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Problemi irrisolti nelle cosmologie classiche: piattezza ed orizzonte




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Problemi irrisolti nelle cosmologie classiche: Piattezza ed Orizzonte


I modelli cosmologici FRW presentano alcune difficoltà che hanno cominciato a trovare soluzione solo con l'introduzione in cosmologia della teoria dell'inflation (vedi oltre).


Problema della piattezza

Il problema della piattezza si può sintetizzare nella seguente domanda: come mai le misure della densità effettiva ci forniscono valori che non si discostano per più di 1/100 da quello della densità critica (W 0,01) e quindi l'universo, anche se non è euclideo (piatto), è comunque molto vicino ad esserlo?

Per poter comprendere il significato di tale domanda è necessario precisare che il valore di W = 1 rappresenta uno stato di equilibrio instabile. Si può infatti dimostrare che se W fosse stato inizialmente 1 avrebbe mantenuto tale valore per sempre, ma se fosse invece stato anche solo di pochissimo diverso da 1, tale differenza avrebbe subito una rapidissima divaricazione con il tempo, in tutti e 3 i modelli cosmologici.


Per rendercene conto  riprendiamo la 10) e riordiniamola

esprimiamo ora la densità effettiva r in funzione della densità critica () e dividiamo ambo i membri per H


ma per la 8) e quindi la relazione precedente diventa

la quale conferma che per k = 0 allora W

Per k 0 il valore di W sarà tanto più grande (o più piccolo) di 1 quanto maggiore sarà  . Tale rapporto non rimane però costante durante l'espansione poiché, mentre il numeratore è costante, il denominatore diminuisce e quindi il rapporto aumenta in valore assoluto.


Consideriamo separatamente il comportamento di durante l'era della radiazione e durante l'era della materia


A) durante l'era della radiazione per la 19) e la 44) si ha

e

elevando al quadrato

e

e quindi

ed in definitiva


Il che significa che durante l'era della radiazione l'eventuale differenza di W da 1 aumenta proporzionalmente con il tempo


B) durante l'era della materia vale invece


e

elevando al quadrato

e

e quindi

ed in definitiva


il che significa che durante l'era della materia l'eventuale differenza di W da 1 aumenta con il tempo un po' meno rapidamente di quanto non avvenga durante l'era della radiazione.


Risulta allora sorprendente che le misure odierne di W diano valori così vicini all'unità.

Se ad esempio consideriamo un valore attuale di W = 0,01 la differenza di W da 1, che indicheremo per semplicità come DW

Se ora consideriamo tale differenza DW come proporzionale a , dovrà essere in ogni istante e quindi considerando due tempi qualsiasi t e t , dovrà anche essere


Se ora sostituiamo nel primo membro il valore attuale di DW = 0,99, misurato al tempo attuale (t = to s), possiamo facilmente calcolare che valore presentava DW in un qualsiasi tempo t del passato (o del futuro). Ad esempio all'inizio dell'era della materia, a circa 10 s  dopo l'inizio dell'espansione DW doveva presentare un valore pari a


Il che significa che se oggi W = 0,01, all'inizio dell'era della materia esso era uguale ad 1 fino alla 4a cifra decimale. Da questo momento fino all'istante zero DW decresce proporzionalmente al tempo e quindi dovremo usare . Il valore assunto da DW ad 1 secondo dall'inizio dell'espansione può quindi essere calcolato tenendo presente i dati ottenuti per la fine dell'era della radiazione

Il che significa che se oggi W = 0,01, ad 1 secondo dall'inizio dell'espansione era uguale ad 1 fino alla 15a cifra decimale.


Poiché dunque tutti e 3 i modelli cosmologici tendono ad accentuare vistosamente durante l'espansione, qualsiasi pur lieve differenza di W dall'unità, ci si può a ragione domandare come mai, visto l'attuale valore di W, l'universo abbia iniziato la sua espansione in una condizione così vicina ad una situazione euclidea.



Problema dell'orizzonte

Nel 1905 Einstein costruì la teoria della relatività speciale sull'assunto, verificato sperimentalmente, che la velocità della luce è una costante di natura. Il suo valore non varia cioè qualunque sia lo stato di moto dell'osservatore rispetto alla sorgente luminosa e di conseguenza nessun corpo materiale può raggiungere e tantomeno superare la velocità della luce.

Ciò ha dei riflessi importanti sui processi di causalità, in quanto nessuna interazione di tipo causale tra due oggetti può trasmettersi istantaneamente e l'intervallo di tempo minimo tra la causa ed il suo effetto è strettamente connesso allo spazio che li separa ed alla velocità della luce c.

Naturalmente rappresentare i possibili rapporti di causa ed effetto in un universo a 4 dimensioni non è semplice. In genere si utilizzano dei diagrammi spazio-tempo in cui lo spazio è ridotto ad una (o al massimo a due) dimensione sull'asse delle ascisse, mentre il tempo è riportato sull'asse delle ordinate.


Ciascun punto del diagramma rappresenta un evento.  Un evento deve essere inteso semplicemente come un luogo particolare dello spazio (individuato dalle sue coordinate spaziali) in un momento particolare (individuato dalla sua coordinata temporale).

Se un oggetto non si muove nello spazio (rispetto all'osservatore solidale con gli assi cartesiani) esso può essere rappresentato con una retta verticale (A). La linea B rappresenta invece un oggetto che si muove alternativamente a destra e a sinistra rispetto all'unica coordinata spaziale (x) rappresentata. Da E in poi si muove verso destra con velocità costante.


I percorsi tracciati sul diagramma spazio tempo sono noti come linee di universo e descrivono la storia di corpi in moto tramite una successione ordinata di eventi. E' evidente che una linea di universo non può mai intersecarsi poiché ciò significherebbe tornare indietro nel tempo.

In modo del tutto analogo si possono rappresentare gli impulsi luminosi che un evento emette.

Scegliendo opportunamente la scala degli assi (ad esempio il tempo in secondi e lo spazio in secondi-luce; il tempo in anni e lo spazio in anni-luce) gli impulsi luminosi appaiono come 2 semirette che

Il corpo A segue la sua linea di universo. In E emette un segnale luminoso che si propaga nel tempo e nello spazio a velocità costante


divergono a 45° dall'evento che li ha prodotti.


Se rappresentiamo due dimensioni spaziali (x ed y) le linee di universo rimangono tali, con in più naturalmente la libertà di muoversi in due direzioni, mentre gli impulsi luminosi, che si propagano radialmente in tutte le direzioni, vengono rappresentati come dei coni, detti coni di luce.



I


Se intersechiamo un cono di luce con piani perpendicolari all'asse del tempo otteniamo una rappresentazione bidimensionale (circonferenze) di tutte le regioni dello spazio che in quel momento sono colpite dalla radiazione luminosa. Ciascuna circonferenza presenta un raggio uguale al percorso effettuato dalla luce dal tempo di emissione (te) al momento considerato (tx), pari quindi a c(tx - te



Se potessimo rappresentare contemporaneamente le 3 dimensioni spaziali e la dimensione temporale, le regioni dello spazio colpite in un certo istante dai raggi luminosi sarebbero in realtà delle superfici sferiche, istantanea dei fronti d'onda luminosi che si stanno espandendo. Le circonferenze rappresentate nel diagramma spazio-tempo non sono altro che delle sezioni bidimensionali di questi fronti d'onda.

Poiché nulla può viaggiare più velocemente della luce, è evidente che i coni di luce rappresentano dei confini invalicabili per qualsiasi influenza causale che si origini nel loro vertice. In altre parole un cono di luce rappresenta per l'evento che lo produce una sorta di orizzonte causale. Solo gli eventi che si trovano all'interno di un cono di luce possono, non solo 'vedere' l'evento generatore, ma subire qualsiasi interazione causale.


Solo l'evento E , interno al cono di luce prodotto da E, può subire una qualsiasi effetto causale da parte di quest'ultimo.



Per lo stesso motivo una linea di universo non può mai intersecare il proprio cono di luce in quanto questo significherebbe il superamento della velocità della luce.

Ciò che invece avviene normalmente è che una linea di universo di un corpo intersechi il cono di luce proveniente da un altro corpo.

Siano ad esempio E ed E gli eventi associati alla formazione di 2 galassie A e B al tempo t . Le loro linee di universo divergono in modo uniforme al passare del tempo, a rappresentare l'espansione dell'universo. Nel diagramma la galassia A 'vede' per la prima volta la galassia B (e può subire pertanto interazioni di tipo causale) solo al tempo t



Finora sono state analizzate le informazioni che un evento può inviare verso il futuro (coni di luce del futuro) e che possono produrre su altri eventi un effetto di cui l'evento al vertice è la causa. Ma associato ad ogni evento esiste anche un cono di luce del passato. In questo caso l'evento che si trova al vertice può vedere e subire gli effetti solo degli eventi-causa che si trovano all'interno del cono. Un evento che si trovi al di fuori del cono di luce di un altro evento è causalmente non connesso.



Solo l'evento E , interno al cono di luce del passato di E, può produrre una qualsiasi effetto causale su E. E2 non è causalmente connesso ad E



Ma mano che il tempo scorre un corpo si muove lungo la sua linea oraria ed il suo cono di luce del passato si allarga. In tal modo si allarga il suo orizzonte causale e nuovi eventi, entrando nel suo cono di luce, possono essere visti e produrre effetti su di esso, diventando causalmente connessi.



Il cono di luce del passato di A si dilata con il tempo. A vede B per la prima volta al tempo t1, mentre deve aspettare il tempo t2 per vedere C.



Supponiamo ora di osservare due punti in direzioni opposte e molto distanti nello spazio e di misurarne la temperatura. Troveremo due valori identici (2,726 °K) con un errore attualmente stimato di 1/100.000.


I due punti A e B situati in direzioni diametralmente opposte presentano la stessa temperatura.



Si può però dimostrare che i due punti A e B non sono mai stati tra loro causalmente connessi. Inoltre i loro coni di luce del passato erano ancora più piccoli e la distanza tra il loro orizzonti causali ancor maggiore di quanto non sia ora.


Il problema dell'orizzonte si racchiude nella seguente domanda. Come è possibile che 2 punti dell'universo che non sono mai stati legati da relazioni di causa ed effetto si trovino in condizioni termiche perfettamente identiche?

E' come se l'universo fosse suddiviso in numerose porzioni, ciascuna racchiusa nel proprio orizzonte causale (una superficie sferica di raggio ct) che non hanno in passato mai comunicato tra loro.

Il problema è proprio di tutti i modelli cosmologici classici, nei quali la distanza-orizzonte (cioè il percorso ct eseguito fino a quel momento da un raggio luminoso) in ogni istante di espansione è costantemente minore rispetto al raggio dell'universo.


Supponiamo ad esempio che l'universo sia euclideo (k = 0) ed accettiamo un'età dell'universo . Ciò significa che la nostra distanza-orizzonte (ma anche quella di qualsiasi altro osservatore) è attualmente O = ct = 3 10 cm/s  4 10 s cm In altre parole attualmente riceviamo immagini ed informazioni da una porzione sferica di universo di raggio O = 10 cm

Poiché il fattore di scala varia, durante l'era della materia secondo la relazione , allora tra due istanti qualsiasi di tale era deve valere  . Possiamo dunque calcolare che dimensioni possedeva la porzione di universo attualmente osservabile (10 cm) in un qualsiasi momento del passato t mediante la relazione

nello stesso momento la distanza-orizzonte sarà O = ct

Calcoliamo a titolo di esempio le dimensioni dell'universo attualmente osservabile e la relativa distanza-orizzonte al tempo 10 s, inizio dell'era della materia.

Come si può osservare al tempo 10 s la porzione di universo che attualmente noi possiamo osservare era circa 100 volte più grande della distanza orizzonte. In altre parole un osservatore avrebbe percepito allora solo 1/100 di ciò che percepiamo oggi.


Per effettuare un calcolo analogo per tempi inferiori a 10 s è necessario ricordare che durante l'era della radiazione e quindi

Calcoliamo a titolo di esempio le dimensioni dell'universo attualmente osservabile e la relativa distanza-orizzonte al tempo 10 s.

Al tempo 10 s l'universo attualmente osservabile era frammentato in un numero enorme di regioni (10 ) racchiuse nel proprio orizzonte causale, ciascuna con dimensioni 10 volte inferiori della porzione di universo considerato.

Andamento della porzione di universo attualmente osservabile e della relativa distanza-orizzonte in un universo euclideo






















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