caratteristico del sistema bancario europeo, soprattutto dei paesi latini, è rappresentato dal ruolo dello stato. Mentre quasi tutte le istituzioni creditizie negli Stati Uniti, in Canada e in Gran Bretagna sono di proprietà privata, in Francia e in Italia lo stato ha per lungo tempo posseduto le più grandi banche commerciali o la maggioranza del loro capitale sociale. Questo ruolo dello stato, importante e a volte controverso, è diminuito tuttavia nel corso dell'ultimo decennio del XX secolo, quando molti istituti bancari statali sono stati privatizzati.


L'Unione monetaria europea

Con il trattato di Maastricht undici paesi europei hanno dato luogo all'Unione monetaria europea. Questo trattato ha disegnato un nuovo sistema per il controllo dell'offerta monetaria e la vigilanza sui sistemi bancari di questi paesi. In particolare è stato costituito il SEBC (Sistema europeo di banche centrali), che è composto dalla Banca centrale europea (BCE) e dalle banche centrali nazionali. La BCE è guidata dal Consiglio direttivo che comprende il Comitato esecutivo di sei membri e i governatori delle banche centrali. Il SEBC è responsabile della politica monetaria dell'Unione e ha in particolare i seguenti compiti: 1) definizione e attuazione della politica monetaria; 2) svolgimento delle operazioni di cambio; 3) utilizzo delle riserve dei singoli paesi; 4) supervisione dei sistemi di pagamento; 5) vigilanza sugli enti creditizi e sulla stabilità del sistema finanziario. Lo statuto del SEBC può essere modificato solo dal Consiglio dei ministri a maggioranza qualificata e con parere conforme del Parlamento europeo. La BCE ha la competenza esclusiva sull'emissione della moneta all'interno dei paesi aderenti, anche se questa può essere materialmente eseguita dalle singole banche centrali. Essa deve essere consultata obbligatoriamente in due casi: 1) in merito a qualsiasi proposta o atto comunitario che rientri nelle sue competenze; 2) dalle autorità nazionali, entro i limiti stabiliti dal Consiglio dei ministri, sui progetti di disposizioni legislative che rientrino nelle sue competenze. Il Consiglio dei ministri può anche delegare alla sola BCE compiti specifici in merito alla vigilanza degli enti creditizi e delle altre istituzioni finanziarie, escluse le imprese di assicurazione. Il SEBC e la BCE adottano tre tipi di provvedimenti: 1) regolamenti obbligatori in tutti gli stati; 2) decisioni nei confronti dei singoli stati; 3) raccomandazioni o pareri, che non sono vincolanti.



BANCA CENTRALE EUROPEA


Banca centrale europea Banca istituita il 1° giugno 1998 con sede a Francoforte sul Meno. La Banca centrale europea (BCE) è subentrata all'Istituto monetario europeo, creato nel 1994 per preparare l'introduzione dell'euro. La BCE costituisce, con le banche centrali dei paesi dell'Unione monetaria europea (UME), il cosiddetto "Eurosistema", di cui è il perno. La BCE gode di una totale indipendenza dalle altre istituzioni comunitarie; essa ha tra i suoi compiti fondamentali la definizione della politica monetaria dell'UME e l'emissione e la gestione dell'euro. La BCE è guidata da un presidente ed è dotata di tre organi decisionali: il Comitato esecutivo, il Consiglio direttivo e il Consiglio generale. Il Comitato esecutivo è formato dal presidente e dal vicepresidente della BCE e da quattro membri nominati dai capi di stato o di governo dei paesi dell'UME. Composto dai sei membri del Comitato esecutivo e dai governatori delle banche centrali dei 12 paesi dell'UME, il Consiglio direttivo (o Consiglio dei governatori) è il massimo organo della BCE. Il terzo organo corrisponde al Consiglio generale, che è composto, oltre che dal presidente e dal vicepresidente della BCE, dai governatori delle banche centrali dei 15 paesi dell'Unione Europea (UE). Conto corrente bancario Contratto con cui una banca esegue per conto del cliente che abbia depositato del denaro su un conto a proprio nome, operazioni come pagamenti (ad esempio di bollette) o riscossioni (ad esempio l'accredito degli stipendi). Il cliente può prelevare del denaro dal proprio conto corrente generalmente mediante l'incasso di contanti, l'emissione di assegni bancari o il prelievo con le tessere Bancomat.



IRI


IRI o Istituto per la ricostruzione industriale Impresa pubblica fondata il 23 gennaio 1933 allo scopo di provvedere al salvataggio di alcune banche messe in difficoltà dalla crisi del 1929 (Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano, Banco di Roma) e alla gestione delle aziende industriali in precedenza affidate all'Istituto di liquidazione creato dal governo nel 1926. Nel 1937 assunse il controllo e la gestione delle imprese a partecipazione statale, quelle cioè di cui lo Stato italiano era in qualche misura azionista; a tal scopo, l'IRI creò una serie di società finanziarie sotto il proprio controllo per i singoli settori di attività: la STET, per il controllo delle aziende telefoniche (1933); la Finmare, per le attività armatoriali (1936); la Finsider, per le industrie siderurgiche (1937); la Finmeccanica, per le aziende meccaniche (1948); la Finelettrica, per le società elettriche poi cedute all'ENEL; la Fincantieri, per le costruzioni navali (1959). Ha inoltre il controllo dei trasporti aerei tramite il gruppo Alitalia, della società Autostrade, che gestisce la rete autostradale, e della RAI, nel campo delle comunicazioni radiotelevisive. Attualmente è in corso un graduale processo di privatizzazione dell'IRI, per fatturato tra le prime aziende al mondo e prima fra le italiane, al fine di renderlo adeguato alle norme europee, che limitano la presenza e gli aiuti dello Stato nelle attività industriali.


D'ANNUNZIO GABRIELE



D'Annunzio, Gabriele (Pescara 1863 - Gardone Riviera, Brescia 1938), scrittore italiano. Frequentò a Prato il prestigioso Collegio Cicognani; giovanissimo, esordì con la raccolta di poesie Primo vere (1879), ben accolta dalla critica: finito il liceo giunse perciò a Roma preceduto da una certa notorietà negli ambienti culturali. Gabriele d'Annunzio Romanziere, poeta e drammaturgo, Gabriele d'Annunzio fu una personalità di livello europeo nel panorama della cultura del primo Novecento. Con il suo romanzo Il piacere (1889) introdusse in Italia le novità del decadentismo e del simbolismo europei e la figura dell'eroe decadente.



LA POESIA DEGLI ESORDI

Un sensualismo e un erotismo di chiara impronta decadente


Frequentò il mondo del giornalismo e fece vita di società, collaborando a varie testate (dal 'Fanfulla della Domenica' alla 'Cronaca bizantina', alla 'Tribuna'). Come cronista mondano fu molto apprezzato dal pubblico, e la sua popolarità crebbe ulteriormente quando venne pubblicato il secondo libro di poesie, Canto novo (1882), che arricchiva il linguaggio carducciano, già utilizzato per la raccolta d'esordio, di una solare e corporea vitalità, sempre sorretta da un registro alto. Nel 1883 apparve Intermezzo di rime, attorno al quale si accese una polemica giornalistica per i temi trattati, giudicati scandalosi. Un sensualismo e un erotismo di chiara impronta decadente, che accosta figure squisite a immagini deformi e corrotte, pervade anche la raccolta Isaotta Guttadàuro ed altre poesie (1886), mentre con le Elegie romane (1892) D'Annunzio si riaccostò ai modelli classicisti di Carducci. Del 1893 è il Poema paradisiaco, che mostra toni ulteriormente smorzati e, con una più decisa apertura alle moderne esperienze europee, accoglie le suggestioni del simbolismo.



DAL PIACERE ALLE VERGINI DELLE ROCCE


Intanto D'Annunzio aveva dato avvio alla produzione in prosa. I racconti di questo periodo vennero pubblicati in seguito con il titolo Novelle della Pescara (1902), un libro in cui il verismo è sapientemente mescolato a una sensibilità decadente. Nel 1889 fu pubblicato il romanzo Il piacere: protagonista ne è Andrea Sperelli, un giovane aristocratico che ama l'eleganza e l'arte; il suo estetismo lo porta a trascurare la vita pratica a favore di un'egoistica e distruttiva idealizzazione dell'amore e della vita sotto il segno del bello, e così travolge non solo le sue amanti ma anche se stesso. D'Annunzio cercò di trasferire il suo gusto estetizzante anche nella vita, coltivando l'eleganza e indulgendo al gesto clamoroso. Si sposò molto giovane, dopo una fuga d'amore, ed ebbe una vita sentimentale intensissima, costellata di numerose amanti. Adorava circondarsi di raffinate opere d'arte e conduceva una vita dispendiosa che lo portò a indebitarsi. Proprio per sfuggire ai debiti si trasferì nel 1891 a Napoli, dove rimase fino al 1894 mantenendosi soprattutto grazie alla collaborazione con il quotidiano della città, 'Il Mattino'. Con il racconto Giovanni Episcopo (1891) e il romanzo L'Innocente (1892; da quest'opera il regista Luchino Visconti trasse un film nel 1976) D'Annunzio diede di nuovo prova di saper assorbire e rielaborare con straordinaria rapidità i più vari modelli espressivi. Qui è evidente l'influenza di Tolstoj e di Dostoevskij, mentre nelle Vergini delle rocce (1895) il riferimento ideologico è al filosofo Friedrich Nietzsche, anche se in D'Annunzio la figura del superuomo mantenne una forte componente estetizzante.



LE LAUDI


Le raccolte poetiche maggiori sono del 1903-1904: con i primi tre libri (Maia, Elettra, Alcyone) delle Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi si sarebbero misurati i poeti italiani delle successive generazioni. Soprattutto nel primo libro D'Annunzio, recuperando il mito greco, si autocelebra 'poeta vate', eroe superomistico della rinascita dell'umanità, mentre con Alcyone, al quale appartengono le famosissime liriche La sera fiesolana e La pioggia nel pineto, viene ripreso il tema, già preannunciato nel Canto novo, dell'immedesimazione panica del poeta con la natura.



L'ATTIVITÀ TEATRALE


Dal 1898 visse a Settignano (Firenze) nella villa La Capponcina, vicina alla residenza di un'ennesima donna amata, la celebre attrice Eleonora Duse, con la quale ebbe un'intensa relazione rispecchiata senza molto pudore nel romanzo Il fuoco (1900). La vicinanza della Duse fece sì che D'Annunzio intensificasse l'attività teatrale: durante la loro relazione scrisse nel 1899 La città morta e La Gioconda, ma il meglio del suo teatro è costituito dalle tragedie Francesca da Rimini (1901), La figlia di Iorio (1904) e La fiaccola sotto il moggio (1905).




LE PROSE DI MEMORIA


D'Annunzio a Fiume Gabriele D'Annunzio arringa i suoi legionari a Fiume nel 1920. Il poeta, ardente nazionalista e interventista, con un'ardita e storica 'impresa' aveva occupato con un corpo di volontari la città nel settembre del 1919, istituendovi il comando del Quarnaro. Fiume era rivendicata dall'Italia ma il patto di Londra del 1915 l'aveva assegnata alla Croazia; in base al trattato di Rapallo del 12 novembre 1920 fu dichiarata città libera ma D'Annunzio resistette alle risoluzioni dell'accordo e il governo italiano dovette intervenire per cacciare i legionari con la forza. Nel 1910, quando i creditori riuscirono a sequestrargli la villa e gli arredi, D'Annunzio emigrò in volontario esilio in Francia, dove continuò a scrivere. Visse a Parigi quattro anni. Sin dalla fine dell'Ottocento aveva registrato appunti e ricordi, costituendo così la base per le prose raccolte nelle Faville del maglio (1928), la prima delle quali fu stampata sul 'Corriere della Sera' nel 1911. In esse si esprime una vena memorialistica che culminerà nel Notturno (ultimato nel 1921), opera di uno scrittore non più 'magnifico' ma ripiegato su se stesso, alla quale sarebbero seguite, nel 1935, le Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto. Tornato in Italia nel 1915, tenne altisonanti e violenti discorsi a favore dell'intervento in guerra e si impegnò personalmente in ardite azioni belliche. Dal 1921 alla morte visse sul lago di Garda, a villa Cargnacco, trasformata progressivamente nel Vittoriale, una sorta di monumento a se stesso e a futura memoria: il luogo più elevato del parco ospita infatti il mausoleo che lo scrittore fece edificare per farvi riporre le proprie spoglie. In Italia, dove D'Annunzio fu celebrato come eroe e artista nazionale dal regime fascista, venne realizzata un'imponente edizione nazionale delle sue opere (42 volumi); nel 1937, già famoso anche all'estero, fu nominato presidente dell'Accademia d'Italia.


Il vivere inimitabile

Nell'opera di D'Annunzio la vita dell'autore e la letteratura non solo si rispecchiano, ma l'esistenza privata diventa spettacolo per il pubblico, attirando sul poeta un interesse mai raggiunto da nessun autore italiano precedente e contemporaneo. In questo modo si spiega l'apparente paradosso per cui lo scrittore più popolare del tempo fu un artista aristocratico ed esclusivista. Un artista 'inimitabile' anche grazie a gesta clamorose e avventurose come la Beffa di Buccari (incursione di MAS nella baia di Buccari, nel corso della quale D'Annunzio lanciò bottiglie che contenevano messaggi di scherno) e l'impresa di Fiume. Del resto, la modernità della sua sensibilità è provata da altri fatti: non solo D'Annunzio fu tra i primi a interessarsi di cinema, ma molti si rivolsero a lui per battezzare prodotti commerciali (la penna Aurora o il liquore Aurum), grandi magazzini (la Rinascente), fatti, questi, che denotano una precoce sensibilità "pubblicitaria".


Opere:




Primo vere (con lo pseudonimo di Florio Buzio)


Canto novo (raccolta poetica in cinque libri)
Terra vergine (raccolta di novelle)


Intermezzo di rime


Isaotta Guttadàuro ed altre poesie (raccolta poetica, poi divisa in due raccolte, L'Isottèo e La Chimera, pubblicate in volume unico nel 1890)
San Pantaleone (raccolta di novelle, poi confluita nelle Novelle della Pescara)


Il piacere


Giovanni Episcopo (racconto lungo)


L'innocente
Elegie romane


Poema paradisiaco
Odi navali
(raccolta di poesie patriottiche)


Il trionfo della morte


Le vergini delle rocce


La città morta (tragedia in prosa)
La Gioconda (dramma)


Il fuoco


Le novelle della Pescara
Francesca da Rimini
(tragedia in versi)


Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi
(primi tre libri: Maia, 1903; Alcyone ed Elettra, 1904)


La figlia di Iorio (tragedia in versi)


La fiaccola sotto il moggio (tragedia in versi)


Più che l'amore (dramma di ispirazione nazionalista)


La nave (dramma in versi)


Fedra (tragedia)


Forse che sì forse che no


Merope (quarto libro delle Laudi, comprendente le Canzoni delle gesta d'oltremare)


La Leda senza cigno (racconto)


Notturno (scritto autobiografico)


Il compagno dagli occhi senza cigli (scritto autobiografico, poi confluito in Le faville del maglio)
Le faville del maglio (raccolta di scritti autobiografici)


Cento e cento e cento e cento pagine del Libro segreto di Gabriele D'Annunzio tentato di morire
(appunti e frammenti autobiografici)


Taccuini (postumi)


Altri taccuini (postumi)


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