IL SOLE
Il Sole è la stella madre del Sistema solare, attorno al
quale orbitano nove pianeti(Mercurio,il più vicino al Sole, Venere, Terra,
Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone);almeno 54 satelliti principali
e numerosi anelli di materiali in frammenti; migliaia di asteroidi; una
quantità di frammenti di varia origine e natura, troppo piccoli per essere
chiamati pianetini:tali frammenti, se attratti dalla Terra tanto da
attraversarne l'atmosfera, si arroventano per attrito e possono o bruciare
completamente, come le meteore, o consumarsi solo in parte, nel qual caso il
loro nucleo colpisce il suolo come meteorite; e, infine, numerose piccole masse
ghiacciate che si manifestano sotto forma di comete. Il sole è classificata
come una nana gialla, che fa parte delle altre milioni di stelle all'interno della
Via Lattea. Ha una temperatura superficiale che le conferisce un colore bianco,
ma appare giallo a causa dello scattering dell'atmosfera terrestre. La stella da cui riceviamo costantemente luce
e calore è una sfera gigantesca che ruota intorno a un proprio asse, ma con
velocità diversa a seconda della latitudine: minore ai poli e crescente verso
l'Equatore; la sua rotazione dura 25 giorni all'Equatore, mentre al polo dura
più di 30 giorni , per cui almeno la parte più esterna della nostra stella non
si comporta rigidamente, ma come un fluido. Il Sole è una potentissima fonte si
energia, che viene irradiata senza posa in ogni direzione dello spazio. Un
metro quadrato della superficie della Terra riceve dal Sole, quando questo è
allo Zenit, energia, soprattutto sotto forma di luce e calore, per una potenza
di circa 1000 W, pari a quella assorbita da un comune ferro da stiro. La
potenza per unità di superficie è detta costante solare. La struttura del Sole
può essere suddivisa in una serie di involucri concentrici, pur sapendo che,
essendo tutti gassosi, non esistono tra di loro limiti precisi. Nel cuore del
Sole, dove le temperature sono abbastanza elevate da mantenere attiva la catena
protone-protone e dove la pressione gravitazionale dell'enorme involucro circostante
è in grado di contenere la violenza esplosiva delle reazioni termonucleari, si
è individuato così un nucleo che è la zona di vera produzione di energia e in
cui aumenta continuamente l'elio a spese dell'idrogeno. L'energia in esso
prodotta si trasmette per irraggiamento verso l'esterno con un processo di
radiazione che interessa l'involucro gassoso, chiamato zona radiativa, in cui
gli atomi dei gas assorbono ed emettono energia. Il trasporto di energia
avviene per convenzione e questo involucro di gas più esterno, con pressioni e
temperature minori, viene chiamato zona convettiva, organizzata su tre livelli,
con celle convettive più grandi in profondità, responsabili della formazione
della superficie luminosa del Sole, e più piccole verso la superficie solare.
Le più piccole sono responsabili della formazione delle granulazioni brillanti
visibili sulla superficie del Sol, che è chiamata fotosfera. Quest'ultima è
l'involucro che irradia quasi tutta la luce solare e corrisponde, quindi, al
disco luminoso del Sole. Quella che vediamo, in realtà, è solo la parte
sommitale dell'involucro di gas incandescente che costituisce l'intera zona
convettiva. La superficie della fotosfera non è liscia, ma presenta, su un
fondo meno chiaro, una struttura a granuli brillanti. Ogni granulo dura solo
pochi minuti, ma il movimento di tutti i granuli fa sembrare la superficie
della fotosfera in continua ebollizione. La superficie brillante della
fotosfera non è omogenea, ma appare costellata, con una certa periodicità, da
macchie solari, continuamente variabili per dimensioni, per forma e,
soprattutto, per numero. Sono piccole aree scure, depresse rispetto alla
superficie circostante, nelle quali si distingue una zona centrale più scura,
ombra, circondata da una fascia più chiara, penombra. In realtà tali strutture
appaiono più scure solo per contrasto con la fotosfera, rispetto alla quale la
loro luminosità è ridotta. Le macchie appaiono in genere a gruppi e in ognuno
di tali gruppi si osserva una regolare evoluzione: per un certo tempo dopo la
loro comparsa, le macchie aumentano di dimensioni e di numero, poi cominciano a
ridursi fino ad estinguersi, mentre nascono e si sviluppano altri gruppi di
macchie. Una caratteristica interessante delle macchie solari, nella quale probabilmente
è la chiave per interpretare la natura e l'origine di tale complessa attività,
è che alle grandi macchie è associato un forte campo magnetico, molto più
intenso di quello terrestre. La loro migrazione viene rappresentata da un
diagramma definito "farfalla di Maunder", dove le macchie si susseguono con
cicli di opposta polarità. A volte i cicli di macchie solari si interrompono:
in questi periodi sulla Terra non si verificano né tempeste magnetiche né
aurore polari. All'esterno della fotosfera si trovano la cromosfera e la corona
solare. La prima è un involucro trasparente di gas incandescente che avvolge la
fotosfera ed è visibile per un breve tempo durante un'eclissi totale di Sole,
quando la Luna nasconde completamente il disco della fotosfera; essa appare
come un sottile alone roseo, il cui bordo esterno è sfrangiato in numerose
punte luminose, che ricordano nell'insieme l'aspetto di una prateria in fiamme.
La cromosfera è, in pratica, uno strato di transizione a bassa temperatura tra
la fotosfera e la corona. Quest'ultima è la parte più esterna dell'atmosfera
solare ed è formata da un involucro di gas ionizzati, sempre più rarefatti man
mano che ci si allontana dalla sottostante cromosfera. La sua luminosità è così
bassa che la corona si può osservare direttamente solo durante un'eclissi
totale, quando assume l'aspetto di un tenue alone con una luminosità pari a
metà di quella della Luna piena. Nella parte più estrema della corona le
particelle ionizzate hanno velocità sufficienti per sfuggire all'attrazione
gravitazionale del Sole e si disperdono perciò nello spazio come vento solare
dai cosiddetti buchi coronali. Tra le attività del Sole nel descrivere la
struttura c'è la continua produzione di energia che dal nucleo, attraverso la
zona radiativa e la zona convettiva, raggiunge la superficie e viene irradiata
nello spazio, e il flusso di particelle che si disperde come vento solare. I
granuli della fotosfera e la terminazione della corona sono quindi tracce
visibili della normale attività del Sole, dalla quale dipende la cosiddetta
radiazione stazionaria. Esistono altri aspetti molto vistosi dell'attività
della parte più esterna del Sole, che ne possono modificare lo stato "normale":
uno è rappresentato dal periodico formarsi e scomparire delle macchie, gli
altri sono le protuberanze e, soprattutto, i brillamenti. Le protuberanze sono
grandi nubi filamentose di idrogeno che si innalzano dalla cromosfera e
penetrano ampiamente nella corona. Esse si osservano durante un'eclissi totale
come lingue luminose che sporgono dalla cromosfera; se si osservano,
invece, contro il disco del Sole
appaiono come strutture lunghe e oscure, chiamate filamenti. I brillamenti (o
flares) sono violentissime esplosioni di energia, lampi di luce intensissimi
associati a potenti scariche elettriche: compaiono in prossimità di grandi
gruppi di macchie e nel giro di pochi minuti si propagano su un'area di milioni
di km2 , per poi estinguersi completamente. Nel corso di tali
esplosioni vengono liberate enormi quantità di energia, con un'ampia gamma di
radiazioni, che rinforzano notevolmente la radiazione stazionaria del Sole.
Oltre a radiazioni di carattere ondulatorio, i brillamenti possono lanciare
getti di materia gassosa incandescente, ma, soprattutto, emettono un intenso
flusso di particelle atomiche che lasciano il Sole verso lo spazio viaggiando
ad alta velocità. Nel caso dei flares più intensi, si osserva anche l'emissione
di un'ultraradiazione, formata da particelle ad altissima energia che si
propagano a velocità prossima a quella della luce. Quando un brillamento
esplode in prossimità del centro del disco solare nel giro di 26 ore il flusso
di particelle raggiunge il nostro pianeta. I velocissimi corpuscoli di origine
solare colpiscono con violenza le particelle ionizzate dell'alta atmosfera
terrestre, soffiandole verso la bassa atmosfera, dando origine alle aurore
polari . la forma del campo magnetico terrestre fa sì che le particelle,
elettricamente cariche, possono penetrare nell'atmosfera soltanto nelle zone
prossime ai poli magnetici, dove, ionizzando gli atomi presenti, provocano
l'emissione delle luci polari. Dopo un brillamento queste zone dell'atmosfera
terrestre rimangono in stato di eccitazione per parecchi giorni, durante i
quali le aurore assumono gli aspetti più fantastici. Contemporaneamente alle
aurore polari, si verificano forti perturbazioni nel campo magnetico terrestre,
chiamate tempeste magnetiche, anch'esse legate alle perturbazioni nella
ionosfera. I flares sarebbero prodotti dagli stessi periodici rafforzamenti del
campo magnetico, che, generati all'interno del Sole, risalirebbero fino alla
fotosfera, dove provocherebbero le macchie, e si estenderebbero fino alla
corona; divenuti instabili, tali rafforzamenti collasserebbero, con grande
rilascio di energia sotto forma di flares. Nella "vita" della nostra stella i
periodi di Sole calmo, si alternano con periodi di attività più o meno intensa,
nel corso dei quali alla radiazione stazionaria si sovrappongono, sommandosi,
radiazioni ondulatorie collegate soprattutto alla comparsa di macchie solari e
brillamenti, e radiazioni corpuscolari emesse soprattutto dai brillamenti. L'interno del sole è
costituito per almeno il 98% da idrogeno ed elio allo stato di plasma, cioè
sotto forma di una miscela di elettroni liberi e di nuclei atomici. I due
elementi sono presenti in quantità uguali, mentre elementi più pesanti non
rappresentano complessivamente che il 2% della massa totale. La nostra stella è
fatta di materia "riciclata", atomi che per formarsi hanno avuto bisogno di
fornaci nucleari che esistono solo all'interno di stelle ben più grandi e
massive del Sole. L'immagine che ne abbiamo ricavato è quella di una gigantesca
sfera di gas ad elevate temperature, nel nucleo della quale sono in atto
reazioni termonucleari che generano enormi quantità di energia. Quest'ultima si
propaga, prima per radiazione, poi per convenzione, fino alla superficie del
Sole, per irradiarsi successivamente nello spazio, sia come radiazione
ondulatoria (luce, calore, onde UV, raggi X), sia associata a flusso di
particelle (vento solare). La parte esterna del Sole è caratterizzata da una
violenta attività (macchie, protuberanze, brillamenti), che sembra dovuta
all'interazione tra il moto dei gas e il campo magnetico solare. A causa delle grandi dimensioni del sole e
della limitata estensione del cono d'ombra della Luna, le eclissi totali di
sole interessano zone piuttosto ristrette della superficie terrestre. Queste
stesse eclissi sono, però, osservabili come eclissi parziali di sole da tutti i
luoghi della Terra investiti dalla penombra, la quale si estende intorno
all'ombra migliaia di km. Tra le eclissi di Sole, presentano un interesse
particolare le eclissi anulari, che si verificano quando la Luna si trova in uno
dei nodi e contemporaneamente sta alla sua massima distanza dalla Terra. In
queste condizioni il cono d'ombra della Luna non giunge a toccare la superficie
terrestre e quindi essa non riesce ad occultare completamente il disco solare,
del quale si può vedere la parte periferica a forma di anello luminoso; perciò
durante le eclissi anulari è possibile eseguire interessanti osservazioni e
studi sugli involucri più esterni del Sole. Poiché nelle eclissi solari è
l'ombra della Luna che produce l'occultamento del Sole e quest'ombra si va
spostando velocemente con il muoversi della Luna sulla sua orbita, dai diversi
luoghi della Terra che sono interessati successivamente al fenomeno l'eclisse
può essere osservata per un periodo di tempo piuttosto breve. Le prime ipotesi
formulate sull'origine del Sistema solare prevedevano un'origine comune per il
Sole e i pianeti, che si sarebbero formati a partire da una "nube solare", che
si avviava alla contrazione, al collasso, alla rotazione e al disporsi in forma
di disco. La contrazione crea calore, il nucleo denso e caldo diviene un
primitivo Sole, altre parti rimaste nella nube vanno a formare pianeti e
satelliti. Questa ipotesi è detta monistica, perché fa derivare tutto da un
solo ammasso nubiforme. Dopo un secolo, G.L. de Buffon espose una delle ipotesi
dualistiche: da un Sole già esistente, una cometa strappa, passandogli vicino,
grossi frammenti che diventano pianeti e satelliti. Poco dopo, I. Kant e P.S.
de Laplace riproposero la vecchia teoria monistica su basi rinnovate: la
nebulosa solare originaria aumenta la velocità di rotazione in proporzione alla
contrazione del gas, provocando una forza centrifuga che causò il distacco di
alcune parti della nebulosa: tali parti avrebbero costituito i vari pianeti e
satelliti, mentre il nucleo centrale della nebulosa avrebbe dato origine al
Sole. Successivamente J. Jeans espose una nuova ipotesi, riprendendo un'idea di
Buffon. Essa ipotizzava che una stella passando nelle vicinanze del Sole
primitivo, avrebbe provocato un'enorme onda mareale, che proiettò parte della
materia solare verso l'esterno, dalla quale si sarebbero originati i vari
pianeti. Queste ipotesi risultarono tutte geniali, ma adatte solo alle
conoscenze astronomiche d'allora e non idonee per i dati astrofisici attuali. Oggi
si pensa che il Sistema solare si sia formato da una grande nebulosa, cioè una
fredda e rarefatta nube di gas e polveri finissime, la cui composizione chimica
comprende idrogeno, elio e polvere cosmica. La nebulosa continuò ad arricchirsi
di elementi pesanti finchè una causa sconosciutane perturbò la struttura,
costringendo una vasta porzione della nube a collassare suse stessa in un
vortice gigantesco. Nella progressiva contrazione e con il crescere della
velocità di rotazione la nube assunse la forma di un disco appiattito, nel cui
centro si andò accrescendo un nucleo sempre più caldo e denso, detto "protosole". All'interno del
disco, ripetute collisioni tra granuli di ghiacci e di polveri portarono all'aggregazione
di corpi via via maggiori, fino alle dimensioni degli asteroidi, e questi
ultimi, in continua collisione tra loro, andarono ripetutamente frantumandosi
per riaggregarsi poi in corpi di dimensioni sempre maggiori, detti "planetesimali".