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In Meccanica Quantistica le grandezze fisiche che caratterizzano un sistema e che possono essere misurate (posizione, velocità, energia, momento magnetico, eccetera) sono chiamate osservabili.
I possibili valori che può assumere un'osservabile definiscono i potenziali stati in cui il sistema può presentarsi, detti autostati. Soltanto all'atto della misurazione fisica si può ottenere un valore reale per gli osservabili. Fintantoché non si esegue la misura il sistema quantistico rimane in uno stato che è 'oggettivamente indefinito', sebbene sia matematicamente definito e costituito dalla sovrapposizione di tutti gli stati possibili. Lo stato del sistema prima della misura descrive solo una 'potenzialità' ovvero contiene l'informazione relativa ad una 'rosa' di valori possibili (stati di sovrapposizione), ciascuno con la sua probabilità di divenire reale ed oggettivo all'atto della misura.
In altre parole, il sistema sta potenzialmente in tutti gli stati contemporaneamente. Il suo stato diventerà 'puro', unico, solo dopo e come conseguenza di una misura o di un'interazione con un altro sistema.
Nel linguaggio della meccanica quantistica, si dice che all'atto della misura dell'osservabile lo stato collassa in uno dei tanti possibili autostati ammessi da quell'osservabile. Il passaggio di un sistema fisico dal suo stato indeterminato di sovrapposizione ad un particolare autostato si definisce collasso o riduzione. All'atto della misurazione l'incertezza probabilistica viene ridotta o collassa nella certezza di un numero ben determinato. L'osservazione del fenomeno diviene quindi parte fondamentale della medesima realtà che si vuol misurare.
Proviamo a vedere un semplice esempio. Consideriamo un elettrone che si trova in un certo sistema fisico e cerchiamo di misurare la sua energia in un dato istante. Prima della misura, esso non avrà un'energia definita, ma si troverà in uno stato potenziale che contiene (ad esempio):
- l'autostato di energia 850 eV, con probabilità del 20%;
- l'autostato di energia 860 eV, con probabilità del 35%;
- l'autostato di energia 870 eV, con probabilità del 45%.
All'atto della misura del valore dell'energia, la natura dovrà 'scegliere' uno dei tre possibili 'autostati' dell'energia, ciascuno dei quali ha il suo valore (chiamato 'autovalore'): 850 o 860 o 870 eV. Essi sono valori 'quantizzati', ovvero discreti o discontinui (in parole povere non sono possibili valori intermedi, come 865 eV). Pertanto lo stato iniziale è oggettivamente 'indefinito' rispetto all'osservabile energia, poiché è una combinazione (o sovrapposizione) di tre autostati diversi, ed all'atto della misurazione dovrà 'collassare' in uno dei tre possibili 'autostati', che danno valori validi dell'energia nella realtà fisica oggettiva. Ogni volta il risultato potrà essere diverso, e ciascun 'autovalore' ha la sua probabilità di uscire.
La meccanica quantistica quindi introduce due elementi nuovi ed inaspettati rispetto alla fisica classica. Uno è appunto l'influenza dell'osservatore, che costringe lo stato a diventare un autostato; l'altro è la casualità nella scelta di uno tra i diversi possibili autostati (ognuno con una propria probabilità).
Einstein non credeva alla possibilità di caratteristiche fisiche 'non-oggettive', ma riteneva che i valori delle osservabili esistessero oggettivamente anche prima della misura (realismo), indipendentemente dal fatto che venissero misurati o meno. Insomma, secondo Einstein l'universo deve esistere oggettivamente, sia che noi lo osserviamo o meno. Per questo egli considerava la meccanica quantistica 'incompatibile con ogni concezione ragionevole e realistica dell'universo'.
Famosa resta a questo proposito la domanda che egli pose ad un allievo durante una passeggiata serale a Princeton: «Veramente è convinto che la Luna esista solo se la si guarda?»
Secondo il 'realismo' di Einstein, gli stati quantistici devono esistere oggettivamente, indipendentemente da tutte le limitazioni imposte dalla teoria quantistica, che perciò secondo Einstein è incompleta e provvisoria.
Una teoria fisica e' completa qualora ogni elemento della realtà descritta abbia corrispondenza con un elemento teorico. Esisterebbero quindi, secondo Einstein, delle 'variabili nascoste' che descrivono la realtà oggettiva dei sistemi quantistici, ma non sono ancora riconosciute dall'attuale teoria e che, se scoperte, renderebbero completa la teoria quantistica.
Per fare un paragone banale, immaginiamo che in una partita di carte il nostro avversario abbia in mano una certa carta. Noi deduciamo che tale carta possa essere l'asso di denari o il re di cuori, ma poiché non possiamo vederla, non sappiamo quale delle due sia realmente. Questa, secondo Einstein è la 'conoscenza incompleta' che ci può dare la meccanica quantistica. Comunque, dice Einstein, la carta in questione è di fatto una delle due carte, ad esempio l'asso di denari (variabile nascosta), anche se noi non sappiamo ancora per certo se sia l'una o l'altra (indeterminazione). All'atto della misura noi possiamo finalmente constatare di quale carta si tratti, ma secondo Einstein la carta era quella già prima della misura.
Secondo la meccanica quantistica invece non è così. La carta in precedenza era in uno stato indefinito: '50% asso di denari e 50% re di cuori', e solo all'atto della misura la carta è 'diventata' (ad esempio) l'asso di denari. Se si ritorna a quello stesso identico stato fisico e si rieffettua la misura, stavolta la carta potrebbe diventare un re di cuori!
Il principio quantistico di sovrapposizione degli stati e le paradossali conseguenze di una sua applicazione a livello macroscopico sono l'argomento di un esperimento mentale ideato da Erwin Schrödinger nel 1935 e noto come il paradosso del gatto di Schrödinger.
Vediamolo descritto dalle stesse parole dell'autore.
Si rinchiuda un gatto in una scatola d'acciaio insieme con la seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d'essere afferrata direttamente dal gatto). In un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, in quantità così modesta che nel corso di un'ora uno dei suoi atomi possa disintegrarsi (.). Se ciò accade, allora il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala contenente del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo sistema per un'ora (.) la funzione Ψ dell'intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono stati puri, ma miscelati con uguale peso »
Dopo un certo periodo di tempo, quindi, il gatto ha la stessa probabilità di essere morto quanto l'atomo di essere decaduto. Visto che fino al momento dell'osservazione l'atomo esiste nei due stati sovrapposti, il gatto resta sia vivo sia morto fino a quando non si apre la scatola, ossia non si compie un'osservazione.
Il paradosso sta proprio qui. Finché non si compie l'osservazione, il gatto può esser descritto come un ibrido vivo-morto, in quanto è soltanto l'osservazione diretta che, alterando i parametri di base del sistema, attribuirà al gatto (al sistema medesimo) uno stato determinato e 'coerente' con la nostra consueta realtà.
Volendo seguire alla lettera le regole quantistiche, se, all'apertura della scatola d'acciaio, lo sperimentatore trova il gatto morto, è necessario ammettere che è stato l'atto di guardare ('osservare') dentro la scatola che ha ucciso il gatto ed è quindi lo sperimentatore il responsabile della sua morte.
Se lo sperimentatore decide di rimandare indefinitamente l'osservazione della scatola, il gatto resta nel suo stato schizofrenico di vita latente fino a quando non gli viene data una dimensione definitiva, in virtù della cortese, ma capricciosa curiosità di uno sperimentatore
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