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Tesina sulla cosmologia




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Tesina sulla cosmologia

Indice


Introduzione                                               

Viaggio all'interno della cosmologia 

La nascita della cosmologia scientifica

a) Big Bang o Stato Stazionario?

L'inizio e la fine dell'universo                          

Le leggi fisiche                 

La creazione continua della materia                  

Previsioni delle due teorie                                 

I) L'età del cosmo

II) L'abbondanza degli elementi

III) La distribuzione della materia nello

spazio e tempo

IV) La temperatura dello spazio

La crisi del modello stazionario                        

radiogalassie         

quasar                    

radiazione di fondo cosmico                  

Quando ha avuto origine la radiazione di

di fondo cosmico?

E le antiparticelle?

La densità                         

Il futuro dell'universo      

b) Un universo omogeneo e isotropo

c) L'universo inflazionario

d) Alla ricerca delle "pieghe del tempo": Cobe

e) L'evoluzione dell'universo oggi

f) Le nostre speranze


3. L'universo degli antichi e medioevali:

a)     I caratteri dell'universo aristotelico - tolemaico     

e la loro giustificazione metafisica e religiosa        

b)     La cosmologia dantesca          

Uomo e Dio: inferno, purgatorio, paradiso

Razionalità e ordine         

La fine del mondo            

Il Paradiso                         

struttura                            

ordinamento morale         

4. Un universo infinito: il "De Rerum Natura" di Lucrezio

a)     L'antica Grecia: due concezioni diverse                  

b)     Cosmologia del "De Rerum Natura"                        

Gli atomi e il vuoto: "clinamen"                       

Il cosmo infinito               

La nascita dell'universo   


5. Verso la questione suprema

Note                                                   

Glossario                                                    

Bibliografia

Introduzione


Come e perché si è formato l'universo e che cosa succederà dell'universo, alla fine? Il pro­blema, in una forma o nell'altra, deve essersi presentato come oggetto di riflessione sin dai tempi immemorabili, per quel comune bisogno dell'uomo di sapere. Esso, infatti, riguarda da vicino l'uomo, la sua origine e il suo destino e si concretizza nelle domande: chi sono, da dove vengo, dove vado? Fin dalla più antica civiltà si hanno testimonianze di tentativi di costruire immagini o modelli del cosmo (del suo stato e delle sue origini), che fossero in accordo con le conoscenze natu­rali disponibili e con le idee generali prevalenti: di costruire cioè una cosmologia.

La cosmologia è la scienza che si occupa di indagare sull'origine, la costituzione, la struttura e l'evoluzione dell'universo. In questi anni che precedono la fine del millennio sta godendo di un pe­riodo fecondo di creatività, un'età d'oro in cui nuove osservazioni e nuove teorie ampliano in ma­niera sorprendente la nostra conoscenza ed esaltano il nostro riverente timore nei confronti dell'universo. Ma quest'epoca d'oro può essere meglio compresa alla luce degli avvenimenti prece­denti. La conoscenza scientifica è sempre provvisoria. La storia della scienza mostra una serie di progressiva di teorie accettate per un periodo di tempo, per poi essere rovesciate o modificate una volta contraddette da nuove osservazioni.

E' per questo che ho deciso di ripercorrere le tappe principali che ci hanno condotto all'attuale con­cezione dell'universo. Quest'anno ho avuto modo, inoltre, di coltivare questo mio interesse grazie allo studio dell'astronomia in scienze, di Lucrezio in latino e di Dante in italiano.

Ho quindi scelto di approfondire il dibattito cosmologico svoltosi nel nostro secolo e di analizzare il "De rerum natura" di Lucrezio e la "Divina Commedia" di Dante, come esempi significativi delle due antiche visioni del mondo: da una parte un universo infinito in cui coesistono innumerevoli mondi, idea propugnata inizialmente da Democrito e poi riproposta da Epicuro, dall'altra un mondo unico, chiuso, finito, fatto di sfere concentriche, geocentrico e diviso in due parti qualitativamente distinte, concepito nel mondo greco da Aristotele e Tolomeo, che finiranno poi per imporre il loro punto di vista alla cultura ufficiale fino alla fine del Medioevo.

VIAGGIO ALL'INTERNO DELLA COSMOLOGIA


Le antiche concezioni cosmologiche paiono a noi moderni quasi sempre al di fuori della realtà scientifica, mitiche o pre - razionali. E' evidente che gli uomini, lungo l'arco dei secoli, si sono posti degli interrogativi che andavano molto oltre i bisogni immediati quali il procurarsi il cibo, ripararsi dal freddo, dalla pioggia e difendersi dagli animali feroci. L'uomo primitivo ha cer­cato di dare una soluzione, possibile per lui, degli accadimenti a cui assisteva e non determinati dalla sua volontà, quali l'alternarsi del giorno e della notte, il ricorrere delle stagioni, la caduta della pioggia e della neve, la folgore e gli avvenimenti, certamente più misteriosi e magici, quali il na­scere e il morire.

Naturalmente ad un certo punto sarà sorta in lui la curiosità di allargare i suoi orizzonti al mondo che lo circondava e al cielo con il Sole, la luna e le stelle, e di sapere come tutto l'universo sia nato.

Laddove le sue conoscenze potevano arrivare l'uomo ha dato una spiegazione il più possibile coerente in rapporto alle nozioni del tempo, ma per la maggior parte degli accadimenti a cui assi­steva ha pensato che esseri soprannaturali, dotati di una capacità superiori, regolassero gli avveni­menti della natura e che la terra e il cielo fossero stati in qualche modo costruiti da loro.

Con il passare dei secoli fu tentata una spiegazione razionale della natura ad opera degli antichi filosofi scienziati greci, anche se poi essi si differenziarono nelle soluzioni: c'era chi proponeva un universo chiuso, con la terra e l'uomo posti in una posizione di rilievo, al centro (Platone, Aristo­tele, Tolomeo); chi suggeriva una cosmologia eliocentrica (Aristarco di Samo); e chi addirittura portava avanti l'idea di un universo infinito e di infiniti mondi (Democrito, Epicuro).

Ebbe la meglio la concezione geocentrica aristotelico - tolemaica che adottata e adattata dalla teologia cristiana e permeata di astrologia, caratterizzò tutto il Medioevo.

Con la rivoluzione scientifica del '600 si affermò una visione quantitativa delle cose che sop­piantò quella qualitativa precedente: tutto veniva fondato sull'osservazione e la sperimentazione, sulla geometria e la matematica. Il primo passo in direzione della cosmologia moderna fu fatto pro­prio in questo periodo: le osservazioni cominciarono a confermare il modello eliocentrico - coper­nicano e la precedente cosmologia geocentrica fu gradualmente abbandonata.

Galileo con l'introduzione di un nuovo metodo di ricerca, sintesi di analisi sperimentale e di trat­tazione matematica, diede importanza all'osservazione: con l'uso del cannocchiale non solo con­fermò il sistema copernicano, ma dilatò enormemente lo spazio dell'universo. Egli inoltre rifiutò il principio di autorità ed ebbe il coraggio di affermare che il trascendente non fosse chiamato in causa per spiegare i fenomeni della natura. Grazie a lui, la fisica e l'astronomia divennero un unico argo­mento dando origine al più grande "matrimonio" di due scienze fisiche sino alla fine del XX secolo, quando la cosmologia e la fisica delle particelle quantiche hanno iniziato a fondersi. Tuttavia l'universo all'epoca di Galileo risultava di fatto ancora finito, anche se egli aveva notevolmente ampliato il cielo delle stelle fisse.

Con le leggi del movimento e della gravità di Newton si affermò definitivamente l'idea di un universo infinito, sebbene non ancora dinamico.

Nel 1700 la visione dell'universo andò progressivamente allargandosi grazie allo sviluppo di strumenti di osservazione sempre più precisi e alla nascita della spettroscopia e dell'astrofisica. Tema di discussione fu il rapporto Dio - universo, che portò alla scissione tra filosofia, scienza e religione. L'illuminismo, infatti, volse il pensiero verso conclusioni prevalentemente materialisti­che ed atee, nelle quali trionfava la ragione liberando l'uomo dal bagaglio delle superstizioni.

Il problema cosmologico diventò quindi autonomo: la cosmologia studiava scientificamente il problema della natura infinita dell'universo, dando così l'abbrivio a tutta la cosmologia moderna. A quell'epoca, tuttavia, la concezione dell'universo era ancora piuttosto semplicistica il gigantesco progresso della fisica e dell'astronomia avvenne nel XIX e XX secolo.

Nel 1800, con la tecnica fotografica prima e l'uso di segnali radar poi, l'orizzonte dell'universo si allargò ulteriormente e fu possibile misurare distanze di stelle molto lontane. Vennero fatte sco­perte anche nel campo della fisica: si trovò che tutto l'universo è costituito da particelle infinita­mente piccole (oggi note come quark), che, variamente combinate, hanno dato origine agli atomi; questi a loro volta hanno costituito catene polipetidiche e di aminoacidi e soprattutto il DNA (acido desossiribonucleico), da cui è nata la vita sulla terra.

Il 1900 è stato un secolo fecondo di nuove idee e acceso è stato il dibattito tra studiosi di astrono­mia circa l'origine e l'evoluzione dell'universo, soprattutto agli inizi degli anni '50:

da una parte i sostenitori di un modello evolutivo, secondo cui l'universo, nato ad un certo punto, avrebbe avuto una storia fino ad oggi; questo modello avanza ipotesi anche sul futuro dell'universo;

dall'altra i sostenitori di un modello stazionario, secondo cui l'universo è sempre esistito con uguali caratteristiche: eterno ed immutato in spazio e tempo.


Ma esaminiamo con ordine le personalità e gli eventi che hanno portato alla più grande rivolu­zione in ambito cosmologico dopo Copernico e Newton.

II) LA NASCITA DELLA COSMOLOGIA SCIENTIFICA


La cosmologia è tra le discipline più antiche, eppure soltanto nel corso di questo secolo è venuta acquistando un carattere scientifico, sulla base dei nuovi strumenti forniti dalla relatività e dalla fisica delle particelle; esse hanno dato vita a modelli suffragati da nuove osservazioni astronomiche favorite da più efficienti telescopi e soprattutto dall'introduzione della radioastronomia.

Un dato importante per l'approccio al problema è l'anno 1917, in cui Albert Einstein (1879 -1955) elaborò una cosmologia matematica nella quale trovano applicazione i principi della relatività generale( ).Tale modello prospettava l'ipotesi di un universo chiuso, sferico, quadridimensio­nale, la cui novità più significativa si coglieva nell'immagine di un spazio finito e nondimeno illi­mitato. In esso vigeva il principio cosmologico, in base al quale l'universo, su ampia scala, avrebbe dovuto presentarsi fondamentalmente uniforme e isotropo a qualunque osservatore, ovunque egli fosse collocato e in qualunque direzione guardasse. Einstein era certo che l'universo fosse statico, ma i suoi calcoli diedero risultati opposti: un universo oscillante che potenzialmente poteva espan­dersi e contrarsi. Così fu costretto a correggere la sua equazione originale introducendo una co­stante cosmologica, che, interpretata in termini fisici, implicava una forza di repulsione gravitazio­nale a grandi distanze.

Altri modelli relativistici furono elaborati da Willem de Sitter (1871 - 1934) in collaborazione con Einstein, e del matematico russo Aleksandr Friedmann (1888 - 1925), che, abbandonato il modello statico, nel 1922 determinò matematicamente le tre possibili condizioni di sussistenza dell'universo, in dipendenza della quantità di materia presente in esso: universo aperto, destinato cioè ad espandersi indefinitamente; universo chiuso, destinato a contrarsi; universo piatto, anch'esso destinato a espandersi ma con una velocità sempre più piccola. Nel 1917 un belga di nome George Lemaitre creò una cosmologia che prediceva un universo che si espandeva. En­trambe le soluzioni di Friedmann e Lemaitre vennero analizzate da Einstein e sommariamente re­spinte.

Fu soltanto quando Hubble scoprì che l'universo era realmente in espansione che Einstein fu co­stretto ad abbandonare il suo modello statico dell'universo. Nel 1929, infatti, Edwin Hubble (1899 - 1953), analizzando le righe spettrali delle galassie interpretò il loro caratteristico red-shift , cioè lo spostamento verso il rosso dello spettro come fenomeno dovuto dalla velocità di allontanamento delle galassie e scoprì che essa è direttamente proporzionale alla loro distanza da noi. Il fenomeno è analogo a quello che si riscontra per i suoni, scoperto da Doppler ( ). La prima impressione che se ne trae è che la terra debba trovarsi al centro di una regione di irraggiamento, da cui le galassie si vanno allontanando; in realtà questa recessione va invece interpretata come una progressiva dilata­zione dello spazio intergalattico (in pratica le distanze vanno uniformemente aumentando in tutto l'universo proprio come aumentano uniformemente le distanze tra i punti di un pallone che si vada gonfiando).

L'osservazione dell'espansione dell'universo, combinata con i modelli di Friedmann e Lemaitre che la predicevano, trovò d'accordo cosmologi e astronomi. La sola questione che rimaneva era: se l'universo si sta espandendo, quale fu l'origine di questa espansione? Infatti, estrapolando all'indietro nel tempo questo moto di recessione delle galassie, è facile concludere che materia e ra­diazioni, che si trovano oggi sparpagliate nell'universo, dovessero essere un tempo concentrate in una zona estraneamente piccola e densa che poi è esplosa grazie a qualche fenomeno che ha pro­dotto energia.

Considerazioni di questa natura condussero alla formulazione di un modello evolutivo dell'universo prima Lemaitre e successivamente tre fisici di nome Alpher, Bethe e Gamow: la teoria del Big Bang fece il suo ingresso nella storia sulla fine degli anni '40.

Ma a tale modello si contrappose con un certo successo verso la metà del nostro secolo un mo­dello stazionario elaborato da Fred Hoyle, Thomas Gold ed Hermann Bondi, secondo il quale l'universo sarebbe fondamentalmente uniforme, attraverso il tempo, nonostante l'espansione.



III)   La distribuzione della materia nello spazio e nel tempo.


I sostenitori dello stato stazionario affermavano che gli astronomi dovrebbero vedere:


a)     galassie di età diverse: galassie estraneamente vecchie e galassie estraneamente giovani;

b)     nessuna variazione rilevante nella densità e nel tipo di galassia nello spazio e nel tempo.

Il motivo di tutto questo è da ricercare nell'eternità del cosmo e nel fatto che la materia viene creata continuamente; quindi si formano sempre nuove galassie per sostituire le vecchie che si allontanano nello spazio.

Al contrario , i teorici del Big Bang affermavano che gli astronomi avrebbero dovuto osservare un numero sempre maggiore di galassie per unità di volume man mano che le loro indagini erano più profonde nello spazio e, quindi, nel tempo (cioè, man mano che si avvicinavano al Big Bang). Ciò è dovuto al fatto, essi sostenevano, che tutta la materia è stata creata nel Big Bang; per cui la densità del cosmo dovrebbe diminuire man mano che essa si espande. E guardando più in là e più lontano nel tempo, i teorici del Big Bang affermavano che gli astronomi avrebbero dovuto vedere l'evoluzione delle galassie.

L'ultima intuizione fu la più famosa di tutte e, in ultima analisi, sanò il conflitto cosmologico.


IV) La temperatura nello spazio

La pubblicazione del 1948 di Ralph Alpher e Robert Herman conteneva la loro dichiarazione, ora famosa, ma a lungo dimenticata, sulle radiazione di fondo cosmico. L'universo del Big Bang avrebbe dovuto iniziare con un calore molto intenso e via via che l'universo si espandeva la radia­zione per volume unitario si sarebbe dovuta attenuare costantemente. Questo "brodo" di radiazioni presente ovunque si sarebbe quindi raffreddato con il passare del tempo. Oggigiorno, secondo i cal­coli dei due scienziati, questo riverbero di radiazioni si sarebbe raffreddato a una temperatura di circa 5 gradi Kelvin. I due incoraggiavano anche i ricercatori a cercare di rilevarla. Passarono tutta­via sedici anni dalla congettura di Alpher e Herman prima che qualcuno cercasse di scoprire la ra­diazione residua. Al contrario, il modello dello stato stazionario non faceva previsioni sulla tempe­ratura dell'universo.


La crisi del modello stazionario

La prima minaccia alla teoria dello stato stazionario coinvolse la nostra terza ipotesi: la distribu­zione della materia nello spazio e nel tempo. Ironicamente la minaccia non giunse da Gamow e dai suoi colleghi d'oltre oceano ma da uno dei colleghi di Hoyle a Cambridge, il radioastronomo Martin Ryle.

I suoi risultati stupirono i sostenitori dello stato stazionario. Nel 1946 erano state scoperte le ra­diogalassie ( ). Egli rilevò che esse non erano distribuite uniformemente nello spazio. Più erano distanti e più erano numerose. Questo significava che la densità delle galassie radio era maggiore nel passato (perché più lontano si guarda nello spazio più indietro si vede nel tempo).Questo contra­stava con la teoria dello stato stazionario secondo la quale la materia è distribuita uniformemente nello spazio e nel tempo. Vi fu polemica, ma i risultati vennero confermati. Quindi il cosmo non è omogeneo nello spazio e nel tempo come sosteneva il principio cosmologico perfetto di Hoyle, Bondi e Gold.

Agli inizi degli anni '60 fu scoperto un esempio ancora più celebre comprovante la non uniformità della materia: i quasar. Questi "oggetti quasi-stellari" presentavano uno spostamento verso il rosso molto elevato. Quindi, secondo la legge di Hubble, i quasar si erano formati molto tempo addietro, quasi all'epoca del Big Bang.(Ancora più rilevante era il fatto che essi erano assai diversi da qualsiasi cosa osservata nell'universo attuale: emettevano quantità sorprendenti di radiazioni da zone estremamente limitate. Oggigiorno si ritiene che i quasar siano nuclei molto attivi di galassie giovani). In breve, i quasar ritraevano un universo primordiale assai diverso da quello attuale e, quindi, assai diverso dall'universo immutabile della teoria dello stato stazionario.

Con l'intensificarsi delle critiche, la teoria dello stato stazionario di Hoyle cominciò a vacillare. Nel 1965 egli ammise che "le misure radio indicano che l'universo era più denso nel passato di quanto non sia oggi" e i quasar suggerivano che " l'universo si è espanso da una condizione di den­sità maggiore. appare probabile che l'idea dello stato stazionario debba essere scartata, perlomeno nella forma in cui è divenuta famosa". Negli anni successi, comunque, Hoyle ritornò ad una vi­sione modificata dello stato stazionario. A tutt'oggi, sostiene che un qualunque tipo di teoria della creazione continua è da preferire al Big Bang.

Tuttavia, c'era chi poneva obiezioni più radicali alla teoria del Big Bang mettendo in discussione le valutazioni di distanza, che erano effettuate in base al RED - SHIFT.: ciò che si riteneva essere universo lontano in realtà, dicevano, non lo era, perché il red - shift avrebbe potuto essere relativo ad altri fattori e non solo alla distanza. Queste critiche scardinavano le previsioni I, II, III. Infatti non si sarebbe potuta valutare né l'età del cosmo né la densità della materia, non essendo atten­dibili i calcoli sulla velocità di recessione delle galassie e quindi sulla distanza, né l'abbondanza di elio nell'universo. I sostenitori del Big Bang dichiaravano, infatti, che se l'elio fosse stato prodotto solo dall'evoluzione stellare, come affermavano gli stazionari, una stella più lontana e quindi più vecchia avrebbe dovuto avere molto meno elio, ma questo non si riscontrava perché nelle stelle più antiche era già presente il 20% di elio. A questo punto, però, entravano in gioco i concetti di corpi lontani e corpi vicini e quindi diventava un dialogo fra sordi, perché gli stazionari giudicavano non attendibili le valutazioni di distanza.

I sostenitori del modello del Big Bang ponevano un'altra obiezione: l'universo è relativamente giovane (16 miliardi di anni circa) e quindi l'evoluzione stellare non avrebbe avuto il tempo neces­sario per produrre una percentuale di elio come quella osservata, visto che una stella impiega 10 miliardi di anni per produrlo. Gli stazionari rispondevano dicendo che l'universo non era nato 16 miliardi di anni prima e quindi il problema per loro non esisteva.

Comunque, a metà degli anni '60, la teoria dello stato stazionario si ritrovava sul ciglio di un bur­rone. Sarebbe stata sufficiente una piccola spinta per farla precipitare.

E questa spinta arrivò con la scoperta della famosa radiazione fossile compiuta nel 1964 dagli statunitensi Arno Penzias e Robert Wilson. Si trattava di una radiazione appartenente alla gamma delle onde radio corrispondente a quella di un corpo nero alla temperatura di circa 3 gradi Kelvin, che proveniva da ogni direzione dello spazio ed era interpretabile come il residuo fossile della ra­diazione del Big Bang.


Quando ha avuto origine la radiazione di fondo cosmico?


Nell'istante t = 0 tutta la materia e tutta l'energia oggi presente nell'universo erano concentrate in una zona estremamente ristretta (sulle cui caratteristiche, trattandosi di una singolarità, non è pos­sibile formulare alcuna ipotesi allo stato attuale, in quanto si è giunti alla ricostruzione della storia passata dell'universo sino a pochissimi istanti dopo la sua nascita, a circa 10- 43 secondi).

Nell'istante iniziale si verificò un'esplosione che provocò l'espansione dell'universo e la sua so­stanziale trasformazione. Le prime fasi dell'universo erano caratterizzate da condizioni di tempera­tura e di densità molto elevate. In queste condizioni era possibile un'intercambiabilità tra materia ed energia. L'energia, presente sotto forma di onde elettromagnetiche e quindi di fotoni elettroma­gnetici, poteva materializzarsi in una particella e in una antiparticella, che potevano poi annichilarsi nuovamente in una radiazione elettromagnetica. Man mano che l'universo si espandeva, la probabi­lità che particella e antiparticella si riannichilassero diminuiva e cominciava quindi a rimanere una certa quantità di materia non annichilata. A questo punto la quantità di particelle e di onde si stabi­lizzò su certi valori a favore delle onde: una particella ogni 108 fotoni. Le particelle erano quindi in minoranza (Queste particelle oggi sono i costituenti degli atomi). Esisteva la possibilità che que­ste particelle potessero interagire fra di loro trasformandosi le une nelle altre, per esempio se­condo queste reazioni:

p+ + e - n + n

n + n p ++ e -

Il numero delle particelle era quindi continuamente variabile. A queste reazioni partecipavano an­che i neutrini. Caratteristica fondamentale di queste particelle è la scarsissima interazione con altre particelle perché non soggiacciono a campi elettrici o a campi gravitazionali. Tuttavia, nell'universo primitivo che era ad altissima densità, anche la minima massa di neutrini era sufficiente per non permettere loro di sfuggire all'attrazione gravitazionale: potevano, quindi, partecipare a queste re­azioni. Man mano che l'universo si espandeva diminuiva la densità, i neutrini diventavano sempre più sfuggenti, finchè, ad un certo punto, non sentirono più l'attrazione gravitazionale degli altri corpi e smisero di partecipare a tali reazioni. In quel momento si fissò il numero di protoni e neu­troni presenti nell'universo con un rapporto di otto a uno. In uno stadio successivo le condizioni dell'universo erano paragonabili alle condizioni attuali all'interno di una stella: una temperatura di qualche milione di gradi Kelvin e una densità piuttosto elevata. Erano quindi possibili le prime re­azioni nucleari, che hanno utilizzato prevalentemente i protoni per formare nuclei: in pochi minuti parte dei protoni si è trasformata in nuclei di elio, litio, boro e deuterio. Questa fase è terminata quando la temperatura è scesa a valori non più compatibili con le reazioni nucleari .E' in questa fase che si è formato circa il 20% di elio.

Poiché la temperatura era elevata c'erano da una parte nuclei e dall'altra elettroni, che avevano energia sufficiente per non essere catturati definitivamente. Quando la temperatura scese ulterior­mente nuclei ed elettroni si unirono a formare atomi neutri.

In questo momento sarebbe nata la radiazione di fondo cosmico a microonde. Prima, infatti, poiché gli elettroni non facevano parte degli atomi, potevano svolgere un ruolo di collegamento tra materia ed energia. A questo punto non era più possibile.

L'evoluzione della materia proseguì quindi indipendente da quelle delle onde elettromagnetiche ed entrambi parteciparono all'espansione dell'universo. La radiazione, che, nel momento in cui è avvenuta questa separazione, aveva una lunghezza d'onda estremamente ridotta, ha subito da allora a oggi un altissimo red - shift: partita come radiazione ultravioletta o più ci arriva oggi come onde radio.

La materia poi si è evoluta producendo altri nuclei più pesanti , formando molecole..


E le antiparticelle?

Tuttavia una questione rimane aperta, relativa alle prime fasi dell'espansione. La materia che co­nosciamo è costituita prevalentemente da particelle e non da antiparticelle: come è possibile questo? Dove sono andate a finire le antiparticelle? Si sono fatte numerose ipotesi. Una di questa prevede la formazione parallela all'universo di un antiuniverso di cui non abbiamo percezione. A questo punto se universo e antiuniverso si riannichilassero avremmo la ritrasformazione di tutto in energia. Questa però è una risposta di tipo fantascientifico.

Gli studiosi di fisica delle particelle ritengono che si siano formate alcune particelle senza anti­particelle e che quelle sopravvissute all'annichilazione. Essi stanno tentando di avvalorare con dati sperimentali questa loro ipotesi: l'eventuale decadimento dei protoni sarebbe una dimostrazione della possibilità che ciò si verifichi.


La densità

Il modello del Big Bang, in realtà, è un trattato fisico-matematico in cui tutto viene messo sotto forma di formule e di calcolo, partendo dalla situazione attuale e cercando di ricostruire la storia passata dell'universo. In questo calcolo sono stati utilizzati alcuni parametri; uno di questi è la den­sità. Perché sia vera questa teoria l'universo dovrebbe avere all'origine una densità non inferiore ad un certo valore critico. Noi non possiamo misurare la densità iniziale dell'universo, però possiamo ricavarla dal calcolo della densità attuale e dalla velocità di allontanamento delle galassie.

E' stato trovato che la densità attuale è molto inferiore alla densità critica. Si fanno due ipotesi: o le misure relative alla densità attuale sono sbagliate o tutta la teoria del Big Bang lo è. Sono quindi state effettuate delle ricerche per vedere se esiste della materia nell'universo che non è stata rilevata o che presenta caratteristiche tali da non rendersi rilevabile. Si è constatata negli ultimi anni la pre­senza nelle galassie vicine di una massa gravitazionale maggiore di quella valutata in precedenza che è stata chiamata materia oscura. E' probabile, quindi che sia presente anche nelle galassie più lontane. Questo è servito ad alzare il valore della densità, ma non abbastanza. E' stata formulata, quindi, l'ipotesi che sia presente della materia in forma particolare, come i neutrini. Si ritiene che se ne sia sviluppata una quantità enorme nelle prime fasi dell'universo. Tuttavia si è scoperto che la massa dei neutrini è così piccola che non riesce ad innalzare la massa media dell'universo. Si è quindi ipotizzata l'esistenza di altre particelle, che però non sono mai state trovate.


Il futuro dell'universo

Legata alla densità dell'universo, e quindi alla sua massa, rimane aperta un'altra questione, re­lativa al futuro dell'universo.

Esso può essere molto diverso a seconda del rapporto esistente fra la forza di espansione, che si ricava osservando qual è la velocità attuale dell'espansione, e la forza gravitazionale, che si ricava misurando la densità attuale dell'universo. Sono state fatte tre ipotesi:

Universo aperto - L'espansione continuerà per sempre e porterà alla morte definitiva dell'universo. Infatti la formazione di corpi celesti è legata alla conversione dell'energia gravitazio­nale in altre forme, ma se l'energia gravitazionale non riuscirà mai a prendere il sopravvento, assi­steremo alla morte di tutte le stelle e di tutte le galassie.

Universo piatto - In esso ad un certo punto si è instaurato un equilibrio fra forza gravitazionale e forza di espansione; l'universo, quindi, non si espanderà più ma ugualmente la forza gravitazio­nale non potrà avere il sopravvento. Per questo motivo l'universo piatto avrà le medesime pro­spettive di un universo aperto: non si potranno più formare corpi celesti e quindi morirà.

Universo chiuso - La forza gravitazionale avrà la possibilità di prendere il sopravvento sulla forza di espansione. Questo comporterebbe un ritorno dell'universo allo stato di singolarità, dando origine a quello che è stato chiamato BIG CRUNCH con prospettive di cominciare una nuova espansione, magari con una evoluzione diversa. Non è improbabile l'ipotesi di un universo pulsante che possa forse ripetere il suo ciclo. Uno scenario apocalittico sul cui sfondo campeggiano le ombre degli antichi cosmologi greci.


b)    UN UNIVERSO OMOGENEO E ISOTROPO


Negli anni Settanta, la teoria classica del Big Bang considerava l'origine e l'evoluzione dell'universo come qualcosa di relativamente ordinato. In seguito all'evento primordiale, avvenuto 15 miliardi di anni prima, la gravità aveva fatto sì che le galassie si condensassero lentamente at­torno a piccole regioni di densità superiore alla media (semi cosmici) in un ambiente altrimenti uni­forme. Si credeva che lo spazio fosse scarsamente popolato da questa ragnatela di galassie che evolvevano nel tempo, relativamente libere da perturbazioni da parte di altri corpi celesti. Ogni parte dello spazio era più o meno simile alle altre: tutto era relativamente omogeneo. Si sapeva che i semi gravitazionali di queste strutture dovevano essere stati piantati all'inizio della storia dell'universo, per svilupparsi poi lentamente. La presunta uniformità della formazione e distribu­zione delle galassie non portò, tuttavia, a richiedere uno studio immediato sulla natura di questi semi.

Alla fine degli anni Settanta, però, si scoprì che alcune zone dell'universo erano praticamente prive di galassie e rappresentavano vaste distese di nulla; inoltre miliardi e miliardi di galassie erano aggregate in immensi superammassi galattici che esercitavano sulle galassie, che si trova­vano a centinaia di milioni di anni - luce di distanza, un'enorme attrazione gravitazionale. La Via Lattea , per esempio, era una di queste vittime galattiche e veniva trascinata a una velocità 600Km/s verso un'enorme superammasso, invisibile e imprevisto. In seguito a questa nuova visione si rese urgente la comprensione del meccanismo che formò le strutture cosmiche dopo il Big Bang. I mas­sicci agglomerati di galassie che si trovano nell'attuale universo devono essere cresciuti da semi cosmici presenti nei primi istanti dell'universo. Questi semi dovrebbero apparire come fluttuazioni nella radiazione di fondo cosmico, fluttuazioni che rappresentano regioni primordiali di densità lievemente maggiore. Queste pieghe nello spazio-tempo avrebbero provocato la condensazione lo­cale di materia sotto l'influenza della gravità, producendo embrioni di galassie e di superammassi di galassie. Eppure semi di tale tipo non erano mai stati visti. La radiazione di fondo cosmico, per quanto era stato possibile determinare, era del tutto uguale a se stessa in ogni direzione. Questo doveva significare una cosa: o le teorie dei cosmologi erano assolutamente sbagliate, o nessuno aveva cercato abbastanza a fondo quei semi.


c)     L'UNIVERSO INFLAZIONARIO


Nel dicembre 1979, Alan Guth propose un'ipotesi che rappresentava un'estensione drammatica della cosmologia del Big Bang, nota come teoria inflazionistica. Guth, infatti, immaginò un Big Bang ultrarapido e ultrabreve nel Big Bang originario, che avrebbe avuto luogo nel primo istante della creazione e che avrebbe stabilito le condizioni per l'evoluzione del cosmo. Tale teoria riusciva a spiegare, tra le altre cose, l'uniformità della radiazione di fondo cosmico e quindi l'omogeneità dell'universo primordiale.

A quel tempo, un attimo dopo il primo istante della creazione (per esempio 10-35 secondi), un brodo di energia primitiva racchiudeva tutta la potenziale massa e radiazione della nostra parte di universo. Esso era distribuito in una piccolissima regione che era un trilionesimo della dimensione di un protone (circa 10-35 centimetri). In pratica ogni cosa era connessa ed equivalente a ogni altra cosa, un'omogeneità primitiva. Nell'universo ebbe allora luogo una incomprensibilmente rapida eruzione di spazio, tale che nell'arco 10-32 secondi la regione si espanse di almeno dieci metri. Poi terminò l'inflazione e quella regione di dieci metri di dimensione continuò ad espandersi a una ve­locità inferiore, tipica del Big Bang classico fino alle sue dimensioni attuali, maggiori di un trilione di anni luce. In quella piccolissima frazione di un secondo, l'universo si espanse di un fattore cento volte maggiore rispetto a quanto è avvenuto nei 15 miliardi di anni successivi. L'omogeneità pre­sente in quella regione, in quel primo istante, si allargò fino a interessare una regione dell'universo assai più ampia di quella che possiamo vedere oggi. Quindi l'inflazione suggerisce che l'iniziale inevitabile omogeneità della materia sia divenuta la condizione universale per mezzo di una cre­scita breve ed esplosiva.

Guth non fu l'unico a giungere a questa soluzione radicale. Simili possibilità vennero ventilate dal giapponese Katsuhiko Sato. Egli comprese una cosa dell'inflazione che Guth, in un primo mo­mento, non era riuscito a vedere: che l'inflazione, che aveva reso uniforme l'universo primitivo, avrebbe prodotto anche piccole fluttuazioni che avrebbero potuto portare alla formazione delle galassie. Una fluttuazione meccanica quantistica, prodotta all'inizio dell'inflazione verrebbe ampliata fino a una lunghezza enorme per mezzo della stessa espansione che rende lo spazio così grande e uniforme. Una piega generata subito dopo l'espansione dell'universo non verrebbe am­pliata così tanto. Se il ritmo dell'espansione dell'universo fosse stato costante, allora le fluttuazioni meccaniche quantistiche, avrebbero tutte la stessa caratteristica altezza di piega, ma presentereb­bero lunghezze molto diverse, a seconda del tempo in cui hanno avuto origine. L'inflazione non elimina le fluttuazioni meccaniche quantistiche, ma le fa diventare increspature macroscopiche, di dimensioni cosmiche, distribuite attraverso lo spazio - tempo. Alcune saranno proprio della dimen­sione giusta da generare le strutture che vediamo oggi, dalle galassie ai superammassi e oltre.

Ma come è avvenuto questo Big Bang all'interno del Big Bang? Come è possibile che nella prima fase di vita dell'universo abbia avuto luogo un'espansione breve ed esplosiva, così diversa dalla normale espansione del Big Bang?

L'universo primordiale era estremamente caldo ed estremamente denso e, quindi, presentava un'alta densità di energia. Se ipotizziamo un enorme ritmo di espansione notiamo che la velocità di espansione dell'universo diminuisce progressivamente a causa dell'attrazione gravitazionale. A meno che lo spazio appena creato non presenti una sua propria densità di energia, sufficiente da superare la densità materia - energia, mantenendo così il processo di espansione ad un ritmo accele­rato. Come avviene tutto questo?

Per trarre ispirazione, Guth si è rivolto alle grandi teorie unificate. Alla fine dell'epoca dei Gut, a 10-34 secondi, la simmetria si rompe e dà luogo a forze elettrodeboli ed elettroforti differenziate. Prima del venir meno di questa simmetria, le forze e la materia erano unificate, fornendo probabil­mente al vuoto primordiale un'enorme densità di energia. Man mano che l'universo si espandeva in questo primo istante, veniva creato più spazio, anch'esso ricco di densità di energia. L'espansione poteva quindi continuare ad un ritmo costante: la dimensione dell'universo poteva raddoppiare circa ogni 10-38 secondi. A quella velocità, in 10-35 secondi le dimensioni dell'universo raddoppiano un migliaio di volte. Mentre potrebbe apparire un valore innocentemente modesto, il raddoppiare un migliaio di volte dimostra la potenza dell'inflazione e in un brevissimo lasso di tempo fa crescere l'universo di 10-30 volte.

Se è così che è iniziata l'inflazione, come è finita? Come è avvenuta la transizione fra un pe­riodo di espansione accelerata e uno di espansione continua, ma in decelerazione? Nel 1982 Paul Steinhardt e Andrea Albrecht dell'Università della Pennsylvania e Andre Linde avanzarono un'ipotesi. Questa transizione è importante poiché la tremenda espansione inflazionistica ha reso lo spazio estremamente freddo e vuoto. Quando la densità di energia nasce dal vuoto, si trasforma in particelle ed energia. A questo punto la gravità comincia a esercitare il suo effetto attrattivo, fa­cendo rallentare gradualmente l'espansione. La forza inflazionistica accelerata, quindi, si inter­rompe. Possiamo ora capire perché il nostro attuale universo si espande: siamo nel periodo succes­sivo alla fase di espansione accelerata.

La teoria inflazionistica, tuttavia, al di là della sua portata e della sua potenza, non poteva mo­strare gli echi distanti di quella creazione che sosteneva in maniera così convincente. Spiegava solo perché la radiazione di fondo cosmico fosse così straordinariamente regolare , come era stato os­servato. Spettava, quindi, agli sperimentatori il compito di trovare nel fondo cosmico i segni di quelle piccolissime perturbazioni che devono esistere se la nostra concezione dell'universo è cor­retta.



d)    ALLA RICERCA DELLE PIEGHE DEL TEMPO: COBE


E fu quello che tentarono di fare grazie anche al perfezionamento delle apparecchiature e l'introduzione dei satelliti artificiali orbitanti intorno alla terra.

Per vent'anni l'astrofisico George Smoot esplorò con il radiotelescopio gli spazi cosmici dalle de­solate pianure di ghiaccio dell'Antartide, dalle cime delle montagne più alte, servendosi di palloni frenati, di aerei spia U2 (specialmente adatti alla ricerca scientifica) e, infine, dal satellite Cobe, di cui lui steso definì il programma.

Il satellite era attrezzato con tre diversi strumenti. Un radiometro a microonde differenziale (DMR = Differential Microwave Radiometer) serviva per operare una mappatura dell'universo quale doveva presentarsi circa trecentomila anni dopo il Big Bang e per cercare i semi cosmici pri­mordiali. Uno spettrometro assoluto nel lontano infrarosso (FIRAS = Far Infrared Absolute Spec­trometer ) doveva misurare la curva dello spettro della radiazione di fondo cosmico. La curva spet­trale, mostrando l'intensità di energia della radiazione a ogni lunghezza d'onda e la sua forma com­plessiva, avrebbe fatto capire se la radiazione era stata prodotta dal Big Bang o da qualcos'altro. L'ultimo esperimento sul fondo infrarosso diffuso (DIRBE = Differenzial Infrared Bakground Ex­periment) doveva studiare il fondo cosmico infrarosso, bagliore di oggetti luminosi primordiali come le prime stelle e galassie che potevano risalire alle prime decine o centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang.

Lo scopo di Cobe doveva essere quello di mettere insieme una serie di "fotografie" del cosmo ap­pena nato, scattate in momenti differenti per mostrare le diverse fasi della sua evoluzione.

Nel 1989 fu lanciato nello spazio. Non molto tempo dopo cominciarono ad arrivare i dati tanto attesi, che confermarono le previsioni fatte molto tempo prima.

La curva della radiazione di fondo coincideva in 67 punti sperimentali con il grafico teorico della radiazione di corpo nero, che mostrava come sarebbe dovuta apparire la radiazione di fondo co­smico se fosse davvero scaturita dal Big Bang.

I primi risultati pervenuti dal radiometro differenziale a microonde, però, non rivelavano l'esistenza delle pieghe, dei semi cosmici dai quali si erano formate le galassie nell'universo pri­mordiale. I dati erano quindi coerenti con il modello semplice del Big Bang; rimaneva aperta la questione dell'origine delle galassie.

Venne proposta in questo periodo, proprio per l'incapacità di rilevare l'anisotropia cosmica, una nuova cosmologia dello stato stazionario in cui la creazione continua di materia ha luogo all'interno di piccoli Big Bang. Secondo questa visione l'universo sarebbe costituito da un numero enorme di grandi regioni di spazio, o "bolle" che si riproducono una dall'altra secondo uno schema ramificato. Ogni "bolla", però, sarebbe in espansione. Quindi l'evoluzione all'interno di ciascuna bolla sarebbe simile a quella proposta dalla teoria del Big Bang. Il grande scoppio iniziale non sarebbe unico, ma ne esisterebbe uno per ogni bolla. Un universo di questo tipo appare evidentemente eterno.

Tuttavia doveva succedere una cosa straordinaria. Il 23 aprile 1992 una scoperta scientifica cam­biò per sempre la nostra visione dell'universo. Quel giorno l'astronomo George Smoot rese pub­blica una notizia straordinaria: il satellite COBE aveva individuato in fondo al cosmo le "pieghe del tempo" da cui sono emerse le stelle, i pianeti, le galassie e tutte le altre complesse e mirabili strutture che oggi osserviamo.

Il risultato indicava che la gravità poteva aver dato forma all'attuale universo dalle minuscole fluttuazioni quantistiche che avevano avuto luogo nella prima frazione di un secondo successiva alla creazione.

L'evoluzione dell'universo è quindi in realtà il cambiamento nella distribuzione della materia nel tempo, passando da un'omogeneità virtuale nell'universo primordiale all'attuale universo grumoso, con la materia che si condensa in galassie, ammassi, superammassi e strutture anche più grandi.

Possiamo vedere l'evoluzione come una serie di transizioni di fase, in cui la materia passa da uno stato all'altro sotto l'influenza di una diminuzione di temperatura (o energia). Tutti conosciamo il processo per cui il vapore raffredandosi si condensa: è una transizione di fase da uno stato gassoso a uno stato liquido. Se la temperatura si riduce ulteriormente e l'acqua alla fine si congela, la tra­smissione di fase è il passaggio dallo stato liquido allo stato solido. Nello stesso modo, dal primo istante del Big Bang, la materia è passata attraverso una serie di transizioni di fase.




e)     L'EVOLUZIONE DELL'UNIVERSO OGGI


A 10-42 secondi dopo il Big Bang, (che avvenne circa 16 miliardi di anni fa) il momento più lon­tano di cui possiamo parlare, tutto l'universo che possiamo osservare oggi era una piccolissima frazione rispetto alla dimensione di un protone. Spazio e tempo erano appena iniziati. Allora la temperatura era di 1032 gradi e le tre forze della natura, elettromagnetismo e forze nucleari deboli e forti, erano fuse in una sola forza. La materia non si differenziava dall'energia e non esistevano le particelle. In 10-34 secondi l'inflazione aveva espanso l'universo (a un ritmo accelerato) di 1030 volte e la temperatura era scesa a 1027 gradi. La forza nucleare forte si era separata e la materia era stata sottoposta alla sua prima fase di transizione prendendo la forma di quark (blocchi costitu­tivi di protoni e neutroni), elettroni e altre particelle fondamentali.

La fase di transazione successiva ha avuto luogo a dieci millesimi di secondo, quando i quark hanno incominciato a unirsi a tre a tre per formare protoni e neutroni (antiprotoni e antineutroni). Poi sono iniziate le annichilazioni delle particelle di materia e antimateria, lasciando alla fine un modesto residuo di materia. Da quel momento tutte le forze della natura erano separate.

Dopo circa un minuto, la temperatura era scesa sufficientemente da consentire a protoni e neutroni di rimanere uniti nel momento della collisione, formando nuclei di idrogeno e di elio che poi com­pongono le stelle. Questo miscuglio di materia e radiazione, che inizialmente presentava la stessa densità dell'acqua, continuò ad espandersi e raffreddarsi per altri trecentomila anni, ma conteneva troppa energia per permettere agli elettroni di rimanere legati ai nuclei di idrogeno e di elio al fine di formare gli atomi. I fotoni energetici avevano poi una serie di interazioni frenetiche con le parti­celle del miscuglio. Fra una interazione e l'altra, i fotoni potevano viaggiare solo per distanze molto brevi. L'universo era essenzialmente opaco.

Quando la temperatura scese a circa 3000 gradi, dopo trecentomila anni, ebbe luogo un'altra ulte­riore transizione di fase. I fotoni non avevano più energia sufficiente per spostare gli elettroni dai nuclei di idrogeno e di elio, così si formarono gli atomi neutri. I fotoni non interagivano più con gli elettroni ed erano liberi di fuggire e spostarsi per lunghi tragitti. Con questa separazione di materia e di radiazione, l'universo divenne trasparente e la radiazione fluì in tutte le direzioni, per attraversare il tempo sotto forma di radiazione di fondo cosmico che vediamo ancora oggi. La radiazione libe­rata in quell'istante ci fornisce un'immagine della distribuzione della materia nell'universo a tre­centomila anni di età. Se tutta la materia fosse stata distribuita in maniera uniforme, il tessuto dello spazio sarebbe stato regolare e l'interazione dei fotoni con le particelle sarebbe stata omogenea, producendo così una radiazione di fondo cosmico uguale ovunque. La scoperta delle pieghe rivela che la materia non era distribuita uniformemente, ovvero esistevano già delle strutture che hanno formato così i semi dai quali si è venuto a creare poi l'universo attuale.

Queste regioni dell'universo con una concentrazione di materia superiore esercitavano una mag­giore attrazione gravitazionale e, quindi, curvavano lo spazio in modo positivo; zone meno dense avevano attrazione gravitazionale inferiore e davano luogo a uno spazio meno curvo. Quando la ra­diazione e la materia si separarono trecentomila anni dopo il Big Bang, il flusso improvviso di fo­toni del fondo cosmico lasciò le tracce di queste distorsioni di spazio, mostrando le pieghe che ve­diamo sulle mappe: la radiazione proveniente da zone più dense appare più fredda del fondo medio, quella da zone meno dense, più calda.

La materia dell'universo è di due tipi, materia oscura e materia visibile, e il loro ruolo nella formazione gravitazionale delle strutture è diverso. La materia oscura, che per sua natura non è in­fluenzata dalla radiazione, ma soggetta alla gravità, avrebbe iniziato a formare strutture assai prima della materia visibile che viene colpita dal flusso energetico dei fotoni. Plasmata dai contorni dello spazio che ha avuto inizio come fluttuazioni di quanti nell'universo inflazionario, la materia oscura potrebbe avere iniziato ad aggregarsi sotto l'influenza della gravità, fin da diecimila anni dopo il Big Bang. A trecentomila anni, la separazione di materia e radiazione ha fatto si che la materia visi­bile potesse essere attratta dalle strutture formate dalla materia oscura. Con l'aggregarsi della mate­ria visibile, si formano anche stelle e galassie.

La scoperta delle pieghe produsse grande sollievo fra i cosmologi. Fred Hoyle una volta so­stenne che la teoria del Big Bang non poteva reggere perché non teneva in considerazione il princi­pio della formazione delle galassie. I risultati di COBE dimostrarono che si sbagliava. L'esistenza delle pieghe nel tempo , così come le vediamo, ci dicono che la teoria del Big Bang, che incorpora l'effetto della gravità, può spiegare non solo la formazione delle galassie, ma anche l'aggregazione, nell'arco di 15 miliardi di anni, di strutture massicce che sappiamo essere presenti nell'attuale uni­verso. Era il trionfo della teoria e delle osservazioni.


f)      LE NOSTRE SPERANZE


Il modello del Big Bang, che tenta di spiegare l'origine e la struttura dell'universo, ha coinvolto il talento di molti individui attraverso più di 150 anni di studi. Molte volte, trovandosi ad affrontare un'opposizione simile a quella di Galileo e Copernico, questi cosmologi usarono un approccio de­duttivo per risolvere la più grande questione nella storia della scienza. Le scoperte e le osservazioni di questi "eminenti eruditi" li obbligarono a tirare le conclusioni a cui poi arrivarono. Tutte le pre­dizioni che la fisica quantistica e la teoria della relatività hanno fatto, riguardanti l'origine e lo stato dell'universo, sono state o osservate e confermate e/o comunque non smentite. Questo essenzial­mente il motivo per cui siamo giunti a questa cosmologia, pienamente confidenti che la nostra scienza e la nostra tecnologia possa tornare indietro nel tempo a 15 miliardi di anni fa e vedere la nascita dell'universo


L'UNIVERSO DEGLI ANTICHI E DEI MEDIOEVALI


Per comprendere la cosmologia odierna bisogna fare un passo indietro e dare uno sguardo a quella che fu la concezione dominante dell'universo per più di tredici secoli, l'universo aristotelico - tolemaico, egregiamente celebrata da Dante nella "Divina Commedia".


a)     I CARATTERI DELL'UNIVERSO ARISTOTELICO-TOLEMAICO E LA LORO GIUSTIFICAZIONE METAFISICA E RELIGIOSA


La cosmologia greco - medioevale concepiva il mondo come sostanzialmente unico, chiuso, fi­nito, fatto di sfere concentriche, geocentrico e diviso in due parti qualitamente distinte.

L'universo degli antichi (o meglio di Aristotele e di Tolomeo (1), che avevano finito per imporre il loro punto di vista alla cultura ufficiale) era unico in quanto pensato come il solo universo esi­stente, e ciò soprattutto in virtù della teoria dei "luoghi naturali" secondo cui ogni materia possibile deve trovarsi concentrata in un determinato posto; chiuso poiché immaginato come una sfera limi­tata dal cielo delle stelle fisse (cui, in seguito, era stato aggiunto il nono cielo o Primo Mobile), oltre il quale non c'era nulla, neanche il vuoto, poiché Aristotele riteneva che ogni cosa è nell'universo, mentre l'universo non è in nessun luogo, potendoci essere luogo e spazio solo in relazione ai corpi. "Fuori" del cosmo si trovava soltanto, come avrebbero detto i cristiani, "il regno dell'onnipossente Iddio". Essendo chiuso, l'universo era anche finito, in quanto l'infinito (2) aristotelicamente par­lando appariva soltanto un'idea e non una realtà attuale.

Tale universo era fatto di sfere concentriche, intese non come puri tracciati matematici, in senso moderno, ma come qualcosa di solido e di reale, su cui erano incastonate le stelle e i pianeti.

Si aveva così , oltre alla sfera delle stelle fisse, i cieli di Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Ve­nere, Sole e Luna. Al di sotto di quest'ultima stava la zona dei quattro elementi, con la terra immo­bile e al centro di tutto (= geocentrismo).

Il mondo aristotelico - tolemaico era inoltre pensato come qualitativamente differenziato in due zone cosmiche ben distinte: una perfetta e l'altra imperfetta. La prima era quella dei cieli o del co­siddetto "mondo sopralunare", formato di un elemento divino, "l'etere", incorruttibile e perenne, il cui unico movimento era di tipo circolare e uniforme (3) senza principio e senza fine, eternamente ritornante su se stesso. La seconda zona era quella del cosiddetto "mondo sublunare", formato dai quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco), aventi ognuno un suo "luogo naturale" e dotati di un moto rettilineo (dal basso verso l'alto o viceversa), che avendo un inizio ed una fine dava origine ai processi di generazione e corruzione.

Questa visione astronomica appariva conforme non solo "al senso comune", ed alla quotidiana constatazione dell'immobilità della terra e del moto dei cieli, ma anche alla mentalità "metafisica" prevalente, portata a concepire il mondo come un organismo gerarchico e finalisticamente ordinato e disposto. La teologia patristica e scolastica aveva poi ulteriormente cristianizzato e "sacralizzato" questa cosmologia, intrecciandola con le dottrine della creazione, dell'incarnazione e della redenzione, che presupponendo la terra come sede privilegiata della storia del mondo e l'uomo come fine della creazione (=antropocentrismo) ben si conciliava con la centralità spaziale ricono­sciuta alla terra (=geocentrismo).

La testimonianza dei sensi, l'autorità di Aristotele, i teoremi della metafisica e la parola di­vina della Bibbia avevano quindi finito per convergere in una comune attestazione della vali­dità assoluta del sistema tolemaico.


b)   LA COSMOLOGIA DANTESCA


Nella "Divina Commedia" di Dante troviamo sintetizzata la visione cosmologica medioevale. Essa è una diretta derivazione della concezione aristotelico - tolemaica filtrata attraverso la rifles­sione operata nella prima metà del XIII scolo da Tommaso d'Aquino; riprende, inoltre, lo spirito della cosmogonia platonica.

Il concetto del tempo come creato dal Demiurgo per mezzo del moto delle sfere e che si realizza soltanto nel corso della vita fisica e mortale, discende senza dubbio dalle speculazioni platoniche. Il Demiurgo e l'idea del Bene, congiunti in un nesso monistico, che a sua volta è estraneo però al pensiero di Platone, formano i primi elementi di definizione filosofica del Dio cristiano, a cui ba­stano per determinarsi pochi attributi più definiti di origine ebraica.

Nella Divina Commedia, e in particolare nella terza cantica, Il Paradiso, gli elementi astrono­mici e cosmologici sono parte integrante della costituzione poetica. In numerosi luoghi del poema, l'Autore presenta situazioni astronomiche ben definite e riconoscibili e ne indica gli influssi sui comportamenti e le sorti degli umani. Astronomia e astrologia sono fusi in un'unica concezione poetica ed esistenziale.

Ciò è tanto più vero nella Cantica del Paradiso, dove le anime appaiano a Dante nei diversi cieli. Ma la cosmologia dantesca è, contemporaneamente, una visione morale del mondo. Per l'Autore, la virtù divina è causa e creazione di tutto ciò che esiste . I cieli e le loro influenze agiscono come cause derivanti dalla creazione. Il loro moto non è un fatto puramente meccanico, ma ad essi presie­dono le singole gerarchie o intelligenze celesti, ognuna per uno specifico cielo. Ogni pianeta e ogni costellazione ha una specifica influenza sulle creature terresti.


Uomo e Dio: Inferno, Purgatorio e Paradiso

Secondo la concezione cosmologica dantesca la terra, creata dalla divinità, come ogni altro ele­mento fisico e metafisico, è una sfera immobile al centro dell'universo ed è circondata da sette pia­neti (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno) dal cielo alle stelle fisse, dal cielo Cri­stallino o Primo Mobile e, infine, dall'empireo (che non è un cielo, anzi non è neppure spazio).

La concezione della centralità della terra è una determinazione della concezione antropologica che voleva l'uomo elemento centrale di tutta la storia, fisica e non, dell'universo: difatti la storia della terra comincia con la nascita dell'uomo e la storia dell'uomo si risolve nella storia dell'incontro dell'uomo e di Dio. In funzione dell'uomo, dunque, si dispiega tutta la storia che alla fine si risolve in una storia di Dio attraverso gli uomini.

Funzionali a questo rapporto Dio - uomo si pongono anche gli angeli, il diavolo, e tutti gli es­seri che solo dall'uomo e dalla sigla che questo dà ad essi, si collocano come cooperatori (e perciò sono positivi) o antitetici (e perciò avversi). E per l'uomo che viva felice Dio crea il paradiso terre­ste, e per l'uomo caduto nel peccato e immediatamente cacciato e privato del paradiso terreste , per redimerlo e consegnarlo alla felicità eterna, Dio, attraverso il Figlio, scende in terra, si fa crocifig­gere, si carica dei peccati dell'uomo e ristabilisce il colloquio tra Dio e l'uomo, che l'uomo, il primo uomo, aveva interrotto.

Si pongono per o contro l'uomo i luoghi che gli si aprono dopo la morte:


Inferno, dove l'uomo viene negato attraverso una degradazione che non conosce limiti tempo­rali;

Purgatorio, dove l'uomo riconquista l'attitudine al pieno godimento della beatitudine;

Paradiso, dove l'uomo è ammesso alla numerosa corte dell'imperatore celeste circondati da angeli e beati.

Anche nell'aldilà l'uomo continua a vivere la sua esistenza che non è di netta spaccatura con l'uomo della terra, ma di continuità e legame: di là difatti gli uomini vedono esaltate, o positiva­mente o negativamente, le loro caratteristiche e sono o interamente beati, ma distinti secondo virtù, o interamente disgraziati, ma divisi e distinti in rapporto ai loro vizi o peccati. La vicenda terrena, dunque, anche sotto l'aspetto cosmologico non si esaurisce dentro il breve e fisico spazio terreno ma si dilata al di là del tempo nell'eternità , mantenendo e conservando quel legame con la divinità

affermata che si pose nel momento dell'intervento creativo, generativo della divinità.


Come per tutti i contemporanei (e per questa parte l'accettazione della cosmologia medievale ri­vista dalla teo­logia è completa) per Dante la terra si divide in due emisferi, di cui il meridio­nale è intera­mente occupato dalle ac­que dell'oceano, il settentrionale quello che ruota attorno al Mediter­raneo, è fatto di terre emerse ed è abitato da­gli uomini. La terra nac­que nel mo­mento in cui Dio creò gli angeli e i cieli. Ma ap­pena creati alcuni angeli si ribellarono, sollecitati da superbia: Dio li espulse e il loro capo, Lucifero, diventò il re di un regno ribaltato e negativo, l'inferno. Scaraven­tati dal cielo i ri­belli precipita­rono verso la terra, che inorridita di do­ver conte­nere nel suo grembo tanto mostro, si ritirò nel settentrione e qui posta fu in seguito popolata dagli uomini. L'emisfero meridionale fu occupato interamente dalle ac­que. Come si vede, anche per questa parte Dante lega la concezione fisica a quella etico - religiosa e la disposizione acqua - terra risponde per lui a sen­sibilità morale: in questo caso Dante innova sulla concezione tolemaica che voleva essere del tutto geografica e fisica. Pertanto dentro la terra, insieme ai suoi compagni di rivolta, Lucifero si conficcò al centro della terra a testa in giù (ad indi­care il ribaltamento morale nascente dal peccato) e in quella posizione starà ancora e vi rimarrà per l'eternità. La testa e il busto si collocarono nell'emisfero settentrionale, il resto del corpo in quello australe. Ma una parte estrema della terra, nonostante l'orrore, dovette subire il contatto con Luci­fero e apertasi in forma di voragine o imbuto rovesciato diede vita all'inferno.

Dalla terra che emerse dallo svuotamento dell'emisfero australe si formò un isola a forma di alta montagna, che si restringe dalla base verso la cima: quell'isola divenne il purgatorio. In origine fu la dimora dei nostri progenitori ma, dopo il peccato e dopo che Caino uccise Abele, gli uomini ne furono espulsi e l'isola fu assegnata alle anime purganti.

La terra, dunque, secondo Dante, contiene oltre il continente emerso e popolato, l'inferno, sotter­raneo, e il purgatorio, l'unica isola dell'oceano. Lungo la stessa linea assiale si dispongono: a) Ge­rusalemme, centro della terra emersa e luogo dove la storia dell'uomo pur essendo in ogni tempo cristiana si può dividere in storia precristiana e storia post-cristiana, anche se questa seconda parte della storia, che è dell'uomo redento, continua per un tempo limitato, fino alla purificazione defini­tiva nel purgatorio; b) Lucifero, attraversato dalla linea ideale nell'ombelico (centro interno della terra); c) il purgatorio o meglio l'albero del bene e del male che si pone al centro del paradiso terre­ste, che dell'isola - montagna occupa la cima. Ancora una volta l'ordinamento topografico si con­figura come disposizione morale. Lucifero è il male e da lui sembrano dipartirsi quasi a ventaglio, per successive e molteplici determinazioni, le varie trasgressioni della legge morale e divina, po­nendosi più vicini all'apertura i peccati più frequenti e meno gravi. Egualmente il purgatorio, par­tendo da una base ampia e stringendosi man mano che si sale verso la cima si dispone in una serie di ripiani tagliati nella montagna tanti quanti i peccati capitali.

Fuori dalla terra, in alto, nel cielo Dante collocò il paradiso, cui si accede passando per nove cieli o stelle o pianeti. Il vero paradiso è l'Empireo, puro pensiero divino, al di fuori dello spazio, e i beati, che vivono la loro beatifica visione della divinità, si dispongono attorno ad essa gerarchica­mente, quasi a comporre un'ideale corte.

I cieli appartengono ancora al mondo della materia, anche se sono formati di quintessenza. Solo l'Empireo è immateriale. Ed immateriale sono anche gli angeli distribuiti gerarchicamente in nove cori. Agli angeli è affidato il compito di dirigere i nove cieli e di comunicare, attraverso gli influssi astrali, le tendenze o caratteri che distinguono creatura da creatura e avviano al proprio destino. Essi fanno muovere l'universo in base alla loro visione di Dio; il moto dei cieli è misurabile dalla rotazione del pianeta ed è causato dal velocissimo movimento del Primo Mobile; quindi è costituito dal moltiplicarsi del primo moto che, a sua volta, è frutto dell'amore di Dio e per Dio, Motore Im­mobile del Tutto.

Le sfere celesti ruotando producono un suono armonioso, segno sonoro dell'ordine cui obbedi­scono. Questa musica non viene avvertita sulla terra dagli uomini per ottundimento dell'udito (tale credenza era anche in Cicerone che ha sua volta l'aveva dedotto da Platone e dai pitagorici). Dante, salendo nei vari cieli, percepisce un'armonia sempre crescente fino a quando è tanto sublime che non la può più sopportare: non ode più nulla.


Razionalità e ordine

La cosmologia dantesca come si vede, con il suo gusto delle rispondenze, dei parallelismi, delle simmetrie, delle proporzioni, per la sua gerarchica distribuzione di pene e premi, per il fatto che di tutto protagonista, insieme con Dio, è l'uomo (vivente in terra, dannato all'inferno, espiante nel purgatorio, beato nel paradiso) risponde ad una forte e precisa legge di razionalità. Dante nei singoli episodi potrà abbandonarsi a motivazioni affettive, a contrasti, a sublimazioni mistiche, ma nel complesso il suo oltremondo è un capolavoro di razionalità, di ordine, di misura, a volte perfino geometrizzante.

La legge universale che regola tutto l'universo spirituale e che si traduce, quindi, in principio morale per il mondo umano naturale, è dunque il principio dell'ordine. Esso significa in primo luogo ordine fisico, cioè collegamento armonico di tutti gli esseri fra loro: e tutti si muovono da Dio, Motore Immobile, a Dio, causa finale.

Fra l'assoluta grandezza e altezza di Dio e la limitatezza e bassezza mondana, sta come ponte provvidenziale, l'incarnazione del verbo, che traduce il disegno ordinato e perfetto nella storia degli uomini e nella morale, quindi nella storia di ogni uomo.


La fine del mondo

Il mondo si dissolverà al momento del GIUDIZIO UNIVERSALE, il giorno nel quale Cristo verrà nuovamente sulla terra per giudicare i vivi e i morti.

I corpi risorgeranno e si ricongiungeranno alle anime. Il purgatorio sparirà, mentre rimarranno per l'eternità il paradiso, sede dei beati, e l'inferno, sede dei dannati.

Con la resurrezione dei corpi cambierà la condizione sia dei dannati sia dei beati. La perfe­zione dell'uomo risiede infatti nell'unione di anima e corpo; l'anima, separata dal corpo, è meno perfetta dell'insieme. Quando saranno uniti, anima e corpo sentiranno maggiormente il bene, nel pa­radiso, e il male nell'inferno.


Il paradiso


- Struttura

Terzo e ultimo dei regni oltremondani, il paradiso dantesco si colloca nei cieli e più esattamente nell'Empireo, al di là e al di sopra dei nove cieli del sistema tolemaico;

proprio perché è nei cieli si dice anche "celeste" per distinguerlo dal paradiso terreste o Eden: luogo questo assegnato ad Adamo ed Eva prima del peccato e, secondo una certa tradizione, alle anime dei giusti morti senza peccato; luogo l'altro ritenuto sede di Dio e della corte celeste, costi­tuita dalle schiere degli angeli e da tutti coloro che, superata con l'aiuto della grazia divina la prova dell'impatto con la terra, godono ora della visione beatifica della divinità. Seduti nei seggi circolar­mente, sì da dare l'impressione di un'amplissima rosa, bianca, candida perché tutti sono vestiti di bianca stola, i beati si dispongono in diverse file, secondo una gerarchia di meriti, come paladini guerrieri della fede, attorno al loro imperatore, o come frati in un grande coro che, seduti sui seggi disposti a varie altezze, cantano le lodi del Signore che a loro si mostra sull'altare.

L'immagine dominante è quella del cerchio, che è figura geometrica allusiva alla perfezione, alla completezza. A quella del cerchio si aggiunge quella verticale della scala, ad indicare sempre allegoricamente il tema ascensionale che caratterizza le anime nel loro progressivo colmarsi di Dio, impadronendosi di Lui per esaltarsi. Il segno concreto di tale beatitudine fatta di contemplazione e di intima intensa gioia è la luce; di luce si avvolgono i beati, fino a perdere dentro di essa ogni ele­mento che richiami la loro figura in terra: sono ora difatti delle sfere di luce; di luce sono fatti i cieli che vanno dalla luna all'Empireo. La luce è qui metafora della vita spirituale, simbolo dell'immaterialità. Solo nel primo cielo, della luna, le anime conservano ancora deboli linee del loro disegno corporeo; negli altri ogni postilla terrena si dissolve e spegne per dare luogo alla figura della sfera (ancora un simbolo di perfezione).

Si presenta dunque fortemente unitario il paradiso, a segnare anche nella sua esteriore compat­tezza l'unitaria convergenza di tutti i beati e di tutti gli angeli, verso Dio, da cui tutto parte e a cui tutto risale: da Lui tutti derivano ogni momento di letizia e di fervore, a Lui poi ridonano il proprio fervido sentire. Ma la garantita unità anche topografica che tutto il paradiso riduceva all'Empireo andava a scapito della varietà e della molteplicità di situazioni che caratterizzavano i due mondi su­perati: "un simile paradiso, nella sua unità materiale e spirituale, rendeva impossibile una ricchezza di scene e dialoghi successivi, poeticamente e dottrinalmente interessanti, quali ci offrono le prime due cantiche. Per farlo Dante avrebbe dovuto rappresentare la reggia di Dio come una vera reggia, con varie sale , corti, giardini. Troppo alto e squisito poeta egli era per poter immaginare di rappre­sentare sé e Beatrice aggirantisi per le scale del Paradiso a intesser colloqui or con questo or con quello spirito, distraendolo per alcun tempo dalla visione di Dio, e distraendosene egli stesso. D'altra parte questo era un rinunziare alla simmetria con le altre due cantiche, non solo formale, ma sostanziale; ché rinunzia sostanziale sarebbe stato il togliere alla terza cantica il suo carattere di trattato di teologia. A ciò fu rimedio il popolare di anime, con un pretesto qualsiasi, i pianeti che si dovevano attraversare per salire all'Empireo. E, una volta stabilito di popolare i pianeti, poté sem­brare opportuno al poeta immaginare che discendessero in ciascuno quelle anime che ne avevano subito gli influssi, e dare così anche un piccolo saggio di classificazione astrologica (M. Porena, in­trod. al Commento alla D.C., ed Zanichelli).

Da questa esigenza oltre che dottrinale anche poetica, discese in Dante la creazione di un se­condo, momentaneo (durava solo il tempo, brevissimo, della permanenza del poeta e della guida nel cielo che si attraversava) paradiso, quasi perfezione e anticipazione di quello che è il vero para­diso. Le anime, dunque, per dare modo a Dante - creatura terrena e portatrice di tutti i limiti fisici e morali che gli discendevano dalla terrestrità - di poter godere della beatitudine del paradiso, obbe­dendo ad un ordine del Creatore, mosse da spirito di carità, da una irrefrenabile atto d'amore, scen­devano dai gradini occupati nella candida rosa, nella Luna o in Mercurio o in Giove. E non a caso : comparivano nei singoli cieli gli spiriti che durante la permanenza terrena avevano, più profondo e dominante, avvertito il segno di quel cielo. Così nella luna discendevano e a Dante si mostravano e con lui parlavano le anime di coloro che nascendo erano state impresse dall'influenza della Luna e ugualmente avveniva per ogni cielo. Esistono infatti precisi rapporti simbolici fra cieli e virtù e a questi si uniscono in perfetta assonanza le gerarchie angeliche e le arti:



Cielo

Potenze

anime

Come appaiono le anime

Arti

Luna: ispira

l'incostanza dei

comportamenti

Angeli:

proteggono

i singoli uomini

mancarono ai

voti

immagini tenuemente

luminose che conservano tracce di sembianze umane

Grammatica

Mercurio

dona l'amore

per la gloria

terrena

Arcangeli:

incaricati dei

grandi

compiti


spiriti tesi al

consegui­mento

della gloria

terrena


spiriti splendenti che cantano e dan­zano e si celano nel proprio splen­dore

Dialettica

Venere: dona la tendenza all'amore

Principati:

governano le

potenze

terrene

spiriti amanti

splendori che si muovono più o meno velocemente a seconda del loro grado di visione di Dio

Retorica

Sole: rende

sapienti gli

spiriti

Podestà:

combattono nella

lotta fra Bene e

Male

spiriti

sapienti

luci che cantano e danzano e for­mano tre corone concentriche

Aritmetica

Marte

influisce sugli

spiriti militanti

Virtù:

governano  grandi muta­menti storici

combattenti per la fede e i

martiri

punti luminosi che formano una croce in cui lampeggia Cristo

Musica

Giove: rende

le anime giuste

e pie

Dominazioni: mediano sulla terra il potere di Dio sul tempo

spiriti giusti

splendori che cantando formano le lettere della scritta DILIGITE IU­STITIAM QUI IUDICATIS TER­RAM, poi si raccolgono nella M dell'ultima parola che si trasforma, mentre si aggiungono altre anime in un aquila araldica , simbolo dell'impero

Geometrica

Saturno: ispira il desiderio di raccoglimento

Troni:

mediazione della giustizia

spiriti

contemplativi

Dal cielo di Saturno si alza verso l'Empireo una scala di luce lungo la quale salgono e scendono o si sof­fermano sui diversi gradini gli splendori delle anime

Astronomia

Stelle fisse

Cherubini:

mediazione della sapienza divina tra finito e infinito

spiriti

trionfanti

Luci accese dal sole di Cristo; at­torno alla più luminosa di esse fa co­rona di luce cantando l'angelo Ga­briele: i beati salgono all'Empireo

Fisica e

Metafisica

1° Mobile o

Cristallino

Serafini:

mediazione della carità di­vina tra finito e infinito

i nove cori angelici

nove cerchi luminosi che ruotano a velocità diverse attorno a Dio, che è un punto matematico di grandissima luminosità

Morale

Empireo





Tutti i beati e tutti gli an­geli

I beati si presentano come un fiume di luce da cui emergono e in cui si immergono le faville degli angeli; poi lo spettacolo muta e Dante vede le anime disposte a formare un an­fiteatro candido per il colore delle vesti delle anime: è la candida rosa, in mezzo a cui, come api, volano gli angeli




Assolto il loro compito le anime ritornavano nel paradiso, a rioccupare il seggio a ciascuna di loro assegnato nella candida rosa. Ma questo dei cieli era un paradiso del tutto funzionale a Dante, alle sue limitate capacità , alle sue necessità poetiche: un paradiso che preparava il pellegrino alla visione unitaria del trionfo della trinità nell'Empireo. E ternario in corrispondenza con la trinità di­vina è anche il ritmo delle parti dell'Empireo: anche qui prevale l'allegoria del tre. Tre difatti sono le persone della Trinità e tre sono i protagonisti dell'Empireo: gli angeli (la moltitudine volante degli angeli), i beati dell'antico e del nuovo testamento raccolti unitariamente, ma con il rispetto della gerarchia, nella candida rosa ('l convento de le bianche stole) ed infine la divinità (l'alto lume). Tre erano le parti dominanti nell'inferno (antinferno, alto inferno, basso inferno) e nel pur­gatorio (antipurgatorio, purgatorio, paradiso terreste). Anche la corrispondenza simmetrica è sempre espressione di una legge che tutto contiene , armonizza , unifica. Di qui l'unico asse che lega tutto l'universo dalla voragine infernale al monte del purgatorio, e Dio.


- Ordinamento morale                   

" Un ordinamento morale compiuto del paradiso si può dedurre solo dalle apparizioni dei beati nelle sfere celesti, nelle quali essi si mostrano per far conoscere a Dante il loro posto. A tutti loro è comune la beatitudine della vista di Dio, la visio dei, in cui trovano tutti la pace ; ma la natura della visione è diversa ed estremamente individuale, per loro come del resto per le "altre schiere", gli angeli, poiché essa dipende dalla grazia. Nessuno è in grado di conoscerlo pienamente, neppure Ma­ria e gli ordini supremi degli angeli; solo egli stesso si vede e si penetra totalmente. La diversa mi­sura della visione procede dalla grazia al cui acquisto il merito è una condizione necessaria, ma da sola non sufficiente; essa è volontaria e supera ogni merito, ma accettarla è meritevole perché con­forme alla volontà di accoglierla.

La grazia genera la visione, dalla visione sgorga la misura del celeste fuoco d'amore, della cari­tas patriae, e questo si manifesta nel grado di luce che irraggia dall'anima.

Per mostrare in forma concreta a sé e ai suoi lettori questo ordinamento estremamente sottile, che in ultima analisi si manifesta con effetti particolari in ogni anima, Dante si rifà alle tradizioni astro­logiche della tarda antichità. Poiché la preparazione all'acquisto della grazia consiste nella virtù, e questa nasce dall'amore terreno di Dio, dalla caritas viae, poiché inoltre questo amore viene deter­minato nella sua particolare direzione dalla disposizione naturale, cioè dall'influsso delle stelle , e il retto amore , la virtù, è un uso retto e misurato che l'anima rationalis fa delle sue disposizioni na­turali, Dante trovò nel criterio astrologico delle disposizioni naturali un ordinamento del paradiso nel senso della dottrina dell'amore, che conservava la molteplicità de caratteri umani nell'eterna ge­rarchia del regno di Dio" (E. Auerbach, in Studi su Dante, Milano, 1963). E si osserva la grande e molteplice strategia che religiosamente muove ogni forza fisica o metafisica proprio in questa com­partecipazione estremamente coerente di tutte le forze operanti nel creato ad un destino di ordine che è la legge dell'universo, e di salvezza, che è fine dell'uomo, sia come singolo sia come unità di una società: nello stesso ordine convergono i moti politici, la collaborazione fra due supreme auto­rità, i libri della Sacra Scrittura, i testi dei mistici e dei teologi, la poesia dei trovatori e degli stilno­visti , il mondo terreno, la vicenda storica. Tutto si colloca davanti a Dio ed ha ugualmente diritto ad essere giudicato, punito, premiato, sublimato; di fronte all'eterno il fatto di cronaca ha lo stesso peso ideale che il grande evento che investe l'impero. Nello stesso tempo e nello stesso canto si collocano il grande Giustiniano, cui va il merito di aver dato ordine alle leggi e di aver creato il grande codice romano, e l'umile Romeo; che vive alla corte di Provenza ed è protagonista di un modesto fatto di cronaca ed ugualmente si trovano insieme l'imperatrice Costanza e la pudica Pic­carda , la cui vicenda poté interessare due o tre famiglie fiorentine.

All'aldilà si lega il mondo terreno, non solo perché lì convergono coloro che si salvano e verso terra si proiettano le influenze celesti, ma anche perché il beato gode della sua condizione di letizia paradisiaca per quello che in terra fece e di sé lasciò come testimonianza: le due vicende, terrena e oltremondana, non sono dunque separabili come pure si legano il finito e l'infinito, il tempo e l'eternità. E tutto questo, se è chiaramente individuabile nei due regni dell'inferno e del purgatorio, è un momento caratteristico del paradiso. Di qui, nell'ascesa verso l'Empireo, la presenza degli in­teressi terreni, che si esprime prima di tutto nelle domande che il pellegrino pone su problemi che sono in stretto rapporto con momenti di vita morale e intellettuale. A soddisfare il desiderio cono­scitivo di Dante si muovono tutte le anime, caritativamente pronte e sollecite. Da una chiara cono­scenza e soluzione dei problemi, infatti, dipende anche la felicità degli uomini, la loro possibilità di evitare gli errori e di prepararsi all'ordine del paradiso. Anche per questa ragione - di apertura verso i temi della società - gli incontri di Dante con le anime non hanno carattere di intimità: si parla della decadenza dell'impero e della Chiesa, si inveisce contro la turpitudine di molti monaci, si lamenta il progressivo deterioramento del costume delle antiche famiglie. La mira è grande ed abbraccia su­preme autorità e soprattutto la società perché ritorni ai grandi valori e riedifichi in sé e negli ordi­namenti sociali l'ispirazione che ad essa giunge dai testi sacri. Anche i mistici, che trovano la loro felicità nel distacco dalle cose terrene e nella visione integrale della divinità sono lì ad indicare che l'uomo, che si inabissa in Dio e rinuncia a se stesso, si conquista nella sua vera ed autentica libertà. Il paradiso è, sotto questo aspetto, la celebrazione dell'intervento provvidenziale della divinità nella storia di tutta l'umanità, ma è anche il regno dell'assoluto a descrivere il quale Dante si impegna in un compito titanico, in un tentativo di rendere espressivo ciò che teologicamente si dice ineffabile , di dare concretezza ad un mondo fatto di luce.



UN UNIVERSO INFINITO


IL "DE RERUM NATURA DI LUCREZIO


a)     L'ANTICA GRECIA: DUE CONCEZIONI DIVERSE


Nell'antica Grecia contro il sistema aristotelico - tolemaico si elevò la dottrina degli atomisti Leucippo e Democrito, ripresa successivamente da Epicuro, che ritennero l'universo decentrato, infinito ed infinitamente popolato.

Purtroppo poco ci rimane della loro opera, anche perché nel Medioevo questa visione del mondo avrà scarsa fortuna a causa delle sue implicazioni religiose.

L'atomismo di Democrito rappresenta, infatti, la prima e radicale forma di materialismo dell'antichità, intendendo per materialismo filosofico la concezione secondo cui la materia (insieme con il vuoto) costituisce l'unica sostanza e l'unica causa delle cose. Connesso a tale materialismo è l'ateismo. Pur ammettendo in qualche modo gli dei, Democrito ritiene che alla base del mondo non vi sia alcuna intelligenza. Tutto ciò che esiste è il frutto del caso e della necessità, nel senso che il cosmo, pur essendo il frutto di cause naturali ben precise, opera al di fuori di ogni programmazione o predeterminazione qualsiasi. Proprio per questo suo carattere, che esclude ogni nozione di fine, scopo, progetto divino, questa dottrina verrà rigettata nel Medioevo, che sarà dominato dalla visione cristiana dell'esistenza.

Rimane, però, a testimoniare questa concezione del mondo, il capolavoro poetico - filosofico di Tito Lucrezio Caro: "Il De Rerum Natura". Infatti Lucrezio si rifà, esplicitamente ad Epicuro, di cui vuole divulgare l'insegnamento.


b)   COSMOLOGIA DEL "DE RERUM NATURA"


Punto di partenza del poema di Lucrezio è la spiegazione atomistica della genesi del cosmo, che si basa sul principio che nulla può mai essere creato dal nulla per intervento divino: tutto infatti si origina da precisi semi e a poco a poco cresce con proprie caratteristiche. Nello stesso modo nulla ritorna al nulla: nascita, accrescimento e morte delle cose come di tutto l'universo, derivano da aggregazione e disgregazione della materia eterna, che è costituita da corpi minimi e invisi­bili.


Gli atomi e il vuoto: il clinamen

E' evidente che esistono cose che non vediamo, ma che percepiamo chiaramente: il vento, gli odori, il caldo, il freddo, il suono, che sono corpi perché agiscono sui nostri sensi.

Esistono dunque gli atomi solidi, ma non tutto è materia: esiste anche il vuoto (inane), intangi­bile, incorporeo, indispensabile per il movimento.

Nient'altro c'è in natura che materia o vuoto; essi si mescolano e più un corpo contiene vuoto, più è esposto alla distruzione. I corpi primordiali, gli atomi, sono invece solidissimi ed eterni, im­mutabili e indivisibili (secondo l'etimologia stessa di "a - tomo" che dal greco significa "non - di­visibile") per quanto composti di particelle inscindibili fra loro e a loro volta indivisibili.

Quest'ultima caratteristica, attribuita loro da Lucrezio, risale ad Epicuro e non a Democrito. Epi­curo ritiene, infatti, che gli atomi, pur essendo fisicamente ed ontologicamente indivisibili, come pensava Democrito, siano in più logicamente e mentalmente divisibili in frammenti o "parti" di grandezza inferiore - i cosiddetti "minimi" - i quali a loro volta, non risultano più divisibili nem­meno dal punto di vista teorico.

Le cose nascono e periscono in conseguenza del moto incessante degli atomi, in un'alterna vi­cenda di vita e di morte. Urti e rimbalzi continui degli atomi li portano ad aggregarsi fra loro e a fuggire lontano, in un eterno agitarsi di cui ci può fornire un'immagine il pulviscolo atmosferico che vediamo turbinare in un raggio di sole filtrato in una stanza scura. La velocità di quel movi­mento è grandissima.

Il movimento non può che avvenire dall'alto verso il basso, a causa del peso degli atomi.

L'introduzione del peso risale ad Epicuro e non a Democrito. Infatti, mentre per quest'ultimo gli atomi hanno come proprietà strutturale il movimento (il quale rappresenta un dato originario della materia, che non ha bisogno di essere "dedotto") che li fa volteggiare caoticamente in tutte le dire­zioni, Epicuro per "spiegare" il moto ricorre invece a peso, il quale fa sì che gli atomi "cadano nel vuoto in linea retta e con la stessa velocità". Da ciò la formulazione di un'idea completamente as­sente in Democrito: quella del "clinamen".

La teoria del clinamen (termine latino con cui Lucrezio traduce il vocabolo greco parenklisis = deviazione, declinazione) viene escogitata da Epicuro per rendere possibile l'urto degli atomi. In­fatti, se gli atomi cadono perpendicolarmente nel vuoto alla stessa velocità, ci si può chiedere per­ché non cadano sempre lungo rette parallele (ovvero senza incontrarsi). Per risolvere le difficoltà Epicuro parla di una declinazione casuale e spontanea degli atomi dalla loro traiettoria , grazie a cui avviene l'incontro, e perciò l'interazione, fra atomi. Tale dottrina non fu elaborata solo per ragioni fisiche, ma anche (e forse soprattutto) per ragioni etiche. Infatti, una fisica come quella dell'atomismo poteva portare diritto al determinismo e quindi alla negazione di ogni forma di li­bertà. Invece, l'ipotesi della causalità degli incontri atomici finiva per introdurre, nella realtà, un elemento di indeterminazione e di spontaneità conciliabile (almeno così sembra) con l'agire libero e spontaneo dell'uomo.

Gli atomi, comunque, oltre ad essere caratterizzati dal peso, hanno una molteplicità di forme, (come prova la diversità degli esseri appartenenti ad una stessa specie) ma non infinite, come non può essere infinita la loro grandezza. Infiniti sono invece gli atomi simili fra loro, dato che infinita è la materia nel suo complesso.

Riassumendo, gli atomi di Lucrezio, e quindi di Epicuro, hanno tre caratteristiche: forma, gran­dezza e peso; Democrito, invece, aveva distinto gli atomi secondo forma, grandezza, ordine e posi­zione.


Il cosmo infinito e gli dei

Dato che gli atomi sono eterni, tutta la materia è eterna nel suo continuo movimento e tutto sot­tostà a continui cicli di nascita, decadimento e morte, a seconda che gli atomi si aggreghino o si di­sgreghino.

Il cosmo, quindi, è nato dalla innumerevole combinazione degli atomi infiniti nel vuoto infinito, per una libera e occasionale inclinazione (il clinamen) della direttrice di caduta del loro moto velo­cissimo; è destinato a dissolversi, ma gli atomi, incorruttibili ed eterni, principio e termine di tute le cose le cose, daranno origine ad aggregati diversi, in una vicenda che supera i confini dello spazio e del tempo.

Lucrezio, con ragionamento incalzante e varie argomentazioni, insiste sulla necessità di ricono­scere l'infinità del tutto, dell'universo come degli atomi che vi volteggiano incessantemente, deri­dendo chi avanza l'ipotesi che la terra si trovi in una posizione centrale ad esso. L'universo è infi­nito perché non può avere un'estremità; infatti un'estremità indicherebbe la presenza di qualcosa al di là di esso che lo delimiti; ma questo non può essere. Dovunque ci si collochi, l'universo si stende ugualmente infinito. Lucrezio cerca di evidenziare visivamente questo concetto con il paragone immaginario dell'arciere, che, giunto correndo ai supposti confini dell'universo, scaglia un dardo. Due sono le possibilità: che il dardo voli lontano o che trovi un ostacolo. In entrambi i casi appare evidente che non è stato lanciato dai confini dell'universo, i quali, anche in una corsa infinita, non potrebbero essere raggiunti.

Tutto ciò che non ha una linea che lo circoscriva, non ha un fondo dove la materia possa ammassarsi. Sempre e dovunque le cose si creano in modo eterno e gli atomi si rinnovano nel loro continuo precipitare verticalmente dall'alto verso il basso; materia e vuoto si delimitano a vicenda, ma l'infinito non ha limite e fornisce eternamente materia per rinnovare le cose, attraverso moti, rimbalzi, urti e aggregazioni degli atomi.

Non bisogna credere, quindi, che tutto tenda verso il centro dell'universo. Infatti l'universo, es­sendo infinito, non può avere un centro, né la materia potrebbe sostare in qualche luogo priva di quel movimento da cui si genera ogni cosa.

Nell'universo, che è infinito, quindi, non è verosimile che nel turbino di atomi in libero movi­mento non avvengano combinazioni simili a quelle del nostro mondo, e non esistano perciò altre terre, altri cieli, altri uomini, altri animali: Lucrezio sostiene l'esistenza di infiniti mondi popolati come la terra.

E tutto ciò che avviene nell'universo accade naturalmente, senza l'intervento di superbi tiranni: in nome degli dei, che vivono una vita eternamente serena, chi mai potrebbe reggere quest'universo infinito e preoccuparsi di intervenirvi continuamente?

E poiché i mondi sono infiniti, la terra non occupa una posizione privilegiata nell'universo, né tantomeno gli uomini: Lucrezio è sicuro che il mondo non è stato preparato per gli uomini dagli dei. Perché essi che godevano da lungo tempo di serena beatitudine avrebbero ad un certo punto de­ciso di intraprendere qualcosa a nostro favore? E che favore era per noi nascere? E quale modello avrebbero potuto seguire per creare l'uomo?

Anche ignorando i principi delle cose, Lucrezio, dalla semplice osservazione dei fenomeni cele­sti, potrebbe dimostrare che la natura non è stata predisposta per noi dagli dei, tanto è colma di ca­renze. Solo un terzo della terra è adatto alla vita umana, ma anch'esso richiede l'assidua opera di coltivazione dell'uomo, che si vede poi minacciato da intemperie, animali feroci, malattia, morte precoce; il neonato è come un naufrago gettato sulla riva dai marosi, nudo, indifeso. Al contrario gli animali domestici selvatici nascono e crescono senza pene, perché a loro la natura offre tutto ciò di cui necessitano. L'uomo è fragile, una specie tra le altre specie viventi, nei desideri e nelle neces­sità, nelle difficoltà, nei dolori e nei drammi dell'esistenza. E' debole e vulnerabile -si pensi alle malattie, alle calamità naturali, alla morte- come gli altri animali, e come quelli è di istinto brutale e spietato.

L'uomo è nato dalla terra, cioè dalla materia, e il suo sviluppo è dovuto esclusivamente ai bi­sogni che via via si presentano: l'età dell'oro, i SATURNIA REGNA, gli interventi divini, non sono altro che belle favole.

Le divinità abitano gli spazi intermundia in sereno distacco dall'uomo e dal suo mondo. Essi sono estranei alla creazione del mondo, che esiste per i suoi intrinseci meccanismi atomici, non è destinato all'uomo (ben lontano dall'essere la creatura privilegiata) ed è soggetto a deperimento e morte come qualsiasi cosa naturale.

In Lucrezio, come negli atomisti, di cui è l'altoparlante, l'origine delle cose è dunque fisica: tutto è corpo, tutto si genera dalla natura, nulla finisce nel nulla poiché la materia è eterna, di cui il prin­cipio è l'atomo, che non ha colore, né odore, né sapore, né suono, né calore, né freddo. Quindi la sensibilità si genera dall'insensibilità, l'infinito è dovunque e infiniti sono i mondi che si formano e si dissolvono.

Pertanto la nostra terra come si è sviluppata così inevitabilmente perirà. Gli atomi si uniscono ed è la vita; si scompongono ed è la morte.

Il cosmo non è quindi soggetto ad alcun ordine provvidenzialistico, come invece lo sarà quello di Dante.


La nascita dell'universo


Dal "De Rerum Natura" di Lucrezio Caro, Liber quintus versi 416 - 448


Sed quibus ille modis coniectus materiai

fundarit terram et caelum pontique profunda,

solis lunai cursus, ex ordine ponam.

nam certe neque consilio primordia rerum

ordine se suo quaeque sagaci mente locarunt

nec quos quaeque darent motus pepigere profecto,

sed quia multa modis multis primordia rerum

ex infinito iam tempore percita plagis

ponderibusque suis consuerunt concita ferri

omnimodisque coire atque omnia pertemptare

quaecumque inter se possent congressa creare,

propterea fit uti magnum vulgata per aevum

omne genus coetus et motus experiundo

tandem conveniant ea quae convecta repente

magnarum rerum fiunt exordia saepe,

terrai maris et caeli generisque animantum;

Hic neque tum solis rota cerni lumine largo

altivolans poterat nec magni sidera mundi

nec mare nec caelum nec denique terra neque aer

nec simili nostris rebus res ulla videri,

sed nova tempestas quaedam molesque coorta

omne genus de principiis, discordia quorum

intervalla vias conexus pondera plagas

concursus motus turbabat proelia miscens,

propter dissimilis formas variasque figuras

quod non omnia sic poterant coniuncta manere

nec motus inter sese dare convenientis.

Diffugere inde loci partes coepere paresque

cum paribus iungi res et discludere mundum

membraque dividere et magnas disponere partis,

hoc est, a terris altum secernere caelum,

et sorsum mare, uti secreto umore pateret,

sorsus item puri secretique aetheris ignes".


("Come fu che da un cieco accozzo di atomi

nacque la terra e il cielo e il mare profondo

e il sole e la luna e il loro cammino

adesso ti spiego. Gli atomi certo

non si disposero in ordine

né per volere né per fisso disegno

né s'accordaron fra loro sui moti,

che avrebbe ciascuno impresso al suo corso.

Ma in mille maniere da tempo infinito

muovendosi, gli atomi urtati da colpi

e spinti e portati dallo stesso lor peso,

in mille maniere si unirono

tentando, aggruppati, forme di vita:

accadde così che agitati nel tempo,

provando ogni specie d'incontro e di moto,

pervennero infine a quel nesso improvviso,

a questa che fu la materia dei mondi,

cioè della terra e del mare e del cielo

e del genere umano e animale.

Il disco solare che incendia volando lo spazio

prima d'allora non c'era.

Il mare, il cielo, la terra, l'aria, le stelle

non c'erano: neppure una cosa di queste

che sono nel mondo. Ma un turbine uniforme

batteva il vuoto degli atomi, ne urtava

l'intreccio, i colpi, i pesi, i moti compatti:

come guerra discorde corpi sbandati

mischiava chiudeva le soste, le vie

a impossibili eventi: finché

da quel turbine irruppe una massa distinta

e il mondo si aperse:

il cielo si alzò sulla terra, il mare

si estese disciolto dagli atomi d'acqua,

i fuochi fissarono in alto i muti splendori")


VERSO LA QUESTIONE SUPREMA


In questo lungo percorso che l'uomo ha fatto nell'arco dei secoli per cercare di darsi una spiega­zione sulle origini dell'universo, molteplici sono state le ipotesi avanzate. Il postulare un inizio nello spazio e nel tempo poneva certamente dei problemi, che alcuni hanno cercato di scavalcare ammettendo l'eternità del tutto.

Per Lucrezio il principio di tutte le cose è l'atomo e l'universo è dato dall'aggregazione degli atomi che sono eterni; quindi non è governato da una divinità, non è ordinato a qualche fine: do­mina il caso. L'uomo è una specie tra le altre specie viventi.

Invece per Dante il mondo è stato creato dalla Provvidenza divina per un atto d'amore; l'uomo è il fine della creazione.

Oggi siamo riusciti a spiegare l'origine dell'universo fino a pochi istanti dopo il Big Bang. Re­stano aperte, tuttavia, alcune questioni:

chi ha causato il Big Bang?

che cosa c'era prima del Big Bang?

Le domande sui "perché" non sono tipiche della ricerca scientifica e rimarranno sempre nell'ambito della filosofia e della teologia.

Tuttavia l'idea che, man mano che ci si avvicina al momento del Big Bang, i costituenti e le leggi dell'universo diventano sempre più semplici, incoraggia la nostra fiducia nella possibilità di comprendere, un giorno, l'essenza della creazione.



Note

La nascita della cosmologia scientifica    

. Nel 1905 Einstein formulò la "Teoria della relatività ristretta" e nel 1915 la "Teoria della relati­vità generale".

Effetto Doppler - Modificazione della frequenza misurata per un fenomeno ondulatorio (suono, luce e altre radiazioni elettromagnetiche) dovuta dal moto relativo della sorgente rispetto all'osservatore. In acustica il fenomeno si osserva comunemente: una sorgente sonora (p.e. il clac­son di un'automobile) che prima si avvicini e poi si allontani dall'osservatore, che invia un suono che risulta dapprima più acuto e poi più grave rispetto a quello effettivamente emesso, con una bru­sca diminuzione di tonalità al momento del passaggio all'altezza dell'osservatore. Il fenomeno è dovuto al fatto che le onde percepite si susseguono con maggior frequenza se c'è un avvicinamento; se c'è un allontanamento si susseguono con frequenza minore.

Hubble scoprì che la velocità di allontanamento delle galassie è direttamente proporzionale alla loro distanza, quindi il rapporto tra velocità e distanza e costante

v/d = K dove K è la costante di Hubble.

Ai suoi tempi Hubble aveva valutato K = 300 Km/ sMpc.

Attualmente si crede che il valore di K oscilli tra 50 e 100 Km/sMpc

Le radiogalassie sono galassie primitive, in quanto osservate nell'universo lontano.

Sono state catalogate, insieme a quasar e oggetti B.L.Lacertae, sotto nome di galassie attive, in quanto emettono una quantità di radiazioni molto superiore alla norma.

Si manifestano otticamente come delle galassie a spirale. La forte emissione di radiazioni in gene­rale, e in particolare di onde radio, fa ritenere che queste galassie si trovino in una fase della loro esistenza in cui stanno avvenendo fenomeni molto energetici (si pensa che nel loro nucleo si stia ve­rificando l'esplosione di una supernova).



L'universo degli antichi e dei medievali : La "Divina Commedia"


1- Aristotele precisa la sua concezione dell'universo nel "De Coelo" e nel "De Mundo"; Tolomeo nell'"Almagesto".

2- Per Aristotele il mondo è finito; infinito significa infatti incompiuto: è infinito ciò che manca di qualcosa, quindi ciò a cui può essere aggiunto sempre qualcosa di nuovo. Il mondo invece non manca di nulla : esso è dunque finito.

D'altronde, nessuna cosa reale può essere infinita, secondo Aristotele. Ogni cosa esiste infatti in uno spazio, e ogni spazio ha un centro, un basso, un alto e un limite estremo. Ma nell'infinito non può esistere né un centro, né un alto, né un basso e né un limite. Quindi nessuna realtà fisica è real­mente infinita. La sfera delle stelle fisse segna perciò i limiti dell'universo, limiti al di là dei quali non c'è spazio. Nessun volume determinato può essere maggiore del volume di questa sfera, nes­suna linea può protarsi al di la del suo diametro. Da ciò deriva che non possono esistere altri mondi al di là del nostro

3- Secondo Aristotele il movimento circolare è un movimento perfetto in quanto non ha contrari, non ha principio né fine; per questo le sostanze che si muovono con questa specie di movimento sono di necessità immutabili, ingenerabili e incorruttibili.

Aristotele ritiene che l'etere, elemento che compone i corpi celesti, è l'unico che si muove di mo­vimento circolare

Glossario


Glossario Scientifico


Anno - luce: la distanza precorsa dalla luce nel vuoto in un anno (9,4605 x1012 Km )

Antiparticella: particella elementare avente massa uguale, ma altre caratteristiche       intrinseche (p.e. la carica) opposta a quella di particelle più comuni La meccanica quantistica aveva teorica­mente previsto (P.A.M., Dirac, 1931), per ogni particella elementare, l'esistenza di un'antiparticella; sperimentalmente, nel 1932 è stato scoperto l'antielettrone (o elettrone positivo o positrone) e soltanto nel 1936 l'antiprotone (cioè il protone con carica negativa).

Nel nostro mondo fisico, le particelle sono di gran lunga più numerose delle antiparticelle , e ciò comporta che la vita media di queste ultime sia brevissima; infatti, quando particelle e antiparticelle si incontrano, avviene il fenomeno della annichilazione, cioè entrambe scompaiano e l'energia cor­rispondente (E = mc2, secondo la relazione di Einstein) si manifesta sotto altra forma (p.e con la formazione di due fotoni nel caso dell'annichilazione elettrone - positrone). È tuttavia ipotizzabile un mondo di antimateria, costituito cioè tutto di antiparticelle, retto dalle stesse leggi del nostro; in essa sarebbero le nostre particelle (protone, elettrone) ad avere vita più breve.

Astrofisica: ramo dell'astronomia che studia la struttura fisica dei corpi celesti e ne determina massa e dimensioni, formazione ed evoluzione.

Atomo: la più piccola particella di un elemento capace di conservarne le caratteristiche chimiche. Esso è costituito da un nucleo centrale, attorno al quale ruotano .particelle chiamate elettroni. Il nucleo dell'atomo contiene un certo numero di neutroni e protoni.

Big Bang: grande esplosione dalla quale, secondo le teorie più recenti, ha avuto origine l'universo.

Big Crunch: grande collisione con la quale potrebbe aver fine l'universo.

Campo: qualcosa che ha un'estensione nello spazio e nel tempo, diversamente da una particella, che esiste solo in un punto.

Campo magnetico: il campo responsabile delle forze magnetiche, ora incorporato assieme al campo elettrico, nel campo elettromagnetico. E' una regione nello spazio nella quale si manifestano azioni magnetiche dovute a interazione tra dipoli magnetici oppure generate da conduttori percorsi da corrente elettrica.

Conservazione dell'energia: la legge della scienza la quale dice che l'energia (o il suo equiva­lente in massa) non può essere né creata né distrutta, ma solo trasformata.

Costante cosmologia: espediente matematico usato da Einstein nel tentativo di costruire un mo­dello statico dell'universo.

Curvatura dello spazio: le leggi secondo le quali i corpi solidi si dispongono nello spazio e non concordano esattamente con le leggi spaziali della geometria euclidea. I concetti di rette e piano perdono in fisica il loro esatto significato.

Elettrodebole, unificazione dell'energia: l'energia (di circa 100 GeV) al di sopra della quale scompare la distinzione fra la forza elettromagnetica e la forza debole.

Elettromagnetica, forza: la forza che si genera fra particelle dotate di carica elettrica, la seconda per intensità fra le quattro forze fondamentali.

Elettrone: particella di carica elettrica negativa che orbita attorno al nucleo di un atomo.

Etere: una sostanza imponderabile capace di riempire tutti gli spazi dell'universo non occupati da materia (un sistema di riferimento privilegiato per le onde elettromagnetiche)

Evento: un punto nello spazio - tempo specificato dal suo tempo e luogo

Forza debole: dopo la gravità, è la più debole delle quattro forze fondamentali, con un raggio di azione brevissimo. Influisce su tutte le particelle materiali, ma su nessuna delle particelle portatrici di forze

Forza forte: la più forte delle quattro forze, o interazioni, che è anche quella che ha il raggio d'azione minimo. Essa tiene assieme i quark all'interno dei protoni e dei neutroni a formare atomi.

Fotone: ("quanto di luce" o quanto di radiazione") particelle elementare portatrice di una quantità finita e indivisibile di energia elettromagnetica.

Frequenza: per un'onda è il numero completo di cicli al secondo.

Fusione nucleare: il processo in cui due nuclei, urtandosi, si fondono a formare un singolo nucleo, più pesante.

Gamma, raggi: onde elettromagnetiche di frequenza molto grande, prodotte nel decadimento ra­dioattivo o da collisioni di particelle elementari.

Grande teoria unificata (GUT): teoria che unifica le forze elettromagnetiche, forte e debole.

Grande unificazione, energia della: l'energia al di sopra della quale si ritiene che la forza elettro­magnetica, la forza debole e la forza forte diventino indistinguibili l'una dall'altra.

Indeterminazione, principio di: non si può mai essere certi sia della posizione, sia della velocità di una particella; quanto maggiore è la precisione con cui si conosce l'una, tanto meno esattamente si può conoscere l'altra.

Massa: la quantità di materia presente in un corpo; la sua inerzia, o resistenza all'accelerazione.

Massa gravitazionale: è definita in base alla legge di gravitazione universale (F=GmM/R2), se­condo cui due corpi aventi masse uguali rispettivamente a m e M interagiscono per mezzo di una forza attrattiva di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle due masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.

Meccanica quantistica: teoria sviluppata a partire dal principio quantistico di Plank e del principio di indeterminazione di Heisenberg.

Microonde, radiazione di fondo a: la radiazione residua dello splendore del caldissimo universo primordiale; oggi è spostata a tal punto verso il rosso da non apparirci più sotto forma di luce bensì di microonde (onde radio, con una lunghezza d'onda di alcuni centimetri) E' la radiazione che am­metterebbe la temperatura di 3° K.

Neutrino Una particella materiale elementare avente carica elettronica nulla e massa a riposo molto piccola forse nulla.

Neutrone: particella priva di carica, molto simile al protone; nella maggior parte degli atomi i neu­troni formano una metà circa delle particelle presenti nel nucleo (l'altra metà sono protoni).

Nucleo: la parte centrale di un atomo, formata solo da protoni e neutroni tenuti assieme dalla forza forte.

onda, lunghezza d': la distanza fra due creste o due vetri consecutivi di un'onda.

onda elettromagnetica: combinazione di campi elettrici e magnetici, che si propagano nello spazio con le modalità tipiche della propagazione ondosa.

Particella elementare: una particella che si ritiene non possa ulteriormente suddividersi.

Peso: la forza esercitata su un corpo da un campo gravitazionale. E' proporzionale alla massa, ma non si identifica con essa.

Plank, principio quantistico di: l'idea che la luce (o qualsiasi altra onda classica) possa essere emessa o assorbita solo in quanti discreti, la cui energia è proporzionale alla frequenza.

Positone o Positrone: l'antiparticella (di carica positiva) dell'elettrone

Protone: particella dotata di carica elettrica, di massa simile a quella del neutrone; nella maggior parte degli atomi i protoni formano grosso modo metà delle particelle presenti nel nucleo (l'altra metà sono neutroni).

Quanto: l'unità indivisibile in cui possono essere emesse o assorbite onde.

Quanti, teoria dei, (o meccanica quantistica): essa viene sviluppata a partire dal principio quanti­stico di Plank e del principio di indeterminazione di Heisenberg.

Quark: particella elementare (carica) soggetta alla forza forte. La sua origine si trova in una frase enigmatica di un romanzo di James Joyce, "Tre quark per il Signor Mark!". Essa è una particella elementare (carica) soggetta alla forza forte. Tanto il protone quanto il neutrone sono composti cia­scuno da tre quark.

Radioattività: il decadimento spontaneo di un tipo di nucleo atomico in un altro.

Relatività generale: la teoria di Einstein fondata sull'idea che le leggi della scienza dovrebbero es­sere le stesse per tutti gli osservatori, comunque stiano muovendosi; essa si occupa in particolare della forza di gravità, spiegandola nei termini della curvatura di uno spazio tempo quadridimensio­nale.

Relatività speciale: la teoria di Einstein fondata sull'idea che le leggi della scienza dovrebbero va­lere ugualmente per ogni osservatore in movimento, quale che sia la sua velocità.

Secondo - luce: la distanza percorsa dalla luce in un secondo.

Singolarità: un punto nello spazio in cui la curvatura dello spazio - tempo diventa infinita e del quale non è possibile conoscere l'interno.

Spaziale, dimensione: ciascuna delle tre dimensioni dello spazio - tempo che sono simili allo spa­zio, cioè tutte tranne la dimensione tempo.

Spazio - tempo: lo spazio a 4 dimensioni rappresentato con tre coordinate spaziali e una temporale relative a un qualsiasi evento.

Spettro: la scomposizione, per esempio, di un onda elettromagnetica nelle sue frequenze compo­nenti.

Spostamento verso il rosso: l'arrossamento (ovvero la diminuzione di frequenza) della luce di una stella in allontanamento da noi in conseguenza dell'effetto Doppler.

Stato stazionario: uno stato che non muta con il tempo: una sfera che ruota a una velocità costante è stazionaria perché appare identica in ogni istante, anche se non è immobile.

Universo omogeneo: ha composizione uniforme in tutte le direzioni.

Universo isotropo: ha proprietà uniformi in tutte le direzioni.


Glossario umanistico


Astrologia: pseudoscienza nata tra i Babilonesi, che presumeva di determinare i vari influssi degli astri nel mondo terreno, congetturando sul futuro o sulle cause oscure dei fatti passati.

Astronomia: lo studio scientifico dei corpi celesti e dei fenomeni ad essi relativi.

Materialismo: posizione filosofica che, identificando ogni aspetto della realtà con la materia, esclude la presenza e l'efficacia di un qualsiasi elemento superiore di carattere spirituale.

Meccanicismo: concezione che considera l'accadere tanto fisico quanto spirituale, come il prodotto di una mera causalità e non preordinato a una superiore finalità.

Finalismo: dottrina filosofica (opposta al meccanicismo), secondo cui tutto tende verso un fine ul­timo e per cui ogni fenomeno nella sua connessione con gli altri fenomeni cospira verso l'attuazione di determinati fini.

Ateismo: dottrina che nega l'esistenza di Dio.

Bibliografia


Viaggio all'interno della cosmologia

George Smoot, "Nelle pieghe del tempo", Edizione CDE Spa, Milano 1994

Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, "Filosofi e filosofia nella storia" - volume 1 (2°, 3°) la       Paravia , Torino, 1992

Luigi L. Barbieri, "Storia della cosmologia", Editrice Clueb , Bologna, 1992

A.AV.V., "Enciclopedia italiana Grolier", casa Editrice la Lettere, Firenze, 1987



La nascita della cosmologia scientifica

George Smoot, "Nelle pieghe del tempo", Edizione CDE Spa, Milano, 1994

Stephen Hawking, "Dal Big Bang ai buchi neri", Edizione CDE Spa, Milano 1988

Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, "Filosofi e filosofia nella storia", volume 3°, Paravia, Torino 1992

Alfonso Bosellini, "Le scienze della terra", Italia, Bovolena editrice, Ferrara, 1998


L'universo degli antichi e dei medievali

Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, "Filosofi e filosofia nella storia,", volume 1°, 2°., Para­via, Torino 1992

Dante Alighieri, "Inferno", "Purgatorio", "Paradiso" annotato e commentato da Tommaso di Salvo , Zanichelli, Bologna 1993

Andrea Gustarelli, Pietro Betrami, "L'Inferno", "Il Purgatorio", " Il Paradiso", Carlo Signorelli Editore, Milano 1994

Dante Alighieri, "La Divina Commedia: inferno, purgatorio, paradiso" a cura di Gianfranco Bondioni, Principato, Milano 1998

Dante Alighieri, "La divina Commedia" a cura di Umberto Bosco e di Giovanni Reggio. Le Monnier , Milano, 1998


Un universo infinito; "Il De Rerum Natura"

R. Alosi, S. Nicola, P. Pagliani , "Auctores 3", Petrini Editore, Torino, 1996

Italo Mariotti, "Letteratura Latina storia e testi", Zanichelli, Bologna 1989

Gian Biagio Conte - Emilio Pianezzola, "Storia e testi della letteratura latina 2", Le Monnier, Firenze,1997

Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, "Filosofi e filosofia nella storia" , volume 1°, Paravia, Torino, 1992

Luigi L. Barbieri, "Storia della cosmologia", Editrice Cueb, Bologna, 1992


Glossario scientifico

Stephen Hawking, "Dal Big Bang ai buchi neri" Edizione CDE , Milano, 1998

A.A.V.V., "La nuova enciclopedia garzanti della scienza", Edizione CDE, Spa, Milano, 1998


Glossario umanistico

G. Devoto, G.C. Oli, "Dizionario della lingua italiana", Le Monnier, Firenze, 1977







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